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Geografia umana (Domande e risposte), Prove d'esame di Geografia

Risposte ricavate da slides e libro [FELLMANN J.D., GETIS A., GETIS J., Geografia Umana (capp. 2-3-4-5-6-7-8-10) McGraw-Hill]

Tipologia: Prove d'esame

2020/2021

Caricato il 31/01/2021

giulia-d-angelo
giulia-d-angelo 🇮🇹

4.4

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Scarica Geografia umana (Domande e risposte) e più Prove d'esame in PDF di Geografia solo su Docsity! GEOGRAFIA UMANA 1. Cosa sono le città primate e perché sono così importanti nei Paesi in via di sviluppo? La possibilità di ordinare le città secondo il principio rango-dimensione è meno applicabile a Paesi caratterizzati da economie poco sviluppate, o a quelli nei quali il sistema di città è dominato da una città primate, ovvero una città le cui dimensioni sono molto più del doppio di quelle della città al secondo posto nella graduatoria. Le città capitali di molti Paesi in via di sviluppo detengono questo tipo di primato indiscutibile. In parte si tratta di un retaggio del loro passato coloniale, quando lo sviluppo economico, l'amministrazione della colonia, così come i trasporti e le attività commerciali, erano concentrati in un unico punto: valgano come caso tipico il Kenya (dove Nairobi è la città primate) e svariati altri Paesi africani. In altre situazioni, per esempio in Egitto (il Cairo) e in Messico (Città del Messico), lo sviluppo e la crescita demografica si sono tendenzialmente concentrati in misura sproporzionata in una città capitale, le cui dimensioni stimolano ulteriormente i processi di sviluppo ed espansione. 2. Che cosa si intende con il termine cultura? (come si trasmette una cultura, incidenza sull’individuo dell’acquisizione di aspetti culturali) (1) Per uno studioso di scienze sociali la cultura rappresenta il complesso di modelli comportamentali, conoscenze, adattamenti e sistemi sociali peculiari, nel quale si sintetizza il modo di vivere acquisito da un gruppo di individui. Le prove visibili e invisibili della cultura - i modelli di costruzione e di coltivazione, la lingua, l'organizzazione politica - rientrano tutte nella diversità spaziale studiata dagli esperti di geografia. (2) All'interno di una società la cultura si trasmette alle generazioni successive tramite imitazione, istruzione ed esempio. In parole povere, la cultura viene appresa, non è biologica: non ha dunque nulla a che vedere con l'istinto o con questioni di carattere genetico. La cultura è un'intricata rete di comportamenti e modi di pensare che si modificano nel tempo. Per questo motivo, la cultura è un processo, non un corpus inalterabile di tratti culturali; essa si trasforma costantemente attraverso l'interazione con culture differenti, l'acquisizione di nuovi gusti, idee e norme comportamentali o la dismissione di vecchi. 3. In che modo le isoglosse e la geografia linguistica contribuiscono allo studio della geografia umana? La geografia linguistica è una corrente della linguistica che si occupa di studiare l'estensione nello spazio dei fenomeni linguistici, di ordine fonetico, morfosintattico, lessicale, e la loro distribuzione geografica. Un'area geografica caratterizzata dalla presenza di uno stesso fenomeno linguistico è delimitata da un'isoglossa: con questo termine si intende quindi la linea immaginaria che unisce i punti estremi dell'area in questione. 4. Le differenze tra determinismo ambientale e possibilismo. Determinismo ambientale  teoria nata nel XIX secolo, secondo la quale l'ambiente fisico da solo plasma gli esseri umani, le loro azioni e il loro pensiero. Possibilismo geografico  teoria opposta al determinismo nata negli anni a cavallo tra il XIX e XX secolo, secondo la quale sono gli individui, non gli ambienti in sé, a rappresentare le forze dinamiche dello sviluppo culturale. La natura non esprime dunque solamente dei vincoli, ma offre varie possibilità di occupazione del territorio e di utilizzazione delle risorse fisiche. 5. Quali sono le componenti o sottosistemi del sistema tripartito della cultura? Leslie White che definì la cultura una struttura tripartita composta di sottosistemi ai quali egli attribuì i nomi di ideologico, tecnologico e sociologico. In una classificazione simile, ma distinta, vengono identificate tre componenti interrelate della cultura: prodotti mentali, materiali (o manufatti) e sociali. 6. Cosa si intende per controurbanizzazione? Il fenomeno di espansione incontrollata quasi informe che è emerso negli USA ha ottenuto la denominazione negativa di spread city (città sparpagliata), in cui non vi è né un centro né dei sobborghi, solo la presenza sporadica di abitazioni e strutture urbane. Le sue stesse zone esterne, per definizione non più riconosciute come propriamente urbane, sono il prodotto di una controurbanizzazione, ovvero il trasferimento in aree rurali o in piccoli centri da parte di chi in precedenza risiedeva in città. 