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GIOVANNI BOCCACCIO: biografia, contesto storico, analisi complessiva del Decameron, Appunti di Letteratura Italiana

Appunti su Giovanni Boccaccio (Decameron)

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 16/07/2023

GiuliaDelPrete
GiuliaDelPrete 🇮🇹

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Scarica GIOVANNI BOCCACCIO: biografia, contesto storico, analisi complessiva del Decameron e più Appunti in PDF di Letteratura Italiana solo su Docsity! Boccaccio (1313-1375) LA VITA NOVA Boccaccio cominciò a scrivere il Decameron subito dopo la peste che colpì Firenze nel 1348; probabilmente l’inizio del lavoro di stesura risale ai primi mesi del 1349. Per quanto riguarda la fine dell’opera, la critica oscilla fra il 1351 e il 1353. Quasi certamente gruppi di novelle erano già stati composti prima del 1349 e diversi racconti dovevano circolare prima della conclusione dell’opera. Infatti nell’introduzione alla quarta giornata l’autore si difende dalle accuse di alcuni lettori, che ne conoscevano già un certo numero, benchè il Decameron non fosse stato ancora terminato. La narrativa Boccaccio è il codificatore del genere della novella, non il suo inventore. Nella maggior parte dei casi Boccaccio non racconta storie originali, ma riprende trame di varia tradizione, che nelle sue mani si arricchiscono diventando alta letteratura. In tal modo egli conferisce dignità letteraria a quello che prima di lui era un sottoprodotto letterario, facendo della novella lo “strumento per una nuova interpretazione unitaria e totale dell’uomo e del mondo” (→ Boccaccio si serve della novella per indagare l’uomo; nelle novelle c’è un catalogo delle situazioni che possiamo ritrovare nella vita degli esseri umani). Questa attitudine si ritrova in diverse sue opere, come i poemi Filostrato e Teseida, che probabilmente riprendono la forma metrica dell’ottava dai cantari, dando dignità a un genere popolare. La tradizione medievale della narrativa breve è solitamente anonima. Di solito questi racconti brevi sono un prodotto che non era di nessuno, res nullius, un patrimonio comune a cui attingevano i vari autori. Spesso la narrativa breve non ha una destinazione immobile, ma serve a qualcos’altro, a rendere più efficaci insegnamenti religiosi e morali, serve a sostenere un genere come quello della predicazione (la predicazione comporta l’uso di racconti che hanno funzione esemplare) ed è segno di solito che una produzione non ha ancora raggiunto una piena autonomia letteraria (che con Boccaccio invece guadagna con la novella) La novella è una forma di narrazione breve che si distingue dall’exemplum in quanto non ha finalità edificante. Nel Decameron manca un punto di vista univoco; la struttura stessa dell’opera è concepita come uno spazio aperto al dialogo e al confronto. Paolo Cherchi: Boccaccio attua «una serie di strategie inventive e retoriche che contribuiscono [...] a purificare le novelle da ogni utile e a riuscire solamente dilettose in un modo che è poi anche utile». Il mondo medievale pullulava di storie: • narrazioni biografiche: santi (agiografia), uomini illustri, trovatori (vidas) • aneddoti • narrazioni di registro comico, tra cui i fabliaux • «storie di maggior sostenutezza espressiva, talvolta a contenuto tragico, come i lais» (Giancarlo Alfano) • gli exempla, a contenuto edificante • favole con personaggi animali Nell’Italia del Duecento si assiste a uno sviluppo della narrativa breve, che può essere connesso all’urbanizzazione e alla nascita di un conflitto culturale tra religiosi e laici. Lo sviluppo dei Comuni produce la nascita di un ceto di funzionari e politici che fanno della comunicazione un’arma decisiva. La struttura: i livelli (o cerchi concentrici) Boccaccio concepisce una raccolta di racconti e aveva davanti a sé diversi esempi, specie di origine orientale: • Tipologia basata sul dialogo e sull’insegnamento: un maestro insegna a un discepolo e fornisce via via dei racconti che hanno una morale, servono a trasmettere dei valori (Kalila e Dimna, Disciplina clericalis di Pietro Alfonso; Barlaam e Josaphat) IL