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Giambattista vico, Appunti di Filosofia

SINTESI DI GIAMBATTISTA VICO E LASCIENZA NUOVA

Tipologia: Appunti

2014/2015

Caricato il 23/11/2015

lucia_delli_santi
lucia_delli_santi 🇮🇹

4.3

(36)

6 documenti

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Scarica Giambattista vico e più Appunti in PDF di Filosofia solo su Docsity! Giambattista Vico (1668/1744) Scienza nuova 1744 Giovanbattista Vico nasce a Napoli il 23 giugno del 1668. Durante l'infanzia una frattura al cranio gli impedisce di frequentare la scuola per tre anni; nel 1681 abbandona definitivamente gli studi regolari e diviene autodidatta. Si dedica in modo ferreo alla grammatica, la logica e la giurisprudenza. Dal 1689 al 1695 è a Vatolla, nel Cilento, presso la casa del marchese Rocca di Vatolla, come precettore: non smette di approfondire gli studi, che sono sempre più assidui. Grazia alla nutrita biblioteca del marchese legge e studia i testi di Agostino, Ficino, Pico della Mirandola e molti altri. Nel 1693 pubblicò la canzone "Affetti di un disperato", di ispirazione lucreziana. Il 1699 è per Vico un anno molto intenso: vince una cattedra di eloquenza all'Università di Napoli, apre uno studio di retorica privato e prende moglie. E' proprio l'apertura dell'anno accademico presso l'Università di Napoli che gli fornisce l'occasione di recitare le sei "Orazioni Inaugurali" in latino, che in seguito revisionerà più volte. Nel 1710 entra in Arcadia, ma non ne abbraccia pienamente il petrarchismo imperante: si orienta maggiormente verso una scrittura in qualche misura più vicina ad un purismo arcaicizzante, tipico della cultura napoletana dell'epoca, unito ad un fortissimo senso del passato. Nel 1725, nell'impossibilità di pagarsi un'edizione completa, pubblica il compendio della "Scienza Nuova", opera che sottolinea la sua piena maturità e per la quale verrà ricordato. Nella "Scienza Nuova" poi, Vico elegge la storia a unica conoscenza oggettiva accessibile all'uomo in quanto artefice del suo operare. Negli stessi anni Vico scrive la propria "Autobiografia". Nel 1735 diviene storiografo regio. Giambattista Vico muore a Napoli il 23 gennaio 1744, all'età di 75 anni. Nel luglio del 1744 viene pubblicata postuma, per intero, la "Scienza Nuova". L'originalità del suo pensiero verrà rivalutata nel XX secolo grazie a Benedetto Croce. G.B. Vico, Principj di scienza nuova, 1744 Calcografia firmata: "Dom. Ant. Vaccaro I. - Sesone Sculp.", da: Principj di scienza nuova di Giambattista Vico ... - In Napoli : nella Stamperia Muziana a spese di Gaetano, e Steffano Elia, 1744. - 8° [F.A. Triani 292] Idea dell’opera L’Idea dell’opera presenta i temi e i contenuti dello scritto attraverso la spiegazione dell’immagine allegorica (“dipintura”) riprodotta nel frontespizio e termina con una Tavola cronologica. Sono stati richiamati, in tal senso, alcuni precedenti del genere: l’Iconologia di Cesare Ripa (1593), che visualizzava mediante immagini simboliche diverse passioni umane, e soprattutto l’Orbis rerum sensualium pictus (1657) del pedagogista Jan Amos Komensky (italianizzato in Comenio). La “dipintura” vorrebbe rappresentare una “Tavola delle cose civili”, con la possibilità, per il lettore, di vedervi sinteticamente indicati i princìpi fondamentali dell’opera. Vediamone alcuni elementi. Il “triangolo luminoso con un occhio veggente” simboleggia Dio e la sua provvidenza. La “donna con le tempie alate” rappresenta la metafisica, che riceve da Dio la luce e “contempla in Dio il mondo delle menti umane”; essa permette di interpretare le vicende storiche e la stessa origine della sapienza volgare delle età primitive come il frutto dell’intervento – per vie naturali – della provvidenza divina (così da rendere la nuova scienza, scrive Vico, una “teologia civile ragionata della provvidenza”). Le “dense tenebre” sul fondo richiamano le età primitive, dalle quali, per effetto della provvidenza divina (il raggio luminoso che, riflesso dal petto della metafisica, investe la statua di Omero), sono emersi alla luce gli elementi della civiltà (le religioni, gli auspici e i sacrifici; i matrimoni e le sepolture; la divisione dei campi, la navigazione, il diritto), indicati da una serie di simboli (“geroglifici”): l’altare con l’acqua, il fuoco e l’urna cineraria; l’aratro e il timone; l’alfabeto, il fascio littorio e la spada; la borsa la bilancia e il caduceo di Mercurio. La “statua d’Omero”, il “primo autore della gentilità che ci sia pervenuto”, su cui giunge il raggio della divina provvidenza riflesso dalla “donna con le tempie alate”, rappresenta il modo