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Gestione delle risorse naturali, Appunti di Economia Ambientale

Appunti rielaborati a livello formale del contenuto delle lezioni, comprensivi di numerosissimi esempi ed immagini finalizzati alla comprensione ottimale di alcuni argomenti.

Tipologia: Appunti

2020/2021

In vendita dal 24/01/2021

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Scarica Gestione delle risorse naturali e più Appunti in PDF di Economia Ambientale solo su Docsity! Gestione sostenibile delle risorse naturali La gestione delle risorse naturali è una disciplina che si occupa della gestione del territorio, dell’acqua, del suolo, della flora e della fauna, con particolare attenzione su come la gestione incida sulla qualità della vita, sia per le generazioni presenti che future. à La disciplina ha dato origine al concetto di sviluppo sostenibile. Le tecniche di valutazione economica delle risorse naturali sono strumenti impiegati per calcolarne il valore, informazione che il decisore pubblico impiega nel processo decisionale riguardante la gestione delle risorse naturali. Per il corso sono state selezionate le risorse per le quali la fruizione turistica è di fondamentale importanza – Foreste – Aree protette/ Biodiversità̀ – Fauna selvatica Sono risorse naturali rinnovabili. Con il termine di risorse naturali rinnovabili si intende: - una popolazione vegetale o animale con la capacità di riprodursi e crescere (alberi, vegetazione, risorse ittiche o fauna selvatica, risorse biologiche) (riproduzione con meccanismi biologici) - una massa inanimata o una fonte energetica che fornisce un flusso costante o periodico (suolo, acqua, vento, radiazione solare) Per risorse biologiche: - specie vegetali e animali utili all'uomo - dal punto di vista della ripartizione delle attività̀ economiche, tali risorse ricadono nel campo d'interesse dei rami tradizionali del settore primario: agricoltura (risorse agricole) e foreste (risorse forestali), allevamento e pesca - molti prodotti di questi comparti sono alla base della nostra alimentazione, altri sono alla base del nostro abbigliamento o delle nostre abitazioni, altri ancora forniscono la fonte d'energia o la materia prima alle produzioni industriali Utilizzo sostenibile delle risorse naturali: Situazione mondiale delle risorse naturali Tanti fenomeni preoccupanti che gettano più̀ di un’ombra sull’adeguatezza delle risorse naturali nel futuro prossimo. Degradazione del suolo: - Erosione - Deforestazione Acqua: - Consumo di acqua - Inquinamento dei mari e degli oceani Perdita di biodiversità – Degradazione del suolo Solo un quarto delle terre emerse sulla Terra è sostanzialmente libera da impatti delle attività umane. Le zone umide costituiscono la categoria che ha subito i maggiori impatti, avendo perso l’87% della loro estensione nell’era moderna. Le cause immediate del degrado dei suoli sono tipicamente locali, la gestione inappropriata delle risorse dei suoli stessi; ma i drivers sono spesso regionali o globali, e includono la crescente domanda per i prodotti derivanti dagli ecosistemi, una domanda che va oltre la capacità declinante degli stessi ecosistemi nel soddisfarli. • Erosione L’erosione è la perdita dello stato superficiale del suolo. Il degrado della vegetazione originaria crea condizioni in cui, in assenza di barriere naturali, violente precipitazioni e venti persistenti impoveriscono il suolo trascinandone via gli strati superficiali ricchi di humus. L’erosione riduce la fertilità̀ del suolo. Erosione di terra coltivabile: quasi il 33% della terra arabile del mondo è stata persa per questo fenomeno o per l'inquinamento negli ultimi 40 anni (Cameron, 2015). Questo è catastrofico se si pensa che servono 500 anni per la formazione di appena 2,5 centimetri di suolo in condizioni normali. L’erosione porta alla: desertificazione. Esempio: la Grande Muraglia Verde dell'Iniziativa per il Sahara e il Sahel Collaborazione sub-regionale per lo sviluppo delle zone rurali, l'obiettivo finale è quello di rafforzare gli ecosistemi della regione gestendoli in maniera ponderata, di proteggere il patrimonio rurale, di migliorare le condizioni di vita della popolazione. Sostiene gli sforzi delle comunità̀ locali nello sfruttamento e nella gestione sostenibile delle foreste, delle zone adibite al pascolo e delle altre risorse naturali situate nelle zone aride. • Deforestazione • Inquinamento dei mari e degli oceani Cause: - Acidificazione a causa dell’aumento della concentrazione di CO2 - Sbiancamento dei coralli (38% a livello mondiale) - Sovra-sfruttamento della pesca - Plastiche (80% provengono dalla terra ferma; 20% dalle navi e piattaforme marine) Esempio: Henderson Island Patrimonio dell’Unesco, una discarica di plastica. È sorprendente come un’isola così remota e lontana, sia stata raggiunta da un così ingente numero di plastiche: 38 milioni di rifiuti di plastica, 18 tonnellate di materiale plastico, il 68% del quale è composto da frammenti invisibili (microplastiche). L’impressionante concentrazione di questi rifiuti raggiunge i 4.500 pezzi per metro quadro, fino ad una profondità di 10 cm. In realtà, c'è molta incertezza sulla distribuzione e il destino della plastica una volta che entra nell'oceano. Una prima valutazione globale della quantità totale di piccoli frammenti di plastica galleggianti indica che il peso totale varia tra 93 e 326 milioni di tonnellate metriche. La microplastica sulla superficie dell'oceano rappresenta circa l'1% degli 8 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica che si stima entrino nell'oceano da input terrestri ogni anno. 200 paesi nel dicembre 2017, hanno firmato congiuntamente il progetto di risoluzione dell'ONU sui rifiuti marini e microplastiche. Il mar Mediterraneo? A tema e con una delle più alte concentrazioni al mondo di plastiche galleggianti e microplastiche Circa 247 miliardi di pezzi di plastica galleggiano nel Mar Mediterraneo del peso di 23.150 tonnellate o l'equivalente di 115 balene blu, con il carico di plastica di superficie stimato tra 1.000 e 3.000 tonnellate. Il problema deriva dalla pressione umana associata all'alta concentrazione di persone e attività economiche lungo le coste, combinata con l'idrodinamica del bacino semichiuso, che insieme contribuiscono all'accumulo di plastica nel mare. L’Unione Europea sta cercando di ridurre del 30% le microplastiche. Problemi causati dai rifiuti di plastica nell’oceano - Vita marina (gli animali restano impigliati o ingeriscono la plastica, degradazione dell’habitat, esposizione alle sostanze chimiche della plastica) - Salute umana (esposizione a sostanze chimiche attraverso la catena alimentare) - Economia (il costo stimato dei rifiuti marini è fra 259 e 695 milioni, principalmente a discapito dei settori turistico e ittico) - Clima (riciclare 1 milione di tonnellate di plastica equivale a togliere 1 milione di auto dalle strade (in termini di emissioni di CO2) Divieto d’uso della plastica usa e getta entro il 2021 (PE 27 marzo 2019) I seguenti prodotti saranno vietati nell'UE entro il 2021: - posate di plastica monouso (forchette, coltelli, cucchiai e bacchette) - piatti di plastica monouso - cannucce di plastica - bastoncini cotonati fatti di plastica - bastoncini di plastica per palloncini - plastiche ossi-degradabili, contenitori per alimenti e tazze in polistirolo espanso I prodotti coperti dalla legislazione costituiscono il 70% di tutti i rifiuti marini. Una strategia per la plastica per un'economia circolare - Raggiungere entro il 2029 la raccolta del 90% delle bottiglie di plastica. - Una parte del materiale utilizzato per produrre le bottiglie di plastica deve provenire dalla plastica riciclata in percentuali pari al 25% entro il 2025 e al 30% entro il 2030. - Rendere tutti gli imballaggi di plastica riciclabili entro il 2030 è uno degli obiettivi di una strategia all'esame del Parlamento europeo. Le nuove misure aiuteranno i paesi europei a ridurre la quantità di rifiuti di plastica ancora prodotta e a limitarne l'impatto devastante su ambiente, clima, salute ed economia. – Perdita di biodiversità Di seguito i contributi della natura al benessere umano: - I servizi di fornitura sono i prodotti ottenuti dagli ecosistemi (es: materie prime, cibo, acqua, medicinali, ecc.) - I servizi di regolazione sono i benefici ottenuti dalla regolazione dei processi ecosistemici (es: qualità dell’aria, impollinazione, erosione, ecc.). - I servizi di supporto sono i benefici non materiali che le persone ottengono dagli ecosistemi (es: fotosintesi, ecc.). - I servizi culturali sono quei servizi che sono necessari per la produzione di tutti gli altri servizi ecosistemici (es: servizi paesaggistici, ricreativi, ecc.). La biodiversità è, dunque, alla base del benessere umano. È stato stimato che, ogni giorno, si estinguano dalle 50 alle 150 specie; ciò equivale ad una perdita annua approssimata compresa fra le 20.000 e le 50.000 unità (fonti ISPRA - Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale). Le cause principali (dirette) sono: - perdita e degrado dell’habitat - sfruttamento eccessivo delle specie - l’inquinamento - specie invasive e malattie - i cambiamenti climatici Cause della perdita degli impollinatori Il cambiamento d’uso del suolo, a causa dell’intensificazione agricola e dell’espansione urbana, è uno dei fattori che determina la perdita di impollinatori, fenomeno