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Giovanni Pascoli e opere, Appunti di Italiano

La vita e la poetica di Giovanni Pascoli, poeta italiano del XIX secolo. Si descrivono i drammi familiari che hanno condizionato la sua vita e la sua poetica, caratterizzata dalla ricerca del mistero nelle piccole cose e dall'osservazione della natura. Si analizzano i temi del lutto, della bellezza del creato e del senso di esclusione dei vivi. Si parla anche dell'innovazione linguistica della sua poesia e del suo impegno politico nel socialismo umanitario nazionale e solidale.

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 28/07/2022

aldo-marsiglia
aldo-marsiglia 🇮🇹

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Scarica Giovanni Pascoli e opere e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! GIOVANNI PASCOLI: POETA DELLE PICCOLE COSE Giovanni Pascoli nasce il 13 dicembre 1855 a Forlì, quarto di 10 fratelli trascorre un'infanzia agiata fino a quando, il 10 agosto 1867, il padre Ruggero viene ucciso con una fucilata mentre tornava a casa (OMICIDIO IMPUNITO). Iniziano così i drammi/traumi familiari, infatti alla morte del padre si accompagnano la morte della madre e due dei suoi fratelli (SUSSEGUIRSI DI LUTTI).Dopo la morte del fratello maggiore, Pascoli è costretto ,così, a diventare il capofamiglia, escludendo dalla propria vita ogni tipo di relazione sentimentale (eros negato) e puntando alla ricostruzione del nucleo familiare paterno.Il suo unico obiettivo è quello di ricostruire la famiglia da cui avuto origine, creando una sorta di famiglia surrogata infatti ,dopo i vari lutti dei fratelli ,della madre e del padre, visse in un podere di campagna con le due sorelle Ida e Maria. In questo periodo ha vissuto il secondo trauma: quando la sorella Ida voleva convolare a nozze, infatti il poeta vede in quest'azione un tradimento nei confronti del valore illusorio di felicità che lui aveva costruito dal rapporto morboso con le sorelle, tanto da vivere il matrimonio della sorella con angoscia. E sono proprio gli affetti familiari che hanno proibito al Pascoli maturo di vedere la vita con vista da adulto e hanno cambiato la sua vita. Tant’è che egli viene definito poeta del tormento proprio a causa dei diversi drammi familiari che hanno condizionato la sua esistenza. Altra definizione assegnata al poeta di Forlì è quella di poeta delle piccole cose, un poeta veggente proteso al mistero che osserva con gli occhi del fanciullino ,quindi pieni di meraviglia, la realtà. Il nucleo vero proprio della poetica di Pascoli è racchiuso nell'immagine contemporanea della campagna che fa da cornice e protegge il tema principale e dolore di Pascoli, ossia la famiglia. Altri temi importanti sono quelli del lutto, della bellezza del creato è l'immagine pittoresca del tramonto dei pastori. Nella sua poetica e nella musicalità dei versi, Pascoli ci dà la sua percezione della realtà morbosa. Sta proprio qui la modernità del poeta perché ci dà la sua lettura della realtà all'interno della società borghese e meccanicistica che disprezza e dal quale si isola, vivendo così le tendenze e le ossessioni dei poeti tormentati, ma anche gli studi sulla psiche di Freud. Essendo il poeta delle piccole cose, indaga sul mistero che si cela nella natura visibile e ha un attrazione verso l'ignoto ,guardando alle cose come un bambino che non coglie gli elementi reali e simbolici degli oggetti, quindi con la perplessità di chi non ha vissuto (come un impressionista) e negando la capacità di vivere la quotidianità adulta a causa del dolore della morte (ADULTO MAI CRESCIUTO). La poetica di Pascoli si distingue anche per una grande innovazione linguistica, infatti la sintassi nella sua poesia raggiunge l'apice e per la prima volta viene frantumata con la sistemazione logica delle frasi e prevale la corrispondenza segreta delle parole, ripresa da Baudelaire, il quale predilige uno stile analogico, una scrittura musicale e un ordine improvvisato. Il verso frantumato è il prodotto di un poeta che come un bambino riproduce i suoni della natura, racchiusa