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Gioco e realtà, Donald Winnicott, Sintesi del corso di Pedagogia

Riassunto del libro preparato per l'esame di pedagogia generale a Pisa

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019
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Scarica Gioco e realtà, Donald Winnicott e più Sintesi del corso in PDF di Pedagogia solo su Docsity! GIOCO E REALTA’ CAP.1: OGGETTI TRANSIZIONALI E FENOMENI TRANSIZIONALI E’ ben noto che bambini non appena vengono al mondo tendono ad usare il pugno, le dita, i pollici, per stimolare la zona erogena orale, per stimolare gli istinti di quella zona, ed anche per ristabilire una quieta Unione connessa. Dopo qualche mese i bambini di entrambi i sessi si divertono a giocare con le bambole, e la maggior parte delle madri danno ai loro bambini qualche oggetto speciale e si aspettano che essi divengano assuefatti a tali oggetti. Questi bambini usano il loro primo oggetto posseduto come “non-me”. Ci sono ampie variazioni nella sequenza degli eventi che hanno inizio con le attività della mano nella bocca, e che possono portare all'attaccamento ad un orsacchiotto, di una bambola, ad un giocattolo soffice a ad uno duro. Altri elementi analizzare sono: - la natura dell'oggetto - la capacità del bambino di riconoscere l'oggetto come non-me - la sede dell'oggetto: fuori, dentro, al limite. - la capacità del bambino di creare, di pensare, di inventare, di originare, di produrre un oggetto - l'inizio di un tipo affettuoso di rapporto oggettuale Gli oggetti transizionali e fenomeni transizionali designano l'area intermedia di esperienza tra il dito e l'orsacchiotto, tra l'attività creativa primaria e la proiezione di ciò che è stato precedentemente introiettato, tra l'inconsapevolezza primaria di un debito e il riconoscimento di un debito (es. dì grazie). In qualche misura questi oggetti stanno per il seno. Nel caso di alcuni bambini il pollice viene messo in bocca mentre le altre dita accarezzano la faccia con movimenti di pronazione e supinazione dell'avambraccio. Queste dita possono diventare più iportanti del pollice che impegna la bocca e questa attività di accarezzare si può trovarla da sola, senza la più diretta unione pollice-bocca. A complicare questa esperienza di solito accade una delle cose seguenti: - con l'altra mano il bambino prende in bocca un oggetto esterno, per esempio una parte di lenzuolo o di coperta - in un modo o nell'altro il pezzo di stoffa è tenuto in bocca e succhiato, o non proprio succhiato - il bambino comincia dai primi mesi a tirare la lana e a raccoglierla e ad usarla per la parte dell'attività che ha a che fare con l’accarezzare - compaiono attività della bocca accompagnate da suoni come “Mam mmm”, balbettii, rumori, le prime note musicali e così via Tutte queste cose io chiamo fenomeni transizionali. All'infuori di tutto questo può emergere qualcosa o qualche fenomeno il cui uso diventa d’importanza vitale per il bambino al momento di andare a dormire, e che sono una difesa contro l'angoscia di tipo depressivo: ciò che io chiamo oggetto transizionale. Questo oggetto diventa sempre più importante. I genitori vanno accorgendosi del suo valore e lo portano con sé quando viaggiano. La madre lo lascia diventare sporco e anche puzzolente, sapendo che lavandolo introdurrebbe una rottura nella continuità dell'esperienza del bambino, rottura che può distruggere il significato e il valore dell'oggetto. Il modello di fenomeno transizionale incomincia a mostrarsi all'incirca tra i 4, i 6, gli 8, e i 12 mesi. I modelli stabiliti nella prima infanzia possono persistere nella seconda infanzia, così che l'oggetto continui ad essere assolutamente necessario. In condizioni di sanità, tuttavia, vi è un graduale ampliamento nel campo di interessi, e praticamente questo ampliamento viene mantenuto anche quando l’angoscia depressiva è vicina. Il primo oggetto posseduto viene usato in connessione con speciali tecniche derivate dalla primissima infanzia, che possono includere le più dirette attività autoerotiche, o esisterne al di fuori. I maschi in qualche modo tendono a passare all'uso di oggetti duri, mentre le femmine tendono a procedere direttamente all'acquisizione di una famiglia. Tuttavia, non c'è una grande differenza tra maschio e femmina nell'uso di oggetti transizionali. Non appena il bambino incomincia usare suoni organizzati, può comparire una parola per indicare l'oggetto transizionale: il nome è spesso significativo è di solito ha in se una parola usata dagli adulti. Una definizione della natura umana in termini di rapporti interpersonali non è soddisfacente. Vi è un altro modo di descrivere le persone che è il risultato della ricerca degli ultimi vent'anni. Di ogni individuo che ha raggiunto lo stadio per cui è una unità, con una membrana limitante, un di fuori e un dì dentro, si può dire che vi sia in lui una realtà interna, un mondo interno che può essere ricco o povero, è che può essere in pace o in guerra. Questo ci è d'aiuto, ma non è sufficiente: se vì è il bisogno di questa doppia definizione, vi è anche il bisogno di una definizione tripla; la terza parte della vita di un essere umano è un'area intermedia di esperienza a cui contribuiscono la realtà interna e la vita esterna. E’ un’area che non viene messa in dubbio, che esisterà come posto di riposo per l'individuo impegnato nel perpetuo compito umano di mantenere separate la realtà interna e la realtà esterna. Questo ci interessa per capire la crescente capacità del bambino di riconoscere e di accettare la realtà: la sostanza dell'illusione concessa al bambino, in età adulta sarà parte intrinseca dell'arte e della religione, e che tuttavia diventerà il marchio della follia allorché un adulto pone un eccesso di richieste alla credulità degli altri costringendoli a condividere un'illusione che non è quella loro. Qua ci stiamo riferendo al primo oggetto posseduto, e dell'area intermedia compresa tra ciò che è soggettivo e ciò che è oggettivamente percepito. Sommario: - Il bambino assume diritti sull'oggetto, e noi conveniamo su questo assunto - l'oggetto è trattato con affetto, e al tempo stesso amato e mutilato - non deve mai cambiare - deve sopravvivere all'amore istintuale, ed anche all'odio - bambino deve sembrare tuttavia che l'oggetto dia calore, o che si muova, o che abbia un suo tessuto, o che faccia qualcosa che provi l'esistenza di una sua propria vitalità o realtà - proviene dall'esterno secondo il nostro punto di vista, ma non secondo quello del bambino - il suo destino è che gli venga gradualmente concesso di essere disinvestito di cariche - l’oggetto transizionale sta per il seno - rappresenta la transizione di un bambino da uno stato di essere fuso con la madre ad uno stato di essere in rapporto con essa come qualcosa di esterno e separato - precede lo stabilirsi della prova di realtà - l’oggetto transizionale e i fenomeni transizionali appartengono al regno dell’illusione - in rapporto all’oggetto transizionale, il bambino passa dal controllo onnipotente (magico) al controllo mediante la manipolazione (che implica il piacere della coordinazione motoria) - l’oggetto transizionale può a volte diventare un feticcio e come tale persistere nella vita sessuale adulta - l’oggetto transizionale può rappresentare le feci Di norma l'oggetto transizionale non “va dentro”, né il sentimento ad esso relativo va necessariamente incontro a rimozione. Non viene dimenticato e non viene rimpianto. Perde valore e ciò è per via del fatto che i fenomeni transizionali si sono diffusi tra realtà psichica interna e il mondo esterno, come viene percepito tra due persone in comune. È vero che il pezzo di coperta è simbolico di qualche oggetto parziale, ma tuttavia, il punto essenziale non è suo valore simbolico quanto il suo essere reale (Il suo non essere il seno, o la madre, per quanto sia un fatto reale, è altrettanto importante come il fatto che esso sta per il seno, o la madre). Quando viene impiegato il simbolismo, il bambino distingue già chiaramente tra fantasia e fatto, tra oggetti interni ed esterni, tra creatività primaria e percezione. Sembra che il simbolismo possa essere adeguatamente questo. Era un coniglio viola con gli occhi rossi. Disse che non gli era affezionato, anzi lo buttava da tutte le parti, e ora l’ha dato al fratello perché era cattivo: continuava a cadere dal cassettone. Si sorprese quando si trovò a disegnare il coniglio viola: questo ragazzo quando parlava era come se perdesse il senso di realtà nel momento in cui egli descriveva qualità ed attività dell'oggetto transizionale. Vi è una psicopatologia che riguarda la separazione e che può influenzare i fenomeni transizionali. Quando la madre o qualche altra persona dalla quale il bambino dipende è assente, non vi è alcuna immediata modificazione, per il fatto che il bambino ha un ricordo, un'immagine mentale della madre, o ciò che noi chiamiamo una rappresentazione interna di lei, che dura per un certo tempo. Se la madre è fuori per un periodo di tempo che va oltre un dato limite, allora il ricordo della rappresentazione interna svanisce. Man mano che questo ha luogo, i fenomeni transizionali diventano gradualmente privi di significato e il bambino non è in grado di viverli. Immediatamente prima della perdita possiamo qualche volta vedere l'esagerazione transizionale come parte del diniego che vi sia la minaccia del suo perdere significato. Esempio clinico: il laccio. Un bambino di 7 anni fu portato al reparto di psicologia dell'ospedale pediatrico dalla madre e dal padre nel 1955, insieme agli altri membri della famiglia: una ragazza di 10 anni che frequentava una scuola per bambini subnormali e una bambina pressoché normale di 4 anni. Una valutazione dell'intelligenza del ragazzo dava un QI di 108, quindi parecchio intelligente. Prima fu fatta una lunga intervista ai genitori per avere un chiaro quadro dello sviluppo del bambino e delle distorsioni in questo sviluppo. Non fu difficile vedere che la madre era una persona depressa, infatti riferì di essere stata ricoverata per via di una depressione. Dal resoconto dei genitori si notò che la madre si era occupata del ragazzo fino