7. Cosa si intende per domesticazione di piante a animali (quando è avvenuta, che effetto produsse sugli esseri umani) La domesticazione delle piante e degli animali iniziò nel Mesolitico, ma si concretizzò nel periodo del Neolitico. La domesticazione di piante ed animali ha dato origine all'agricoltura e all'allevamento del bestiame. Queste attività determinarono la sedentarietà e di conseguenza la nascita di nuove regole di condotta e di controllo, che portarono alla creazione di governi per farle rispettare e per definire le punizioni. Inoltre, le religioni iniziarono a rispondere alle preoccupazioni collettive (riguardanti il ciclo delle precipitazioni atmosferiche, le stagioni di piantagione e di raccolta ecc.), sviluppando rituali per rendere grazie alle divinità per il raccolto ottenuto. 8. Descrivere i modelli di uso del territorio urbano a: struttura concentrica, a settori, a nuclei multipli Un modo efficace per riconoscere le modalità di organizzazione dei sistemi di città consiste nel considerare la gerarchia urbana, ovvero una classificazione delle città in base a dimensioni e complessità funzionale. - Nel modello a struttura concentrica, la comunità urbana si distribuisce come una serie di anelli nidificati. Si riconoscono 4 cerchi concentrici: 1) Una zona di transizione caratterizzata dal degrado di vecchie strutture residenziali, un tempo abitate da cittadini abbienti e abbandonate con l’espansione della città, diventate fatiscenti e occupate da una popolazione a basso reddito o stranieri; 2) Una zona di residenze occupate da lavoratori nel settore industriale; 17. Tipologia di movimenti migratori e cause di tali movimenti. La migrazione è lo spostamento massiccio di popolazione da una zona all’altra del pianeta. Tale spostamento può avere cause diverse; nella maggior parte dei casi le popolazioni si spostano nel tentativo di migliorare la loro condizione di vita, ma può anche accadere che sfuggano a persecuzioni politiche, religiose o razziali. I movimenti migratori si suddividono in due tipi, a seconda che siano in “entrata” o “in uscita” da una nazione; si parla di migrazione interna quando avviene uno spostamento di popolazione all’interno della stessa nazione, mentre si parla di migrazione esterna quando lo spostamento avviene all’esterno della propria nazione. I movimenti migratori vengono suddivisi, poi, anche in base al modo in cui sono avvenuti: - Migrazione volontaria, quando le persone scelgono liberamente di spostarsi; - Migrazione forzata, quando lo spostamento viene loro imposto 18. Spiegare il modello agricolo di von Thünen (modello di localizzazione agricola) Johann Heinrich von Thünen (1783-1850) osservò che suoli dotati in apparenza delle medesime caratteristiche fisiche venivano impiegati per scopi agricoli diversi. Egli notò che attorno a ciascuna delle più importanti città in cui si concentrava il mercato dei prodotti agricoli del territorio circostante si sviluppava una serie concentrica di anelli di terreno. Per Von Thünen l'elemento di differenziazione è la distanza dal mercato in quanto la distanza determina l'ammontare dei costi di trasporto del prodotto che gli imprenditori agricoli devono sostenere per ottenere un ricavo dalla coltivazione. Ne seguiva una proporzione: più alti erano i costi di trasporto, di conseguenza più bassa doveva essere la “rendita” che si poteva pagare per la terra, affinché il raccolto prodotto restasse competitivo sul mercato. 19. Spiegare il concetto di tasso di natalità e quello di tasso di fecondità Il tasso generico di natalità, spesso chiamato semplicemente tasso di natalità, rappresenta il numero di bambini nati vivi nell’anno considerato, ogni 1000 individui. Si definisce “generico”, in quanto collega le nascite alla popolazione totale, senza considerare la composizione per età o per sesso della popolazione in questione. Il tasso di fecondità totale rappresenta un indicatore più preciso ed esauriente del tasso generico di natalità, visto che esprime la capacità riproduttiva delle donne in età feconda. Il tasso di fecondità totale indica il numero medio di figli che nascerebbero da ogni donna se la stessa, durante i suoi anni fertili, procreasse secondo i valori del tasso di fecondità dell’anno corrente per le donne alla cui fascia di età appartiene. 