in un alone limpido ma oscuro perché nasconde la soggettività traumatica e simbolica. Quindi si ha l'immagine di un poeta che osserva dall'interno della casa l'intimità altrui e idealizza la loro felicità perché nell'atto sessuale degli altri osserva ciò che gli manca (“ape tardiva”). I dolori familiari generano i altri due principali temi della sua poetica: - il tema della morte che rincorrerà ossessivamente e che parte dal 10 agosto (notte di San Lorenzo= morte del padre) dove il pianto del bambino si accompagna a quello del cielo che partecipa con un pianto di stelle. - Il tema del nido, nella speranza di poter ricreare quell'infanzia rimpianta e ritornare a un ripristino dello status quo attraverso la costruzione di una famiglia/di un nuovo nido Tutto ciò diventa monito di miglioramento, il trauma diventa impossibilità di felicità, infatti è impossibile ricostruire il nido perché l'età biologica ci porta a crescere (impossibilità=tormento). Le vicende che vive Pascoli vanno dal particolare al generale, ciò perché il dolore non è caratteristica del singolo essere umano ma di tutto il genere umano ;quindi il nido non è solo la famiglia ma anche la nazione in un'epoca in cui dominano le grandi guerre. Il nido famiglia diventa nido in azione con il costante nido natura, che partecipa alla vita. Altro tema molto importante della poetica di Pascoli è il senso di esclusione dei vivi, con ciò Pascoli vuole dirci che chi è rimasto piccolo nell'osservazione morbosa degli altri vive il senso di colpa perché non c'è riconciliazione; lui non può vivere il tradimento di un amore nuovo perché è rimasto fermo all'amore di figlio. Infatti il nido familiare lo rende figlio di una fragilità psicologica che lo rende incapace di rapportarsi con gli altri perché non ha superato quel momento drammatico e si tiene tutto dentro autoescludendosi (Il bambino che non è riuscito a liberarsi del trauma ma che ormai è cresciuto quindi in un corpo adulto). Nel trauma c'è il rifiuto del sesso ma anche la malizia e una visione turbata della sessualità e vive rapporto amoroso in modo sublimato attraverso la relazione con le sorelle. Pascoli trasporta il concetto di nido in ambito politico esprimendolo attraverso il socialismo umanitario nazionale e solidale, un concetto politico irrealizzabile poiché all'interno del grande nido (nazione) e di fronte al dolore dell'altro tutti dovremmo intervenire. Questo che diventerà con D'Annunzio interventismo che porta alla guerra. Oltre al nido familiare, Pascoli distingue due tipi di nidi: - nido natura contro la storia (idolatrazione delle cose umili): fallimento del positivismo, che è la filosofia del naturalismo che vuole subordinare la letteratura alla scienza, la quale è stata dolorosa e ha messo in evidenza le sue imperfezioni ,non creando l'illusione del vivere ma la delusione. Il rifiuto della contemporaneità infatti Pascoli rifiuta l'industrializzazione perché non può accettare il progresso ,preferisce la campagna ,dove viene conservata l’infanzia, rispetto alla città, invece Gabriele D'Annunzio preferisce quest’ultima perchè rifiuta le piccole cose - Nido nazione come protezione dall'esterno (filantropia Ismo patriottico): nella fragilità non possiamo escludere le partecipazioni di agenti esterni e consideriamo la nazione come nostra protezione. Il nido familiare, il nido nazione e il nido natura hanno in comune la fragilità dell'uomo che è destinato al dolore ed è consapevole che i suoi sforzi e le sue fatiche sono nulla. Infatti il nido in generale è dimensione dell'equilibrio dell'uomo e la natura risulta essere compartecipe del dolore e del male che l'uomo subisce. LA POETICA DEL FANCIULLINO La poetica del fanciullino presuppone una duplicità: da un lato, il fanciullino è presente potenzialmente in ogni uomo, è una figura umile piccola e sembra porsi in alternativa al superuomo dannunziano, dall'altro sono il poeta conosce il privilegio di riviverlo sapendo scorgere il significato di quelle piccole cose che l'adulto normale invece trascura. Il fanciullino permette a Pascoli di divenire il poeta