particolarmente rilevante nel momento in cui scompaiono o si degradano le aree fondamentali per l’alimentazione e la riproduzione di questi animali. L’abbondanza, la diversità e la salute degli impollinatori sono minacciate anche da altri fattori, tra cui il cambiamento climatico, la presenza di specie invasive nonché malattie e patogeni emergenti; sono indispensabili appropriate azioni locali, nazionali e globali per mitigare tali minacce. Moria di api: il ruolo dei neonicotinoidi Molte ricerche hanno dimostrato il ruolo dei neonicotinoidi nella moria di api a livello mondiale (es: Università di Padova, Harvard School of Public Health) Nel novembre 2016 l’EFSA ha confermato che gli usi autorizzati di imidacloprid (prodotto da Bayer) e clothianidin pongono un elevato rischio o che questo non possa essere escluso. Nuovi studi hanno dimostrato che gli insetticidi neonicotinoidi minacciano seriamente non solo le api, ma anche bombi, farfalle, insetti acquatici e persino uccelli, con possibili ripercussioni su tutta la catena alimentare. È uno studio dell’Università di Trento (CIMeC e Dipartimento di Fisica), che dimostra come l’insetticida più usato al mondo (Imidacloprid), anche se presente nell’ambiente in concentrazioni ben al di sotto dei limiti letali, ha un effetto dannoso nel cervello degli insetti. Le ripercussioni rilevate nel cervello delle api riguardano l’ambito della memoria, dell’orientamento e, per la prima volta viene dimostrata anche una connessione con la perdita dell’olfatto. Molti stati hanno sospeso l’uso dei neonicotinoidi. I primi sono stati Germania, Francia, Italia (2008), Slovenia. Nel 2013, a seguito delle valutazioni effettuate dall'EFSA, l’Unione Europea ha proibito per la prima volta l’uso di neonicotinoidi per 2 anni, e un divieto più lungo su altri pesticidi. Aprile 2018: l’UE vieta i tre neonicotinoidi - l'imidacloprid e il clothianidin della Bayer e il tiamethoxam della Syngenta. L’Assemblea nazionale francese ha approvato un emendamento alla legge sulla biodiversità, che dal 1° settembre 2018 vieta l’utilizzo di tutti i pesticidi appartenenti alla famiglia dei neonicotinoidi. Nel marzo 2019 la Commissione ha incaricato l’EFSA di riesaminare il documento di orientamento del 2013 al fine di individuare eventuali sezioni da rivedere. Tale processo dovrebbe protrarsi fino a marzo 2021. La gestione per ridurre la perdita di impollinatori È stato dimostrato come l’incremento della diversità di habitat nel paesaggio e l’inclusione di habitat non agricoli all’interno dei piani di gestione del territorio possano ridurre la perdita di impollinatori, aumentarne il numero e migliorare i servizi ecosistemici. Iniziative a scala di paesaggio, volte ad incrementarne l’eterogeneità e la connettività, sono state inserite in molti piani nazionali e internazionali con l’obiettivo specifico di incrementare la conservazione degli impollinatori. Modelli di gestione e di governance Cosa significa gestire le risorse naturali? La gestione delle risorse naturali è un processo analitico che si struttura in una serie di fasi: 1. identificare bisogni e obiettivi, definire problemi, 2. determinare le azioni appropriate, 3. definire un piano di gestione, 4. realizzare a valutare il successo del piano. Il piano di gestione Il piano rappresenta lo stato futuro desideratoo le condizioni della risorsa naturale e il percorso più efficiente ed equo per raggiungerlo. Il piano specifica: - gli obiettivi specifici e quelli derivanti dalla regolamentazione/legislazione a vari livelli, - le azioni di management, - il budget ed - il finanziamento. Le decisioni di management: - Trade-offs tra le funzioni - Giudizi di valore - Hanno effetti sulla vita reale e sulle persone Gli obiettivi della gestione delle risorse natuali: Massimizzare la resa fisica–massima produzione sostenibile - maximum sustained yield. Mantenere lo stock di risorse e sistenti garantendo la massima resa: - ignora completamente tutte le considerazioni economiche e sociali della gestione delle risorse naturali, - ignora tutti i valori non di mercato derivati dai valori d’uso senza consumo delle risorse. Massimizzare il valore della risorsa per la società: - Efficienza statica - Efficienza intertemporale (dinamica) – Efficienza statica – Efficienza dinamica Se massimizza il valore attuale dei benefici netti ricavabili da tutte le possibili allocazioni di tali risorse nell’arco di n periodi. MNB = MCB – (MCC + UC) Benefici marginali netti = Benefici marginali correnti – (Costi marginali correnti + Costi di uso) Tiene conto dei costi d’uso, che dipendono dal tasso i futuro. Quando i è >, < sono i benefici che si sacrificano. Il tasso deve essere 0 per essere sostenibili. Se massimizza il beneficio netto derivante dall’utilizzo delle risorse. Non tiene conto del costo per le generazioni future. 4. Riconoscendo i potenziali guadagni derivanti dalla gestione, esiste in generale la necessità di comprendere e gestire l’ecosistema in un contesto economico. Ogni programma di gestione degli ecosistemi dovrebbe quindi: - ridurre quelle distorsioni di mercato che hanno effetti negativi sulla diversità̀ biologica; - stabilire piani di incentivi per promuovere la conservazione e l’uso sostenibile della biodiversità̀; - internalizzare il più possibile i costi e i benefici dell’ecosistema. 5. La conservazione della struttura e del funzionamento dell’ecosistema, al fine di mantenere i servizi forniti dall’ecosistema, deve essere un obiettivo prioritario dell’approccio ecosistemico. 6. Gli ecosistemi devono essere gestiti nei limiti del loro funzionamento. 7. L’approccio ecosistemico deve essere intrapreso su scala spaziale e temporale appropriata. 8. Riconoscendo il variare delle scale temporali e gli effetti ritardati che caratterizzano i processi ecosistemici, gli obiettivi per la gestione degli ecosistemi dovrebbero essere messi a punto su scala temporale di lungo termine. 9. La gestione deve riconoscere che il cambiamento è inevitabile. 10. L’approccio ecosistemico deve ricercare il giusto equilibrio tra conservazione ed uso della diversità biologica. 11. L’approccio ecosistemico deve considerare tutte le forme di informazione rilevanti, incluse le conoscenze scientifiche, le innovazioni e le pratiche indigene e locali. 12. L’approccio ecosistemico deve coinvolgere tutti i settori rilevanti della società e delle discipline scientifiche. La visione deve essere olistica. L’approccio è, quindi, multi-disciplinare. L’ecosystem approach è un approccio per mantenere o ripristinare la composizione, struttura e funzione di ecosistemi naturali e modificati con l’obiettivo di lungo termine della sostenibilità. È basato su una visione sviluppata in maniera collaborativa di condizioni future desiderate che integra prospettive ecologiche, socio- economiche e istituzionali, applicata entro un quadro geografico definito primariamente da frontiere ecologiche naturali. Una buona ed efficace gestione dell'ecosistema si trova all'intersezione di tutti e tre i circoli, tenendo conto di considerazioni ecologiche, socio-economiche e istituzionali. Non esiste un solo modo di applicare l’approccio ecosistemico, in quanto ciò dipende dalle condizioni locali. L’approccio ecosistemico non preclude altri approcci di tipo gestionale o di conservazione (riserve della biosfera, aree protette, programmi di conservazione di singole specie, ecc.), ma può integrare tutti questi approcci per adattarsi a situazioni complesse. • Management ecosistemico Apertura in senso biocentrico. L’obiettivo diventa “mantenere la salute e sostenibilità dell’ecosistema”. Il management dell’ecosistema integra la conoscenza scientifica delle relazioni ecologiche entro il complesso quadro sociopolitico e di valori con l’obiettivo generale di proteggere l’integrità locale dell’ecosistema nel lungo periodo (Grumbine, 1994). I 10 “temi” dominanti del management ecosistemico: 1. Contesto gerarchico 2. Frontiere ecologiche 3. Integrità ecologica (funzionamento sano e ininterrotto approvvigionamento di servizi ambientali) 4. Raccolta dati 5. Cooperazione tra gestori a diversi livelli 6. Cambiamento organizzativo (approccio sperimentale non prescrittivo) 7. Gli uomini sono radicati nella natura 8. Valori (umani) 9. Monitoraggio 10. Adaptive Management In particolare, il decimo tema: - è un processo di apprendimento adattivo, dove le misure di gestione sono viste come gli strumenti primari per la sperimentazione. Dobbiamo continuamente imparare a gestire sempre meglio, perché la nostra conoscenza del mondo è limitata; conseguentemente la gestione dovrebbe essere considerata come un esperimento. Di fronte ad incertezza, complessità e irreversibilità, flessibilità ed adattamento sono cruciali; - può essere considerata come un terreno comune dove gestori, scienziati e cittadini possono imparare a soddisfare bisogni e desideri sociali, mantenendo nello stesso momento la capacità ecologica degli ecosistemi. La scienza è uno strumento per valutare lo stato della natura e l’impatto delle misure di gestione Le politiche di gestione non sono soluzioni a problemi ma esperimenti che portano sempre sorprese È tutto un circolo. Incertezza/irreversibilità̀ Flessibilità̀/Adattamento Ridurre l’incertezza La gestione ecosistemica richiede molte più conoscenze dei fenomeni biologici. Spesso è molto difficile metterla in pratica perché tanto più numerosi sono gli obiettivi tanto