in cui la metafisica è discesa e si è espressa nelle “menti balorde de’ primi fondatori delle nazioni gentili, tutti robustissimi sensi e vastissime fantasie”. Al termine dell’Idea dell’opera Vico riepiloga la spiegazione dell’allegoria e chiarisce la struttura dell’opera. Laonde tutta l’idea di quest’opera si può chiudere in questa somma. Le tenebre nel fondo della dipintura sono la materia di questa Scienza, incerta, informe, oscura, che si propone nella Tavola cronologica e nelle a lei scritte Annotazioni. Il raggio del quale la divina provvedenza alluma il petto alla metafisica sono le Dignità, Il pensiero delle epoche Giambattista Vico, il grande filosofo napoletano, visse nel 1700 e pure ignorò il pensiero del proprio tempo, elaborando una filosofia sua ed originale. Il pensiero filosofico di Vico è racchiuso nei cinque volumi della sua opera maggiore “La Scienza nuova, che si basa sul principio del Verum ipsum vactum : si può conoscere solo ciò che si fa. Questo principio è in contrapposizione con la filosofia molto in voga all’epoca del “io penso dunque sono” di Cartesio: mentre la mente si percepisce essa non si crea. Non può essere criterio di sé stessa: può dare al massimo coscienza, ma non conoscenza. Questo è l’opposto di quello che accade con le vere opere dell’uomo: la storia. Essa, quindi, può essere fonte di conoscenza. Ed è, secondo Vico, l’unica scienza degna di studio. Per lui, la storia, non è più una semplice cronologia di eventi, ma è un’evoluzione che segue delle leggi e che ha un ordine preciso. A dare un senso generale alla storia umana è la Divina Provvidenza. Essa crea una storia “ideal eterna” che dall’inizio influenza quella dell’uomo. La Provvidenza è l’unica che possa inserirsi nelle azioni individuali attraverso e nonostante il libero arbitrio umano. La storia segue una successione di fasi, equiparabili a quelle dello sviluppo umano: infanzia, giovinezza, maturità. Vico definisce questi tre periodi come età degli dei, degli eroi e degli uomini. Nella prima i SENSI sono i protagonisti, mentre l’uomo, ancora primitivo, cerca di dare una spiegazione a ciò che percepisce. La trova negli dei, che comunicano con lui tramite cenni come fulmini o altri eventi naturali particolari.essi nascono appunto dalla divinazione della natura, ma sono comunque frutto di prime riflessioni dell’uomo antico. Nella seconda, degli eroi, sono la fantasia e la passione a prevalere. Gli ideali dell’uomo vengono resi umani sotto forma di personaggi fantastici, come i protagonisti dei racconti omerici. Gli scrittori di quest’epoca sono per Vico “poeti teologi”. Fanno, in un certo senso, da transizione tra l’arte e la più primitiva teologia. In questo periodo nasce la società e la società si divide in ceti, diventando gerarchica. Ad un certo punto l’uomo inizierà a voler spiegare la realtà non più con invenzioni fiabesche ma tramite la ragione. Inizierà a domandare uguaglianza per tutti, entrando cosi nella terza età, degli uomini. Una volta conclusa anche questa età il ciclo può ricominciare, ciò che Vico chiama “ricorso”: la ragione tentando di assecondare il progresso, può causare erroneamente il decadimento della società e dei suoi costumi in un esempio dell’eterogenesi dei fini. L’uomo ritorna all’infanzia. I ricorsi rimangono però delle possibilità e non delle certezze: la società raggiunta non si deve mai considerare come la definitiva e la migliore di tutte. Il ciclo delle ere può trasformarsi in una spirale che costruisce sempre su qualcosa di nuovo, pur passando di volta in volta per gli stessi desideri e caratteristiche. Nel medioevo, ad esempio, non si regredì tanto da tornare all’uomo della pietra, pur cadendo dall’età greco-romana dell’età degli uomini. Nel suo pensiero Vico mette in guardia dai pregiudizi (i“boria”) verso le culture diverse dalla propria. È uno dei primi filosofi ad evidenziare la necessità di non forzare le proprie abitudini e credenze su di loro, ma di studiarne il comportamento. “ gli uomini dapprima sentono senza avvertire, poi sentono con animo perturbato e commosso, e infine con mente lucida e pura “ Giambattista VICO: l’essenziale PAROLE CHIAVE: STORIA - VERUM-FACTUM - SCIENZA NUOVA - DIVINO, EROICO ed UMANO - CORSI e RICORSI - FILOLOGIA e FIILOSOFIA VITA (1668-1774) Nato a Napoli Figlio di un modestissimo libraio Una caduta lo rende malinconico... Studi umanistici dai Gesuiti Tra il 1686 ed il 1695 fu precettore dei figli di un marchese, potendo così disporre della ricca biblioteca del castello di Vatolla con cui approfondì la propria cultura. (realismo, Cartesio, logica, GIURISPRUDENZA). In quegli anni