20. Differenze fra uso estensivo ed intensivo di un territorio. Esempi di aree e regioni nel mondo e/o in epoche diverse L’agricoltura estensiva comporta poca resa, ma tanto terreno coltivabile. È diffusa nelle zone collinari. L’agricoltura intensiva comporta una resa elevata, ma poco terreno coltivabile. I primi esempi di coltura intensiva sono davvero antichi, risalgono all’epoca degli antichi Egizi che la praticavano nella valle del Nilo. La ritroviamo nell’Inghilterra del XVII secolo quando si assiste alla nascita delle prime aziende agrarie capitalistiche durante la Rivoluzione Agricola. Dall’isola inglese l’agricoltura intensiva si è diffusa rapidamente in tutta Europa e pochi si sono tirati indietro difronte alla possibilità di sfruttare maggiormente il suolo per produrre il massimo, senza tenere conto delle conseguenze relative all’inquinamento e alla rottura di equilibri ambientali delicati ed essenziali anche per l’uomo. È molto diffusa nella Pianura Padana. 21. Cos’è una piramide demografica e a cosa serve? Fornire alcuni esempi La capacità di procreare e la probabilità di nascere, insieme alla quantità di decessi che avvengono all’interno di un gruppo umano, dipendono fortemente dalla sua ripartizione per età e per sesso. Per visualizzare le caratteristiche per età e sesso di una popolazione, i demografi ricorrono alla costruzione della piramide della popolazione. Il termine piramide attribuito a questo tipo di rappresentazione grafica proviene dal fatto che la struttura di una popolazione soggetta esclusivamente alle tendenze di natalità e mortalità naturali, ovvero senza interferenze (attribuibili, per esempio, alle migrazioni, ai picchi di mortalità ecc.) assumerebbe la forma di una piramide, con una base larga che si restringe progressivamente verso l’alto man mano che le fasce più anziane della popolazione si riducono a causa dei decessi. Poiché non esistono popolazioni esenti da interferenze esterne, il diagramma si trova ad assumere varie forme, ciascuna delle quali riflette una diversa storia della popolazione. La conoscenza della struttura per età e per sesso consente ai demografi di prevederne i futuri livelli demografici. Perciò, un paese con un’elevata percentuale di giovani registrerà un elevato tasso di incremento naturale, che si ottiene sottraendo il tasso generico di mortalità dal tasso generico di natalità. Questo tasso è di solito espresso in % e non per mille. I demografi prendono in considerazione anche il tempo di raddoppio, ossia il numero di anni necessari affinché una popolazione che cresce con un dato tasso di incremento raddoppi la propria consistenza. 22. Le caratteristiche del sistema economico di sussistenza 23. Le caratteristiche del sistema economico di mercato Nelle economie di mercato, divenute prevalenti quasi ovunque nel mondo, i produttori o i loro agenti, commercializzano merci e servizi; almeno in teoria, la legge della domanda e dell'offerta determina prezzi e quantità e la concorrenza commerciale costituisce l'elemento chiave per regolare le decisioni produttive e la distribuzione. 24. Le caratteristiche del sistema economico di pianificato. Nella forma estrema delle economie pianificate, associate alle società di tipo comunista (ormai crollate in quasi tutti i Paesi in cui erano state create o imposte), i produttori e i loro controllori disponevano delle merci e dei servizi attraverso agenzie governative che ne controllavano la quantità offerta, le caratteristiche e il prezzo, i modelli localizzativi di produzione e distribuzione. Con poche eccezioni, come Cuba e la Corea del Nord, le economie rigidamente pianificate, nella loro forma classica, non esistono più; esse sono state modificate o smantellate a favore di strutture che - almeno in teoria - sono di libero mercato, o sono state soltanto in parte mantenute con un grado minore di controllo economico, associato alla supervisione o proprietà governativa di particolari settori. 25. Differenza tra concetto di spazio e di territorio 38. Alle origini della stanzialità umana Nel corso del Neolitico, una vera e propria Rivoluzione Agricola, basata sulla coltivazione della terra e sull’allevamento del bestiame, conduce l’uomo verso una vita sempre più stabile. Le mandrie non devono più essere inseguite continuamente nei suoi spostamenti perché ora l’uomo sa come allevarle e ha bisogno solo di zone da adibire a pascolo: l’uomo si stabilizza in luoghi confortevoli per dedicarsi all’agricoltura e all’allevamento. L’accampamento nomade si trasforma in uno stanziamento stabile: per la sua costruzione vale la pena investire più tempo e maggiori risorse 39. Il modello agrario dei campi aperti: l’openfield L'openfield è un sistema di organizzazione dello spazio agrario a campi aperti. Esso caratterizzò vaste regioni dell'Europa centro-occidentale (ad esempio isole Britanniche, Francia settentrionale, valle del Reno in Germania, arrivando fino alla Polonia e alla Russia) e si associò a forme di proprietà collettiva della terra e di insediamento accentrato in villaggi. I campi erano ottenuti abbattendo le foreste di latifoglie e venivano coltivati col sistema della rotazione triennale (colture cerealicole e maggese) sulla base delle scelte produttive operate dagli anziani del villaggio. Nei campi a riposo si faceva pascolare il bestiame ovino. Non esistevano case sparse e l'agricoltura era di tipo estensivo. 