più difficile è il processo decisionale. Si traduce nei cosiddetti sistemi di gestione integrata che di fatto costituiscono il primo passo verso una gestione ecosistemica. La Governance si interessa di come si svolgono le modalità con cui interagiscono i governi e le altre organizzazioni sociali, come questi si relazionano con i cittadini, e come vengono assunte le decisioni. Potere… Relazioni… Responsabilità… Chi detiene le informazioni? Chi decide? Come? Chi ha influenza? Chi esercita il potere? In che modo i decisori pubblici vengono resi responsabili? In che modo i cittadini o gli stakeholders possono intervenire nei processi decisionali? Il modello a tre assi per distinguere EM da CM: Spazio (geografico, limitato) Tempo (lungo periodo) Inclusione (stakeholders) La gestione ecosistemica è una gestione ampia. Alcune condizioni per un co-management di successo: - Località, storia, tradizioni (senso di appartenenza) - Volontariato già attivo - Abitudine ad agire in associazione e presenza di associazioni - Autonomia locale Supporto del governo: - Allocazione di fondi - Legislazione e regolamenti - Potere esecutivo La legislazione e le politiche devono essere progettati per fornire una base giuridica per il sistema di gestione partecipata. Spesso, il sostegno del governo, attraverso la legislazione, il finanziamento e le misure di esecuzione, è fondamentale per sostenere l'iniziativa di co-gestione. Problemi nello sviluppo di sistemi di co-management: - Conflitti tra i diversi stakeholders - Resistenza delle istituzioni alla partecipazione della comunità. È necessario investire considerevolmente nella formazione sia del personale dell'agenzia governativa che dei leader della comunità locale in modo che riescano a capire i loro nuovi ruoli e avere le competenze necessarie per eseguirli in modo efficace. La sostenibilità a lungo termine del sistema di co- gestione dipenderà dal grado in cui questi due gruppi hanno assimilato i loro ruoli. Gestione della risorsa forestale Risorsa forestale in Italia Sulla base dei dati dell’ultimo Inventario Forestale Nazionale (IFN) – statistiche riprese poi dall’ISTAT, le foreste e le altre terre boscate coprono all’incirca 11 milioni di ettari, corrispondenti al 36% del territorio nazionale. PS: La risorsa forestale in Italia non è legiferata a livello nazionale ma è demandata alle regioni e alle province autonome. Proprietà e ubicazione delle foreste - Ubicazione: circa il 30% delle foreste italiane è sopra i 1000 m di quota e circa 38% tra 500 e 1000 m prevalentemente nelle Alpi e negli Appennini. - Proprietà: il 66,2% delle foreste nazionali sono di proprietà privata (non solo nell’ottica dei territori del nord, come quelli svedesi), mentre per il 33,8% sono foreste pubbliche. La proprietà individuale o famigliare rappresenta il 79,0% delle foreste private. Le foreste comunali rappresentano il 65,5% delle foreste pubbliche, seguite da quelle regionali e da quelle del demanio dello stato (23,7%). I domini collettivi (proprietà che hanno radici nel medioevo) ricadono nel pubblico o nel privato a seconda se siano gestite da un ente pubblico o privato. Cambiamento d’uso del suolo Dalla metà degli anni ‘80 del secolo scorso, le foreste e le altre terre boscate stanno progressivamente aumentando in Italia a causa dell’abbandono delle attività̀ agricole tradizionali in montagna e della sostituzione delle aree prative (prati e pascoli) con boschi di neo- formazione a causa della riforestazione naturale. Il 53.7% dei boschi italiani sono boschi ad alto fusto, mentre il restante 46.3% sono cedui (utilizzati un tempo dai contadini e quindi fortemente antropizzati per legna da ardere, ad esempio; molti sono stati abbandonati con la conseguenza che non detengono più un’utilità economica). Tali terre sono gravate da uso civico o comunque da forme di gestione autonoma. Gli aventi diritto sono tutti coloro che risiedono in quell’area. Tipi forestali in Italia I principali tipi forestali (composizione di specie botaniche ad alto fusto dei boschi) in Italia sono i boschi temperati di querce – in particolare le cerrete (1,084,247 ha) seguiti dalle faggete (1,035,103 ha), dalle foreste di querce mediterranee (leccete e sugherete) e da altri boschi di latifoglie (acero-tiglio- frassineti). La specie più comune è il cerro (Quercus cerris L.). I nostri abeti rossi fanno parte di boschi naturali (sì favoriti dall’uomo, ma non forzato con rinnovazione artificiale, quanto naturalmente – quindi stiamo meglio a livello ecologico) Aree protette in Italia Le aree protette – secondo quanto previsto dalle Leggi N°394/1991 e N°157/1992 – coprono circa il 20% dell’area forestale nazionale, in alcune regioni del Centro-Sud Italia (Abruzzo, Puglia, Sicilia e Campania) più del 50% dell’area forestale ricade in aree protette nazionali o comunitarie. La rete Natura 2000 (Decreto n° 357 del 8 settembre 1997) ricomprende: - 2,314 Siti di Importanza Comunitaria (SICs) per un’area totale di 48,561 km2 - 610 Aree di Protezione Speciale (SPAs) per un’area totale di 44,113 km2. NB: 87% del territorio nazionale sottoposto a vincolo idro-geologico. - Piano Forestale Aziendale (PFA): sono dei documenti operativi, redatti a livello di proprietà (pubblica, privata, collettiva) che programmano nel tempo e nello spazio gli interventi da mettere in atto sul territorio. La dicitura può variare in Piani economici o Piani d’assestamento (questo quando si ha una gestione monofunzionale volta alla produzione legnosa). Durata: 10 anni. Pianificazione forestale in Italia In Italia, la diffusione dei piani di gestione forestale è piuttosto limitata e riguarda principalmente le regioni con una lunga tradizione forestale (Alto Adige-Trentino, Veneto, Piemonte e Lombardia). Attualmente, il 18% dell’area forestale totale nazionale è gestita attraverso un piano di gestione (14.2% con PFA e 2.0% con PFT), mentre circa l’88% è vincolata dalla legge forestale nazionale (R.D.L. n.°3267 del 1923). I piani PFT che tendono a conciliare multifunzionalità forestale e interessi dei portatori d’interesse (stakeholders) sono predisposti seguendo queste fasi: 1. Inventario forestale e valutazione della multifunzionalità; 2. Pubblica comunicazione e informazione della comunità locale; 3. Stakeholder analysis; 4. Questionario (a tutti gli stakeholders); 5. Sintesi e preparazione degli scenari; 6. Focus groups (solo key stakeholders). La procedura sviluppata dal CREA per la definizione dei piani forestali a scala di paesaggio è stata implementata in diverse regioni d’Italia: - Valle di Non (Trentino-Alto Adige) - Alto Matese (Molise) - Arci-Ghirine (Sardegna) - Collina Materana Alto Agri (Basilicata) Nella prima fase di redazione del PFT, i seguenti dati e informazioni sono raccolte in campo dai tecnici forestali: 1. Inventario Forestale: in accordo con l’Inventario Forestale Nazionale i dati vengono raccolti in unità di campionamento circolari di 531 m2 (13 m di raggio) 2. Valutazione multifunzionalità forestale in ciascuna particella forestale in cui è ubicata l’unità di campionamento. Step 1 – Valutazione della multifunzionalità La multifunzionalità forestale viene valutata in ogni particella forestale con lo scopo di definire il più idoneo trattamento selvicolturale da applicare per migliorare la funzionalità e struttura del bosco. – Index of Importance of Function (I): the multi-functionality of each compartment is evaluated by estimating, through the Index I, the capacity of the forest to fulfil different forest functions. The evaluation is realized by the technicians during the field survey Nelle differenti zone della foresta i tecnici procedono con l’assegnazione di un punteggio a ciascuna funzione assolta attribuendo il valore n (ad esempio 10 in caso di 10 funzioni presenti) alla funzione considerata prevalente e valori decrescenti (9, 8, 7...) alle altre funzioni ritenute comunque importanti ma con una valenza inferiore. Si assegna 0 (zero) alle funzioni non erogabili nel contesto in esame. I dati raccolti per ciascuna particella forestale vengono aggregati per compartimento (o tipo forestale) e usati per stimare gli indicatori del livello di multifunzionalità forestale: Per ciascun compartimento del PFT, i tecnici valutano la capacità di un trattamento selvicolturale nel migliorare la performance di una funzione forestale o l’erogazione di un Servizio ecosistemico sia nel breve sia nel medio periodo. – Capability of Function Fulfilment Index (Cs) is calculated as the mean of the product between the Index of importance of function (I) and the capability of the silvicultural option to fulfil the function of all forest units related to one forest compartment (or forest type) Step 2 – comunicazione e informazione Il secondo step per la redazione di un PFT è la comunicazione e la trasmissione di informazioni ai cittadini e ai portatori d’interesse (stakeholders) relative all’avvio del processo partecipativo concernente la redazione del piano di gestione forestale. Step 3 – Stakeholder analysis Nel PFT, la stakeholder analysis viene implementata seguendo 3 fasi volte a identificare i key stakeholders da coinvolgere in tutte le fasi del processo decisionale: Step 4 – indagine tramite questionario Tutti i portatori d’interesse identificati durante la stakeholder analysis sono coinvolti nel questionnaire survey. Un questionario semi-strutturato formato sia da domande chiuse sia da domande