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GIOVANNI PASCOLI VITA, Appunti di Italiano

Vita e opere di Giovanni Pascoli

Tipologia: Appunti

2023/2024

Caricato il 21/06/2024

letizia-nanci
letizia-nanci 🇮🇹

Anteprima parziale del testo

Scarica GIOVANNI PASCOLI VITA e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! PERCHÉ PASCOLI È UN CLASSICO? 1. Perché è il maggiore rappresentante italiano della poesia simbolista. 2. Perché come nessun altro ha saputo cogliere e far percepire il mistero della vita. 3. Perché la sua ispirazione poetica è stata sorretta da una sensibilità sottile, capace di leggere le voci del- la natura come un libro segreto, dove sono riposte le grandi verità dell’esistenza umana. 4. Perché, poeta evocativo e visionario, ha saputo guardare al di là della superficie del mondo fisico per afferrare l’essenza delle cose. 5. Perché il suo occhio penetrante, guardando gli og- getti più umili con lo stupore incantato di un fanciullo, raggiunge sempre verità eterne e universali. LA VITA [1855-1912] Infanzia e giovinezza Giovanni Pascoli nacque nel 1855 a San Mauro di Romagna (Forlì), quarto di dieci figli. Il padre am- ministrava una tenuta agricola e Giovanni crebbe in campagna, in una famiglia patriarcale e agiata. A otto anni entrò nel collegio dei padri scolopi a Urbino, dove frequentava la prima liceo quando, nel 1867, il padre venne assassinato in circostanze misteriose; fu un delitto destinato a rimanere impunito e che sconvol- se il sereno nido familiare: la madre morì l’anno se- guente e il fratello maggiore Giacomo si trasferì con il resto della famiglia a Rimini. Giovanni riuscì a termi- nare il liceo e, grazie a una borsa di studio, a iscriver- si a Bologna alla facoltà di lettere. Partecipò alla vita culturale bolognese e venne a contatto con i circoli socialisti, sposando la causa della giustizia sociale; la partecipazione a una manifestazione di protesta lo privò della borsa di studio e Pascoli dovette abbando- nare gli studi. Intensificò il suo attivismo politico dopo aver conosciuto l’anarchico Andrea Costa; si impegnò nella propaganda in favore della Prima internazionale e conobbe la prigione. Scarcerato, abbandonò la po- litica attiva temperando i suoi ideali in un umanita- rismo interclassista di stampo contadino, contrario allo scontro sociale e venato di sensibilità evangelica. Ripresi gli studi, nel 1882 si laureò con una tesi sul poeta greco Alceo. Gli anni della maturità Dedicatosi all’insegnamento del latino e del greco nelle scuole superiori, fu assegnato prima a Matera, quindi a Massa e infine a Livorno. Nel 1892 vinse per la prima volta il prestigioso premio internazionale di composizione poetica in lingua latina indetto dalla Re- gia accademia di Amsterdam; passato alla carriera accademica, insegnò prima a Bologna, poi a Messina, quindi a Pisa. Nel 1905 fu infine chiamato dall’univer- sità di Bologna a succedere a Giosue Carducci nella cattedra di letteratura italiana. L’ossessione di rico- stituire il nucleo familiare lo spinse a riunire attorno a sé le sorelle Ida e Maria (detta Mariù) rinunciando a sposarsi; visse pertanto il matrimonio di Ida come un tradimento. Nel 1895 a Castelvecchio di Barga (Luc- ca) prese in affitto una casa che in seguito acquistò, facendone il suo nido definitivo assieme alla sorella Mariù. In questi anni travagliati nacquero le raccolte poetiche più celebri: Myricae, Poemetti, Canti di Ca- stelvecchio, Poemi conviviali. Gli ultimi anni Assunto il ruolo di poeta ufficiale impegnato a cele- brare la patria, pubblicò le raccolte Odi e inni, Poemi italici, Poemi del Risorgimento, Canzoni di Re Enzio. Nel 1911 tenne un discorso pubblico (La grande pro- letaria s’è mossa) celebrando la guerra coloniale di Libia. Morì di cancro nel 1912, dopo avere vinto per la tredicesima volta il premio dell’Accademia olandese. LE COSTANTI LETTERARIE Pascoli fu uomo dai molteplici interessi e poeta assai versatile, eppure tutti i suoi testi hanno un’impronta inconfondibilmente unitaria. La morte del padre La morte del padre è l’episodio che ha segnato la vita di Pascoli e sta alla base della sua vocazione poetica. L’elaborazione del lutto conferisce una nota domi- nante a tutta la sua produzione. L’evento traumatico, spezzando la sua vita in un “prima” spensierato e in un “poi” drammatico, ha generato in lui un meccani- smo regressivo che attira il suo immaginario poetico verso quel “prima” rivissuto come un tempo edenico. La