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Giovanni Boccaccio, Decameron, VI giornata, IV novella e approfondimento storico sul 300, Dispense di Italiano

Breve biografia su Boccaccio, introduzione Decameron, analisi IV novella, VI giornata, collegamento storico al 300

Tipologia: Dispense

2020/2021

Caricato il 29/03/2021

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beatrice-afloarei 🇮🇹

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Scarica Giovanni Boccaccio, Decameron, VI giornata, IV novella e approfondimento storico sul 300 e più Dispense in PDF di Italiano solo su Docsity! TRACCIA 2 - Giovanni Boccaccio, Decameron, VI giornata, IV novella. Giovanni Boccaccio è stato uno scrittore e poeta italiano, nasce nel 1313 probabilmente nel mese di giugno. Neanche la sua località di nascita è certa: facendo riferimento ad alcune fonti nasce a Firenze. Boccaccino da Chelino, il padre, è un ricco mercante appartenente alla cerchia dei Bardi di Firenze, la madre invece è una donna di bassa estrazione sociale. Giovanni nasce come figlio illegittimo. Sin dalla tenera età mostra interesse per gli studi letterari a cui si dedica da autodidatta. Acquisisce una perfetta padronanza della lingua, concentrandosi soprattutto sulla letteratura latina. Inizia anche ad ammirare il poeta, scrittore e politico Dante Alighieri, al cui studio viene iniziato da Giovanni Mazzuoli da Strada. Il padre non è però contento delle sue inclinazioni letterarie, trasferendosi a Napoli, tenta di indirizzarlo verso altri due mestieri ma con scarso successo. Nel 1340 decidono di tornare a Firenze ma, otto anni dopo, il padre muore di peste. Finalmente Giovanni è libero per la prima volta di dedicarsi ai suoi studi. Il cambiamento da Napoli a Firenze si dimostra dicile, egli non riesce a ritrovare l'ambiente sereno e mite di Napoli in una Firenze che definisce cupa e noiosa come scrive nella "Elegia di Madonna Fiammetta". È così che diviene principale Fiammetta, figura presente nei suoi scritti per lungo tempo, incarnazione poetica di una favolistica figlia del re Roberto d'Angiò. La peste nera del 1348 è di grande ispirazione per "Il Decameron" (1348-1351). Il Decameron è un esempio eccezionale di realismo medievale. Il realismo boccacciano si nota nell’elaborazione dello spazio e del tempo, ben individuabili nelle novelle: le vicende vengono collocate sullo sfondo di una precisa geografia in un tempo storico ben definito. All’accuratezza delle coordinate spazio-temporali si aggiungono le situazioni psicologiche presentate che risultano molto verosimili verso tutte le classi sociali. Un segno di grande realismo è l’attenzione che da Boccaccio alle diverse stratificazioni della popolazione dando vita a una vasta e articolata commedia sociale. Il realismo boccacciano si rivela soprattutto nel comico, infatti realismo e comicità coincidono spesso. Il comico privilegia gli elementi rigorosamente collegati alle manifestazioni concrete della vita: il basso, il corporeo, il materiale. Attraverso le novelle si irridono le consuete ipocrisie e si pone al centro dell’attenzione ciò che di solito è oggetto di censura. Il testo ha come protagonisti dieci giovani appartenenti all’agiata e ben educata borghesia fiorentina che si incontrarono per caso nella chiesa di Santa Maria Novella. Per dimenticare all’orrore della peste,si recano in campagna per qualche giorno trascorrendo il tempo raccontando novelle. Le novelle narrate sono cento suddivise in dieci giornate. Ogni giornata ha un argomento fissato intorno al quale ruotano le storie. I temi principali del Decameron sono: la Fortuna, la Natura, l’Amore e l’Ingegno. Fortuna e Natura sono “le due ministre del mondo” e determinano anzitutto la condizione sociale e sottopone l’individuo al rischio continuo dell’imprevisto, fino al ribaltamento delle situazioni. L’Amore, invece, ha una forza tale da non poter essere in alcun modo repressa, pena l’infelicità o addirittura la follia. L’eros domina ogni forza amorosa e travolge i destini degli uomini: la maggior parte delle azioni sono scaturite da esso. I capricci della Fortuna e gli istinti della Natura possono essere ostacoli per dell’Ingegno, ovvero dell’intelligenza e dall’«industria» umane, doti universali e non di un ceto sociale in particolare. Se l’Amore esprime la forza dell’uomo, l’intelligenza ne è la manifestazione più alta; essa conferisce razionalità sia ai colpi di fortuna sia alla spinta degli istinti. Pertanto in tutto il Decameron agiscono queste forze, come nella novella “Chichibio e la gru” nella quale prevalgono Ingegno e, soprattutto, la Fortuna. La novella in questione viene narrata da Neifile durante la sesta giornata che è dedicata ai motti di spirito e alle risposte argute. I protagonisti non vengono presentati con una descrizione dettagliata ma possiamo dedurre le loro caratteristiche psicologiche tramite le loro azioni. I personaggi in questione sono il padrone Currado e il cuoco Chichibio. Currado è un nobile e cavaliere di una famiglia di banchieri fiorentini che ha svolto molte importanti gesta mente Chichibio è un cuoco simpatico e chiacchierone come si può dedurre dall’espressione “nuovo bergolo era così pareva”. Nella narrazione della vicenda si possono individuare diverse scene. Nella prima scena Currado trova e uccide una gru per poi ordinare a Chichibio di cucinarla. Nella seconda compare un altro personaggio, Brunetta, la donna di cui il cuoco è follemente innamorato, che alla vista della deliziosa gru, ne chiede una coscia. Dopo aver servito in tavola la gru, nella terza scena, il padrone fece chiamare Chichibio e,alla richiesta di spiegazioni riguardanti la mancanza di una coscia, il cuoco si giustifica aermando che le gru hanno una sola gamba. Nell’ultima scena, ambientata nel mattino seguente, Currado e Chichibio si trovano al lago poiché il nobile vuole smascherare la menzogna del cuoco. I due intravedono un gruppo di gru nella posizione in cui sono solite dormire, su una zampa sola. Currado quindi, corre verso gli uccelli gridando “oh, oh”, che tirando fuori anche la seconda zampa, volano via. Currado allora chiede a Chichibio: “Che ti par, ghiottone? Parti ch’elle n’abbian due?”. Con notevole prontezza Chichibio risponde dicendo: “Messer sì, ma voi non gridaste - ho ho - a quella di iersera; ché se così gridato aveste, ella avrebbe così l'altra coscia e l'altro piè fuor mandata, come hanno fatto queste.” L'arguta risposta del cuoco fa ridere Currado che perdona Chichibio per la detrazione della coscia di gru. Nel finale viene messo in luce il “motto di spirito” di Chichibio, pratica che mette in luce la prontezza e l’arguzia nel portare a proprio beneficio delle situazioni dicili. In questo modo, una battuta ecace e pronta può eguagliare due figure appartenenti a classi sociali dierenti. Nella novella gli eetti della Fortuna vengono colti al volo del servo, dotato della virtù dell’intelligenza.
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