aperte suddiviso in sezioni tematiche viene somministrato ai portatori d’interesse (4 sezioni tematiche): – Questionario: sezioni tematiche Q1 e Q2 Nelle sezioni sulle conoscenze locali e tradizionali (Q1) e sull’importanza delle funzioni forestali (Q2), tutti i rispondenti forniscono le loro conoscenze, opinioni e aspettativi circa la gestione della risorsa forestale. Per le funzioni forestali, i portatori di interesse assegnano il livello di importanza di ciascuna funzione usando una 5-points Likert scale (1=molto importante, 5= poco importante): Brainstorming sessions Nella prima fase della stakeholder analysis, l’autorità pubblica (responsabile del PFT) e i ricercatori del CREA predispongono una preliminare lista di portatori d’interesse sulla base del loro livello di conoscenza del territorio oggetto di studio. Snowball sampling method Durante la consultazione degli stakeholders, la lista preliminare viene integrate grazie alle informazioni fornite dai primi stakeholders consultati (questionnaire survey) allo scopo di predisporre la lista definitiva. Biodiversità Definizione: Diversità biologica «La variabilità degli organismi viventi di ogni origine, compresi inter alia gli ecosistemi terrestri, marini e di altri ecosistemi acquatici, ed i complessi ecologici di cui fanno parte; ciò include la diversità nell’ambito delle specie, e tra le specie degli ecosistemi.» - Diversità genetica che si riferisce alla variabilità del patrimonio genetico all’interno della stessa specie; - Diversità di specie che fa riferimento alla variabilità delle specie all’interno di un determinato habitat; - Diversità ecosistemica che include le differenze esistenti tra i vari ecosistemi. Tutto ciò che ha contribuito a costruire le moderne società, con i suoi benefici e i suoi lussi, deriva dalla natura. Noi abbiamo bisogno delle risorse naturali per sopravvivere e prosperare. La ricerca scientifica ci dimostra l’incalcolabile importanza della natura per la nostra salute, il benessere, il cibo e la sicurezza. Tutte le attività economiche dipendono dai servizi messi a disposizione dalla natura, che costituiscono un’immensa componente, di grande valore, della ricchezza delle nazioni. Per tal motivo: i governi, le imprese e il settore finanziario si stanno chiedendo come i rischi ambientali globali, ad esempio l’incremento della pressione sulle terre agricole, il degrado dei suoli, gli stress idrici e gli eventi climatici estremi, influenzeranno le performance economiche dei paesi, delle imprese e dei mercati finanziari. Classificazione dei servizi ecosistemici: il Millennium Ecosystem Assessment (2005) • Supporto alla vita (Supporting): queste funzioni raccolgono tutti quei servizi necessari per la produzione di tutti gli altri servizi ecosistemici e contribuiscono alla conservazione (in situ) della diversità biologica e genetica e dei processi evolutivi (es: formazione del suolo, fotosintesi). • Regolazione (Regulating): oltre al mantenimento della salute e del funzionamento degli ecosistemi, le funzioni regolative raccolgono molti altri servizi che comportano benefici diretti e indiretti per l’uomo (come la stabilizzazione del clima, l’impollinazione, regolazione delle malattie e dei parassiti), solitamente non riconosciuti fino al momento in cui non vengono persi o degradati. • Approvvigionamento (Provisioning): queste funzioni raccolgono tutti quei servizi di fornitura di risorse che gli ecosistemi naturali e semi-naturali producono (ossigeno, acqua, cibo, ecc.). • Culturali (Cultural): gli ecosistemi naturali forniscono una essenziale “funzione di consultazione” e contribuiscono al mantenimento della salute umana attraverso la fornitura di opportunità di riflessione, arricchimento spirituale, sviluppo cognitivo, esperienze ricreative ed estetiche. Il progetto Millennium Ecosystem Assessment è un progetto di ricerca che ha cercato di identificare i cambiamenti subiti dagli ecosistemi e di sviluppare degli scenari per il futuro, basandosi sul trend dei cambiamenti. È stato lanciato nel 2001 con il supporto delle Nazioni Unite I risultati, pubblicati nel 2005 dopo quattro anni di lavoro e il coinvolgimento di più di mille esperti e scienziati di quasi tutto il mondo, hanno affermato che il mondo sta degradando le proprie risorse naturali, evidenziando che le conseguenze di questa degradazione cresceranno in maniera significativa nei prossimi 50 anni. I trattati e i programmi d’azione per la protezione della biodiversità • La Convenzione di Ramsar, ufficialmente Convenzione sulle zone umide di importanza internazionale (1971) È un trattato intergovernativo che fornisce il quadro per l'azione nazionale e la cooperazione internazionale per la conservazione e l'uso saggio (ovvero sostenibile) delle zone umide e delle loro risorse (in particolare, la protezione degli uccelli). La Convenzione è stata adottata nella città iraniana di Ramsar nel 1971 ed è entrata in vigore nel 1975. Da allora, quasi il 90% degli Stati membri delle Nazioni Unite, provenienti da tutte le regioni geografiche del mondo, hanno accettato di diventare "Parti contraenti" (171 Parti contraenti). Ogni tre anni, i rappresentanti delle Parti contraenti si incontrano come Conferenza delle Parti contraenti (COP), l'organo decisionale della Convenzione che adotta decisioni (Risoluzioni e Raccomandazioni) per amministrare il lavoro della Convenzione e migliorare il modo in cui le parti sono in grado di attuare i propri obiettivi. Le parti sono chiamate a: - Designare la lista dei siti, - Includere azioni specifiche per la conservazione delle zone umide nei piani di uso del suolo, formulare e realizzare i piani per promuovere l'uso prudente delle zone umide nei loro territori, - Istituire riserve naturali in zone umide e promuovere attività di formazione specifica nella ricerca, gestione e sorveglianza inerenti alle zone umide, - Consultarsi con altre Parti su problemi inerenti alla messa in opera della Convenzione (cooperazione internazionale). Le linee guida per i precedenti punti sono pubblicate nella serie dei Manuali Ramsar. • La Convenzione sulla Protezione del Patrimonio Mondiale culturale e naturale, anche nota come Convenzione sul patrimonio dell'umanità (1972) La Convenzione sulla protezione del patrimonio culturale e naturale mondiale è un accordo internazionale adottato dalla Conferenza generale dell'UNESCO nel 1972. La caratteristica più significativa della Convenzione è che collega in un unico documento i concetti di conservazione della natura e di conservazione dei beni culturali. La Convenzione definisce il tipo di siti naturali o culturali che possono essere considerati per l'iscrizione nella Lista del Patrimonio Mondiale. I beni iscritti alla Lista del Patrimonio Mondiale: patrimonio culturale, naturale e culturale (dal 1992). • La Convenzione per la conservazione della vita selvatica e dei suoi biotopi in Europa, anche nota come Convenzione di Berna (1979) È uno strumento giuridico internazionale vincolante nel campo della conservazione della natura, che copre la maggior parte del patrimonio naturale del continente europeo e si estende ad alcuni Stati dell'Africa. È l'unica convenzione regionale di questo tipo al mondo e mira a conservare la flora e la fauna selvatiche e i loro habitat naturali, nonché a promuovere la cooperazione europea in questo campo. Cinquanta paesi e l'Unione Europea hanno già aderito alla Convenzione e si sono impegnati a promuovere politiche nazionali di conservazione, considerando l'impatto della pianificazione e dello sviluppo sull'ambiente naturale, promuovendo l'educazione e l'informazione sulla conservazione e coordinando la ricerca. • La Convenzione sulla Diversità Biologica (1992) Al Summit della Terra di Rio del 1992, furono avviati due accordi vincolanti: la Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici (UNFCCC) e la Convenzione sulla diversità biologica (CBD). La CBD è stato il primo accordo globale sulla conservazione e l'uso sostenibile della diversità biologica ed è entrato in vigore nel 1993. La convenzione conta 196 Parti. Art. 2: Diversità biologica «La variabilità degli organismi viventi di ogni origine, compresi inter alia gli ecosistemi terrestri, marini e di altri ecosistemi acquatici, ed i complessi ecologici di cui fanno parte; ciò include la diversità nell’ambito delle specie, e tra le specie degli ecosistemi.» Risorse biologiche Includono “le risorse genetiche, gli organismi o loro componenti, popolazioni e ogni altro componente biotico degli ecosistemi aventi un uso o valore reale o potenziale per l'umanità”. Ecosistema Un complesso dinamico formato di comunità di piante, di animali e di microorganismi e del loro ambiente non vivente, le quali grazie alla loro interazione costituiscono un’unità funzionale. La convenzione parte dal presupposto che il mantenimento della biodiversità di un ecosistema sia vitale per la produttività di questi ecosistemi e della loro capacità di fornire i servizi che servono all'uomo. La comunità umana è parte integrante degli ecosistemi e dei meccanismi che li regolano, non un "elemento disturbatore" dell'equilibrio naturale, come secondo i criteri conservazionistici. Vengono definiti 12 principi. Le attività di gestione devono essere attuate attraverso il sistema di Adaptive Management. – La perdita della biodiversità Molti Aichi target non saranno raggiunti. Anche la visione al 2050 richiede un