40. Il modello agrario dei campi chiusi: il Bocage Bocage è una parola di origine normanna con cui ci si riferisce a un particolare tipo di paesaggio rurale che comprende piccoli boschi, siepi naturali e paludi frammiste a terreni coltivati di forma irregolare recintati, particolarmente presente nelle regioni nord- occidentali della Francia, come in Bretagna o in Normandia, e nel Regno Unito. Probabilmente, più che da una tradizione individualistica, il bocage deriva dalla possibilità di utilizzare, in climi umidi, suoli più fertili e dunque meno bisognosi di concimazione animale. Su ogni proprietà si coltivano cereali, frutta e foraggi destinati all'allevamento stallino, in modo da rendere la famiglia autosufficiente. Le poche strade erano fiancheggiate da alberi. Come indica l'espressione stessa, il sistema dei campi chiusi presentava proprietà recintate con reti e muretti (enclosures), forma irregolare dei fondi, case al centro dei terreni e colture scelte dai proprietari. 41. La centuriatio romana Si tratta di un sistema con cui i romani organizzavano il territorio agricolo. Si caratterizzavano per la regolare disposizione, secondo un reticolo ortogonale di strade, canali e appezzamenti agricoli destinati all’assegnazione a nuovi coloni. 42. Il concetto di "genere di vita" (Lebensform) Alla fine del XIX secolo il geografo tedesco Friedrich Ratzel propone il concetto di "genere di vita" (Lebensform) che verrà sviluppato ulteriormente dalla geografia francofona (genre de vie). Il concetto è applicato a una classificazione dei modi di vita dei diversi popoli della terra, per la maggioranza dei quali all'epoca la connessione col quadro fisico-ambientale è molto evidente. È intuitivo per esempio che i prodotti agricoli fondamentali delle umide regioni tropicali non si ritrovano nei sistemi agricoli delle medie latitudini, né i tipi di bestiame che prosperano nei pascoli americani o negli spazi aperti dell'Europa occidentale sono adatti alla tundra artica o ai margini del deserto del Sahara. 43. Tipi di sistema economico In generale le economie nazionali, all'inizio del XXI secolo, rientrano in uno di questi tre principali tipi di sistema: di sussistenza, di mercato o pianificato. Nel nostro mondo sempre più interdipendente, nessuno di questi sistemi economici è "puro", cioè nessuno esiste isolato. Ciascuno, comunque, manifesta caratteristiche peculiari, basate sulle sue basilari forme di gestione delle risorse e di controllo economico. 44. Attività primarie: i cacciatori-raccoglitori Prima che si affermasse la coltivazione dei campi, la caccia e la raccolta erano le forme universali di produzione primaria. Questi sistemi pre-agricoli di occupazione vengono ormai praticati al massimo da poche migliaia di persone in tutto il mondo, perlopiù in sacche isolate e remote, alle basse latitudini; oppure tra popolazioni sparse, a latitudini molto alte. Il numero dei cacciatori-raccoglitori è basso e in declino, e ogniqualvolta essi vengono in contatto con culture tecnologicamente più avanzate, il loro sistema di vita entra in crisi o si dissolve. 45. Attività primarie: l'agricoltura L'agricoltura, intesa come coltivazione di piante e allevamento di bestiame, tanto per il sostentamento dei produttori quanto per la vendita o lo scambio, ha da tempo sostituito la caccia e la raccolta come attività primaria economicamente più significativa. Le coltivazioni vere e proprie coprono da sole circa 15 milioni di chilometri quadrati in tutto il mondo, più o meno il 10% dell'intera superficie utile. 46. Le tipologie di agricoltura e allevamento L’agricoltura è alla base dell’economia umana, il cui scopo basilare è quello di produrre e assicurare cibo sufficiente a far fronte alle richieste giornaliere di energia individuale e abbastanza bilanciato da soddisfare il fabbisogno nutrizionale medio. Questa è inoltre intesa come coltivazione di piante e allevamento di bestiame, tanto per il sostentamento dei produttori quanto per la vendita o lo scambio. E’ la più diffusa nel territorio e si pratica in tutte le regioni del mondo, sostituendo caccia e raccolta come attività primaria più significativa. L'allevamento è l'attività di custodire, far crescere ed opportunamente riprodurre animali in cattività, totale o parziale, per ricavarne cibo, pelli, pellicce, lavoro animale e commercio degli stessi. Le tipologie di allevamento sono innumerevoli: apicoltura, avicoltura, bovinicoltura, ippicoltura, itticoltura, pastorizia, suinicoltura. 