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Le riforme sociali e lo sviluppo economico durante l'età giolittiana, Appunti di Storia

L'età giolittiana in Italia, caratterizzata da un notevole sviluppo economico e industriale nel Nord, mentre nel Sud persisteva il sistema del latifondo. Si parla delle classi sociali, dei partiti politici e delle riforme sociali attuate dal governo Giolitti. Inoltre, si analizza il fenomeno dell'emigrazione italiana verso l'estero. appunti sulle riforme sociali attuate dal governo Giolitti, tra cui leggi a favore dei lavoratori anziani, infortunati o invalidi, nuove norme per tutelare il lavoro di donne e bambini, il diritto a un giorno di riposo settimanale e l'obbligo scolastico alzato a 12 anni.

Tipologia: Appunti

2022/2023

In vendita dal 27/12/2023

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Scarica Le riforme sociali e lo sviluppo economico durante l'età giolittiana e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! Le riforme sociali e lo sviluppo economico introduzione: Nei primi 15 anni del nuovo secolo (1900) troviamo una figura predominante nella scena politica italiana: Giovanni Giolitti. Sotto i governi Giolitti,le regioni del Nord Italia conoscono un notevole sviluppo economico e industriale e alcune di esse, come Piemonte,Lombardia e Liguria, diventano dei centri industriali avanzati. (si pensi il triangolo Milano Torino Genova) Nel Centro Italia prima dell’Unità di Italia troviamo lo Stato pontificio (le Marche, l’Umbria, parte dell’Emilia Romagna ec ecc). Nel Sud c’è ancora un sistema basato sul latifondo ( i latifondisti sono i grandi proprietari terreni,che fanno lavorare dei contadini sulle loro terre senza retribuirli,dando loro un po’ dei raccolti per sopravvivere: di conseguenza non possono migliorare la propria condizione di vita). Le classi sociali principali in questo contesto sono gli industriali (alta borghesia) e il proletariato industriale. Essi si differenziano dal proletariato agricolo perché l’agricoltore potrebbe anche possedere le terre che lavora. A livello politico troviamo i liberali (di centro destra, conservatori),che rappresentano gli industriali e l’alta borghesia, i socialisti che si dividono in riformisti e gli estremisti (c’è un eccesso di democrazia, per cui l’opinione di tutti conta)e infine i cattolici, fortemente influenzati dalla religione e dal papa stesso, tanto che con il Non Expedit non potevano andare a votare. Ciò faceva si che le scelte politiche degli altri ricadessero anche su di loro Nonostante ciò, Giolitti e i suoi governi non furono capaci di risolvere il divario tra Nord e Sud. Nel Mezzogiorno le disuguaglianze sociali continuano ad esserci e vi sono delle forme di oppressione sulle classi lavoratrici. Perciò, milioni di italiani troveranno una soluzione emigrando all’estero. Molti lavoratori non si sentono rappresentati e danno inizio una forte opposizione. L’indirizzo giolittiano viene contestato anche dai nazionalisti,che lo giudicano troppo moderato. appunti: I problemi che Giolitti dovette affrontare erano vari: -le classi operaie si iniziano ad unire (ciò iniziò nel 1848 con i moti) per scioperare e combattere contro lo sfruttamento del lavoro e le condizioni in cui lavoravano (la settimana rossa); -lo sfruttamento minorile e femminile -l’analfabetismo Quando iniziano gli scioperi,Giolitti (liberale) attuò una serie di riforme per venire incontro alle masse operaie. Gli industriali reagiscono male perchè non si interessano delle condizioni degli operai,del fatto che non avevano un giorno libero a settimana perchè così la produzione diminuiva ec.ecc. Giolitti che è in difficoltà chiede aiuto a Pio IX,che si vuole tener fuori dalle questioni politiche, di fatto lo compra con il Patto Gentiloni. Il nuovo indirizzo politico di Vittorio