vate. Pubblicata nel 1897 sulla rivista fiorentina il “Marzocco”, la prosa intitolata il fanciullino è il più importante discorso programmatico di Pascoli sul poeta e sulla poesia (DICHIARAZIONE DI POETICA). Infatti se in Foscolo la dichiarazione di poetica e nella lettera a Messier Guillon, in Manzoni nella lettera sul romanticismo e la lettera a Messier Chauvet, in Leopardi nello Zibaldone e in Verga nella novella “fantasticheria”; in Pascoli è nel saggio “il fanciullino”. Il poeta coincide con il fanciullino ovvero quella parte infantile dell'uomo che negli adulti tende ad essere soffocata e nei poeti trova libera espressione, cogliendo la bellezza delle piccole cose. Il fanciullo si sottrae alla logica ordinaria così da far diventare la poesia il luogo in cui l'uomo dà voce al fanciullino che è in lui e lo lascia parlare, essa nasce dalla coscienza comune della vita infantile e non razionale e acquista così per gli uomini un valore consolatorio che li spinge alla bontà, alla solidarietà e alla conoscenza della verità segreta delle cose.. Infatti Pascoli assegna alla poesia la funzione di garantire la stabilità dell'assetto sociale inibendo il desiderio del cambiamento con un soave leggero freno. MYRICAE La poesia decadente con Pascoli diventa mezzo di conoscenza pre-razionale ma anche poesia a-logica e immaginosa che procede attraverso un susseguirsi di figure di suono, onomatopee e procedimenti analogici. La poesia pascoliana viene infatti definita poesia fono-simbolica, nella quale la visione della realtà diventa socialismo umanitario. Quest’ultimo è un concetto utopico perché non esiste movimento politico che possa poggiare le basi in un sentimento amoroso e spontaneo nella negazione del positivismo e del darwinismo che vedono l'uomo in lotta con il potere sul più debole. La poesia diventa uno strumento che genera nell'uomo il sentimento di che apparentemente sembrano non avere legame tra di loro, se non quello di ricreare la suggestiva atmosfera notturna della prima notte di nozze. La chiave che permette di addentrarci nel complesso sistema di significati è racchiusa in una nota della prima edizione, in riferimento alla poesia, intesa come strumento capace di celebrare il momento dell’unione -sessuale- dell’amico con la sua sposa. Infatti era dedicato alle nozze dell’amico ed evoca in termini simbolico-allusivi la prima notte di nozze in cui poi più tardi verrà concepito il piccolo Dante Gabriele Giovanni. Si chiariscono così, grazie a questa nota, le immagini che sono riferite alla casa, che da sola bisbiglia nel silenzio della notte oppure al lume che risplende nella sala e poi brilla al primo piano e che poi si spegne in una sorta di immaginazione trepidante di quello che presto sarà il rito di fecondazione. In questa prospettiva l’immagine centrale della poesia è quella di questo fiore, il gelsomino notturno, che apre il suo calice (parte del fiore) al calare della sera e che per tutta la notte esala questo profumo penetrante e inebriante di fragole rosse. II fiore si schiude e proprio quanto avviene il processo di fecondazione; l’immagine vegetale allude ad un altro rito, quello che si svolge nel mondo umano all'alba, una volta compiuta la fecondazione: i petali di questo fiore si chiudono e appaiono un poco sgualciti. Il vagheggiamento allude al rito amoroso. Pascoli non è solo trepidante, ma anche turbato. Egli infatti non vive il rapporto sessuale se non come violenza inferta alla carne in quanto egli concepisce tale rapporto non come un inno gioioso alla fecondità così come era nella tradizione delle poesie scritte per celebrare le nozze nel mondo classico - gli epitalami -, bensì il poeta esprime nella celebrazione di questa unione carnale la sua coscienza inquieta ed infelice. La contemplazione del rito avviene secondo il punto di vista di chi ne rimane escluso. Il punto di osservazione si colloca all'esterno della casa, cioè lo stesso di chi da fuori osserva quel rapporto amoroso come se fosse una distanza incolmabile a separare l'osservatore dall'oggetto. Questo si evidenzia dalla ripetizione costante di