regressione Tale regressione, che si manifesta nel simbolo ricor- rente del «nido» (luogo al riparo dalle insidie del mon- do sotto la protezione degli affetti familiari), prende tre diverse direzioni: 1. una regressione anagrafica (la fanciullezza, stagione dell’innocenza, della fantasia e della spontaneità, come alternativa al mondo adulto dominato dal calcolo, dall’egoismo, dall’insensibilità); 2. una regressione sociale (il mondo arcaico e armonico della campagna, regolato dalle eterne leggi di natura, come alternativa all’universo alienante della modernità tecnologica e cittadina); 3. una regressione storico-culturale (il mondo classico, ai primordi della civiltà occidentale, come alternativa alla cultura bor- ghese contemporanea). LE OPERE Il fanciullino [1897-1903] Un autore sincronico Pascoli fu autore sincronico: portava cioè avanti più opere contemporaneamente, sicché la sua produzio- ne può essere ricondotta a una medesima poetica, che egli stesso ha illustrato nella prosa del Fanciulli- no. L’opera ebbe una lunga gestazione: uscita in ante- prima parziale nel 1897 (con il titolo Pensieri sull’arte poetica), solo nel 1903 fu pubblicata in forma integrale (in 20 capitoli), anche se non definitiva (Pascoli pensa- va a ulteriori ampliamenti). Il fanciullino e il poeta La riflessione di Pascoli ruota tutta attorno alla fi- gura cardine del «fanciullo eterno», la parte infanti- le dell’uomo che ha un approccio conoscitivo con la realtà basato sull’intuizione e la spontaneità. Il fan- ciullino riassume la nostra essenza in un tratto della nostra esistenza, ma il formarsi in noi di un io adulto non comporta la sua scomparsa: pur messo a tace- re, il fanciullino rimane parte integrante della nostra personalità, quella che ci consente di stupirci e di so- gnare. Pur albergando nel cuore di ciascuno, chi lo ascol- ta più volentieri è il poeta, simile in questo a Omero, il poeta cieco che si fa guidare per mano proprio da un fanciullo. Il fanciullino è dunque l’anima poetica dell’uomo. Riprendendo la celebre definzione dante- sca, Pascoli considera poeta chi accetta di scrivere ciò che il fanciullino gli «detta dentro». La visione poetica del mondo Il fanciullino per Pascoli designa la sfera irrazionale, dominata da fantasie ed emozioni: la visione poetica del mondo è diversa da quella elaborata dalla ragione o dalla scienza. Il poeta è un «veggente» il cui sguar- do non considera l’utilità pratica o l’impatto sociale di oggetti e fenomeni, ma «ci trasporta nell’abisso della verità» celato spesso nelle cose più umili. La cono- scenza poetica è dunque una conoscenza metafisi- ca che avviene per via immediata e intuitiva; il poeta possiede una facoltà divinatoria grazie alla quale può vedere la rete di somiglianze e relazioni fra le cose che sfugge all’approccio analitico della ragione e della scienza. Siamo, evidentemente, in pieno Simbolismo: conoscere infatti è riconoscere, è Pascoli ha introdotto il Simbolismo in Italia. Non gli interessa dare della campagna una visione realistica o pittoresca, ma cogliere nella natura (e nel lavoro dell’uomo a contatto con essa) il senso metafisico del mondo e della vita. Gli oggetti non sono mai solo quello che sembrano, ma simboli che rimandano ad altro. Pascoli è poeta ellittico, che non descrive ma evoca, non spiega ma suggerisce; l’espediente più usato a tal fine è l’onomatopea, carattere distintivo del suo linguaggio poetico. Tale matrice simbolista spiega anche il carattere frammentario di molte poesie, brevi e concentrate su un’immagine, secondo il principio rimbaudiano dell’il- luminazione che improvvisamente svela la verità na- scosta. Altri elementi significativi sono: la «frantuma- zione paratattica del verso» e gli «e abrupti d’apertu- ra» (Mengaldo): questi ultimi, postulando l’esistenza di un retropensiero non verbalizzato, sottolineano il carattere frammentario della lirica, trascrizione solo parziale di un motivo poetico. La poesia essenziale di Myricae, rinunciando allo sviluppo poematico del tema come alla comples- sa sintassi della tradizione, ha aperto la strada alle grandi sperimentazioni poetiche di primo Novecento in Italia. canti di castelvecchio [1903-1914] composizione e struttura Comparsi singolarmente su giornali e riviste a partire dal 1897, i Canti di Castelvecchio furono riuniti in vo- lume nel 1903; altri testi furono aggiunti nelle edizioni successive: l’ultima, postuma ma controllata dall’au- tore, è del 1912. Altre due liriche