alla nascita della sorella, avvenuta quando egli aveva 3 anni e 3 mesi. Questa fu la prima separazione importante. La successiva ha avuto luogo a 3 anni e 11 mesi, quando la madre subì un intervento chirurgico. Quando il ragazzo aveva 4 anni e 9 mesi, la madre andò in un ospedale psichiatrico per due mesi, e durante questo tempo egli fu accudito dalla sorella della madre. Già allora chiunque si occupava di questo ragazzo conveniva sul fatto che era difficile, capace di cambiare improvvisamente e di spaventare le persone dicendo per esempio che avrebbe tagliato la sorella della madre a piccoli pezzi. Sviluppò molti sintomi curiosi come una compulsione a leccare cose e persone, faceva rumore con la gola, spesso rifiutava di andare di corpo e poi si sporcava. Dopo questa intervista, fu il turno del ragazzo, che non diede immediatamente l'impressione abnorme ed entrò rapidamente nel gioco dello scarabocchio. Il gioco dello scarabocchio in questo caso particolare portò ad un curioso risultato: la pigrizia del bambino divenne immediatamente evidente e inoltre, qualunque cosa io facessi, veniva da lui tradotta in cosa associate con un laccio. Tra i suoi 10 disegni apparvero i seguenti: - lazo - frusta - frustino - laccio del YoYo - laccio con un nodo - un altro frustino - un'altra frusta Dopo questa intervista ce n'è fu un'altra con i genitori per chiedere notizie sugli interessi del ragazzo per i lacci. Essi dissero che il ragazzo era diventato ossessionato da ogni cosa avesse a che fare con i lacci e che in effetti ogni qualvolta andava nella sua stanza era probabile che avrebbero trovato che legati insieme sedie e tavoli, potevano trovare il cuscino con un laccio che lo fissava al camino, e di recente aveva legato un laccio intorno al collo della sorella. Allora si spiegò alla madre che questo ragazzo si trovava di fronte a una paura di separazione, e tentava di negare la separazione usando i lacci, così come uno negherebbe la separazione da un amico usando il telefono. Era scettica. Dopo sei mesi la madre fu interrogata e disse ciò che aveva avuto luogo subito dopo la visita. Una sera aveva aperto l'argomento della separazione con il ragazzo e aveva trovato che lui era ansioso di parlare del suo rapporto con lei della sua paura di mancanza di contatto con lei. Allora passò i rassegna con lui tutte le separazioni che le vennero in mente. Inoltre dopo questa conversazione il gioco del laccio cessò. Ebbe molte altre conversazioni con il ragazzo e fece il commento molto significativo che la separazione più importante mi sembrava essere stata la perdita di lei quando era stata veramente depressa, non solo quando era andata via disse, ma la sua mancanza di contatto con lui. La madre disse che un anno dopo il primo colloquio vi era stato un ritorno al gioco con il laccio. Di fatto esso corrispose ad un operazione per cui la madre doveva andare in ospedale, e gli disse: mi accorgo del tuo giocare con il laccio perché tu sei preoccupato per il mio andare via, ma questa volta starò lontano solo pochi giorni, e avrò un'operazione che non è seria; dopo questa conversazione la nuova fase di gioco con il laccio cessò. Recentemente, quattro anni dopo l'intervista originaria, il padre riferì una nuova fase di interesse per il laccio, connessa con una nuova depressione della madre. Questa fase durò 2 mesi e terminò quando l'intera famiglia andò in vacanza e quando, contemporaneamente, vi fu un miglioramento della situazione familiare. Il padre fornì anche un interessante dettaglio relativo all'argomento in questione: durante questa recente fase il ragazzo aveva fatto qualcosa con una fune che mostrava quanto intimamente tutte queste cose fossero connesse con la morbosa angoscia della madre. Un giorno avrò trovato il ragazzo che pendeva a testa in giù da una fune, del tutto abbandonato, fingeva molto bene di essere morto. Il padre capì che non doveva dare peso alla cosa e si aggirò intorno al giardino facendo varie cose per mezz'ora. Dopodiché il ragazzo si annoiò e smise il gioco. Il giorno dopo tuttavia il ragazzo aveva fatto la stessa cosa con l’albero che si poteva molto ben vedere dalla finestra della cucina e la madre infatti si era precipitata fuori fortemente impaurita, sicura che si fosse impiccato. Sebbene questo ragazzo, che ora ha 11 anni, si stia sviluppando secondo le linee di un duro, egli è molto preoccupato di se e facilmente arrossisce sul collo. Ha molti orsacchiotti che sono per lui bambini, e nessuno osa dire che sono giocattoli, egli è leale con loro e concede loro una grande quantità di affetto. Suo padre dice che egli sembra ricevere un senso di sicurezza dalla sua famiglia di orsacchiotti, ma se vengono dei visitatori egli rapidamente dirige la loro attenzione sul letto della sorella perché nessuno fuori della famiglia deve sapere che egli ha questa sua famiglia. Insieme con questo vi è una riluttanza a defecare, o una tendenza a trattenere le feci. Non è difficile capire pertanto che gli ha una identificazione con la madre che si basa sulla propria insicurezza nei rapporti con lei, e che ciò potrebbe svilupparsi in omosessualità come per i lacci potrebbe svilupparsi in una perversione. In questo caso il laccio può essere considerato come una estensione di tutte le altre tecniche di comunicazione: il laccio unisce, è d'aiuto nell’impacchettare. Assume significato simbolico, ma una esagerazione nell'uso del laccio può facilmente essere riportabile agli inizi di un senso di insicurezza o all'idea di una mancanza di comunicazione. In questo caso è possibile rilevare una anormalità che traspare nell'uso che fa il ragazzo di un laccio. La funzione di un laccio è di cambiare la comunicazione in un diniego della separazione, così il laccio diventa una cosa a sé, qualcosa che ha proprietà pericolose e che deve essere padroneggiato. È anche possibile vedere da questo materiale l'uso che si può fare dai genitori: quando i genitori possono essere utilizzati, possono funzionare con grande economia. Qui vi è una buona famiglia che aveva passato un periodo difficile tra la disoccupazione del padre, la piena responsabilità di una ragazza ritardata, la malattia depressiva della madre, compresa una fase di ospedalizzazione. Dopo 10 anni il ragazzo non era ancora veramente curato dalla sua malattia: il legame con la malattia depressiva della madre rimase, così che non gli si poteva impedire di tornare a casa. Lontano da casa, egli avrebbe potuto avere un trattamento personale, ma a casa manteneva le caratteristiche che erano già presenti al momento della prima intervista. Durante l'adolescenza questo ragazzo sviluppo nuove abitudini patologiche, specialmente le droga, e non fu più in grado di abbandonare la famiglia per poter ricevere un'educazione. I tentativi di sistemarlo lontano dalla madre fallirono perché egli regolarmente scappava e tornava di corsa a casa. Divenne un adolescente insoddisfatto, inattivo, che sembrava asciugare tempo e potenziale intellettivo. Adesso il materiale di una paziente adulta: questa paziente ha parecchi figli, ha una marcata intelligenza che usa nel suo lavoro, viene in trattamento per via di un'ampia gamma di sintomi che di solito va raccolta sotto la parola schizoide. E’ probabile che coloro che si trovano a trattare con lei non riconoscano quanto essa sia malata, e di solito è ben accetta e viene ritenuta una persona di valore. Questa particolare seduta incominciò con un sogno depressivo contenente materiale di transfert diretto e rivelatore, in cui l'analista era vissuto come una donna dominante ed avara. Ciò le faceva desiderare ardentemente il precedente analista che era per lei una figura molto maschile. Questo era il sogno. Di tanto in tanto è colta da ciò che potrebbe chiamarsi fantasticare: stava facendo il viaggio in treno, avviene un incidente, come potranno i bambini sapere ciò che le era capitato, come lo potrà sapere il suo analista, potrebbe gridare, ma la propria madre non sentirebbe. Poi parlò di una propria esperienza orrenda nella quale aveva lasciato un gatto per un certo tempo e venne a sapere dopo che il gatto aveva miagolato per parecchie ore: questo è troppo orrendo perchè si aggiungeva alle molte separazioni da lei vissute per tutta l'infanzia, separazioni che erano andate oltre la sua capacità di tollerare, ed erano quindi state traumatiche. Molto del materiale di questa analisi ha a che fare con il giungere al lato negativo nei rapporti, vale a dire, con il graduale fallimento che deve essere provato da un bambino quando i genitori non sono disponibili. Quando non si può fornire alcuna spiegazione, allora, se la madre è lontana, essa è morta dal punto di vista del piccolo rimasto a casa: è una questione di giorni o di ore o di minuti. Prima che il limite sia raggiunto la madre è ancora viva, dopo che questo limite è stato superato essa è morta. In mezzo vi è un prezioso momento di rabbia, poi perduto. Ciò ha a che fare con un tempo situato proprio prima cheil bambino abbia costruito la capacità di portare le persone a vivere nella realtà psichica interna, fuori dalla rassicurazione del vedere, del sentire, del odorare. Si può dire che l'infanzia di questa paziente era stato un grosso esercizio proprio in quest'area: era stata evacuata per via della guerra quando aveva all'incirca 11 anni, aveva dimenticato completamente la sua infanzia e i genitori, ma aveva mantenuto per tutto il tempo il diritto di non chiamare coloro che si occupano di lei zio e zia; essa era riuscita a non chiamarmi mai in nessuna maniera Con ciò la mia paziente raggiunse la posizione che la sola cosa reale era lo spazio vuoto, vale a dire la morte o l'assenza o la amnesia. Nel corso della seduta ebbe un amnesia specifica e ciò la disturbò, mentre ciò che veniva dimenticato aveva perduto la sua realtà. La paziente parla poi della sua immaginazione e dei limiti di ciò che lei riteneva fosse reale. Incomincio a dire Io non credo veramente che ci possa essere un Angelo che stava accanto al mio letto, d'altra parte io usavo portare un'aquila incatenata al mio polso. Ciò le sembrava certamente reale e accentava la parola incatenata. Mentre parlava pensava a quanto facilmente queste avrebbero potuto