DECAMERON • Tipologia basata su uno schema narrativo per cui i racconti sono narrati da qualcuno che cerca di differire un pericolo; differimento del pericolo: il racconto serve per allontanare la morte, e il Decameron nasce per questo scopo, per allontanare in particolare la peste (Mille e una notte, Libro dei sette savi) Il libro è la raccolta di cento novelle distribuite in dieci giornate (cento come i canti della Commedia). Come il Canzoniere di Petrarca (con cui Boccaccio instaura un rapporto di mutuo scambio) è una raccolta organizzata di testi di per sé autonomi in cui la dimensione strutturale è parte integrante del significato: è un’opera organica, nella quale i singoli racconti acquisiscono significati ulteriori grazie alle relazioni che instaurano tra loro e con la struttura in cui sono integrati. microtesti macrotesto Si individuano tre livelli della narrazione, che lo stesso autore ha messo in risalto sottolineando i passaggi dall’uno all’altro con alcuni espedienti grafici nel manoscritto autografo Hamilton 90 della Staatsbibliothek di Berlino, preziosissimo codice autografo, allestito dallo scrittore in età ormai avanzata. Boccaccio cura quindi l’impaginazione e la veste grafica in modo tale che siano chiari i diversi livelli dell’opera. Come Petrarca, abbiamo l’opera originale dell’autore: mentre Petrarca privilegia l’eleganza della pagina, Boccaccio cura molto l’impaginazione; importanti sono le maiuscole, che servivano a segnalare i diversi livelli e dare una guida di lettura al lettore 1) primo livello: l’autore prende la parola in prima persona per parlare della propria opera, la giustifica e la presenta ai lettori, si ripara da critiche: proemio, introduzione alla IV giornata, conclusione. Si può parlare di super cornice 2) secondo livello: cornice o ‘novella portante’: racconto che riguarda i dieci narratori delle novelle 3) terzo livello: le cento novelle: dieci per dieci giornate, distribuite secondo una suddivisione tematica precisa, che però lascia spazio anche alla libertà (nella I e nella IX giornata e nel caso di Dioneo). Quindi l’opera è composta da una super cornice, in cui è l’autore a parlare in prima persona; essa inquadra la cornice vera e propria, in cui protagonisti e narratori sono i dieci novellatori. A sua volta poi la cornice serve da contenitore delle cento novelle, in cui i protagonisti sono i personaggi delle trame narrate. La cornice serve a collegare tra loro i racconti, e rappresenta l’atmosfera in cui le novelle vengono raccontate, quella della peste e della disgregazione dei costumi che essa produce e quella che vi si oppone ispirata a criteri di ordine e di gentilezza della brigata giovanile che cerca conforto e rifugio nel contado. Nell’introduzione della prima giornata, Boccaccio narra che nel 1348, quando infuriava la peste, sette giovani donne e tre giovani uomini si ritrovano nella chiesa di Santa Maria Novella e decidono di allontanarsi da Firenze e di ritirarsi in campagna; i dieci giovani si recano in un luogo ameno a due miglia dalla città, in un bel palazzo con un magnifico giardino. Qui rimangono per due settimane e, a parte il venerdì e il sabato, dedicati rispettivamente a pratiche devozionali e igieniche, trascorrono le ore più calde della giornata raccontando una novella a testa: decidono di eleggere ogni giorno un re o una regina in modo che tutti, a turno, possano ricoprire questo ruolo; sta al re o alla regina decidere l’organizzazione della giornata e l’argomento delle novelle, che quindi cambierà ogni giorno. I dieci giovani hanno nome di finzione (Pampinea, Filomena, Fiammetta, Lauretta, Elissa, Neifile, Emilia, Panfilo, Filostrato), che ne coprirebbero la reale identità, spesso legati a opere letterarie, soprattutto dello stesso Boccaccio, ma possono contenere anche allusioni letterarie (per esempio Lauretta rievoca l’amata di Petrarca, Elissa è il nome fenicio di Didone, Fiammetta e Filostrato) Decidono di darsi delle regole, e di giorno in giorno, a turno, i giovani assumono il ruolo di re o regina, che racconteranno il tema della giornata. Stabilire un re e una regina significa che viene ripristinato un