inedite furono inse- rite, per volontà della sorella Maria, nella settima edi- zione del 1914, portando il totale a 59 (cui segue una sezione a parte di nove poesie: Ritorno a San Mauro). I testi formano un coerente percorso stagionale da un autunno all’altro, con richiami espliciti a Myricae: in apertura di raccolta è nuovamente citato l’incipit del- la IV Bucolica virgiliana, mentre nella Prefazione, alle precedenti tamerici primaverili sono contrapposte le presenti, autunnali. Un autunno anche biografico, che coincide con il trasferimento nella casa di Castelvec- chio di Barga e la ricostituzione del nido; sicché, se Myricae è il libro del passato e del nido infranto, Canti di Castelvecchio è il libro del presente e del nido ri- trovato. I temi: la poesia come risarcimento Dominante è ancora il tema funerario. La poesia trova giustificazione in quanto risarcimento contro il destino crudele che ha infierito sulla famiglia del poeta; scri- vere dei familiari defunti equivale a richiamarli in vita: «il figlio ridona al padre attraverso la poesia ciò che l’assassino impunito gli ha tolto» (Nava). Le forme: dal frammento al canto Il titolo evoca una discontinuità rispetto al breve respi- ro delle Myricae, richiamando la tradizione lirica, più che bucolica, e architetture più distese e compiute. In effetti lo sperimentalismo metrico pascoliano affronta strutture più complesse: il novenario è concatenato con ottonari, settenari e quinari; il decasillabo con l’endecasillabo; compaiono anche distici di endeca- sillabi a rima baciata, un componimento ispirato alla forma metrica popolare chiamata “rispetto”, nonché frequenti rime ipermetre. Folclore e vernacolo Tra le maggiori novità rispetto a Myricae osserviamo nei Canti una componente folclorica legata a mestie- ri e abitudini della gente di Garfagnana (dove si trova Castelvecchio), nonché a detti e credenze romagnole; il poeta infatti va ora cercando nella cultura popolare di zone periferiche, custodi di una sapienza natura- le, le stesse verità esistenziali che nella precedente raccolta il fanciullino aveva colto solo nelle voci della natura. Compito ulteriore del poeta diviene quello di preservare le antiche tradizioni, prima che vengano cancellate dal progresso e dalla modernizzazione. Per le medesime ragioni il «linguaggio post-grammatica- le» di Pascoli si arricchisce ora di inflessioni vernaco- lari e di termini tecnici ascrivibili all’ambito delle arti e dei mestieri della tradizione romagnola e garfagnina. poemetti [1897-1909] composizione, struttura e novità Uscita in prima edizione nel 1897 e in seconda nel 1900, la raccolta dei Poemetti venne quindi sdoppia- ta in Primi poemetti (1904) e Nuovi poemetti (1909), costituenti comunque un dittico unito sin dall’epigrafe comune, paulo maiora, ancora una citazione dalla IV Bucolica virgiliana, che lascia intendere questa volta un innalzarsi della materia. Ritornano temi e scenari consueti: il mondo della campagna, il motivo funebre, il sogno di un’umanità più buona, affrontati però in modo nuovo, con tono più solenne, più scoperta in- tenzione ideologica, taglio meno lirico- simbolico e più narrativo-descrittivo. Di conseguenza il linguaggio si fa più aulico e la struttura metrica dominante è ora la terzina dantesca. Un «romanzo georgico» Diversi componimenti appaiono concepiti e disposti in sequenza, come singoli episodi del «romanzo ge- orgico» (Bàrberi Squarotti) che ha come protagonista una famiglia di contadini della Garfagnana osservata nella sua vita quotidiana, dall’autunno alla successiva estate. Nei Primi poemetti abbiamo due sezioni de- dicate alla semina e all’inverno; nei Nuovi altre due, dedicate alla fioritura primaverile e alla mietitura; compaiono inoltre quattro lunghi componimenti isola- ti (2+2), fra cui merita un richiamo il secondo, Le armi, dedicato in realtà ai pacifici strumenti impiegati nei lavori agresti. Veniamo così introdotti in una società semplice e laboriosa, radicata nei ritmi e nelle leggi di natura, una società di cui Pascoli rappresenta le mo- deste occupazioni come riti e opere d’arte. Siamo di fronte a una celebrazione, ideale e politica, della civiltà contadina: un mondo armonico, sempli- ce e solidale, arcaico e patriarcale, sobrio e immobile nella sua circolarità stagionale. Del tutto assenti sono invece gli aspetti negativi (attaccamento alla roba, mancanza di solidarietà, sfruttamento, miseria, ingiu- stizia) denunciati dagli scrittori veristi; Pascoli