Emanuele III Dopo la morte di Umberto I, divenne re il figlio Vittorio Emanuele II. Egli decise di abbandonare la politica reazionaria del padre e nel 1901 affidò l'incarico di formare il governo a un esponente della Sinistra liberale, il giurista Giuseppe Zanardelli ,che nel 1889 in qualità di ministro di Grazia e Giustizia, aveva portato all'approvazione del primo Codice penale dell'Italia unita. Il Codice Zanardelli (che rimarrà in vigore fino al 1930) aveva abolito la pena di morte, riconosciuto il diritto di sciopero e introdotto il principio della finalità rieducativa della pena. Giolitti capo del governo Nel novembre 1903, in seguito al ritiro di Zanardelli, fu chiamato a capo del governo il ministro degli Interni Giovanni Giolitti. Il periodo in cui mantenne la sua carica è passato alla storia con il nome di "età giolittiana". Di orientamento liberale e appartenente alla cosiddetta "Sinistra costituzionale", il nuovo presidente del Consiglio fu abile nel trovare un equilibrio tra le forze sociali, promuovendo da un lato delle riforme sociali e dall'altro una politica a favore della nascente industria italiana. Giolitti scelse infatti di cambiare l'atteggiamento dello Stato di fronte ai conflitti sociali e agli scioperi: secondo lui lo Stato non doveva affrontare il problema con la repressione violenta ma rimanere neutrale, limitarsi a mantenere l'ordine pubblico e lasciare che i contrasti si risolvessero per mezzo di trattative dirette tra i rappresentanti dei lavoratori e quelli dei datori di lavoro. Egli credeva che il miglioramento delle condizioni economiche e sociali delle classi popolari portasse ad un paese prospero e tranquillo. L’attività legislativa in campo sociale Per rendere moderne le istituzioni dello stato Giolitti si preoccupò anche di prevenire le agitazioni attraverso delle riforme. Egli era infatti convinto che il miglioramento delle condizioni di vita dei lavoratori coincidesse con il progresso di tutto il paese. Tra le riforme ricordiamo: -leggi in favore dei lavoratori anziani, infortunati o invalidi, -nuove norme per tutelare il lavoro di donne e bambini (per esempio, fu limitato il lavoro femminile notturno e l'età lavorativa fu elevata a 12 anni) -il diritto a un giorno di riposo settimanale. -l’obbligo scolastico venne alzato a 12 anni Giolitti favorì stipendi più alti che accrescevano la possibilità di acquisto delle classi lavoratrici, contribuirono ad aumentare la richiesta di beni di consumo sui mercati, ampliando la produzione. Nel 1912 estese a tutti i lavoratori l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, introdotta nel 1898, e istituì l'Istituto Nazionale per le Assicurazioni (INA) per gestire in forma di monopolio le assicurazioni sulla vita. Se l’America del Sud era la meta preferita di chi partiva dal Nord Italia ( in particolare i veneti), l’America del Nord era la meta privilegiata di chi emigrava dal Sud, in particolare i campani, i siciliani e i calabresi. appunti: Perchè le persone migrano?Perchè le loro condizioni di vita sono così disperate da lasciare la famiglia e tutto ciò che hanno per migrare. (migrano il capo famiglia o i maschi della famiglia) La migrazione dell’età giolittiana Lo sviluppo che l'Italia conobbe durante l'età giolittiana, con l'avvio dell'industrializzazione e con una crescita generale dell'economia, non arrestò il flusso migratorio. Furono proprio quelli gli anni per cui si parla di "grande migrazione": dal 1900 al 1915 partì per l'estero una media di oltre 600.000 persone all'anno, per un totale di circa 9 milioni, e fu solo lo scoppio della Prima guerra mondiale a fermare l'esodo. Anche se riguardava alcune regioni settentrionali, come il Veneto e il Piemonte, il fenomeno migratorio si fece particolarmente intenso al Sud: nel 1913, a fronte di 872.590 emigranti, il 70% proveniva