essere etichettate come allucinatorie. Esclamò: forse voglio qualcosa che non vada via mai. La catena è il diniego dell’assenza dell'aquila, elemento positivo. Aveva imparato a leggere molto presto, avevo letto molto, aveva pensato molto a lungo sin dai primi tempi ed aveva sempre usato la sua intelligenza per far andare avanti le cose e le era piaciuto il farlo. Ma fu sollevata nel sapere che in questo uso della sua intelligenza vi era in ogni momento la paura di un difetto mentale. Poi ricordò di un terribile incidente in cui la madre le aveva detto: ma noi ti abbiamo sentita piangere tutto il tempo che siamo stati via; erano 4 miglia lontani, lei aveva 2 anni allora e penso: È mai possibile che la mamma mi abbia detto una bugia. Cerco di negare ciò che realmente sapeva essere vero: che la madre aveva mentito. Ma gradualmente, per qualche tempo, essa dovette dubitare della realtà della cosa che i suoi oggetti transizionali stavano a simboleggiare, perchè se essi erano simbolici della devozione della attendibilità della madre, essi rimanevano reali in se stessi, ma ciò per cui stavano non era reale: la devozione alla attendibilità della madre non era reale. Questo sembrò essere vicino al tipo di cose che l'avevano perseguitata per tutta la vita: perdere gli animali, perdere i bambini; per cui aveva creato la frase: Tutto ciò che ho è quello che non ho, il negativo era solo il positivo. Parlarono ancora su come il fantasticare non fosse costruttivo e fosse di danno alla paziente e la facesse sentire malata. Parlò del modo di ascoltare la radio, mentre faceva dei solitari: questa esperienza sembrava influenzare la dissociazione. Disse che mentre l’analista parlava lei stava giocherellando con la chiusura lampo della borsa e questa attività dissociativa era più importante del suo stare lì seduta. Si cercò di affrontare l'argomento a portata di mano e di mettere in relazione il fantasticare col sognare. Improvvisamente la paziente ebbe una piccola illuminazione e disse che il significato di questo fantasticare era ridicolo e che c'era bisogno di un'altra parola che non sia ne sogno ne fantasia. A questo punto riferì che se ne era già andata sul lavoro e alle cose che accadeva nel lavoro, così si sentiva dissociata come se non potesse stare nella sua pelle. Ritornò a discutere del sogno e che il fantasticare la possedeva come uno spirito maligno. Da qui discusse il grande bisogno di mettersi in grado di possedere se stessa e di controllarsi. Da qui l’analista riuscì a formulare la differenza fra il sognare e il fantasticare nel contesto della sua terapia: il fantasticare riguardava semplicemente il fare un vestito, il vestito non aveva un valore simbolico; nel sogno al contrario la stessa cosa effettivamente avuto un significato simbolico. La parola chiave che doveva essere riportata nel sogno era l'informe, che è la condizione in cui si trova il materiale prima di essere modellato, tagliato, formato e messo assieme. In altre parole, in un sogno questo sarebbe un commento sulla propria personalità e la speranza che le faceva sentire che qualcosa poteva essere fatta dall'informe, sarebbe venuta dalla fiducia che lei aveva nel suo analista. Alla fine della seduta le sarebbe per un momento venute intense sensazioni in associazione con l'idea che non vi era stato nessuno nella sua infanzia a capire che lei doveva incominciare dall'informe, e si arrabbiò molto. Alla seduta successiva, la paziente riferì che dall'ultima volta aveva fatto una grande quantità di cose. La paziente riteneva che la parola chiave era identità. Molto nella prima parte di questa lunga seduta fu occupata dalla descrizione delle sue attività, che includevano il rimettere in ordine cose che erano state lasciate indietro per mesi o addirittura per anni. Indubbiamente aveva provato piacere per molte di queste cose che aveva fatto, ma per tutto il tempo tuttavia, mostrava di avere una grande paura di perdita d'identità, come se l'intera faccenda era un giocare a fare l’adulta, o un giocare a fare progressi per amore dell'analista. La giornata era calda e la paziente era stanca, così si allungo sulla poltrona e si addormentò. Dormì per circa 10 minuti. Quando si svegliò continuò con i suoi dubbi circa la validità di quello che aveva realmente fatto ma la cosa importante, svegliandosi dal sonno, era che questo le sembrò non riuscito, perché non ricordava i sogni. Fu un sollievo per lei quando l’analista le fece notare che si era addormentata perché voleva addormentarsi, così ora sentiva che il sonno le aveva fatto molto bene: aveva desiderato addormentarsi e quando si era svegliata si era sentita molto più concreta, e in qualche modo non ricordare alcun sogno mi importava più tanto. Nel resto della seduta essa portò un ottimo esempio di una straordinaria quantità di cose che accadono all'improvviso nel fantasticare, del tipo che paralizza l'azione. Con queste fu chiaro che stava capendo cosa fosse sogno e cosa fantasia. L’analista disse che il fantasticare riguardava un determinato soggetto che ed era un vicolo cieco, non aveva alcun valore poetico. Il sogno corrispondente, invece, aveva in sè della poesia. Per tutto il tempo l’analista sentiva il bisogno di essere cauto affinché non sembrasse che era contento per tutto ciò che aveva fatto e per il gran cambiamento avvenuto in lei, altrimenti avrebbe facilmente potuto avere l'impressione di essersi adattata e di essere stata modellata sull’analista, e questo sarebbe stato seguito da una grande protesta e ritorno al fantasticare. All'improvviso vide la possibilità di guarigione. Disse: Potrei essere in grado di padroneggiare me stessa, sapermi controllare, usare l'immaginazione con discrezione. Si passò all'argomento dei solitari, che chiamava una situazione difficile, e chiese aiuto per la comprensione di ciò. L’analista disse che il Solitario era una forma di fantasia, un vicolo cieco, di cui non potevo servirsi. Il suo commento successivo fu: sono stata a fare solitari nella mia stanza vuota e la stanza era veramente vuota perché mentre faccio i solitari io non esisto; così io potrei cominciare interessarmi di me stessa. Alla fine era riluttante ad andarsene per il dispiacere di lasciare l'unica persona con cui poteva discutere, ma soprattutto, perché a casa avrebbe potuto trovare se stessa meno malata. Ora anziché essere in grado di predire ogni cosa che sarebbe caduta, avrebbe o fatto qualcosa che voleva fare, o sarebbe ricaduta in possesso del fare i solitari. Importante notare la neutralità dell’analista. CAP. 3 IL GIOCO, FORMULAZIONE TEORICA La psicoterapia ha luogo là dove si sovrappongono due aree di gioco, quella del paziente e quella del terapeuta. La psicoterapia ha a che fare con due persone che giocano insieme, e quando il gioco non è possibile, allora il lavoro svolto dal terapeuta ha come fine di portare il paziente da uno stato in cui non è capace di giocare ad uno stato in cui ne è capace. Importante è il lavoro di Milner del 1952, che mette in rapporto il gioco dei bambini con la concentrazione degli adulti. Egli dice: ​“i momenti in cui il poeta originario in ciascuno di noi creò il mondo esterno per noi, scoprendo la familiarità nel non familiare, sono forse dimenticati dalla maggioranza delle persone: o anche essi rimangono custoditi in qualche luogo segreto della memoria, perchè essi erano troppo simili ad annunciazioni degli dei per essere mescolati col pensiero di ogni giorno” GIOCO L’argomento del gioco è stato troppo strettamente connesso con la masturbazione e le varie esperienze sensuali. E’ vero che quando ci troviamo di fronte alla masturbazione noi ci chiediamo sempre: qual è la fantasia? Anche quando osserviamo il gioco, tendiamo a chiederci qual è l’eccitamento fisico connesso con il tipo di gioco che noi osserviamo. Ma il gioco richiede di essere studiato come argomento a sè. Quando un bambino gioca, l’elemento masturbatorio è essenzialmente assente: il gioco cessa o viene sciupato se, mentre un bambino gioca, l’eccitamento fisico derivante dalle implicazioni istintuali si rende manifesto. La psicoanalisi infantile è costruita intorno al gioco dei bambini, e sarebbe piuttosto strano accorgerci che noi dovessimo rivolgerci a quelli che non sono psicoanalisti. Melanie Klein si occupò quasi interamente di come usare il gioco. Il terapeuta cerca di capire la comunicazione del bambino, e sa che il bambino non possiede di solito quella padronanza del linguaggio che può fare intendere le infinite sottigliezze che si possono trovare nel gioco, sapendo cercare. Importante la distinzione tra i significati del sostantivo gioco e quelli del verbo giocare. Le regole per il gioco dei bambini si applicano anche agli adulti, ma dobbiamo aspettarci di trovare il gioco manifesto degli adulti in modo diverso: esso si manifesta, ad esempio, nelle inflessioni della voce, nella scelta della parole, nell’umorismo. Il significato del gioco ha acquistato una nuova coloritura se si segue il tema dei fenomeni transizionali. Questi ultimi non sono universali, e si deve richiamare l’attenzione sulle loro potenzialità di essere usati nella costruzione di una teoria. Wulf aveva già scritto di oggetti feticci nei lattanti e bambini, Anna Freud parlava dell’uso del talismano, fenomeno affine. Ma nessuno studia il gioco in se. Esso ha un luogo e un tempo. Tale luogo non è all’interno, ma neanche al di fuori (non fa parte del mondo ripudiato, del non-me, fuori dal controllo magico). Per controllare ciò che è fuori, uno deve fare le cose, e fare le cose richiede tempo. Giocare vuol dire fare. Per dare al gioco un suo luogo, bisogna postulare uno spazio potenziale tra il bambino e la madre. Questo spazio potenziale varia molto a seconda della esperienza di vita del bambino in rapporto con la figura materna, e questo spazio è messo in contrasto con: - il mondo interno - la realtà effettiva esterna Il gioco è universale e appartiene alla sanità, porta alle relazioni di gruppo, può essere una forma di comunicazione in psicoterapia, facilita la crescita e pertanto la sanità, e infine, e dal gioco che si è sviluppata la psicoanalisi, al servizio della comunicazione con se stessi e con gli altri. La cosa naturale