alcuni avverbi di luogo (là sola… là nella sala vv. 6 e 11). Il poeta non solo celebra la fecondazione ma sa che non può personalmente costruire il suo nido e questo non si riflette su un io lirico che noi potremmo rivedere nell’ape tardiva, che è rimasta esclusa dall’alveare e che si aggira nella sua desolata solitudine. Ricorrenti sono le immagini mortuarie che si alternano con contiguità a quelle del fiore. La tragedia familiare aveva già distrutto il nido e bloccato il poeta alla condizione psicologica infantile. Ciò ha fatto sì che l’io lirico rimanga prigioniero di un nido ormai impossibile da realizzare, impedendogli di uscirne e di costruirne uno nuovo da uomo adulto. Infatti, il naturale legame adulto e maturo, il naturale contatto con il mondo esterno, con l'altro, e soprattutto con la donna, si trasforma invece in un legame ossessivo e oscuro con i morti. Questi continuano a sopravvivere nel poeta come lugubri presenze fantasmatiche: la fedeltà infatti non è più promessa all'amore, ma ai morti, all'impegno di ricostituire quel nido che era stato originariamente e che adesso è andato distrutto. Tutto questo gli impedisce di uscire da questo cerchio che lo chiude in uno stato di gelosia protettiva ma che allo stesso tempo potremmo dire soffocante poiché gli è impossibile rispondere al richiamo dell'amore. In questo modo potremmo spiegare le immagini che si alternano nella poesia: quelle della casa, del fiore, dei morti quelle che si riferiscono al nido. Osservando le immagini rassicuranti del nido originario che è andato perduto, dove i piccoli sono protetti dal calore dei grandi, esistendo solo ed esclusivamente il rapporto affettivo tra genitori e figli, si riscontra un gioco di contrapposizione. Infatti, alle immagini del nido si sovrappongono quelle della casa nuziale, che costituisce invece l'inizio di una nuova famiglia, di un nuovo nido. Infatti, attraverso questa notte nuziale avviene il rito dell'amore. Il quadro notturno sembra idillico e armonico ed è percorso da segrete tensioni. Anche qui prendono forma, nel sistema della poesia, le opposizioni strutturali: da una parte i fiori che si aprono in un’offerta d’amore, dall’altra casa in cui si consuma il rito di fecondazione. Contemporaneamente, abbiamo da una parte la presenza inibitrice dei morti e dall’altra il nido geloso, il nido originario che esclude dalla vita adulta qualsiasi forma di relazione e che imprigiona il poeta in uno stato di regressione infantile. Il riferimento ai traumi infantili, indispensabili per capire la poesia, è evidente perché nella struttura verbale vi è un rimando al passato. Potremmo parlare di cartella clinica perché le immagini evocate dal poeta ci consentono di analizzarne la psicologia contorta e inibita, intrappolata in un limite conoscitivo e poetico. Tale limitazione clinica diviene la chiave di comprensione del testo e diviene la condizione indispensabile che conduce alla straordinaria avventura conoscitiva dell’amore nelle zone più segrete oscure della realtà. Altrettanto straordinaria è l’avventura poetica all'interno dei testi del Pascoli che ancora una volta sfoggia il suo repertorio di nomenclature botaniche. Le strofe sono formate da quartine di novenari. La poesia inizia in una sorta di atmosfera notturna: si aprono i fiori notturni nell’ora che penso a’ miei cari. Sono apparse in mezzo ai viburni le farfalle crepuscolari. I gelsomini si aprono con la loro corolla all’imbrunire, ossia la sera, la stessa ora in cui ripensa ai cari defunti. Contemporaneamente alla notte e al tema lugubre della sera, che riconduce al tema della morte in mezzo ai fiori bianchi (i viburni) le farfalle crepuscolari, le farfalle che si alzano in volo dopo il crepuscolo. Queste farfalle sarebbero le falene simbolo nella tradizione delle anime dei morti è molto probabile che infatti questa riprenda la falena stridula che riconduce e che ricorda l'anima dei morti. Da un pezzo si tacquero i gridi: là sola una casa bisbiglia. Sotto le ali dormono i nidi, come gli occhi sotto le ciglia. Il suono onomatopeico allude al pigolio degli uccelli