frequentò giurisprudenza all'università di Napoli e si laureò tra il 1693 ed il 1694. L'anno successivo tornò a Napoli a fare l'avvocato. Quattro anni più tardi ottenne la cattedra di eloquenza e retorica. Nelle sue orazioni inaugurali espose la sua teoria della “Scienza nuova” I suoi scritti ebbero diffusione molto limitata. Il suo pensiero fu valorizzato dallo storicismo ottocentesco e soprattutto nel 900 da Benedetto Croce, che ne studiò a fondo l'opera e mise in luce la grande attualità e la profondità speculativa delle sue dottrine. VERUM-FACTUM Solo chi ha fatto una determinata cosa può conoscerla con verità. • Chi fa qualcosa, l’autore conosce ciò che fa direttamente mentre lo fa • ha conoscenza diretta • Chi osserva o studia quell'oggetto, invece, deve dedurre da ciò che può osservare (effetti, attributi) un’ipotesi plausibile per spiegare com'è stato fatto e cos'é • ha conoscenza indiretta • In altre parole: per te è più "vera" una cosa che hai "fatto" tu che una cosa fatta da altri Da questa premessa deriva una interessante conseguenza sulla teoria della conoscenza: • L'uomo è artefice, e solo in parte, della propria storia, il mondo non è opera sua • ne consegue che l'uomo ha ■ conoscenza diretta della storia ■ e conoscenza parziale del mondo • Solo Dio, che ha creato il mondo lo conosce intimamente • L’uomo può averne solo una conoscenza indiretta Ne consegue che • con le scienze della natura (creata da Dio), possiamo solo fare ipotesi e, quindi, arrivare al massimo ad una CONOSCENZA VEROSIMILE, • con la storia (di cui siamo almeno parziali artefici) possiamo arrivare ad una CONOSCENZA VERA La scienza nuova Se si accetta la premessa che la conoscenza storica è superiore agli altri tipi di conoscienza è necessario progettare un nuovo modo di fare la storia, che deve diventare •Una SCIENZA NUOVA del mondo umano •storia degli stati e delle società ■ che ne accerti i fatti e ne comprenda le leggi. GLI STRUMENTI della nuova scienza saranno • La Filologia (per conoscere i dati contenuti nei testi) • e la Filosofia (per interpretarli) Ecco qualche assaggio della "nuova scienza"... Come distinguere gli esseri umani dai "bruti" o "bestioni"? • 3 COSTUMI CONTRADDISTINGUONO UNA SOCIETA’ •.1. Religione, •.2. matrimonio •.3. e sepolture • In assenza di questi tre costumi non si può parlare di uomini ma di bruti o “bestioni” CONTRO I GIUSNATURALISTI: (che sostengono l’esistenza di un diritto naturale, valido in assoluto, anteriormente a ogni norma del diritto positivo e che sostenevano la teoria del contratto sociale) • L’uomo evolve, cambiano le società: non esiste una sola definizione di stato sociale. Corsi e ricorsi La storia ha un andamento progressivo, tuttavia. • Non necessariamente tutto ciò che avviene dopo è migliore di ciò che avviene prima, • La storia procede in un modo non meccanico né uniforme verso l’idealità. Ogni civiltà ha un suo corso fondamentalmente progressivo, che, a volte • giunto al suo apice, si arresta ed entra in crisi. • Principi e stili di vita si indeboliscono e si corrompono. • Dove l'umanità non riesce più a crescere e di rinnovarsi si ha • la barbarie seconda, che è un regresso, un ricorso, un ritornare indietro. • per fortuna ci sono ben tre possibili rimedi, di cui parleremo nella prossima lezione I TRE STADI ( Corsi ) La storia dei popoli si sviluppa progressivamente attraverso tre stadi, ciascuno dei quali ha una serie di caratteristiche: 1. DIVINO • in questo stadio la società è dominata dai sensi e dall’immaginazione, 2. EROICO • caratterizzato da una società dominata dagli "aristoi", ■ aristocrazia dei più forti 3. e UMANO • lo stadio più evoluto, in cui a società è dominata dalla ragione ■ con conseguente uguaglianza tra gli uomini ■ in questo stadio si possono trovare due tipi di governo ■ la monarchia assoluta ■ o la democrazia I TRE RIMEDI Normalmente le civiltà evolvono passando attraverso questi tre stadi ma a volte, come abbiamo visto, in una determinata società si assiste alla degenerazione del consorzio civile, alla barbarie seconda, cui può esser posto rimedio in uno di questi modi: 1. Sorgere di un AUGUSTO • Un cittadino forte e di nobile animo riesce ad assumere il comando ed a riportare i costumi pubblici all'antica purezza. 2. Un popolo più virtuoso ASSOGGETTA il popolo caduto nella barbarie • Dove c'è degenerazione del consorzio civile lo stato s'indebolisce, • duventa più facile per uno stato vicino impadronirsene • se il popolo vittorioso è più virtuoso ■ anche il popolo sconfitto può far progressi 3. Ritorno allo stadio precedente ( RICORSO )
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