47. L’agricoltura di sussistenza intensiva L'agricoltura di sussistenza intensiva prevede la coltivazione di piccoli appezzamenti attraverso il ricorso a una grande mobilitazione di manodopera per ettaro; raccolto per unità di superficie e densità di popolazione sono ambedue elevati. 48. L’agricoltura di sussistenza estensiva L'agricoltura di sussistenza estensiva coinvolge vaste aree di superficie e minima concentra- zione di manodopera per ettaro, sia il prodotto per unità di superficie sia la densità di popolazione sono ridotti. 49. L’agricoltura di sussistenza urbana Non tutta l'agricoltura di sussistenza mondiale si colloca in aree rurali. L'agricoltura urbana è un'attività in rapido sviluppo, e, secondo i dati delle Nazioni Unite, circa ottocento milioni di coltivatori di città, in tutto il mondo, forniscono un settimo della produzione globale di derrate alimentari. 50. L’agricoltura di piantagione 51. La "rivoluzione verde" Questo termine indica quell’ampia gamma di innovazioni nelle sementi e nella gestione che sono state concepite per ottenere raccolti più ricchi su una determinata superficie agricola. Alla base della rivoluzione verde c’è il miglioramento genetico del riso e del frumento. Tuttavia, i contadini più poveri hanno tratto scarso beneficio da queste nuove varietà di piante, che richiedono molta irrigazione e un massiccio ricorso a prodotti chimici. L’incremento della produzione di cibo innescato dalla rivoluzione verde ha avuto come effetto immediato quello di alleviare alcune delle crisi di scarsità, salvano dalla morte per fame circa un milione di persone. Ciò nonostante, ha causato una perdita progressiva delle varietà botaniche e di conseguenza la perdita della sicurezza alimentare. Sempre più spesso è necessario ricorrere alle “banche del seme” per preservare la diversità genetica delle piante da coltivare in futuro. Poiché sono stati molti i contadini a perdere le proprie terre, la società rurale tradizionale è stata distrutta. Il termine sito si riferisce alle caratteristiche fisiche del terreno su cui la città è insediata, nonché alla sua ubicazione assoluta (sul reticolato geografico), elemento quest'ultimo di minor interesse. Sono state proposte classificazioni delle città sulla base delle caratteristiche dei relativi siti, riconoscendo l'esistenza di collocazioni con caratteristiche peculiari. Fra queste rientrano le ubicazioni in punti di rottura di carico, quali punti di attraversamento fluviali dove merci e persone devono interrompere un viaggio; le ubicazioni corrispondenti a punti estremi di navigazione o di estremità di baie, dove vengono raggiunti i limiti massimi consentiti per il trasporto via acqua; le ubicazioni corrispondenti a un capolinea ferroviario, dove la ferrovia termina. 60. L'ubicazione degli insediamenti urbani: la situazione Con il termine situazione si indica l'ubicazione relativa, cioè la posizione di un insediamento rispetto alle caratteristiche fisiche e culturali delle aree circostanti. Molto spesso è importante conoscere il tipo di possibilità e attività esistenti nella zona vicina a un insediamento, quali la distribuzione delle materie prime, delle aree di mercato, delle regioni agricole, delle aree montuose e degli oceani. Pur essendo sotto molti aspetti più importante del sito per comprendere le funzioni e il potenziale di crescita delle città, la situazione è un elemento che caratterizza in modo più esclusivo ciascun insediamento e non si presta a facili generalizzazioni. 61. Perché sono nate le città e a quale epoca risale la loro nascita. Le città sono uno dei più antichi segni della civiltà. Risalenti a 6000 anni fa o più, ebbero origine (o si diffusero) a partire dai focolai culturali da cui si svilupparono le prime forme di agricoltura stanziale. Esse rappresentano altresì una delle esperienze più nuove per una percentuale crescente della popolazione mondiale. 62. Le funzioni delle città. In generale Che siano antiche o moderne, tutte le città palesano temi e tratti regolari ricorrenti in linea con il tempo e il luogo in cui si situano: - svolgono determinate funzioni volte a sostentare se stessa e i suoi abitanti; - appartengono a una società e a un sistema; - presentano una disposizione interna per ciò che riguarda l’uso del territorio, gruppi sociali e funzioni economiche; - al loro interno si ritrovano alcune fra le seguenti funzioni: commercio al dettaglio e all’ingrosso, servizi professionali, amministrazione, attività di difesa, istruzione e religiose, trasporti e comunicazione. 