nel silenzio della notte. E’ sveglia soltanto una casa Il bisbiglio allude alle voci umane e indica la presenza di qualcuno che è ancora sveglio Al v. 6, vi è la presenza dell'avverbio di luogo là che indica l’estraneità e la lontananza dell'osservatore esterno. Il riferimento al nido è evidente e l'allusione è alla analogia tra la rondine e il padre ucciso il 10 agosto. Così come i piccoli dormono sotto le ali dei loro genitori diciamo che parallelamente gli occhi riposano sotto le ciglia. Dai calici aperti si esala l’odore di fragole rosse. Splende un lume là nella sala. Nasce l'erba sopra le fosse. Dalla corolla aperta dei fiori notturni, i gelsomini, si sprigiona un profumo intenso di fragole mature. Il fiore che è in parallelo al nido e che rimanda alla tragedia familiare, riconduce al rito della fecondazione e allude all’invito all’amore. E questo fiore che possiede due elementi perché le sensazioni olfattive sono strettamente connesse alle sensazioni cromatiche e visive. Il rosso infatti riconduce alla accesa sensualità. Di nuovo l'avverbio di luogo, là si accende una luce, là dove in quella casa una voce umana è ancora sveglia. Contemporaneamente, però si ricordano i morti ed in quell'ora stessa nasce l'erba sopra le fosse dove sono sepolti i cari del poeta, così come si allude all’ora in cui pensa ai suoi cari al v.2 un'ape tardiva sussurra trovando già prese le celle. La Chioccetta per l'aia azzurra va col suo pigolio di stelle. L’io lirico rimane escluso dall'alveare: simboleggia la solitudine di quest’ape tardiva che è ritornata troppo tardi al suo alveare. Si aggira infatti con il suo ronzio che rimanda al suono onomatopeico sussurra. Trova tutte le celle occupate. I contadini chiamano Chioccetta  la costellazione delle pleiadi. Allora il poeta, così come nel 10 agosto ricordava il concavo cielo ed il pianto di stelle, amplia l'immagine ed il cielo diventa un'aia su cui si muove la chioccia e le stelle diventano pulcini che la seguono pigolando. Ora è chiara la sinestesia perché lo sciame luminoso delle stelle evoca una sensazione fonica grazie al verbo che noi troviamo al verso 16 pigolio Per tutta la notte s’esala l'odore che passa col vento. Passa il lume su per la scala; brilla al primo piano: s’è spento… Il profumo dei gelsomini infatti si esala cioè viene trasportato e diffuso dal vento per tutta la notte. Il sistema oppositivo, e anche qui allusivo al fiore che è invito dell'amore, rimanda all'ora dei morti nel v.11 (splende un lume passa il lume, v.19). Avevamo visto la sala al piano terra che aveva la luce accesa e lì qualcuno ancora bisbigliava, poi questa luce si accende al primo piano dove vi è la camera da letto e improvvisamente si spegne facendo seguito ad una serie di punti di sospensione alludendo all’atto tra i due coniugi. E’ l’alba: si chiudono i petali un poco sgualciti; si cova, dentro l'urna molle segreta, non so che felicità nuova All'alba i petali dei gelsomini sono un poco appassiti e si chiudono. Nell’ovario molle che è posto all’interno della corona del fiore, vi è il polline fecondato (censored, ha inventato i porno alternativi). Il fiore, chiaramente compiuto il rito di fecondazione, allude all’abito della sposa sgualcito come i petali. Questo ci rimanda alla visione turbata della sessualità. L'abito nuziale della sposa, avvenuto il rito sessuale con il suo coniuge, risulta sgualcito perché ha perso il candore virginale. Il fiore, che qui viene del tutto umanizzato e accostato alla donna, viene accostato anche all'utero femminile (manco tanto implicitamente) e alla donna fecondata che con una felicità mai provata sente nel suo grembo una nuova vita, la nascita embrionale del proprio figlio. La visione turbata del sesso in quest'ultima strofa esclude quella che è la continuità con gli epitalami classici e nello stesso tempo vi è ancora una volta il rimando all'esclusione del poeta dalle gioie della vita, dalla sessualità, dalla dal rapporto con l'altro e dal rapporto con l'altrui sesso (cit. la patata di Maria Eleonora Vullo).
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