obiettivo molto ambizioso che consenta il ripristino della biodiversità e l’inversione della curva del declino già al 2030: le linee nere indicano i trend attualmente osservati (al 2015), le linee puntate mostrano l’estrapolazione dei trend correnti (in nero) e le proiezioni per la biodiversità dopo il 2030 che possono declinare (in rosso), stabilizzarsi (in arancio) o riprendersi (in verde). • I Millennium Development Goals (2000) e i Sustainable Development Goals o Agenda 2030 (2015) delle Nazioni Unite I Millennium Development Goals (MDGs) erano otto obiettivi di sviluppo internazionale per l'anno 2015 che erano stati stabiliti a seguito del Millennium Summit delle Nazioni Unite nel 2000, a seguito dell'adozione della Dichiarazione del Millennio delle Nazioni Unite. Gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDG) hanno sostituito gli obiettivi di sviluppo del millennio nel 2016. – UN Sustainable Development Goals (2016) 17 Goals di sviluppo sostenibile (SDG) con i relativi 169 targets. Questi sono alla base dell'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile guidata dalle Nazioni Unite. Sono definiti come "integrati e indivisibili", il che significa che i paesi non sono in grado di scegliere quali aspetti affrontare ma devono lavorare per il raggiungimento di tutti. Insieme bilanciano anche le tre dimensioni dello sviluppo sostenibile: ambientale, sociale ed economica. L'obiettivo dichiarato è che gli SDGs saranno raggiunti entro il 2030, sebbene alcuni obiettivi, e in particolare gli obiettivi ambientali, abbiano date di fine del 2020. – Commitment All'interno del preambolo i firmatari dichiarano che “proteggeranno il pianeta dal degrado, anche attraverso il consumo e la produzione sostenibili, gestendo in modo sostenibile le sue risorse naturali e intraprendendo azioni urgenti sul cambiamento climatico, in modo che possa supportare i bisogni delle generazioni presenti e future”. – Goals specificamente diretti alla natura Entrambi i Goals 14 e 15 sono specificatamente diretti a ridurre le minacce, garantire funzioni e servizi ecosistemici e sostenere i flussi di benefici dalla biodiversità alle persone. Target 15.5 (Goal 15) riguarda lo stato della biodiversità stessa ("Adottare azioni urgenti e significative per ridurre il degrado degli habitat naturali, arrestare la perdita di biodiversità e, entro il 2020, proteggere e prevenire l'estinzione delle specie minacciate"). Questo obiettivo riflette il target 12 di Aichi. Non esiste un Target equivalente nel Goal 14 (Vita sott'acqua), ma possiamo dedurre che l'obiettivo di arrestare la perdita di biodiversità si applichi anche alle specie che vivono negli oceani. – Conservazione delle specie - Target 15.5 (Goal 15) Sustainable Development Goals (SDG): «Adottare azioni urgenti e significative per ridurre il degrado degli habitat naturali, arrestare la perdita di biodiversità e, entro il 2020, proteggere e prevenire l'estinzione delle specie minacciate"». - Target 12 Aichi: «Entro il 2020 l'estinzione delle specie minacciate conosciute è stato prevenuto e il loro status di conservazione, particolarmente di quelle maggiormente in declino, è stato migliorato e sostenuto». EU Biodiversity Strategy • Strategia dell’UE sulla biodiversità̀ per il 2020 • Strategia dell’UE suòla biodiversità per il 203: Protezione della natura: impegni chiave entro il 2030 1. Creare zone protette per almeno il 30% della superficie terrestre dell'UE e il 30% della superficie marittima dell'UE. 2. Proteggere rigorosamente almeno un terzo delle aree protette dell'UE, comprese tutte le restanti foreste primarie e antiche dell'UE. 3. Gestire efficacemente tutte le aree protette, definendo chiari obiettivi e misure di conservazione e monitorandoli in modo appropriato. 4. Ripristinare gli ecosistemi terrestri e marini degradati in tutta Europa - aumentando l'agricoltura biologica e gli elementi caratteristici di un'elevata biodiversità sui terreni agricoli, - arrestando e invertendo il declino degli impollinatori, - riducendo l'uso e la nocività dei pesticidi del 50% entro il 2030, - ripristinando almeno 25 000 km di fiumi a scorrimento libero nell’UE, - piantando 3 miliardi di alberi entro il 2030. – Identificare i modi per misurare il progresso verso gli obiettivi Monitorare lo stato della biodiversità, e l’avanzamento verso gli obiettivi, richiede indicatori appropriati La valutazione dello stato della biodiversità necessita misure multidimensionali, a diverse scale geografiche ed ecologiche. Le metriche attualmente in uso catturano diverse caratteristiche della biodiversità, e la loro risposta alle pressioni cambia. – Indicatori di biodiversità Indicatori capaci di prendere in considerazione le tre dimensioni chiave della biodiversità: 1. I cambiamenti nell’abbondanza delle popolazioni: i trend relativi all’abbondanza di specie selvatiche sono ben “catturati” dagli indicatori del livello della popolazione quale, ad esempio, il Living Planet Index (LPI) 2. La dinamica della distribuzione delle specie: Species Habitat Index (SHI) indica la distribuzione geografica delle specie, evidenziando le perdite di habitat 3. Il tasso delle estinzioni a livello globale: la misura in cui le specie sono minacciate dal rischio di estinzione è stimata dall’indice della Lista Rossa dell’IUCN (RLI). 4. I cambiamenti nella biodiversità locale: i cambiamenti nello stato di salute degli ecosistemi possono essere stimati comparando le situazioni attuali con quelle precedenti presenti negli stessi luoghi, utilizzando indicatori come il Biodiversity Intactness Index (BII). Il turismo nelle aree protette è un settore sempre in crescita, fa parte dei vantaggi economici materiali. L’area protetta è una meta isolata e il turismo risulta essere molto significativo (in alcune situazioni predomina il turismo classico). Si ricordi l’uso sostenibile delle risorse. Ad esempio: l’allevamento è legato all’aspetto economico ma anche all’aspetto paesaggistico; tutti questi aspetti, insieme ai prodotti tipici, costruiscono quella che è l’offerta turistica e ciò che il turista vuole. Benefici economici nell’area protetta (settore turistico) Il beneficio in questo settore è veramente alto. Un recente studio della Commissione europea ha stimato che i benefici della rete Natura 2000 sono 3-7 volte superiori al costo di realizzazione. Le valutazioni finanziarie stimano che i benefici totali derivanti dalla rete Natura 2000 siano nell'ordine di 200-300 miliardi di euro/anno, il che supera significativamente i costi stimati di gestione e ripristino di circa 5,8 miliardi di euro/anno. Le esigenze di investimento della rete dovrebbero sostenere fino a 500.000 posti di lavoro aggiuntivi (quadri d'azione prioritari degli Stati membri per il 2020. Studi sui sistemi marini stimano che ogni euro investito in aree marine protette genererebbe un ritorno di almeno 3 €. Secondo un rapporto del 2018 della World Bank, il turismo, nelle sole aree protette, genera introiti per oltre 600 miliardi di dollari all’anno e per alcuni paesi dipende quasi esclusivamente dagli ecosistemi naturali. I siti Natura 2000 ricevono da 1,2 a 2,2 miliardi di visitatori l'anno, generando un reddito aggiuntivo di 50-85 miliardi di euro. Aree protette – Livello Regionale Regimi di gestione nelle aree protette I regimi di gestione delle aree protette variano notevolmente. Alcune aree protette vietano attività come la caccia o l'estrazione di risorse naturali, mentre per altre le attività umane fanno parte della loro identità e sono addirittura necessarie per il mantenimento e il ripristino di specifici habitat e specie. La partecipazione e il coinvolgimento degli stakeholders è un fattore chiave per l'istituzione e la gestione delle aree protette. Nel tentativo di descrivere e classificare i diversi approcci di gestione nei singoli siti, l'IUCN ha identificato sette diverse categorie di aree protette in base agli obiettivi di gestione. Le AP fanno parte di una rete ecologica. Le reti di aree protette consentono una gestione più efficace e armonizzata del patrimonio naturale condiviso. Il concetto di promuovere la cooperazione internazionale per la conservazione e l'uso saggio del patrimonio naturale ha guadagnato apprezzamento dagli anni '70, dando origine a aree protette internazionali e reti come le zone umide di importanza internazionale di Ramsar. L'ultimo secolo ha visto un forte aumento sia del numero di aree protette che della superficie totale che ha ricevuto lo status di protezione. (Crescita del numero e dell’estensione territoriale delle aree protette nel mondo (1873-2003)) (Crescita in percentuale delle aree protette nel mondo (1990-2018)) Vi è stato un incremento soprattutto in Europa, come si nota dal grafico in alto. In Europa, 15% circa del territorio è protetto (senza considerare Natura 2000, che invece riporta una percentuale del 25%). “Tuttavia, nonostante un'enorme crescita delle aree protette negli ultimi anni, molte specie europee devono ancora affrontare un futuro incerto. L'Europa nel suo complesso ha visto più frammentazione degli habitat di qualsiasi altro continente. Quindi dobbiamo lavorare di più per conservare le specie in campagna.” – Biodiversità sotto pressione in Europa Il paesaggio europeo è sempre più frammentato da strade, ferrovie e città, bloccando la migrazione e dividendo le specie in popolazioni insostenibilmente piccole. Tra il 1990 e il 2006 l'area