principio di autorità, che non è assoluta, ma viene esercitata da tutti i giovani a turno→ esiste una guida che detta le norme, ma tutti svolgono questo ruolo (il principio di autorità si concilia con quello di eguaglianza, di “democrazia”) Ordine e armonia nella brigata: •Spazio della campagna: natura e opera dell’uomo convivono (gli individui si richiamano al diritto naturale, che precede addirittura la creazione di norme o leggi all’interno della civiltà umana, e vivono in una natura che è spazio che l’uomo adatta alle proprie esigenze). • Allontanamento delle notizie negative • Vita regolata da precise pratiche quotidiane • Disposizione in cerchio dei giovani. Quindi natura ma anche uomo che interviene: trasgressione ma anche regola della ragione che modera e impedisce degli eccessi. Lo spazio occupato dai giovani è quello di un giardino, natura chiusa rispetto all’esterno, in mezzo c’è una fontana (attenuazione degli istinti legati al calore, e la fontana è un esempio di intervento umano per regolare la natura) Il giardino: «Si tratta di uno spazio ricco di risonanze letterarie e mitologiche, a partire dal giardino dell’Eden sino ai ben più concreti giardini dei semplici (dove cioè si coltivavano le piante medicinali) dei conventi. Esso è infatti al tempo stesso il luogo dell’esclusività – perché è recintato, separato dal mondo esterno – e uno spazio lavorativo» (G. Alfano) «Ragionare nel giardino significa dunque trovarsi a metà tra più mondi: si è lontani dai pericoli che si nascondono nella selva, dai conflitti della città e dalla fatica del campo; ma si è pure impegnati a realizzare una forma di convivenza sociale rispettando le regole che ci si è imposti» Le ore più calde della giornata sono dedicate al racconto di novelle, in cui più forte è la componente sensuale, erotica. L’attività che svolgono è un’occupazione preferita al gioco, che invece importa uno squilibrio tra vincitori e vinti. La parola diviene tramite per la ricostituzione della società perduta. Alfano dice che più che esser un sostantivo, la novella è un verbo: parola come andamento della civiltà umana. Le novelle sono un grande catalogo dei casi umani, in cui ogni caso è a sé stante, in base a una situazione, non a una morale astratta, non che non esista (si pensi che era considerata immorale, poteva esser letta solo da chi aveva gli strumenti culturali adeguati). Boccaccio in realtà non è immorale, ma ha una visione flessibile ed elastica della morale stessa. Molte novelle sfuggano a un’interpretazione univoca, alcune sono fuori dal modello dell’exemplum. L’assenza di una morale organica ed esplicita nel Decameron non significa mancanza di un atteggiamento etico. Ma la nuova etica si definisce nel rifiuto del carattere di rigida precettistica che era propria e nella proposta di un comportamento aperto e problematico La volontà di creare una brigata onesta, che non trapassi il segno della ragione, si evince dalla scelta di creare una compagnia di 7 donne e 3 uomini. Il 7 è il numero religioso che pervade la mentalità medievale, 3 è il numero della trinità. C’è una ricerca sia di perfezione, di compiutezza del numero, in una visione simbolica, sia una volontà di evitare simmetrie troppo forti: c’è sempre un margine lasciato in libertà, la struttura è molto rigorosa ma al tempo stesso flessibile (rigore e flessibilità convivono) Struttura: le giornate I giovani trascorrono due settimane in contado. Ogni settimana due giorni trascorrono senza il racconto delle novelle: il venerdì per le pratiche devozionali e il sabato per le pratiche igieniche. Ogni giornata è introdotta da una rubrica, in cui se ne sintetizza il tema e ne riassume il contenuto. Quindi abbiamo dieci rubriche di giornate e cento rubriche di novelle Prima giornata, Mercoledì Nona giornata, Lunedì Regina Pampinea, Regina Emilia • a tema libero Novella di Ciappelletto Seconda giornata, Giovedì Regina Filomena • esito positivo di situazioni difficili (peripezie) grazie all’intervento della fortuna: il potere della fortuna con avventure a lieto fine Novella di Andreuccio da Perugia Terza giornata, Domenica Regina Neifile • acquisizione o