dalle regioni meridionali. le conseguenze sociali ed economiche Tra il 1876 e il 1915, la grande maggioranza degli emigrati era composta da uomini, di età compresa tra i 18 e i 45 anni, nel pieno della capacità lavorativa. La percentuale di delle donne oscilla tra il 17-18% fino al 25% del totale. Le conseguenze sociali furono importanti: da un lato, la partenza di tanti uomini provocò la disgregazione di molte famiglie,dato che non si pensava di ritornare in patria periodo,dall'altro rese più difficile formare i nuclei familiari nelle comunità di partenza, dove il numero delle donne. Le emigrazioni ridussero la disponibilità di manodopera e chi rimaneva ebbe minori difficoltà a trovare un lavoro: si ebbero una riduzione dei tassi di disoccupazione e un generalizzato miglioramento salariale. Inoltre le rimesse furono importanti per le casse dello Stato poiché con la valuta straniera, inviata dagli emigrati ai propri familiari, fu possibile acquistare all'estero le materie prime necessarie alla nascente industria italiana, senza gravare sulla bilancia commerciale nazionale. le leggi sull’emigrazione A lungo i governi italiani non produssero alcuna normativa sull'emigrazione, che era del tutto libera: per partire bastava essere in regola con il servizio militare e avere un passaporto valido. A organizzare il viaggio erano le "agenzie": gestite per lo più da italiani già emigrati, queste svolgevano un ruolo di intermediazione tra le compagnie di navigazione e le autorità dei paesi stranieri in cerca di forza-lavoro, ma finirono con il creare una sorta di tratta transoceanici in condizione di semischiavitù. Tra chi sceglieva di emigrare, pochissimi possedevano risparmi sufficienti o beni (case, animali,terreni) da vendere o da impegnare per acquistare il biglietto(140-180 lire). Così ci si affidava all'emigrazione prepagata. Dal Nord e dal Sud America arrivavano degli agenti, inviati dai proprietari terrieri per reclutare manodopera attirandola con la promessa di ricchi guadagni, di un lavoro sicuro, persino della proprietà della terra, in cambio di un contratto da firmare prima della partenza e biglietti di traversata oceanica già pagati. In questo modo li ingannavano: in Brasile, come negli Stati Uniti, la legge prevedeva il carcere per i crediti vantati dai datori di lavoro e perciò l'emigrante, una volta giunto a destinazione, per ripagare il debito contratto al momento del ritiro del biglietto, e in continuo aumento dallo sbarco in poi, si ritrovava di fatto schiavo, legato alla terra che doveva coltivare. Di fronte a una situazione sempre più intricata, lo Stato si decise a intervenire, prima con la legge Crispi del 1888; quindi, in modo più concreto, con la legge del 1901, che abolì la figura dell'agente, affidò la gestione del reclutamento direttamente alle compagnie di navigazione e impose norme a tutela degli emigranti, sia in porto sia durante la navigazione. appunti: L’emigrazione prepagata consisteva nel fatto che chi emigrava si faceva pagare il viaggio da degli agenti,con la promessa di terre e altri possedimenti e gli emigrati avrebbero lavorato il necessario per pagare il debito del biglietto del viaggio. In realtà,non ricevevano abbastanza denaro per pagare il biglietto e diventavano una sorta di schiavi. La politica interna tra socialisti e cattolici L'apertura di Giolitti al Partito socialista Durante il suo governo Giolitti cercò di includere nello Stato gli operai e contadini che esprimevano la loro protesta attraverso il movimento socialista e il movimento cattolico. Egli, infatti, aveva compreso che la trasformazione economica e sociale del paese esigeva una sicura base di consenso parlamentare e anche un'apertura alle nuove forze politiche. Ecco perché egli ricerca un accordo con il Partito socialista italiano. Nel 1903, Giolitti