è il gioco, e il fenomeno altamente sofisticato del ventesimo secolo è la psicoanalisi. Diamo due esempi: Edmondo, due anni e mezzo La madre fece un consulto per se stessa, e porto Edmondo con lei. Egli sembrava serio, ma non impaurito, né depresso: chiese dove erano i giocattoli, poiché probabilmente gli era stato detto che vi sarebbero stati i giocattoli, e l'analista disse che ne poteva trovare alcuni all'altro capo della stanza. Subito preso un secchio di giocattolo incominciò a giocare, mentre la consultazione con la madre procedeva. La madre fu in grado di dire il momento esatto in cui, a 2 anni e 5 mesi, Edmondo aveva cominciato a balbettare e dopodiché cesso di parlare perché la balbuzia lo spaventava. Edmondo mise sul tavolo alcune parti di un trenino, e le stava ordinando e agganciando. Egli stava solo a mezzo metro dalla madre e ben presto le saltò sulle ginocchia ed emise qualche suono, come se fosse un bambino piccolo. Lei rispose con naturalezza ed in modo adeguato. Egli allora scese spontaneamente, e riprese a giocare sul tavolo. Dopo circa 20 minuti Edmondo cominciò a ravvivarsi e andò all'altro capo della stanza per rifornirsi di nuovi giocattoli: egli tirò fuori un groviglio di spago e la madre osservò che quando Edmondo raggiunge il massimo del suo rifiuto di parlare,lei si si attacca di più perchè ha bisogno di contatto con il seno reale e con il grembo reale. All'epoca in cui la sua balbuzie iniziò, egli aveva incominciato a contenere le moine, ma con la balbuzia era tornato all'incontinenza. Dopodiché aveva cessato di parlare. Ora stava ricominciando a collaborare con la madre all'incirca all'epoca della consultazione. Ora, Edmondo stava facendo con la bocca delle bolle di saliva e cominciò a interessarsi dello spago: la madre commento che il bambino aveva rifiutato tutto eccetto il seno, fino a quando era cresciuto ed era passato alla tazza. Non accettava sostituti, intendendo che non avrebbe accettato il biberon, ed il rifiuto di ogni sostituto era diventato un tratto permanente del suo carattere, tanto che anche la nonna non era del tutto accettata perché non era la madre. Alla nascita egli usava attaccarsi con forza, con le gengive, per assicurarsi contro la difesa della madre che proteggeva se stessa dal momento che provava dolore fisico. A 10 mesi gli spuntò un dente, ed una volta la morsicò, senza però produrre sangue. Edmondo sembrava a questo punto occupato con un capo dello spago, che era libero, mentre il resto era nel groviglio, a volte faceva un gesto, con il capo dello spago, come se infilasse una spina elettrica nella coscia della madre (stava usando lo spago come un simbolo di unione con la madre). La madre disse che aveva avuto un oggetto transizionale, che chiamava la mia coperta e poteva usare qualunque coperta che avesse un bordo di raso, come il bordo della coperta originale della sua prima infanzia. Edmondo montò sul divano e strisciò come un animale verso la madre, andando a raggomitolarsi nel suo grembo. Rimase la per circa 3 minuti. La risposta della madre fu molto naturale, non esagerata. Allora egli si raddrizzò e tornò ai giocattoli. Mise lo spago sul fondo del secchiello come per fare un letto, e incominciò a mettervi i giocattoli, così che potessero avere un piacevole soffice posto dove stare come un culla o in un lettino. Dopo essersi di nuovo aggrappato alla madre, ed essere quindi ritornato ai giocattoli, egli era pronto ad andare. La madre intanto aveva finito la seduta. Il bambino aveva comunicato il movimento di va e vieni della dipendenza. Edmondo semplicemente mostrava le idee che occupano la sua vita, mentre sua madre conversava. Si deve presumere che sarebbe stato portato a giocare esattamente nello stesso modo anche se non vi fosse stato nessuno presente. Diana, di cinque anni In questo caso l'analista dovete condurre due consultazioni parallelamente: una con la madre, che era in difficoltà, e un rapporto di gioco con la figlia Diana. Questa aveva un fratellino, a casa, con un deficit mentale. La madre era venuta a discutere l'effetto che questo fratello aveva avuto su di se e sulla figlia diana. Quando entrarono nella stanza, si presentò una bambina impaziente, che spingeva avanti un piccolo orsacchiotto. L’analista si rivolse direttamente all’orsacchiotto, e chiese come si chiamasse. La bambina rispose “semplicemente orsacchiotto”. giochi e la loro organizzazione debbono essere considerati come parte di un tentativo inteso a tenere a bada l'aspetto pauroso del gioco. Le persone responsabili devono essere disponibili quando il bambino gioca, ma non vuol dire che debbano entrare nel gioco dei bambini: quando si è costretti a mettersi nella posizione di animare il gioco, questo significa che il bambino non è in grado di giocare in senso creativo. La caratteristica essenziale della comunicazione è che il gioco è un’esperienza, che è sempre un'esperienza creativa, e che è un'esperienza che si svolge nel continuum spazio temporale, una forma fondamentale di vita. La precarietà del gioco è dovuta al fatto che esso si svolge sempre sulla linea teorica che separa il soggettivo da ciò che è oggettivamente percepito. Per l’analista è importante ricordare che un momento significativo è quello in cui il bambino sorprende se stesso, non il momento della brillante interpretazione. Oltretutto l'interpretazione data quando il paziente non ha alcuna capacità di giocare è semplicemente inutile, o è causa di confusione. Sommario: a. Per comprendere l'idea del gioco è utile pensare alla preoccupazione che caratterizza il gioco di un bambino piccolo. Il contenuto non importa, ciò che importa è lo stato di quasi isolamento: il bambino che gioca abita in un area che non può essere facilmente lasciata, e che non ammette facilmente intrusioni. b. Questa area del gioco non è la realtà psichica interna: è fuori dall'individuo, ma non è il mondo esterno. c. In questa area di gioco il bambino raccoglie oggetti o fenomeni dal mondo esterno e li usa il servizio di qualche elemento che deriva dalla realtà interna o personale. Il bambino mette fuori un elemento del potenziale unico, e vive con questo elemento in un selezionato contesto di frammenti di realtà esterna. d. Nel gioco il bambino manipola i fenomeni esterni al servizio del sogno. e. Vi è una linea diretta di sviluppo dai fenomeni transizionali al gioco, e dal gioco al gioco condiviso, e da questo alle esperienze culturali. f. Il gioco implica la fiducia e appartiene allo spazio potenziale tra quello che era in origine il bambino e la figura materna. g. Il gioco coinvolge il corpo: 1. a causa della manipolazione di oggetti 2. perché determinati tipi di intenso interesse vengono associati con determinati aspetti di eccitamento corporeo h. L’eccitamento corporeo nelle zone erogene minaccia costantemente il gioco, e quindi minaccia nel bambino il senso di esistere come persona. i. Il gioco è essenzialmente soddisfacente. Vi è un grado di angoscia che è insostenibile, e ciò distrugge il gioco. j. L’elemento piacevole nel gioco porta con sè l’implicazione che l’eccitamento istintuale non sia eccessivo; l’eccitamento istintuale al di là di un certo punto deve portare: 1. all’orgasmo 2. all’orgasmo mancato, e ad un senso di confusione mentale e di disagio fisico 3. all’orgasmo vicario Si può dire che il gioco raggiunga il suo punto di saturazione, che si riferisce alla capacità di contenere l’esperienza. k. il gioco è intrinsecamente eccitante e precario. Questa caratteristica non deriva dall’eccitamento istintuale, ma dalla precarietà insita nella influenza reciproca, nella mente del bambino, tra ciò che è soggettivo e ciò che è oggettivamente percepito. CAP.4 IL GIOCO. ATTIVITA’ CREATIVA E RICERCA DEL SE’ Mentre gioca il bambino o l'adulto è libero di essere creativo. Questa considerazione tiene in conto la parte difficile della teoria dell'oggetto transizionale, vale a dire che è un paradosso, il quale deve essere accettato, tollerato ma non risolto. Un ulteriore dettaglio ha a che fare con la sede del giocare, poichè mentre la realtà psichica interna ha una sorta di ubicazione nella mente, nella pancia o nella testa o in qualche luogo entro i confini della personalità individuale, e mentre ciò che è chiamato realtà esterna è ubicato fuori da questi confini, il giocare e l’esperienza culturale possono essere localizzati se si usa il concetto dello spazio potenziale tra la madre e il bambino. Si deve riconoscere che la terza area dello spazio potenziale tra madre e bambino è estremamente importante in rapporto con l'esperienza del bambino e dell'adulto. La psicoterapia si svolge nella sovrapposizione di due aree di gioco, quella del paziente e quella del terapeuta. Se il terapeuta non è in grado di giocare allora non è adatto al lavoro. Se il paziente non è in grado di giocare, allora c'è bisogno di fare qualcosa per mettere il paziente in condizioni di diventare capace di giocare, e dopodiché la psicoterapia può cominciare. La ragione per cui giocare essenziale è che proprio mentre gioca il paziente è creativo. Alla ricerca di un se certe condizioni sono necessarie se si vuole raggiungere un successo, e queste condizioni sono associate alla creatività. E’ soltanto mentre gioca che l'individuo, bambino o adulto, è in grado di essere creativo e di usare l'intera personalità, ed è solo nell’ essere creativo che l'individuo scopre il sé. Di frequente si incontrano persone che chiedono aiuto, che sono alla ricerca di sé, ma per evitare questi pazienti, gli analisti devono sapere che cosa è la creatività. La persona interessata può avere prodotto qualcosa di notevole in termini di arte, ma un artista riuscito può essere universalmente riconosciuto e tuttavia aver mancato di trovare il sè di cui era alla ricerca. Un secondo tema è che la persona che stiamo cercando di aiutare potrebbe aspettarsi di sentirsi guarita per effetto della spiegazione dell’analista. In questo tipo di lavoro anche la spiegazione giusta può essere inefficace. Al paziente sul divano, o al paziente bambino in mezzo ai giocattoli sul pavimento, si deve permettere di comunicare una successione di idee, di pensieri, di impulsi, di sensazioni, che non siano