in'Europa coperta da superfici artificiali è aumentata di circa l'8%. Anche l'agricoltura si è intensificata in molte parti d'Europa, portando a un aumento dell'inquinamento da nitrati e altre sostanze in alcune regioni. Ciò colpisce molte specie di piante e animali che dipendono dall'agricoltura a bassa intensità Altri cambiamenti ambientali derivano dai cambiamenti climatici, dalle specie esotiche invasive, dalla pesca eccessiva e dall'inquinamento. Tutte queste pressioni possono avere un effetto cumulativo, nei casi peggiori spingendo le specie e gli ecosistemi verso un declino irreversibile. Direttive Natura 2000 • Direttiva 79/409/CEE "Uccelli" – Zone di protezione speciale (Zps) – modificata nel 2009 - Direttiva Uccelli 2009/147/CEE • Direttiva 92/43/CEE "Habitat" – Zone speciali di conservazione (Zsc - SIC) Il DPR 357, 8 settembre 1997 recepisce entrambe le direttive nella normativa italiana Direttiva 2009/147/CE “Uccelli” - 79/409/CEE Ha l’obiettivo di proteggere tutte le specie di uccelli selvatici, sia attivamente (attraverso la creazione di Zone di protezione speciale – ZPS), sia “passivamente”, mediante una serie di divieti relativi alla caccia, all’uccisione, al disturbo. Le ZPS vengono designate direttamente dagli Stati membri. La loro identificazione e delimitazione si basa interamente su dati scientifici relativi alle tendenze e alle variazioni delle popolazioni interessate e, di conseguenza, alle porzioni di territorio nazionale ritenuto essenziale per lo svolgimento del loro ciclo vitale. Tali dati vengono trasmessi alla Commissione europea. In Italia l'individuazione delle ZPS spetta alle Regioni e alle Province autonome, che trasmettono i dati al Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare; il Ministero, dopo la verifica della completezza e congruenza delle informazioni acquisite, trasmette i dati alla Commissione Europea. La Commissione valuta se i siti designati sono sufficienti a formare una rete coerente per la protezione delle specie. In caso di insufficiente designazione di ZPS da parte di uno Stato la Commissione può attivare una procedura di infrazione. Direttiva 92/43/CEE “Habitat” Ha l’obiettivo di assicurare il mantenimento o il ripristino di flora, fauna e habitat naturali di interesse comunitario in uno stato di conservazione favorevole. Ciò mediamente l’individuazione di siti di importanza comunitaria (SIC) e la successiva designazione in Zone speciali di conservazione. Ogni Stato membro deve redigere un elenco di siti (i cosiddetti SICp – proposte di siti di importanza comunitaria), il cui processo di scelta è puramente scientifico ed avviene a livello bio-geografico. La Commissione europea, sulla base di questi elenchi, ne forma uno unico. Entro 6 anni, deve avvenire la designazione dei SIC in ZSC. Regioni biogeografiche: • Obblighi e divieti Direttiva "Habitat" Sorvegliare lo stato di conservazione degli habitat e delle specie ed in particolare di quelli indicati come prioritari Per le specie animali protette è vietato: - qualsiasi forma di cattura o uccisione deliberata di tali specie nell’ambiente naturale; - di perturbare deliberatamente tali specie, segnatamente durante il periodo di riproduzione, di allevamento, di ibernazione e di migrazione; - di distruggere o raccogliere deliberatamente le uova nell’ambiente naturale; - il deterioramento o la distruzione dei siti di riproduzione o delle aree di riposo. Per le specie vegetali protette è vietato: - raccogliere, nonché collezionare, tagliare, estirpare o distruggere deliberatamente esemplari delle suddette specie nell’ambiente naturale, nella loro area di ripartizione naturale. Inoltre, per entrambe le categorie, si vieta anche di possedere, trasportare, commercializzare o scambiare e offrire a scopi commerciali o di scambio esemplari presi dall’ambiente naturale o raccolti nello stesso, salvo quelli legalmente raccolti prima della messa in applicazione della direttiva. Allegato II Direttiva Habitat L'allegato II è complementare dell'allegato I per la realizzazione di una rete coerente di zone speciali di conservazione. Le specie riportate nel presente allegato sono indicate: - con il nome della specie o della sottospecie - o con l'insieme delle specie appartenenti ad un taxon superiore o ad una parte designata di tale taxon. L'asterisco «*» davanti al nome di una specie indica che si tratta di una specie prioritaria. • Monitoraggio Secondo quanto previsto dall'art. 11 della Direttiva Habitat, gli Stati Membri sono tenuti a garantire la sorveglianza dello stato di conservazione degli habitat (elencati nell'Allegato I) e delle specie (elencate negli Allegati II, IV e V) di interesse comunitario su tutto il territorio nazionale. I risultati del monitoraggio devono essere trasmessi alla Commissione Europea in accordo con l'articolo 17 della Direttiva Habitat, che prevede ogni sei anni l'elaborazione di un Rapporto Nazionale sullo stato di attuazione delle disposizioni della Direttiva stessa. • Valutazione di Incidenza Procedimento di carattere preventivo al quale è necessario sottoporre qualsiasi piano o progetto che possa avere incidenze significative su un sito o proposto sito della rete Natura 2000, singolarmente o congiuntamente ad altri piani e progetti e tenuto conto degli obiettivi di conservazione del sito stesso. Tale procedura è stata introdotta dall'articolo 6, comma 3, della direttiva "Habitat" con lo scopo di salvaguardare l'integrità dei siti attraverso l'esame delle interferenze di piani e progetti non direttamente connessi alla conservazione degli habitat e delle specie per cui essi sono stati individuati, ma in grado di condizionarne l'equilibrio ambientale. Si applica sia agli interventi che ricadono all'interno delle aree Natura 2000 (o in siti proposti per diventarlo), sia a quelli che pur sviluppandosi all'esterno, possono comportare ripercussioni sullo stato di conservazione dei valori naturali tutelati nel sito • Le Misure di Compensazione ai sensi della Direttiva Habitat La Misure di Compensazione si configurano come deroga alla Direttiva “Habitat” e per tale motivo il ricorso a questa tipologia di misura deve rispettare stringenti criteri. Vengono messe in atto qualora si intenda realizzare comunque un piano o progetto nonostante gli esiti negativi della Valutazione di Incidenza, in presenza di motivi imperativi di rilevante interesse pubblico documentati • Le Misure di Compensazione Il ripristino o il miglioramento di siti esistenti: si tratta di ripristinare l’habitat per garantire che ne venga mantenuto il valore in termini di conservazione e il rispetto degli obiettivi di conservazione del sito o di migliorare l’habitat restante in funzione della perdita causata dal piano o dal progetto ad un sito Natura 2000. La ricostituzione dell’habitat: si tratta di ricreare un habitat su un sito nuovo o ampliato, da inserire nella rete Natura 2000. L’inserimento di un nuovo sito ai sensi delle direttive Habitat e/o Uccelli, unitamene ad altre attività e solo per casi eccezionali. • Procedura di infrazione Viene attivata quando si reputi che uno stato membro abbia mancato ad uno degli obblighi imposti dal diritto comunitario. Tale procedura può essere avviata dalla Commissione europea (articolo 226 trattato CE) o da qualsiasi Stato membro contro un altro Stato membro (articolo 227 del trattato CE). Lo stato membro sottoposto alla procedura deve essere messo nella condizione di presentare le sue osservazioni alle accuse che gli vengono mosse. Dopo questa fase preliminare, la Commissione emette un parere motivato. Qualora lo Stato in causa non si conformi a tale parere nel termine fissato dalla Commissione, questa può adire la Corte di Giustizia. • Sentenze Corte di giustizia UE – Italia - Direttiva Uccelli Particolarmente importanti le sentenze della Corte di Giustizia del – 15 luglio 2010 (Veneto) – 3 marzo 2011 (Sardegna) che condannano l’Italia per non aver correttamente trasposto nella sua legislazione la Direttiva "Uccelli", permettendo di fatto l’istituzione di un regime semi-permanente di caccia a specie protette. Suddivisione delle aree protette in ZPS, SIC-ZSC Ad oggi (dati aggiornati ad aprile 2020) sono stati individuati da parte delle Regioni italiane – 2347 Siti di Importanza Comunitaria (SIC), 2278 dei quali sono stati designati quali Zone Speciali di Conservazione – 630 Zone di Protezione Speciale (ZPS), 352 delle quali sono siti di tipo C, ovvero ZPS coincidenti con SIC/ZSC Specie protette All'interno dei siti Natura 2000 in Italia sono protetti complessivamente: - 132 habitat, - 90 specie di flora e - 114 specie di fauna (delle quali 22 mammiferi, 10 rettili, 16 anfibi, 26 pesci, 40 invertebrati) ai sensi della Direttiva Habitat; - circa 390 specie di avifauna ai sensi della Direttiva Uccelli. C’è correlazione positiva tra la proporzione di aree designate come ZPS e i trend nazionali delle popolazioni delle specie in allegato I della Direttiva Uccelli. Aree protette – Livello Nazionale Aree protette in Italia: Aree salvaguardate EUAP sono il 10,54% del territorio nazionale terrestre (dati 2010) Se si aggiungono: • + le 630 ZPS (Zone di Protezione Speciale) (ai sensi della direttiva 79/409/CEE "Uccelli") (dati 20 aprile 2020) • + i 2.347 SIC (Siti di Interesse Comunitario) (ai sensi della direttiva 92/43/CEE "Habitat") di cui 2278 sono stati designati Zone speciali di conservazione (ZSC) (dati 20 aprile 2020) • di