immagina piuttosto una società di piccoli possidenti terrieri come antidoto alla fame e all’emigrazione. All’intento celebrativo dell’opera contribuisce il lin- guaggio, caratterizzato da registro sublime e patina classica e letteraria, che conferiscono a persone e azioni un profilo epico. pascoli metafisico Accanto alle istanze ideologiche Pascoli sviluppa ri- flessioni di più ampio respiro, che investono l’intera sua visione del mondo e sono collocate in apposi- te sezioni, ancora una volta due per libro. Nei Primi poemetti abbiamo Il bordone-L’aquilone (dedicata al tema della morte, comune destino di tutto il creato) e I due fanciulli-I due orfani (dove è evocato il senso del mistero che ci sovrasta generando inquietudine e smarrimento, contro i quali unica arma efficace è la solidarietà). Nei Nuovi poemetti abbiamo Il naufrago- Il prigioniero (che promuove una filosofia della bontà e della sopportazione di fronte ai “naufragi” della vita, lasciando emergere l’ispirazione più cosmica e reli- giosa di Pascoli) e infine Le due aquile-I due alberi (in cui emerge netta l’alternativa fra l’egosimo di chi si innalza a danno degli altri e la carità fraterna di chi soccorre il bisognoso; fra l’avidità senza fine e la sem- plicità che si accontenta del poco e nulla spreca). poemi conviviali [1904-1905] composizione, struttura, titolo Il progetto risale all’inizio degli anni novanta, ma si concretizzò solo nel 1904 (prima edizione, 19 com- ponimenti) e nel 1905 (seconda edizione definitiva, 20 componimenti). Il titolo richiama la tradizione classica, greca e latina, dei carmina convivalia, poesie composte per allietare i banchetti; recuperare tale tradizione per Pascoli si- gnifica ritornare ai primordi della poesia, recuperarne l’essenza originaria: la poesia ha infatti avuto origine proprio nei banchetti. I temi: la rivisitazione del mondo antico Siamo ancora di fronte a un procedimento regressi- vo, questa volta di tipo storico-culturale, dal moder- no all’antico. Il poeta riprende miti, leggende, episodi storici del mondo greco e romano, a volte in funzione metapoetica (nel Cieco di Chio Omero è simbolo del dono della poesia ottenuto a prezzo di drammatiche rinunce; nella Cetra di Achille è distinta la funzione dell’eroe, che compie grandi gesta, da quella del poe- ta, chiamato a celebrarle). Scopo di Pascoli è istituire un confronto fra antichità e modernità per stabilire che cosa, dell’antico, riman- ga vivo ancora oggi. L’immagine del mondo antico che emerge da queste poesie non è però idilliaca, ma ve- lata di pessimismo; su tutti gli eroi evocati incombe lo spettro della morte: solo la poesia, dando sfogo al do- lore dell’esistenza, può riconciliare l’uomo con il suo destino, consolandolo di essere nato. L’ultimo rapsodo e il «poeta degli iloti» Quella dei Poemi conviviali è una poesia di “secondo grado”, che nasce cioè da altri testi ed è intessuta di riprese, allusioni, citazioni. Pascoli si propone come «l’ultimo dei rapsodi» (Elli), gli antichi cantori greci che rielaboravano e variavano i materiali della tradi- zione. Non manca però un messaggio umano e civile; in par- ticolare nel componimento dedicato a Esiodo l’antico cantore è definito «poeta degli iloti», cioè degli schiavi, dei reietti, degli ultimi: è l’emblema di una poesia che rinuncia alla celebrazione delle gesta eroiche per con- sacrarsi alle fatiche quotidiane, ugualmente degne di canto, di tanti uomini umili e ignoti. pascoli latino I carmina [1914] Pubblicata postuma (1914) in due volumi a cura della sorella Maria, l’opera raccoglie più di cento liriche in lingua latina, comprese quelle vincitrici del concorso indetto annualmente dalla Regia accademia di Am- sterdam. Pur trattando vicende e personaggi dell’an- tica Roma (con particolare attenzione a figure umili ed episodi marginali rispetto alla grande storia), i componimenti sono del tutto assimilabili, per stile e tematiche, a quelli in lingua italiana. Il “poeta vate” Succeduto a Carducci all’università di Bologna, Pa- scoli tentò di raccoglierne l’eredità di vate nazionale e poeta della storia patria, in competizione con D’An- nunzio. Capitoli di questa epopea nazionale dovevano essere le raccolte degli ultimi anni: Odi e inni (1906), le Canzoni di Re Enzio (1908-1909), i Poemi italici e i due inni A Roma e A Torino (1911, in occasione del cin- quantenario dell’unificazione) e gli incompiuti Poemi del Risorgimento
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