propose a Filippo Turati, guida del partito, di entrare nel suo primo governo, convinto che, coinvolgendo i rappresentanti principali del movimento operaio, avrebbe debellato ogni tentativo rivoluzionario. Ma Turati sapeva bene che la corrente massimalista non l'avrebbe mai seguito su questa strada. Anzi, nel 1904 la parte estremista riprese il controllo del partito e sostenne il primo sciopero generale nazionale della storia italiana. In seguito la corrente riformista riprese il controllo: negli anni successivi, il Partito socialista trovò molti punti d'accordo con la politica di Giolitti, senza mai arrivare a una concreta collaborazione di governo. A rafforzare la corrente riformista del socialismo contribuì anche la nascita nel 1906, sull'onda dello sciopero generale, della Confederazione generale del Lavoro (CGL), un'organizzazione sindacale a livello nazionale che riuniva le varie formazioni sindacali locali, in cui prevalse la linea più moderata del socialismo. massimalisti: la corrente rivoluzionaria del Partito socialista italiano; essi rivendicavano l’autonomia del proletariato da tutte le altre forze e l’adozione di metodi rivoluzionari minimalisti:la corrente più moderata ,che prevedeva riforme che potevano essere condivise da altre forze democratiche Il riavvicinamento della Chiesa alla politica Giolitti ritenne necessario un riavvicinamento alla Chiesa cattolica con l'obiettivo di un reciproco appoggio per far fronte al pericolo della crescita dei "rossi". Sull'onda dell'entusiasmo provocato dalla Rerum novarum (l'enciclica sulla dottrina sociale della Chiesa emanata nel 1891 dal papa Leone XIII) si sviluppò nel cattolicesimo italiano un orientamento favorevole ai principi liberali. I nuovi movimenti cattolici In questo orientamento ebbe particolare importanza il sacerdote marchigiano Romolo Murri, fondatore nel 1900 di un movimento che voleva essere aperto ai problemi sociali nati dall'industrializzazione e si poneva in polemica contro i cattolici radicali. Egli preferiva appoggiare i socialisti piuttosto che i liberali e papa Pio X intervenne,sciogliendo l’associazione e scomunicandolo. Nel frattempo in Sicilia un altro sacerdote, Luigi Sturzo (1871-1959), si convinse della necessità di un partito laico-cristiano, a carattere democratico e popolare, pienamente autonomo dall'autorità ecclesiastica. Sturzo criticava aspramente i cattolici moderati e sosteneva che la Chiesa dovesse elaborare i propri programmi e le proprie autonome strategie politiche. I cattolici nel periodo giolittiano L'ingresso dei cattolici nella vita politica ufficiale del regno si realizzò solo nel 1912, in una fase delicata del governo Giolitti, che affrontava una duplice opposizione. Da un lato erano cresciute le correnti conservatrici e nazionaliste, che consideravano Giolitti troppo sbilanciato a sinistra e incapace, malgrado la recente guerra di Libia, di dare all'Italia il rango internazionale che il paese secondo loro doveva conquistare. Dall'altro, nel Partito socialista prevaleva di nuovo l'orientamento rivoluzionario. Giolitti si rese conto allora che l'unica soluzione era un'intesa con le forze cattoliche. D'altra parte, la crescita del Partito socialista, con la sua ideologia atea e anticlericale e basata sulla lotta di classe, aveva indotto lo stesso pontefice Pio X ad attenuare l'intransigenza vaticana nei riguardi del regno d'Italia e ad ammorbidire il Non Expedit (Non conviene) (Pio IX si rifiutò di riconoscere lo stato italiano e impediva ai cattolici di prendere parte alle elezioni italiane sia come eletti che come elettori,pena la scomunica), ammettendo la possibilità di una partecipazione dei cattolici alle elezioni politiche e permise ad alcuni candidati cattolici di farsi eleggere nelle liste liberali.
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