ritrovamento di un oggetto desiderato grazie alla propria «industria», cioè all’ingegno: il potere dell’ingegno e dell’industria Novella dello stalliere del re Agilulfo Quarta giornata, Lunedì Re Filostrato • amori con finale tragico Novella di Tancredi e Ghismunda Novella di Elisabetta da Messina Quinta giornata, Martedì Regina Fiammetta • amori con finale felice Novella dell’usignolo Novella di Nastagio degli Onesti Novella di Federigo degli Alberighi Sesta giornata, Mercoledì Regina Elissa • novelle di «motto», che si risolvono in una battuta pronta da parte di un personaggio: l’efficacia dei motti di spirito o delle argute risposte Novella di Chichiribio e la gru Novella di Madonna Filippa Novella di frate Cipolla Settima giornata, Giovedì Re Dioneo • beffe compiute dalle donne a danno dei loro mariti: beffe ai mariti Novella di Arriguccio geloso Ottava giornata, Domenica Regina Lauretta • beffe in generale Novella di Calandrino e l’elitropia Decima giornata, Martedì Re Panfilo • esempi di magnificenza, di più alta virtù Novella di Griselda Dioneo (da Dione, madre di Venere) è il personaggio che ottiene di essere libero nella scelta della novella che racconta (ottiene di poter sempre raccontare per ultimo una novella a suo piacimento). Alla fine di ogni giornata un personaggio a turno intona una ballata, testi fatti per il canto e per la danza Vittore Branca parla di una struttura ascensionale, dal personaggio di ser Cepparello a Griselda. In realtà tra questi due estremi si trova la rappresentazione dell’estrema varietà dei comportamenti umani e delle situazioni possibili. Un’altra proposta (Pamela Stewart) individua il centro dell’opera nella novella di madonna Oretta (VI 1), che parla proprio dell’arte del narrare. La naturalità dell’amore Forze che agiscono nel Decameron: • fortuna: ciò che si sottrae al controllo dell’essere umano, ha il trionfo nella seconda giornata, ed è vista da Boccaccio come tutto ciò che si sottrae al controllo dell’uomo, e non ha per forza un significato positivo o negativo. Le vicende umane “stanno nelle mani” della fortuna, spiega Pampinea. La fortuna muta le cose umane, volgendole come lei crede, “secondo il suo occulto giudicio” e “senza alcuno conosciuto ordine da noi”. Non manca tra i critici, chi interpreta la fortuna boccacciana come quella dantesca, e quindi in senso religioso e provvidenziale (in realtà Boccaccio non ha una visione provvidenzialistica). La fortuna ha un peso decisivo nelle vicende umane, determinando anzitutto la condizione sociale e sottoponendo l’individuo al rischio continuo dell’imprevisto, sino al ribaltamento delle situazioni. D’altra parte questi rovesciamenti prodotti dalla fortuna possono essere negativi ma anche positivi, e si tratta di riuscire a scampare dai primi e ad approfittare dei secondi • ingegno: capacità di volgere le situazioni a proprio vantaggio. È industria, ingegno, anche la capacità di esercizio della parola. Si tratta di arguzia, motto di spirito, capacità di salvarsi con un espediente e di sottolineare la stupidità altrui. L’ingegno è uno strumento positivo a disposizione dell’uomo, per certi versi forza naturale e per altri espressione dell’intelligenza e della cultura individuale • amore: forza che agisce lungo tutto il Decameron e di cui si esplora l’intera gamma delle declinazioni. È un impulso naturale dell’essere umano. Forza ancora più pervasiva, visto in tutte le sue possibili dimensioni secondo registri diversi Potremmo aggiungere a questo elenco anche il denaro Il ruolo della fortuna Proemio 14: «Nelle quali novelle piacevoli e aspri casi d’amore e altri fortunati avvenimenti si vedranno così ne’ moderni tempi come negli antichi». «Amore e fortuna si presentano allora come il banco di prova su cui si misurano gli esseri umani. Essi costituiscono il campo di forze nel quale le donne e gli uomini agiscono e interagiscono mostrando il loro carattere, la loro indole, le capacità, le attitudini, i vizi e le virtù. A questi due macrotemi si può pertanto affiancare il concetto di ingegno […]: non soltanto l’intelligenza o l’astuzia, ma l’ingegnosità di chi sa reagire con prontezza e