questi, 352 sono siti di tipo C, ovvero SIC/ZSC coincidenti con ZPS • - tolte le rilevanti sovrapposizioni di superficie esistenti con le aree protette ai sensi della L. 394/91, • si arriva a un valore complessivo di territorio protetto in Italia pari a oltre il 22%. A queste si aggiungono, designazioni internazionali: • 65 zone umide di importanza internazionale (convenzione di Ramsar) • 19 riserve MaB Unesco (Riserve della Biosfera) • 5 siti UNESCO Patrimonio Naturale (Dolomiti, Isole Eolie, Monte San Giorgio, Monte Etna, Antiche faggete primordiali dei Carpazi e di altre regioni d’Europa) • 8 siti UNESCO Paesaggi culturali (es: Parco Nazionale del Cilento, Cinque Terre, Costiera Amalfitana) Il legislatore italiano ha previsto una specifica normativa solo nel 1991 “Legge quadro sulle Aree Protette” (L. 394/91). Legislazione sulle Aree Naturali Protette in Italia La stessa, insieme con la n. 979/82 "Disposizioni per la difesa del mare", e con le loro successive modifiche ed integrazioni, costituisce il riferimento normativo e organizzativo unitario di tutte le aree protette, terrestri e marine, nazionali e regionali, per la loro classificazione, individuazione, istituzione, regolamentazione e gestione. Tale normativa è particolarmente importante per l’Italia, in quanto è il Paese europeo con l a maggior biodiversità. Finalità: • Istituzione e gestione delle aree naturali protette • Speciale regime di tutela e gestione – Educazione – Formazione – Ricerca scientifica – Attività ricreative compatibili (compatibile con la protezione della biodiversità – turismo sostenibile) Definisce il patrimonio naturale come costituito da «formazioni fisiche, geologiche, geomorfologiche e biologiche, o gruppi di esse, che hanno rilevante valore naturalistico e ambientale». Classifica le aree naturali protette. Istituisce l'Elenco ufficiale delle aree protette EUAP, nel quale vengono iscritte tutte le aree che rispondono ai criteri stabiliti. Definisce le istituzioni preposte alla gestione del parco (Ente Parco e Comunità del Parco) ed i contenuti del Regolamento e del Piano del Parco e del Piano Economico Pluriennale. Istituzioni e strumenti per la Gestione dei parchi: - Ente parco: ha personalità di diritto pubblico, sede legale e amministrativa nel territorio del parco ed è sottoposto alla vigilanza del Ministro dell'ambiente. Sono organi dell'Ente: a) il Presidente; b) il Consiglio direttivo; c) la Giunta esecutiva; d) il Collegio dei revisori dei conti; e) la Comunità del parco. - Comunità del parco: ècostituita dai presidenti delle regioni e delle province, dai sindaci dei comuni e dai presidenti delle comunità montane. È organo consultivo e propositivo dell'Ente parco. Il suo parere è obbligatorio: - sul regolamento del parco - sul piano per il parco - sul bilancio e sul conto consuntivo - sullo statuto dell'Ente parco Delibera, previo parere vincolante del Consiglio direttivo, il piano pluriennale economico e sociale e vigila sulla sua attuazione. - Regolamento del parco: Disciplina l'esercizio delle attività consentite entro il territorio del parco ed è adottato dall'Ente parco. Stabilisce i divieti: nei parchi sono vietate le attività e le opere che possono compromettere la salvaguardia del paesaggio e degli ambienti naturali tutelati con particolare riguardo alla flora e alla fauna protette e ai rispettivi habitat. Il regolamento del parco stabilisce le eventuali deroghe ai divieti. In particolare prevede eventuali prelievi faunistici ed eventuali abbattimenti selettivi, necessari per ricomporre squilibri ecologici accertati dall'Ente parco. - Piano del parco: La tutela dei valori naturali ed ambientali nonché storici, culturali, antropologici tradizionali, affidata all'Ente parco è perseguita attraverso lo strumento del piano per il parco, che deve disciplinare i seguenti contenuti: - organizzazione generale del territorio e sua articolazione in aree o parti caratterizzate da forme differenziate di uso, godimento e tutela = zonizzazione; - vincoli, destinazioni di uso pubblico o privato e norme di attuazione relative con riferimento alle varie aree o parti del piano; - sistemi di accessibilità veicolare e pedonale con particolare riguardo ai percorsi, accessi e strutture riservati ai disabili, ai portatori di handicap e agli anziani; - sistemi di attrezzature e servizi per la gestione e la funzione sociale del parco, musei, centri di visite, uffici informativi, aree di campeggio, attività agro-turistiche; - indirizzi e criteri per gli interventi sulla flora, sulla fauna e sull'ambiente naturale in genere. Importante è la zonizzazione: il piano suddivide il territorio in base al diverso grado di protezione, prevedendo: riserve integrali, riserve generali orientate, aree di protezione, aree di promozione economica e sociale. Il piano è predisposto dall’Ente parco. • Riserve integrali: l'ambiente naturale è conservato nella sua integrità, viene impedito qualunque tipo di impatto antropico. • Riserve generali orientate: divieto di costruzioni edili o di ampliare le esistenti, eseguire opere di trasformazione del territorio. Possono essere tuttavia consentite: le utilizzazioni produttive tradizionali, la realizzazione delle infrastrutture strettamente necessarie, gli interventi di gestione delle risorse naturali a cura dell'Ente Parco. Sono ammesse opere di manutenzione alle opere esistenti. • Aree di protezione: in armonia con le finalità istitutive ed in conformità ai criteri generali fissati dall'Ente parco. Possono continuare, secondo gli usi tradizionali ovvero secondo metodi di agricoltura biologica, le attività agro-silvo- pastorali nonché di pesca e raccolta di prodotti naturali. Ed è incoraggiata anche la produzione artigianale di qualità. • Aree di promozione economica e sociale: Facenti parte del medesimo ecosistema, più estesamente modificate dai processi di antropizzazione, nelle quali sono consentite: – attività compatibili con le finalità istitutive del Parco e – finalizzate al miglioramento della vita socio-culturale delle collettività locali e – al miglior godimento del parco da parte dei visitatori - Piano pluriennale economico e sociale: promuove iniziative atte a favorire lo sviluppo economico e sociale delle collettività residenti all’interno del parco. Il piano può prevedere in particolare: - la concessione di sovvenzioni a privati ed enti locali; - la predisposizione di attrezzature, impianti di depurazione e per il risparmio energetico, - servizi ed impianti di carattere turistico-naturalistico da gestire in proprio o da concedere in gestione a terzi sulla base di atti di concessione alla stregua di specifiche convenzioni; - l'agevolazione o la promozione, anche in forma cooperativa, di attività tradizionali artigianali, agro- silvo- pastorali, culturali, servizi sociali e biblioteche, restauro, anche di beni naturali, e ogni altra iniziativa atta a favorire, nel rispetto delle esigenze di conservazione del parco, lo sviluppo del turismo e delle attività locali connesse. Aree protette – Livello Internazionale IUCN: Unione Internazionale per la Conservazione della Natura L’adozione di criteri condivisi di classificazione è direttamente legata alle politiche gestionali delle Aree Protette ed ha come obiettivi principali: 1. costituire uno strumento globale, un meccanismo di effettivo paragone delle aree protette 2. migliorare la gestione delle Aree Protette 3. favorire lo sviluppo di una pianificazione nazionale del sistema di Aree Protette, in cui ciascuna di esse possa assumere un ruolo efficace nelle politiche di conservazione della natura della regione in cui è inserita Categorie di aree protette Le categorie di gestione delle aree protette IUCN classificano le aree protette in base ai loro obiettivi di gestione. Le categorie sono riconosciute da organismi internazionali come le Nazioni Unite e da molti governi nazionali come standard globale per la definizione e la registrazione delle aree protette e come tali vengono sempre più incorporate nelle legislazioni nazionali. Matrice degli obiettivi di gestione dei parchi e delle categorie di aree protette definite dall’IUCN Ia – Riserva naturale integrale Ib – Wilderness area II – Parco nazionale III – Monumento naturale IV – Area di conservazione di habitat/specie V – Paesaggio terrestre/marino protetto VI – Area protetta per la gestione sostenibile delle risorse NB: via via che si scende, la presenza umana aumenta. Come nei criteri del 1994, le categorie sono definite secondo un principio di scopo, ma l’articolazione degli obiettivi è modificata, non più un mix di obiettivi primari e secondari per ciascuna categoria, ma sono definiti: • obiettivi che tutte le categorie di AP devono perseguire - conservare la composizione, la struttura, la funzione e l’evoluzione potenziale della biodiversità; - contribuire alle strategie nazionali di conservazione (ricoprire un ruolo nel sistema nazionale); 1: Obiettivo primario 2: Obiettivo secondario 3: Obiettivo potenzialmente applicabile - : Non applicabile - mantenere la diversità del paesaggio o dell’habitat, dell’insieme delle specie e dell’ecosistema; - essere di dimensione sufficiente per assicurare l'integrità e la manutenzione di lunga durata delle specie e degli obiettivi specificati di conservazione o tale da poter essere incrementata per raggiungere lo scopo; - mantenere i valori che intende proteggere nel tempo. • obiettivi che possono