collegate eccetto che in una qualche modalità neurologica o fisiologica e forse al di là della possibilità di essere rivelato. Vale a dire, è dove c'è uno scopo o dove c'è angoscia o dove c'è mancanza di fiducia basata sul bisogno di difesa che l’analista sarà in grado di riconoscere o dimostrare la connessione tra le varie componenti del materiale e delle associazioni libere. Nel modo di rilassarsi che fa parte della fiducia dell'accettazione dell'attendibilità professionale terapeutica c'è posto per l'idea di sequenze di pensiero senza relazione tra loro che l’analista farà bene ad accettare così come sono. Vale a dire, il paziente ha bisogno di non organizzare tale mancanza di senso. Il terapeuta che non è in grado di recepire questa comunicazione si impegna in un futuro tentativo di trovare qualche organizzazione nella mancanza di senso, col risultato che il paziente abbandona l’area del nonsenso perché non ha alcuna speranza di poterlo comunicare: un'opportunità per rilassarsi è andata perduta. Il terapeuta, senza saperlo, ha abbandonato il suo ruolo professionale ed ha fatto ciò volendo essere inarrestabile e vedere l’ordine nel caos. Si dovrà fare una sequenza: a. rilassamento in condizioni di fiducia basata sull’esperienza b. attività creativa, fisica e mentale, manifestata nel gioco c. somma di queste esperienze come base del senso di sè La somma o riverberazione dipende dal fatto che il terapeuta fidato, che ha recepito la comunicazione indiretta, possa in una certa misura rifletterla dentro l’individuo. Così l’individuo può raccogliersi ed esistere come una unità, non come una difesa contro l’angoscia. Caso clinico: donna lasciata libera di esporre il nonsenso, che arriva da sola all’interpretazione finale Qua si parla di una donna che va in terapia una volta a settimana, ma che per diversi motivi ha avuto bisogno di una seduta in più di 3 ore. Per molto tempo l’analista si asterrà dal dare interpretazioni, ma nonostante questo prende appunti costantemente; la ricompensa dall’ astenersi dal dare l'interpretazione viene quando la paziente fa lei stessa l'interpretazione. Per prima cosa, alcuni dettagli di vita: dorme male quando è angosciata, usa i libri per addormentarsi, si sente stanca ma agitata e tanto irrequieta, c'è poi qualche difficoltà riguardo al cibo, perché vorrebbe poter mangiare quando ha fame. Arrivata la seduta sostiene di essere su di giri, e che questo non andasse bene, ma in compenso sembra promettente il fatto di essere cosciente di ciò. Inizia a parlare di depressione e sentimenti omicidi, e che quasi è contenta di questi. Passa mezz'ora e la paziente inizia una lunga e lenta descrizione degli aspetti positivi e negativi di una passeggiata che aveva fatto; dice che non si sente capace di essere, che non è lei che veramente guarda, uno schermo, guarda attraverso i vetri, non c'è il guardare con immaginazione. E’ queste è un esempio di area non senso. Parla di un aeroplano sulla sua testa, che si era schiantato e immaginava di essere lei l'aeroplano, di volare alto, e disse che questo è ciò che le accade quando proietta se stessa nelle cose: produce uno schianto interno. Guarda fuori dalla finestra e pensa ad un sogno che aveva fatto: in questo sogno c'era una studentessa che continuava a portare i quadri che lei stessa aveva disegnato. La paziente non poteva dirle che questi quadri non mostravano alcun progresso, così pensava che lasciandosi sola e andando incontro alla depressione, sarebbe stato meglio. Eppure la ragazza vedeva qualche tipo di miglioramento. Passa un'ora e parla di una poesia di Cristina Rosetti: Passing away. Dopo accusa l’analista di averle sottratto dio e si accorge di star sputando fuori tutto ciò che viene, senza capire di cosa stia parlando. Passa un'ora e mezza e ricorda di non poter fare a meno di dipingere con le dita sul pavimento: questa cosa la terrorizza perché sta vivendo in un sudiciume poiché non le piace lo sporco sulle mani mentre dipinge con le dita; anche quando va nella stanza dell’analista ha il senso di non contare nulla. Poi ricorda un trauma originario che non è ancora specificato e sostiene che una ferita deve essere ripetuta più volte perché gli effetti diventino così profondi. Ha una lunga pausa e poi ricomincia con la sensazione disperata di non significare niente, che non c'è dio, che lei non ha significato, che deve trovare se c'è una persona alla quale importi di lei, qualcuno che poi a sua volta importi a lei stessa. A quel punto si mette sul pavimento a singhiozzare. Fino ad adesso la paziente ha giocato in modo motorio e sensoriale per tutta la stanza, in modo non organizzato e privo di forma, e da lì è nata l’esperienza di disperazione e del suo singhiozzare. Sostiene che oggi non ha ancora preso contatto con l’analista, ed è disgustata da ciò. Passano quasi due ore e si verificò mutamento. Infatti per la prima volta, durante la seduta, la paziente sembrava essere nella stanza con me e disse: Mi fa piacere che lei si sia reso conto che io avevo bisogno di questa seduta. Poi prese un pezzo di carta e delle penne e fece un biglietto a lutto per il suo compleanno chiamandolo anniversario della morte. A questo punto l’analista fa un'interpretazione: ogni sorta di cose accadono svaniscono, questo è il numero infinito di morti di cui lei è morta, ma se c'è qualcuno che può restituirle tutto ciò che è accaduto, allora dettagli ripresi in questa maniera non sono parte di lei e non muoiono. A questo punto beve un po' di latte, riferì sensazioni positive e attività importanti del suo essere reale, e poi riprese a singhiozzare chiedendosi perché fosse così sola. Qui vengono fuori significativi ricordi di infanzia, che ricordavano compleanni e regali di compleanni, ma nonostante tutto disse di sentire di aver sprecato questa seduta, come se fosse venuta a incontrare qualcuno, ma quelli non fossero venuti. Comunicò l'impressione di essere nata senza un motivo e sperò che quello non fosse mai accaduto. Si deve ammettere la possibilità che non vi possa essere distruzione completa della capacità di un essere umano di vivere creativamente, e che esiste sempre, nascosto in qualche luogo, una vita segreta, che è soddisfacente, creativa, originale. In questo caso grave Tutto ciò che è reale è ciò che conta, invece ciò che è personale, originale e creativo, è nascosto e non da alcun segno della sua esistenza. Per l'individuo in un tale caso estremo non conta di essere vivo o morto e il suicidio è di scarsa importanza. L'impulso creativo pertanto è qualcosa che si può considerare come una cosa in sè, qualcosa che è necessario se l'artista deve produrre un lavoro d'arte, ma che è presente quando chicchessia guarda in maniera sana una qualunque cosa o fa una qualunque cosa deliberatamente, quale può essere provocare l'atto del piangere per godere di un suono musicale. (è presente altrettanto nel vivere momento per momento di un bambino ritardato che è contento di respirare come lo è il l'ispirazione di un architetto che improvvisamente sa che cosa è che lui desidera costruire). Laddove la psicoanalisi ha tentato di affrontare l'argomento della creatività ha perso di vista in grande misura il tema principale. E’ sbagliato prendere grandi uomini e grandi donne e spiegarne i motivi per cui sono riusciti a fare ciò. L'argomento principale viene girato, quello cioè dell' impulso creativo in se stesso. Non capiterà mai qualcuno in grado di spiegare l'impulso creativo, e non è verosimile che vi sarà mai qualcuno che lo vorrà fare, ma un legame si può stabilire tra il vivere creativamente e il semplice vivere. Si può supporre che prima di una certa era, diciamo 1000 anni fa, solo poche persone vivessero creativamente, e la maggior parte non avevano un senso di individuo, ma un senso di comunità, che noi non possiamo capire oggi. Un importante contributo all'argomento della creatività ci viene da Melanie klein; questo contributo deriva dal riconoscere da parte della Klein gli impulsi aggressivi e la fantasia distruttiva a volte originate dalla distruttività del bambino, facendoli derivare dall’idea della fusione degli impulsi erotici e distruttivi. Però, l'importante lavoro della Klein non arriva al tema della vera creatività, e potrebbe pertanto sortire l'effetto di oscurare ulteriormente il problema centrale: lo stato di sanità può essere considerato in termini di fusione e ciò rende più che mai urgente l'esame della origine dell'aggressività e della fantasia distruttiva. Per molti anni è sembrato di poter spiegare l'aggressività sulla base della collera e sia Freud che la Klein hanno scavalcato un ostacolo a questo punto e hanno trovato rifugio nell'eredità. Essi hanno cercato di evitare la piena accettazione della dipendenza e del fattore ambientale. Quando il bimbo piccolo si sviluppa, le varie opportunità ambientali, se sono sufficientemente buone, rendono possibile all'individuo di far fronte all'immenso sgomento della perdita di onnipotenza. In questo modo si mette il bambino in una posizione in cui è in grado di essere matto in una maniera particolare che è concessa ai bambini. Questa pazzia diventa vera pazzia solo se compare nella vita in età successive. Le due vite che abbiamo distinto prima, troppo creativa o troppo poco creativa, esistono in rapporto alla quantità ed alla qualità di opportunità ambientale all'inizio o nelle prime fasi dell'esperienza di vita di ciascun bambino. Uomini e donne hanno molto in comune, tuttavia Essi sono anche diversi: la creatività è uno dei denominatori comuni, oppure lo smarrimento della perdita o dell'assenza del vivere creativo. Uomini e donne hanno una predisposizione verso la bisessualità. Tuttavia in altri linguaggi la creatività è prerogativa della donne, in altri linguaggi ancora è prerogativa degli uomini. Caso clinico: uomo dissociazione femminile Questo caso clinico riguardo il trattamento di un uomo di mezza età, sposato, con famiglia, riuscito nel lavoro. Quest'uomo ha avuto una lunga analisi, con diversi terapisti: tanto lavoro è stato fatto su di lui e la sua personalità è stata cambiata in molti punti, ma c'è ancora qualcosa che egli cerca e che gli rende impossibile di fermarsi. In quest'analisi qualcosa