63. Le funzioni delle città. Le città mondiali Al vertice dei sistemi nazionali di città vi è un numero relativamente esiguo di agglomerazioni che possono essere denominate città mondiali. Questi grandi centri urbani sono punti di controllo delle attività internazionali di produzione, marketing e finanza. Nel loro complesso, esse sono state denominate i "centri di controllo e comando" dell'economia globale. Londra, New York e Tokyo sono state universalmente riconosciute come le tre città mondiali dominanti. 64. Le funzioni delle città: la classificazione funzionale La struttura funzionale di un insediamento ne influenza le dimensioni attuali e le prospettive di crescita. Esiste una classificazione funzionale che distingue i vari centri urbani: - Centri di trasporto: prevede l’allineamento lungo le coste, i fiumi, i canali e le ferrovie. - Centri con funzioni speciali: città dedite ad attività minerarie, produttive, la cui localizzazione è legata alla presenza di materie prime, di economie di agglomerazione, di concentrazione dei mercati e di lavoro in costante espansione; - Località centrali: forniscono beni e servizi ad un’area circostante che gravita intorno ad essa 65. La gerarchia urbana Esiste un modo per riconoscere le modalità di organizzazione delle città che prevede una gerarchia urbana, ossia una classificazione in base a dimensioni e funzioni. Quando alla gerarchia viene integrata una dimensione spaziale, appare chiaro che esiste un sistema areale di centri metropolitani, grandi città, piccole città e cittadine. Beni, servizi, comunicazioni e persone si muovono avanti e indietro all'interno della gerarchia. Le poche aree metropolitane di alto livello offrono funzioni specializzate a grandi regioni, mentre le città più piccole servono zone più limitate. 66. La gerarchia urbana. La legge rango-dimensione In alcuni Paesi, soprattutto quelli caratterizzati da economie complesse e una lunga storia urbana, la gerarchla relativa alle dimensioni delle città è sintetizzata dalla legge rango- dimensione (rank-size rule). Secondo questa regola, la città che occupa il posto n per grandezza all'interno di un sistema nazionale di città, avrà dimensioni pari a 1/n di quelle della città più grande. In altri termini, il secondo insediamento in ordine di grandezza sarà equivalente alla metà di quello più grande, quello al decimo posto avrà dimensioni pari a 1/10 rispetto alla città collocata al primo posto. Benché nessun sistema nazionale di città soddisfi esattamente i requisiti della legge rango-dimensione, quelli della Russia e degli Stati Uniti vi si avvicinano molto. 67. La gerarchia urbana. Aree di influenza urbana Al di là dalla posizione all'interno della specifica gerarchia urbana in cui è inserito, ogni insediamento urbano esercita un'influenza sull'area immediatamente circostante. Tale influsso di norma è proporzionato alle dimensioni dell'unità urbana che lo esercita. Si dicono aree di influenza urbana le zone che si trovano all'esterno di una città ma gravitano comunque attorno a essa. Via via che la distanza da una comunità aumenta, l'influenza esercitata da quest'ultima sulla campagna circostante diminuisce. 68. La gerarchia urbana. Il modello di Christaller Nel 1933 il geografo tedesco Walter Christaller (1893-1969) tentò di spiegare tali tratti di regolarità inerenti alle dimensioni, l'ubicazione e l'interdipendenza degli insediamenti. Egli decise di applicare la sua teoria delle località centrali a un contesto ideale semplificato. Christaller ipotizzò che si verificassero le seguenti condizioni: 1.Le cittadine, che forniscono alle campagne circostanti beni fondamentali, si sviluppano in una pianura uniforme priva di barriere topografiche, di direzioni privilegiate del traffico. 2.La popolazione agricola è distribuita in modo uniforme in tale pianura. 3. Le persone hanno caratteristiche omogenee, vale a dire che hanno gusti, tipi di domanda e redditi simili. 4.Ogni tipo di prodotto o servizio disponibile alla popolazione distribuita nella pianura ha una propria soglia, ovvero un numero minimo di consumatori necessario per sostenerne l'offerta. 5. I consumatori acquistano beni e servizi presso la struttura più vicina (negozio o fornitore di servizi). 69. La gerarchia urbana. La competizione per l’uso del suolo urbano Il terreno accessibile (e in quanto tale utilizzabile) è una risorsa scarsa, che possiede un elevato valore di mercato e impone un impiego intensivo, ad alta densità. A causa della limitata disponibilità di terreno utilizzabile, la città industriale tipica del periodo di diffusione del trasporto pubblico (la fine del XIX e l'inizio del XX secolo) era compatta, contraddistinta da un'elevata densità residenziale ed edilizia, con una netta contrapposizione fra usi urbani e non urbani nelle aree periferiche. Le città centrali più antiche, diffuse in particolare nella parte nord-orientale degli Stati Uniti e sud-orientale del Canada, risalivano a quell'epoca e presentavano le caratteristiche descritte. 