essere perseguiti da tutte le AP, se non in contrasto con l’obiettivo prioritario - conservare significative componenti paesistiche, geomorfologiche o geologiche, - fornire i servizi ambientali prodotti dagli ecosistemi, - conservare aree di significato spirituale, scenico o scientifico, - integrare i benefici per le popolazioni agli obiettivi di gestione, - integrare gli usi ricreativi negli obiettivi di gestione, - favorire la ricerca scientifica e il monitoraggio dei valori da difendere, - contribuire a fornire occasioni educative, informative e formative. • obiettivo prioritario per ogni categoria - obiettivo che non può essere disatteso, deve essere applicato ad almeno 3⁄4 dell’area protetta - (il restante 25% può essere gestito per altri scopi, che non interferiscano con l’obiettivo principale). Cosa si deve considerare per l’attribuzione della categoria ad un’area protetta? La dimensione, sebbene senza regole precise: Ib, II; VI; V_ aree vaste, in quanto il loro scopo è conservare l'ecosistema nella sua integrità e unitarietà: Ia, III, IV aree più modeste în quanto: di stretta protezione, o riferite a singole componenti geomorfologiche o a parti di paesaggi o ad habitat o singole specie: LI, II, 7 l’intera area deve essere più o meno allo stato naturale, presenza di numerose specie VI e II la maggior parte dell’area deve essere più o meno allo stato naturale, v l’intera area dipende dall'interazione tra uomo e natura Gli usi antropici, tutte possono produrre servizi ambientali: Tb, Ia molto limitati, solo attività non permanenti (pastorizia) I, IV solo finalizzati alla conservazione della natura e delle sue dinamiche vV gli usi antropici sono più elevati , ma fortemente integrati alle dinamiche naturali VI solo finalizzato all'uso compatibile delle risorse (almeno 1/3 dell’area) La fruizione, con scopi differenziati: Ib, vivere la solitudine II, ricreazione, anche con infrastrutture ma compatibili (in meno del 25% dell’area) IV Didattica e ricreazione, v ricreazione, se compatibile con gli usi tradizionali Tipo di gestione : Ia, Ib nessuna gestione attiva I minima gestione attiva, i profitti sono secondari, III, IV gestione attiva se necessaria, i profitti sono secondari, v gestione attiva discriminante e orientata ai profitti, VI solo gestione compatibili delle risorse naturali Sostegno delle popolazioni locali: con pesi diversi Ia sono esclusi Ib solo usi non permanenti, senza infrastrutture e non interferenti con i processi naturali, non producono sostanziali valori economici I solo se non interferenti con le dinamiche naturali, su una porzione limitata del territorio, non producono sostanziali valori economici , se non per il turismo IV-I solo con finalità prettamente conservative /-VI Solo usi tradizionali che hanno conservato e possono conservare nel tempo una equilibrata interazione con la natura, producono valori economici importanti Attività di recupero I Non sono necessarie azioni di recupero I-II solo azioni di ripristino in un limitato periodo di tempo IV azioni di ripristino continuato per l'aumento della biodiversità V-VI azioni di ripristino continuato per l'aumento della biodiversità e per i bisogni umani Le AP in generale devono essere connesse con altre AP, ma in particolare è una condizione definita per la II categoria. Modelli di gestione dei visitatori La capacità di carico è definita come il numero massimo di persone che possono visitare contemporaneamente una destinazione turistica senza causare la distruzione dell’ambiente fisico, economico o socio-culturale e una diminuzione inaccettabile della qualità dell’esperienza turistica. I modelli di gestione dei visitatori sono stati sviluppati per gestire i Parchi in modo sostenibile dal punto di vista ambientale. Capacità di carico CC = F(Q, T, N, Ut, ST, AC) dove la capacità di carico è funzione di: Q = quantità delle risorse del parco T = tolleranza delle risorse all’utilizzo N = numero visitatori Ut = tipo di utilizzo ST = tipologia e della gestione delle strutture turistiche AC = attitudine e comportamento dei visitatori e dei responsabili del parco Limiti della capacità di carico: - staticità: si focalizza sulle singole attività, non è una strategia integrata - poca attenzione ai fruitori del parco - difficoltà nell’operazionalizzare il concetto - nuovi modelli di gestione dei visitatori Nuova visione ROS: recreation opportunity spectrum LAC: limits of acceptable change – improntato sugli aspetti della protezione delle risorse naturali VAMP: visitor activity management program VIM: visitor impact management VERP: visitor experience and resource protection TOMM: tourism optimisation management model – è il modello più completo Diverse strategie: • ROS Obiettivo: soddisfazione dei desideri dei visitatori tramite l’introduzione di attività ricreative, introducendo regolamentazioni per le attività ricreative e attraverso la zonizzazione delle attività ricreative con un sistema informativo che suggerisce ai visitatori dove possono trovare le aree altamente sviluppate o quelle protette, che tipo di strutture possono trovare e quali regolamenti vigono per ogni zona. - Primitivo - Semi-primitivo non-motorizzato - Semi primitivo motorizzato - Roaded naturale, zona ancora naturale ma possono circolare con le auto - Rurale - Urbano Gli indicatori per definire queste aree forniscono la base, per definire i codici di categoria per le occasioni ricreative e per delineare la regolamentazione delle attività ricreative: - accesso - distanza - caratteristiche delle visite - gestione del luogo - gestione dei visitatori - incontro sociale - effetti del prodotto Si identificano nell’area protetta i codici di categoria delle occasioni ricreative – zonizzazione A seconda del codice di categoria ci saranno attività consentite e non consentite – regolamentazione Punti di forza: zonizzazione delle attività ricreative- ripreso da altri modelli Punti di debolezza: eccessivo peso dato alla regolamentazione delle attività ricreative a discapito del visitatore- troppe regole e troppi limiti Orientare la gestione solo alle attività ricreative non è sufficiente per garantire un buon piano di gestione. • LAC Obiettivo: definire esplicitamente un compromesso fra la protezione della risorsa e l’esperienza ricreativa. Quale è il limite di cambiamento accettabile? Elementi basilari: - definizione di standards - limiti di cambiamento accettabili - per ogni codice di categoria - valutazione della situazione attuale rispetto agli standards - definire le attività ricreative per ogni codice di categoria in base agli standard e le azioni di gestione Punti di forza: orientamento alla conciliazione protezione delle risorse e attività ricreative e coinvolgimento dei responsabili dell’area protetta. Punti di debolezza: nonostante l’obiettivo di questa strategia fosse conciliare risorse e attività ricreative, ai fini pratici si è dovuto accettare un compromesso. - Si è privilegiata la protezione delle risorse - Le aspettative dei visitatori sono state riposte in secondo piano • VAMP Obiettivo: integrare la gestione dei visitatori con gli elementi naturali delle aree protette cercando di andare incontro alle differenti esigenze dei turisti, generando le occasioni ricreative orientate ai bisogni dei visitatori. Identifica i gruppi di visitatori. Crea opportunità ricreative specifiche per i gruppi di visitatori. Programmi di valutazione e controllo ottenuti anche con l’aiuto dei turisti (questionario). Punti di forza: ROS - Zonizzazione LAC - indicatori e standards Punti di debolezza: eccessiva richiesta di informazioni (anche questionari ai turisti per programmi di valutazione e controllo) • VIM Obiettivo: valutazione degli effetti provocati sulle risorse dei visitatori durante l’attività di ricreazione. Elementi fondamentali: - problemi causati dai visitatori e considerati inaccettabili - identificare e valutare gli effetti sulle risorse - strategie di gestione per contenere gli effetti intollerabili- ridurre l’uso, cambiare i modi d’uso, modificare i comportamenti dei visitatori - partecipazione della popolazione e di un gruppo di esperti Punti di forza: non sono richieste molte informazioni veloce da realizzare: - analisi delle caratteristiche dell’area protetta - analisi dei problemi della zona - introduzione delle azioni di gestione Punti di debolezza: solo l’identificazione e valutazione degli effetti, lunga e laboriosa (simile a LAC) • VERP Obiettivo: conciliare le attività che soddisfano le esigenze dei turisti e la protezione dell’ambiente. • Maggiore attenzione alla qualità dell’esperienza del visitatore e alla qualità delle risorse. • Analisi: - delle risorse presenti nel parco - del loro utilizzo da parte dei visitatori - delle modalità e tempi di manifestazione degli effetti prodotti dalle attività ricreative • Descrizione di una gamma potenziale di esperienze del visitatore e i conseguenti utilizzi delle risorse • Applicazione delle zone normative potenziali alle esigenze e alla conformazione del parco • Selezione degli indicatori- fisici, biologici, sociali- e scelta degli standards per ogni zona in base agli obiettivi specifici decisi • Azioni di gestione • Verifica e controllo da parte di esperti Punti di forza: maggior attenzione alla qualità dell’esperienza del visitatore e alla qualità delle risorse Punti di debolezza: necessità di molti dati
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