è stato raggiunto poiché si è trattato l’elemento non mascolino nella sua personalità. In una seduta il paziente stava parlando, e l’analista gli citò l’invidia del pene e disse che stava ascoltando parlare una ragazza. sapeva perfettamente di trovarsi davanti ad un uomo ma stava ascoltando la ragazza. Non ha nulla a che fare con l'omosessualità. Fu chiaro che l'osservazione era pertinente poiché il paziente fu scombussolato da ciò. Ebbe un immediato effetto di accettazione intellettiva e di sollievo, con effetti poi più lontani. Il paziente disse che se avesse dovuto dire a qualcuno di questa ragazza, sarebbe stato considerato matto, e così l’analista disse che era lui il matto ed era lui ad avere affermato di vedere una ragazza, quindi la persona folle era l’analista stesso . Il paziente così disse che si sentiva sano in un ambiente folle, in altre parole adesso era liberato da un dilemma. Questa follia l'ha messo in grado di vedersi con una ragazza dalla posizione dell'analista. Sì arrivo alla conclusione comune che la madre, prima di adattarsi a pensare a lui come un maschio, lo avesse trattato come una bambina, inserendo in quest'uomo l'idea di donna. Nella seduta seguente annunciò che stava male, perché aveva una qualche infezione. Lui volle che l’analista interpretasse la malattia, cominciata come se fosse psicosomatica. La sera prima aveva avuto un rapporto sessuale con la moglie, e per questo avrebbe dovuto sentirsi meglio, ma accadde il contrario. Così l’analista disse: lei si sente come se avesse dovuto rallegrarsi per una mia interpretazione che ha messo in libertà un comportamento maschile; la ragazza a cui io mi rivolgevo, tuttavia, non vuole lasciare venire fuori l'uomo e non ha alcun interesse per lui: lei vuole un pieno riconoscimento di lei stessa ed è invidiosa di lei come uomo; il sentirsi male è una protesta da parte del femminile, il quale ha sempre sperato che l'analisi possa in effetti scoprire che l'uomo è ed è sempre stato una ragazza. Nelle settimane seguenti il paziente si impegnò a negare l'importanza dell'affermazione, sostenendo la sua pazzia. Qui capito uno dei fatti di transfert delirante più incredibili e l’analista ne rimase perplesso. Dissociazione La prima cosa che l’analista notò fu che mai prima di allora aveva completamente accettato la completa dissociazione tra uomo o donna e l'aspetto della personalità che ha il sesso opposto. Nel caso di questo paziente la dissociazione era quasi completa. Qui si chiese come questa avrebbe potuto influire sul lavoro che andava facendo con altri pazienti, così decise di studiare questo tipo di dissociazione mettendo da parte tutti gli altri tipi di scissione. In questo caso era una dissociazione che stava sul punto di rompersi. La dissociazione difensiva stava dando luogo ad una accettazione della bisessualità come una qualità della unita o dell'intero se. Questo è ciò che potrebbe essere chiamato un puro elemento femminile. Da qui si potevano spiegare perché le interpretazioni dell'analista fatte su base solida e relativa all'uso di oggetti, di soddisfazioni orali erotiche nel transfert, di idee sadiche orali relative all'interesse del paziente per l'analista come oggetto parziale o come persona con un seno o un pene, fossero sempre state immutate. Con questa nuova posizione il paziente ebbe un senso di relazione con l'analista, e ciò fu estremamente vivido. Eppure l’elemento femminile aveva trovato un'unità primaria con l’analista, e questo dette all'uomo il senso di aver cominciato a vivere. L'analista ne fece una teoria: - Uno può con sorpresa accorgersi che ha a che fare con la parte scissa e che sta tentando di analizzarla mentre la persona principale funzionante appare soltanto in forma proiettata - L’elemento dell'altro sesso può essere completamente scisso così che per esempio un uomo può non essere in grado di stabilire alcun legame con la parte scissa. Ciò è vero specialmente quando la personalità è sana ed integrata - Si può trovare clinicamente una qualche completa disposizione dell'altro sesso, organizzato in rapporto a fattori esterni in età molto precoce. La realtà di questa tardiva difesa organizzata può militare contro il ritorno nell'analisi del paziente della precedente cessione reattiva. Il paziente si aggrappa sempre al pieno sfruttamento dei fattori personali ed interni, che gli danno una certa quantità di controllo onnipotente, piuttosto che ammettere l'idea di una reazione grossolana ad un fattore ambientale. L’influenza ambientale cattiva o anche buona entra nel nostro lavoro come una idea traumatica, intollerabile. - La parte della personalità scissa appartenente all'altro sesso tende a rimanere ad una data età, o a crescere, ma lentamente. Le figure veramente immaginative della realtà psichica interna della persona maturano, stabiliscono rapporti, crescono, muoiono. Per esempio, l'uomo che dipende da ragazze più giovani per mantenere viva la parte femminile di sè, può gradualmente diventare capace di impiegare per questo proposito ragazze in età da marito. Tuttavia in un paziente uomo la ragazza può avere caratteristiche di ragazza: può essere fiera del seno, può avere l’invidia del pene, diventare gravida, non avere genitali esterni maschili e possedere un apparato sessuale femminile e godere l’esperienza sessuale femminile. - Il punto più importante qui è la valutazione di tutto questo in termini di salute psichiatrica. L’uomo che inizia ragazze nell’esperienza sessuale può ben essere un uomo che è più identificato con la ragazza che con se stesso. Questo gli da la capacità di uscire completamente da se per svegliare la sessualità della ragazza e soddisfarla. Egli paga questo con il fatto di avere ben poca soddisfazione maschile, e anche in termini del suo bisogno di cercare sempre una nuova ragazza. All'altro estremo è la malattia dell'impotenza. Ciò che è normale dipende dalle aspettative sociali di un qualunque gruppo sociale in qualunque particolare periodo; non si potrebbe dire che all'estremo patriarcale della società il rapporto sessuale è violenza carnale, e che all’estremo matriarcale l’uomo con un elemento femminile scisso che deve soddisfare molte donne è da premiare anche se nel fare questo egli si annienta? Tra tali estremi vi è la bisessualità. Ciò si accompagna con l'idea che la sanità in senso sociale sia modicamente depressiva, eccetto che nelle vacanze. L’esistenza di questo elemento femminile scisso in realtà previene la pratica omosessuale, poiché nel mettere in pratica l'omosessualità si asserisce la mascolinità contro l’elemento femminile scisso. Dove la bisessualità è un fatto, idee omosessuali non entrano così in conflitto perchè il fattore anale non ha raggiunto la supremazia sulla fellatio. - Sembra che nell'evoluzione del mito greco i primi omosessuali fossero uomini che imitavano donne in maniera tale da entrare quanto più possibile in rapporto con la Suprema divinità. Ciò apparteneva ad un era matriarcale. zeus, simbolo del sistema patriarcale, dette inizio all’idea del ragazzo amato sessualmente dall'uomo, e da qui venne il relegare le donne in una condizione inferiore. Elemento puro maschile ed elemento puro femminile L'elemento maschile ha a che fare con lo stabilire un rapporto attivo o subire un rapporto passivo, entrambi sostenuti dall'istinto. Nello sviluppo di questa idea noi parliamo di pulsione istintuale nel rapporto del bambino: il mangiare, e in seguito con tutte le esperienze che interessano le principali zone erogene e con le pulsioni e con le soddisfazioni sussidiarie. Per contrasto il puro elemento femminile ha un rapporto con il seno nel senso del bambino che diventa il seno, nel senso che l'oggetto è il soggetto. Non vi è alcuna pulsione istintuale in questo. Il termine oggetto soggettivo è stato usato per descrivere il primo oggetto; qui ha luogo un'applicazione pratica dell'idea dell'oggetto soggettivo e l'esperienza di questo prepara la strada per il soggetto oggettivo. Per quanto complessa la psicologia del senso di sé stabilisce l’identità, che potrà divenire man mano che il bambino cresce, stabilendo un senso di se. Questo senso è qualcosa che precede l'idea di essere tutt’uno: due persone separate possono sentirsi tutt'uno, ma qui il bambino e l'oggetto sono uno, e si usa il termine identificazione primaria. Nello sviluppo del bambino, man mano che ha cominciato ad organizzarsi, stabilisce ciò che è forse la più semplice di tutte le esperienze: l'esperienza di essere. Qui si trova una vera continuità di generazioni, l'essere che viene passato da una generazione all'altra, attraverso l'elemento femminile degli uomini e delle donne e dei bambini maschi e femmine. E’ una questione degli elementi femminili sia negli uomini che nelle donne. Per contrasto lo stabilire un rapporto con l'oggetto presuppone parte dell’elemento maschile. Il bambino consente all'oggetto la qualità di essere non me o separato, ed esperimenta soddisfazioni istintuali che comprendono la collera per la frustrazione. La soddisfazione istintuale fa risalire la separazione dell'oggetto dal bambino e porta alla oggettivazione dell'oggetto, quindi dalla parte dell'elemento maschile l'identificazione ha bisogno di posarsi su complessi meccanismi mentali, meccanismi mentali cui bisogna dare tempo per manifestarsi, per svilupparsi, e per stabilirsi. L’analista, la tecnica analitica e la situazione analitica, entrano tutti in gioco come possibilità di sopravvivere e di non sopravvivere agli attacchi distruttivi del paziente. Questi attacchi sono nel tentativo di collocare l'analista fuori dall'area del controllo onnipotente, vale a dire fuori nel mondo. Senza la massima distruttività, il soggetto non colloca mai l'analista al di fuori e pertanto non può mai fare più che l'esperienza di una specie di autoanalisi. Nella pratica psicoanalitica le modificazioni positive possono essere profonde, non dipendono dal lavoro interpretativo, ma dall'idea della mancanza di ricorso alla ritorsione. Questi attacchi possono essere difficili da fronteggiare, specialmente quando vengono espressi in termini di delirio o mediante una manipolazione che fa praticamente fare all’analista cose tecnicamente