70. Le strutture urbane reticolari. Le strutture urbane reticolari nascono a seguito delle profonde trasformazioni economiche manifestatesi nei paesi di antica industrializzazione a partire dagli anni Settanta del secolo scorso. Quando due o più città in precedenza indipendenti, le cui funzioni sono divenute potenzialmente complementari, si impegnano a collaborare sviluppando fra loro corridoi di trasporto ad alta velocità e infrastrutture per le comunicazioni, sorgono città e strutture regionali reticolari. Per esempio, dopo la riunificazione di Hong Kong con la Cina, nel 1997 è stata sviluppata un'infrastruttura di strade e linee ferroviarie, insieme a tutta una serie di miglioramenti delle altre modalità di comunicazione, per favorire l'integrazione di Hong Kong con Guangzhou, l'immenso centro industriale ed economico in rapida crescita situato sulla terraferma. 71. Modello relativi alla struttura di uso del territorio urbano Agli anni Venti e Trenta del secolo scorso risalgono alcuni modelli relativi alla crescita e all'uso del territorio urbano, che descrivono la struttura della città. Se è vero che tali modelli, principalmente riferiti alla realtà statunitense, si applicano con difficoltà a contesti diversi, come quello europeo, essi appaiono comunque utili a comprendere talune dinamiche, e soprattutto ad analizzare i diversi processi evolutivi che hanno caratterizzato lo sviluppo delle città non statunitensi. in Italia nel 2017 l'indice di ricambio è 128,2 e significa che la popolazione in età lavorativa è molto anziana. 84. Il Flusso migratorio della popolazione. In generale La migrazione - lo spostamento, permanente o a lungo termine, del luogo di residenza e dello spazio di attività - è stata uno dei temi durevoli della storia umana. I flussi migratori possono essere analizzati su diverse scale: •dai massicci flussi torrenziali intercontinentali •alle decisioni individuali di trasferirsi in una nuova casa nella stessa area metropolitana. A ciascun livello - mentre rimangono costanti i fattori fondamentali che determinano il comportamento spaziale - variano quelli immediati di motivazione, i quali influenzano l'interazione spaziale con impatti diversi sui modelli di popolazione e sui paesaggi culturali. 85. L’incremento naturale della popolazione Il tasso di incremento naturale di una popolazione si ottiene sottraendo il tasso generico di mortalità dal tasso generico di natalità. Naturale significa che non tiene conto degli incrementi o dei decrementi dovuti alle migrazioni. 86. Movimenti migratori intercontinentali Vanno dai primissimi popolamenti del mondo abitabile ai più recenti esodi dei profughi asiatici o africani verso i Paesi dell'Europa o dell'emisfero occidentale. La struttura demografica degli Stati Uniti, del Canada, dell'Australia e della Nuova Zelanda, dell'Argentina, del Brasile e di altri Paesi sudamericani è un riflesso e un risultato dei massicci flussi intercontinentali di migranti che iniziarono come un rivolo durante il XVI e il XVII secolo, per diventare un torrente durante il XIX e l'inizio del XX secolo. 87. I movimenti migratori internazionali Nel XX secolo, la seconda guerra mondiale (1939-1945) e l'immediato dopoguerra causarono oltre 25 milioni di trasferimenti permanenti di popolazione, tutti a livello internazionale, ma non intercontinentale. 88. Le migrazioni intra-continentali e interregionali Esse comportano movimenti tra Paesi e all'interno degli stessi, perlopiù in risposta a valutazioni, individuali e di gruppo, di prospettive economiche migliori; ma sovente tali migrazioni sono una forma di fuga da condizioni ambientali, militari, economiche o politiche difficili o pericolose. I milioni di persone che hanno lasciato le loro terre a seguito del collasso dei sistemi economici socialisti dell'Europa dell'Est sono un esempio di questo tipo di fuga. Tra il 1980 e il 2005 l'Europa ha dato asilo a circa 23 milioni di nuovi arrivati, spesso profughi, che si sono aggiunti ai 15 milioni di lavoratori migranti ("lavoratori ospiti") già presenti nei Paesi dell'Europa occidentale all'inizio degli anni Novanta. 89. Il modello migratorio dalla campagna alla città Nel XX secolo, quasi tutti i Paesi occidentali assistettero a un cospicuo movimento di individui dalle zone agricole alle città. Tale movimento perpetuava un modello migratorio dalla campagna alla città che era cominciato con una certa intensità durante il XVIII secolo, proseguendo in quello successivo (con la rivoluzione industriale) e che attualmente è ancora più massiccio dei flussi migratori internazionali. Ne consegue che, mentre nei Paesi più sviluppati il tasso di crescita urbana è in diminuzione, l'urbanizzazione nel mondo in via di sviluppo continua rapidamente. 