agilità agli improvvisi “casi” che gli si parano innanzi, o la saggezza di chi programma un piano razionale per ottenere quanto desiderato» (G. Alfano). L’attenzione di Boccaccio verso le donne è così forte, che nell’introduzione alla IV giornata Boccaccio prende la parola per rispondere ad alcune critiche che avrebbe ricevuto, che hanno a che fare con il ruolo privilegiato dato alle donne e con la preferenza per una forma letteraria considerata di livello basso (alcuni lo avevano criticato del fatto che le sue novelle, che evidentemente avevano iniziato a circolare prima della pubblicazione definitiva, fossero banali, che le tematiche affrontate fossero di poca rilevanza). Boccaccio risponde con una novella, che definisce «non intera» (forse perché priva della ‘cornice’), la cosiddetta novella delle papere, che può essere considerata la centunesima della raccolta: essa dimostra esemplarmente come l’amore sia un’inclinazione naturale che è vano e anzi dannoso tentare di reprimere. Protagonista è un uomo fiorentino, Filippo Balducci, che perde l’amata moglie, e ne soffre, non riesce a reagire di fronte a questa perdita, che induce in lui un disprezzo per tutte le cose del mondo, caduche e vane; si ritira quindi dal mondo, decide di vivere da eremita, recandosi in un monte sopra Firenze, il monte Asinaio, e dedicandosi a una vita di preghiere e elemosine, tenendo il figlio con sé per 18 anni in questa condizione di allontanamento della vita. Il bambino non sa nulla del mondo, se non quello che dice la religione. Quando il padre si reca a Firenze per commissioni abituali, il figlio convince quest’ultimo a portarlo con sé. Il padre acconsente, pensando che il figlio non possa più essere attratto dalle cose del mondo essendosene allontanato così tanto. Ma il ragazzo si meraviglia di ogni cosa che vede. Ad un certo punto si imbattono in un gruppo di donne vestite da nozze, e il figlio chiede che creature esse siano. Il padre cerca di evitare che il figlio cada nell’attrazione esercitata dalle donne dicendo che esse sono papere, in modo quindi che non possa prenderle per quello che sono. Questo tuttavia non ferma il figlio, che chiede al padre di avere una di quelle papere, nonostante Filippo continui a ripetere che sono cosa cattiva. «Io non so che voi vi dite, né perché queste sien mala cosa: quanto è a me, non m’è ancora paruta vedere alcuna così bella né così piacevole, come queste sono. Elle son più belle che gli agnoli dipinti che voi m’avete più volte mostrati. Deh! Se vi cal di me, fate che noi ce ne meniamo una colà su di queste papere, e io le darò beccare». È a questo punto che il padre si rende conto che “più aver di forza la natura che il suo ingegno” e si interrompe la novella La difesa di Boccaccio si basa su una tesi filosofica ben precisa: la forza della natura era più forte di quella della ragione e delle leggi imposte dalla religione/società. La legge naturale del desiderio è inarrestabile: l’eros è un istinto naturale che non può essere in alcun modo represso, l’amore rappresenta un impulso fortemente naturale, e crea più danni cercare di reprimerlo piuttosto che assecondarlo. La novella raccontata da Boccaccio ha numerosi antecedenti possibili: lo schema narrativo si ritrova tra l’altro negli Exempla di Giacomo da Vitry (XII-XIII sec.), nella Legenda aurea di Iacopo da Varazze (XIII sec.), nelle prediche di Odo di Sheriton (XII- XIII sec.), anche nel Novellino (che non è detto costituisca la fonte di Boccaccio). Il Novellino è il codice più antico (contenente 123 testi) e reca il titolo Libro di novelle e di bel parlar gientile. Si tratta della raccolta di racconti (anonimi) più importante in Toscana prima del Decameron. Il titolo di Novellino le viene attribuito da Giovanni della Casa in una lettera del 1525 a Carlo Gualteruzzi, curatore della editio princeps. I racconti, pur essendo in genere molto scarni, anticipano sotto diversi aspetti il Decameron. Si tratta probabilmente del «primo successo della narrativa laica breve destinata alla scrittura, del tutto differente dalla destinazione orale degli exempla»
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