sbagliate, come interpretare, ma è meglio aspettare finché la fase sia superata, e discuterne. La cosa essenziale è il sopravvivere dell'analista, nonché l'integrità della Tecnica psicoanalitica. Una parte importante di ciò che fa la madre è quella di essere la prima persona che accompagna il bambino attraverso una prima versione delle molte cose che egli incontrerà, di un attacco cui si sopravvive. Nello sviluppo del bambino, questo è il momento giusto per fare questa esperienza, a causa della relativa debolezza del bambino stesso, la quale rende abbastanza facile sopravvivere alla distruzione. Ma anche così è una questione molto complicata, infatti è fin troppo facile, per una madre, reagire moralisticamente, quando il suo bambino la morde o le fa male. Ma questo linguaggio che implica il seno è un gergo: in realtà viene implicata l'intera area dello sviluppo e della cura del bambino. Non è necessario concedere all'aggressività innata più di quanto le sia dovuto, allo stesso modo di ogni altra cosa che è innata. È probabile che i bambini che sono stati seguiti bene in questa fase siano più aggressivi clinicamente di quelli che non sono stati seguiti bene e per i quali l'aggressività non è qualche cosa che può essere racchiusa. Cìè sempre l'assunto che l'aggressività si è reattiva all'incontro con il principio di realtà, mentre qui è la pulsione distruttiva che determina la qualità di esteriorità. Più primitivo e alquanto differente è l'annichilimento, che significa nessuna speranza. Nella descrizione dell'oggetto a cui io mi riferisco non vi è rabbia, si potrebbe dire che vi è gioia per il sopravvivere dell'oggetto; a cominciare da questa fase, l'oggetto è sempre continuamente distrutto in fantasia e dopo l'oggetto può essere usato. riassunto. Entrare in rapporto con l'oggetto può essere descritto in termini di esperienza del soggetto. La descrizione dell'uso dell'oggetto comporta la considerazione della natura dell'oggetto. La capacità di usare un oggetto è più sofisticata della capacità di entrare in rapporto con gli oggetti, infatti entrare in rapporto può riguardare un oggetto soggettivo, mentre l'uso implica che l'oggetto sia parte della realtà esterna. Questa sequenza può essere osservata: 1. il soggetto entra in rapporto con l'oggetto 2. l'oggetto è in processo di venire trovato invece che posto dal soggetto nel mondo. 3. il soggetto distrugge l'oggetto 4. l'oggetto sopravvive alla distruzione 5. Il soggetto può usare l'oggetto. L'oggetto è sempre in via di essere distrutto. Questa distruzione diventa sottofondo inconscio dell'amore per un oggetto reale, vale a dire, un oggetto al di fuori dell'area del controllo onnipotente del soggetto. La distruttività più il sopravvivere dell'oggetto alla distruzione collocano l'oggetto al di fuori dell'area in cui operano i meccanismi mentali proiettivi, iniziati dal soggetto. In tal modo viene creato un mondo di realtà condivisa che il soggetto può usare e che può riportare nel soggetto una sostanza. CAP.7 LA SEDE DELL’ESPERIENZA CULTURALE Freud usò la parola sublimazione per indicare la strada verso una sede dove l’esperienza culturale ha senso. Se il gioco non è al di dentro ne al di fuori, dov’è? Quando noi assistiamo all'impiego che fa un bambino di un oggetto transizionale, il primo processo di non-me, noi assistiamo al tempo stesso al primo uso che fa il bambino di un simbolo, e alla prima esperienza di gioco. Una parte essenziale della formulazione dei fenomeni transizionali è che si accetta di non sfidare mai un bambino con la domanda: hai creato tu l'oggetto o l'hai trovato convenientemente a portata di mano? L'oggetto è un simbolo dell'unione del bambino e della madre. E’ nel luogo in cui la madre è in transizione dall'essere, nella mente del bambino, fusa col bambino, all'essere, per contro, vissuta come un oggetto che viene percepito piuttosto che concepito. L'uso di un oggetto simbolizza l'Unione delle due cose, ora separate: il bambino e la madre, al punto, in termini di spazio e tempo, in cui ha inizio il loro stato di separazione. Se la sensazione dell'esistenza della madre dura X minuti e la madre resta via X minuti, allora l’immagine svanisce, e insieme con questa cessa la capacità del bambino di usare il simbolo dell'unione. Il bambino è turbato, ma questo turbamento è presto risanato perché la madre ritorna in X+ Y minuti. Ma in X+Y+Z minuti Il bambino è stato traumatizzato. In quel tempo il ritorno della madre non ripara lo stato alterato del bambino. La grande maggioranza dei bambini non vive mai la quantità di x + y + z di privazione. I bambini sono costantemente curati dagli effetti del grado X + Z + Y di privazione, mediante particolari vizi che la madre da per riparare la struttura dell'io. Questa riparazione ristabilisce la capacità del bambino di usare un simbolo di unione. Il bambino allora viene ancora una volta a tollerare ed anche a beneficiare della separazione. La separazione non è una separazione ma una forma di unione. Noi tendiamo a pensare alla sanità interna dello stato come difese dell'io. Diciamo che esso è sano quando queste difese non sono rigide. I nostri pazienti psicotici ci costringono a prestare attenzione a questa sorta di problema di base. Noi vediamo ora che non è la soddisfazione istintuale che fa sì che il bambino comincia ad essere, sentire che la vita è reale. In realtà, gratificazioni istintuali cominciano come funzioni parziali e diventano seduzioni a meno che non siano basate sulla capace abilità in ogni singola persona di esperienze totali e di esperienza nell'area dei fenomeni transizionali. Quando si parla di un uomo, si parla di lui insieme con la somma delle sue esperienze culturali. L'insieme forma una unità. Nel fare uso della parola cultura si pensa alla lezione che si eredita, ma anche a qualcosa che è parte del patrimonio comune dell'umanità, a cui i singoli e i gruppi di individui possono contribuire, e da cui tutti noi possiamo attingere se abbiamo un posto dove mettere ciò che troviamo. In un campo culturale non è possibile essere originale eccetto che sulla base della tradizione. Peraltro il peccato che non si può perdonare in campo culturale e il plagio. Un bambino deve fare molta strada a partire dalle prime esperienze per poter avere la maturità di essere profondo. Una domanda fondamentale è Qual è il senso della vita? Questo problema interessa tutti quanti gli esseri umani. Le esperienze culturali sono in diretta continuità con il gioco. Tesi principale 1. Il luogo in cui l'esperienza culturale è ubicata e lo spazio potenziale tra l'individuo e l'ambiente. Lo stesso si può dire del gioco. L'esperienza culturale comincia con il vivere in modo creativo. 2. per ogni singolo individuo l'uso di questo spazio determina le esperienze di vita che hanno luogo nei primi stadi di esistenza dell'individuo 3. fin dall'inizio Il bambino ha esperienza estremamente intensa nello spazio potenziale tra l'oggetto soggettivo e l'oggetto percepito oggettivamente, tra le estensioni del me e il non me. Questo spazio potenziale è al punto dell'azione reciproca tra il non esserci altro che il me e l’esserci oggetti e fenomeni al di fuori del controllo onnipotente. 4. ciascun bambino ha qui la propria esperienza positiva o negativa. Lo spazio potenziale ha luogo soltanto in rapporto ad un sentimento di fiducia da parte del bambino, vale a dire fiducia relativa alla attendibilità della figura materna o degli elementi ambientali 5. si deve studiare il destino dello spazio potenziale che esiste tra ogni singolo bambino e la figura materna umana che è essenzialmente capace di adattarsi grazie al suo amore Che cosa accade se la madre in grado di procedere da una posizione di adattamento ad una graduale mancanza di adattamento? Nella esperienza positiva media, il bambino trova intenso e perfino tormentoso piacere, associato con il gioco immaginativo. Non c'è gioco definito, per cui ogni cosa è creativa, e pur essendo il giocare parte dell'entrare in rapporto con l'oggetto, qualunque cosa accada è personale per il bambino. Ogni cosa fisica viene elaborata nell'immaginazione, viene investita con una qualità tipica della prima volta. Questo è il significato che si intende attribuire alla parola investimento energetico. Ogni cosa nel gioco è stata fatta prima, è stata sentita prima, è stata rifiutata prima, e dove appaiono specifici simboli dell'Unione di bambino e madre questi stessi oggetti sono stati adottati, non creati. Tuttavia per il bambino ogni dettaglio nella vita del bambino è un esempio di vivere creativo. Ogni oggetto è un oggetto trovato. Il bambino comincia a vivere creativamente e ad usare oggetti reali, per essere creativo. Se ad un bambino non viene data questa opportunità, allora non vi è alcun territorio in cui il bambino possa avere gioco o possa fare l'esperienza culturale: ne deriva che non si stabilisce alcun legame con l'eredità culturale, e non vi sarà alcun contributo al patrimonio culturale. Il bambino in carenza è notoriamente irrequieto, incapace di giocare, e ha un impoverimento della capacità di fare esperienza nel campo culturale. In circostanze favorevoli lo spazio potenziale viene colmato con i prodotti dell'immaginazione. In circostanze sfavorevoli l'uso creativo degli oggetti viene a mancare o è relativamente incerto. Un altro pericolo è che questo spazio potenziale può riempirsi di ciò che vi viene intromesso da persona diversa dal bambino. Qualunque cosa si trovi in questo spazio che proviene da qualunque altro materiale è persecutorio e il bambino non ha modo di respingerlo. Quindi abbiamo localizzato questo terza area, che non è Né dentro né fuori di noi, come l'area dell'esperienza, nello spazio potenziale tra individuo e ambiente, che all'inizio unisce e separa al contempo il bambino alla madre. Questo spazio dipende dall'esperienza che conduce alla fiducia. Si può considerare come sacro per l'individuo in quanto è qui che l'individuo fa esperienza del vivere creativo. CAP.10 IL RAPPORTO RECIPROCO AL DI FUORI DELLA PULSIONE ISTINTUALE E IN TERMINI DI IDENTIFICAZIONI CROCIATE Vi sono molte maniere di essere in comunicazione. I pazienti hanno una capacità limitata di identificazione introiettiva