90. Tipi di migrazione: le migrazioni forzate Nelle migrazioni forzate, a prendere la decisione del trasferimento sono esclusivamente individui diversi dai migranti stessi. Dalla fine del XVI secolo all'inizio del XIX, gli africani trasferiti con la forza come schiavi nell'emisfero occidentale furono probabilmente da 10 a 12 milioni. La metà o più furono destinati nei Caraibi e la maggior parte dei rimanenti nell'America centrale o meridionale, mentre quasi un milione raggiunse gli Stati Uniti. L'Australia deve il suo primo insediamento europeo ai detenuti trasportati dopo gli anni Ottanta del 1700 nella colonia penale britannica sita nell'Australia sud-orientale (Nuovo Galles del Sud). 91. La migrazione volontaria La grande maggioranza dei movimenti migratori, però, è volontaria. Fondamentalmente, le migrazioni hanno luogo perché i migranti ritengono che le loro opportunità e condizioni di vita saranno migliori nella loro meta rispetto a quanto lo siano nella loro ubicazione di partenza. La povertà rappresenta il maggiore incentivo. Milioni si trasferiscono ogni anno nei paesi e nelle città, molti come "profughi ambientali" che abbandonano la terra talmente erosa o depauperata da non poter più essere loro di sostentamento. Nelle città, essi raggiungono il 40% o più della forza lavoro che è disoccupata o sottoccupata nel proprio paese di origine e che cerca un accesso legale o illegale alle più promettenti economie del mondo sviluppato. 92. L’emigrazione italiana L'Italia è stata, sin dalla sua unificazione, una nazione che ha conosciuto il fenomeno dell'emigrazione. Per più di cento anni, la popolazione fuoriuscita dal paese ha raggiunto territori lontani - come le Americhe, a cavallo tra i secoli XIX e XX - e nazioni più vicine - come quelle dell'Europa occidentale, soprattutto (ma non solo) nel secondo dopoguerra. Un elemento rilevante che si afferma riguarda la provenienza dell'emigrante. Se i primi a partire, dopo l'unità, erano stati individui provenienti dalle regioni settentrionali, seguiti successivamente anche dal resto dell'Italia, nel secondo dopoguerra l'emigrazione si "meridionalizza". 93. L’immigrazione in Italia A partire dagli anni ‘70 del 1900, in Italia cominciano ad arrivare i primi lavoratori provenienti da Paesi extra-europei. All'inizio il fenomeno ha caratteristiche particolari sia riguardo all'area di provenienza sia riguardo all'attività lavorativa, sia, ancora, al genere. Le prime presenze significative si registrano nella cittadina siciliana di Mazara del Vallo, dove le attività della pesca e dell'agricoltura richiamano molti lavoratori, maschi, tunisini. Un altro tipo di arrivi, che non riguarda un'area particolare dell'Italia, è caratterizzato da una manodopera femminile impegnata nel lavoro domestico. 94. Push et pull factors migratori I fattori di spinta (push factors). Fra essi si possono annoverare la disoccupazione, la mancanza di opportunità professionali, il sovraffollamento o lo sgombro dei quartieri degradati, oltre alla povertà, alla guerra e alla fame. Le presumibili condizioni positive del luogo di destinazione prendono il nome di fattori di attrazione (pulì factors). Di essi fanno parte tutte le caratteristiche di attrazione che si presume esistano nelle nuove ubicazioni: sicurezza e cibo, opportunità di lavoro, clima migliore, tasse meno gravose, più spazio e così via. Molto spesso la migrazione risulta dalla percezione di entrambi i tipi di fattori, sia di spinta sia di attrazione. 95. Le leggi di Ravenstein Negli anni Settanta e Ottanta dell'Ottocento E.G. Ravenstein (1834-1913) formalizzò una serie di "leggi della migrazione". Tra le più importanti vi sono le seguenti. 1. La maggior parte dei migranti percorre soltanto una breve distanza. 2. La migrazione a più lunga distanza favorisce le mete verso grandi città. 3. La maggior parte delle migrazioni procede passo per passo. 4. La maggior parte delle migrazioni ha luogo dalla campagna verso la città. 5. Ciascun flusso migratorio produce un controflusso. 6. La maggior parte dei migranti è costituita da adulti; è meno probabile che le famiglie operino trasferimenti a livello internazionale. 7. La maggior parte dei migranti internazionali è composta da giovani di sesso maschile. La conclusione di Ravenstein, secondo il quale nei flussi internazionali alimentati da ragioni economiche prevalgono i giovani adulti di sesso maschile, è oggi meno valida rispetto all'epoca in cui fu proposta per la prima volta.
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