o proiettiva, presentano serie di difficoltà che devono essere per forza sottoposti al transfert su base istintuale. In tali casi, la principale speranza del terapeuta è di aumentare nel paziente la gamma delle identificazioni crociate, e questo viene attraverso certe esperienze specifiche nella seduta analitica. Il graduale sviluppo dell’entrare in rapporto con l’oggetto è un conseguimento in termini dello sviluppo emozionale dell’individuo. Ad un estremo vi è una base istintuale, all’altro c’è la condizi esiste al principio della vita, in cui l’oggetto non è ancora separato dal soggetto. All’inizio l’oggetto è un oggetto soggettivo. Nel corso dello sviluppo emozionale viene raggiunto uno stadio in cui si può dire che l’individuo è diventato una unità: questo è lo stadio dell’io sono, e viene prima dello stadio io faccio. Questi stadi vengono raggiunti molto precocemente, ma ricevono un rinforzo dall’io materno. Man mano che il bambino cresce, non c’è più bisogno del rinforzo materno. Caso clinico, adolescente Sarah Sarah aveva 16 anni, ed era stata in cura dall’analista già quando ne aveva due, per non aver accettato la gravidanza della madre. La ragazza appariva sana e di buona costituzione, non troppo sofisticata. Iniziarono da un gioco: il gioco dello scarabocchio. Fecero vari disegni e scarabocchi fino ad arrivare ad un disegno impacciato, non libero e ampio, che era lei stessa. Disse che in ogni momento cercava di fare attenzione a ciò che faceva e diceva, per fare impressione positiva, ma questo la stremava perchè non era lei stessa. Disse che era stupido, ma non poteva farci niente. L’analista chiese a Sarah se si immaginasse maschio o femmina nei suoi sogni, e lei rispose femmina ovviamente, ma aveva avuto dei pensieri di essere un ragazzo, perchè loro hanno fiducia in se stessi, e hanno più successo. Disse che il padre pensava solo al lavoro, e il fratello era simpatico e divertente, ma aveva una barriera che non crollava mai, mentre lei correva sempre per casa urlando di essere triste. A scuola usava gli amici, un ragazzo e una ragazza, depressi come lei. Poi si parlò dei sogni: due in particolare. Il primo era di lei rincorsa da un uomo nero, nel fango, e non riusciva a correre bene, e non era attraente. Un altro era che una strega entrava in camera sua dal suo armadio, con un’oca troppo grossa per l’armadio. Passano accanto a lei ma c’è tanta tensione. Fece i gradini per scappare, ma la strega fece sparire quello sopra e quello sotto, bloccandola. Disse che da piccola diceva tante bugie alla madre, e forse quei sogni potevano essere in relazione con questo. E poi disse una cosa importante: che era come se stesse per cadere nel vuoto e non ci fosse niente a trattenerla; improvvisamente Sarah diventò una persona malata, manifestando un disordine psichiatrico di tipo paranoide. Raccontò di un episodio a scuola in cui una professoressa adibita al pensionamento, che bada alla biancheria, che fa i biscotti, l’aveva fatta innervosire: raccontò di non sopportare quella donna, definendola egocentrica, vanitosa, fredda, dura e cattiva. Disse che non faceva il suo lavoro, stava nella sala riposo degli studenti (occupandola ingiustamente) a bere sherry e ad intrattenere i professori. Così Sarah ha preso un coltello e lo ha tirato contro la porta. La donna l’ha rimproverata e chiesto se fosse pazza, e Sarah urlava a sua volta , e urlò tantissimo, lamentandosi di tutte le cose che fa nella stanza. L’analista allora le fece notare che non odiava la donna, ma la reazione di fronte alla provocazione, come la madre particolarmente buona che da un giorno all’altro cambia e disillude: così adesso Sarah aveva la convinzione originaria che se qualcuno è buono con lei, allora dopo non lo sarà più, e allontana la gente per prevenire ciò. Lei ammise che era successo qualcosa di simile con un ragazzo che le voleva bene e sembrò capire il senso di tutto. Allora si misero d’accordo con la madre per tenere Sarah a casa per tutto il trimestre e darle il tempo di capire e ragionare ciò di cui si era parlato. In realtà Sarah non tornò più a scuola, ma continuò la terapia per altri 3 anni. Adesso ha 21 anni, va bene all’Università, libera da intrusioni paranoidi. Caso clinico: donna incapace di interessarsi agli altri Questa donna è incapace di immedesimarsi negli altri, non prova empatia, era isolata, poichè molti amici, capendo che qualcosa non andava, la abbandonarono. Questa condizione era una difesa organizzata e non una incapacità originaria. La paziente iniziava nelle ultime sedute a sentire che in lei mancava questa capacità di identificazione proiettiva, e affermò in sua difesa che non vi era alcuna utilità nell’addolorarsi di una persona morta, perchè è inutile essendo quella morta. Tutto ciò è molto logico, ma solo quello. Poi descrisse la morte dell’analista stesso, notando come ne avrebbe sofferto ma solo perchè egli gli era utile. Parlò di alcuni sogni, in cui in suo allievo lasciava lo studio per lavorare, e lei ne soffriva molto, I ragazzi a cui insegnava erano come suoi bambini, ma soprattutto rappresentavano se stessa, e aiutavano il suo elemento dissociato maschile. Disse anche che era stata gelosa della sua amica (sorella), del suo modo di vivere positivo e di comunicare in termini di identificazioni crociate. Raccontò poi di un esame in cui un suo alunno aveva fatto un disegno bellissimo, ma non era ciò che avrebbe voluto l’esaminatore, così lo cancellò, con grande sofferenza di lei, che dovette sforzarsi per immedesimarsi e capire il punto di vista del ragazzo. Così capì che quei ragazzi non stavano vivendo a suo beneficio; Poi citò una poesia da cui disse di sentirsi alla mercè di forze più potenti di lei, come la gravità, o le scelte dell’analista di fare le sedute. Capì la separazione tra il suo se di donna e il suo se maschile, ricordò i genitori che si baciavano e la bella sensazione del foulard della madre contro la sua faccia: da lì si rattristò per la morte della madre, e provò dei sentimenti. Con queste nuove capacità, subentrò anche una transfert crudele verso l’analista, che adesso doveva sopravvivere. Si può vedere qui il meccanismo: fusione con l’analista, tale da mettere il paziente in grado di vivere e di entrare in rapporto senza bisogno di meccanismi di identificazione proiettiva, poi il doloroso processo per mezzo del quale l’oggetto viene separato dal soggetto e così l’analista diventa separato e posto al di fuori del controllo onnipotente. Il sopravvivere dell’analista fa si che una nuova cosa accada, cioè l’uso dell’analista da parte del paziente, e l’inizio di un nuovo rapporto basato sulle identificazioni crociate. CAP.11 CONCETTI CONTEMPORANEI SULLO SVILUPPO DELL’ADOLESCENTE E LORO IMPLICAZIONI PER L’EDUCAZIONE SUPERIORE I termini sono: - sviluppo emozionale dell’individuo - ruolo della madre e dei genitori - famiglia come sviluppo naturale in termini dei bisogni dell’infanzia - ruolo delle scuole e degli altri raggruppamenti visti come estensione dell’idea della famiglia nel suo rapporto con i bisogni degli adolescenti - immaturità dell’adolescente - graduale raggiungimento della maturità nella vita dell’adolescente - raggiungimento da parte dell’individuo di una identificazione con i gruppi sociali e con la società senza perdita troppo grande di spontaneità personale - struttura della società, usando la parola come nome collettivo, essendo la società composta di unità individuali, sia mature che immature - astrazioni della politica, dell’economia, della filosofia, della cultura viste come culmine dei naturali processi di crescita - mondo come sovrapposizione di un miliardo di modelli individuali, l’uno sull’altro. La dinamica è un normale processo di crescita, ma è dato per scontato un ambiente abbastanza buono che la faciliti. Niente ha luogo nella crescita emozionale che non sia in rapporto con la situazione ambientale, la quale deve essere abbastanza buona. La parola perfetto non entra in questa proposizione: la perfezione appartiene alle macchine. Alla base di tutto questo vi è l’idea di indipendenza individuale, che non diventa mai assoluta vista la necessità dell’ambiente. La società include tutti i suoi membri individuali, che mantengono e fanno la struttura della società, e contiene sia membri psichiatricamente sani, sia malati. Per esempio, contiene gli immaturi, gli psicopatici, i nevrotici, i depressi, gli schizoidi, gli schizofrenici, i paranoidi. E ovviamente queste categorie non sono ben delineate, ma si sovrappongono. A volte la proporzione dei membri malati supera quella dei sani, e si parla di unità sociale come caso psichiatrico. La società è fondamentale per la realizzazione personale degli individui, e viceversa, gli individui sono fondamentali per la struttura e la caratterizzazione della società. E’ fondamentale nel bambino la continuità delle cure , cosicchè il nuovo essere umano può avere una continuità nella linea della propria vita. Gli psichiatri dell’infanzia però non sono interessati solo a questa continuità, ma anche alla felicità e all’ambiente in cui cresce il bambino: questo vuol dire che per un lattante può essere più sicura una casa in periferia povera piuttosto che una casa elegante e ricca. Una fonte di confusione è l’assunto che se madri e padri allevano bene i loro piccoli, questi non avranno problemi e avranno meno difficoltà dopo. Lungi da ciò! Con qualcuno dei figli si potrà essere fortunati se le cure lo porteranno facilmente ad essere creativo, ma questo non vuol dire che durante l’adolescenza darà meno problemi. In ogni caso i genitori saranno gelosi del successo dei loro figli, e poi non riceveranno mai un grazie. Al momento dello sviluppo adolescenziale ragazze e ragazzi goffamente e capricciosamente emergono dalla fanciullezza e dalla dipendenza, e brancolano verso la condizione di adulti. La crescita è una questione di un intrecciarsi altamente complesso con l'ambiente. Se la famiglia è ancora lì per essere usata, essa viene usata in grande misura, e se la famiglia non è più lì per essere usata o per essere messa da parte, allora piccole unità sociali devono essere provvedute.
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