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Giovanni Pascoli Vita e Opere, Schemi e mappe concettuali di Italiano

Biografia, pensiero, opere poetiche, fanciullino….

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2022/2023

Caricato il 18/04/2024

federica-zaghis
federica-zaghis 🇮🇹

16 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Giovanni Pascoli Vita e Opere e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Italiano solo su Docsity! GIOVANNI PASCOLI Insieme a D'Annunzio è considerato l’altro rappresentante del Decadentismo italiano (scolasticamente il periodo temporale che va dalla fine dell’800 fino ai primi anni ‘20 del 1900, ma se considerato in base ai temi trattati e al sentimento di angoscia/spleen copre tutta l’arte e letteratura fino al boom economico del dopoguerra negli anni ‘50/’60 del 1900). Poeta vate della tradizione. Poeta Baudeleriano decadente simbolista per eccellenza. Rivede in Virgilio, al classico. Ciò che più lo rende innovativo rispetto a D’A. è che regredendo nel fanciullino lui va alla radice del problema, di tutti i problemi del nome poetico, dentro la natura di tutte le cose. VITA→ Per poter capire e cogliere a pieno la sua poesia è fondamentale conoscere a fondo la sua vita. Nacque a SanMauro di Romagna il 31 dicembre 1855 in una famiglia della piccola borghesia rurale estremamente numerosa: infatti lui era il 4° figlio di 10. Ricevette una formazione classica: inizia dal 1862 al collegio degli Scolopi ad Urbino, dove acquisisce un'importante base per la sua cultura e conoscenza. La sua serena e tranquilla vita verrà però scossa per sempre quando, a 12 anni, il 10 agosto del 1867 il padre Ruggero fu ucciso a fucilate, probabilmente da un suo rivale sul lavoro, e né il mandante né i sicari vennero mai trovati. Ciò provocò in Pascoli un senso di ingiustizia che non verrà mai colmato, segnando la sua vita irrimediabilmente, come se si fosse fermata ai suoi 12 anni. Dopo la morte del padre, a causa di problemi economici, lui ed il resto della famiglia furono costretti a trasferirsi a Rimini. Da qui in poi avverranno una serie di lutti nel giro di pochi anni che faranno vivere il poeta con la costante sensazione dimorte sempre al suo fianco: tra il 1868 ed il 1876 infatti moriranno anche lamadre, una delle sorelle maggiori e due dei suoi fratelli. Riuscì ad ottenere una borsa di studio presso l’Università di Bologna (nella commissione vi era Carducci, suo futuro maestro di studi e vita) dove frequentò la Facoltà di Lettere e vi si laureò nel 1882 con una tesi sull’antico lirico greco: ciò va a sottolineare la grande e vasta cultura di Pascoli, non solo nel campo linguistico (scrisse dei bellissimi poemetti in latino), ma anche scientifica, biologica, orientale e religiosa. Dopo la laurea iniziò la sua carriera di insegnante, inizialmente aMatera, ma successivamente, nel 1884, aMassa con le sorelle Ida eMariù, che prese con sé essendo economicamente stabile per provare a ricreare l’ideale di “nido familiare” distrutto dalla morte. Insieme si trasferirono poi a Livorno, dal 1887 fino al 1895. Nel 1895, dopo il matrimonio della sorella Ida, decide di alloggiare in una casa in atto a Castelvecchio di Barga, dove passò il suo tempo fra poesia, studio e aetti familiari, immerso nella campagna lucchese, ma con il persistente tormento dellamorte sempre appresso. Nello stesso anno riuscì ad ottenere la cattedra di grammatica latina e greca all’Università di Bologna, poi passò a quella di Letteratura latina all’Università di Messina e infine nel 1905 prendere il posto del suo maestro, sia di studi che di vita, Carducci alla cattedra di Letteratura italiana a Bologna. Pascoli morì a Bologna il 6 aprile 1912 a causa di una cirrosi epatica, provocata dall’eccesso di alcool del quale Pascoli era un gran bevitore. “NIDO” FAMILIARE→ Questo attaccamentomorboso, quasi ai limiti dell’incesto, verso le due sorelle Ida eMariù, è stato analizzato anche dalla critica, e rivela una fragilità psicologica nel poeta, che tra un passato gremito di morte e lutti tenta di proteggersi cercando di ricreare il suo “nido d’origine”, in modo così da schermirsi dalmondo reale, quello degli adulti (il nido simboleggia un luogo caldo, accogliente e protettivo, e nel caso di pascoli questa protettività è verso il mondo esterno degli adulti). Questo comportamento viene evidenziato anche da alcuni trascorsi della sua vita: quando la sorella Ida si sposò (1895), Pascoli provò la sensazione di aver subito un altro lutto, come se fosse accaduta una “profanazione” del nido, manifestando dei veri e propri episodi depressivi. Per lo stesso motivo, dovette rinunciare a sposarsi con una cugina, a causa della gelosia della sorella Mariù. Anche se a primo impatto tutti questi dettagli risultano irrilevanti, tutto ciò è indispensabile per comprendere e cogliere i vari simboli nella poesia pascoliana, all'apparenza innocente e fanciullesca, ma in realtà espressione del carattere tormentato dell’autore. SOCIALISMO-UTOPICO Durante il suo percorso universitario entra in contatto con il socialismo-utopico, rappresentato in Emilia-Romagna da Andrea Costa, e grazie al quale ne rimane incantato. Non era l’unico però, in quanto un considerevole numero di giovani intellettuali dell’epoca aderirono a questo movimento, sentendosi minacciati dall’avanzata dell’industrializzazione moderna e anche frustrati dalla declassazione sociale alla quale gli intellettuali dell’epoca erano sottoposti. Pascoli si ritrova in tutti questi aspetti, ma oltre a ciò Pascoli sentiva addosso il peso dell’ingiustizia dell'uccisione del padre e la distruzione del suo nucleo familiare. Aderì così al movimento, grazie al quale lui pensava di poter realizzare una vera pace e fratellanza fra gli uomini. Essendo però “utopico”, e quindi solo un perfetto ideale di un’idea stessa (l’idea dell’idea), questa pace era impossibile in questomondo imperfetto (se questa idea dell’idea si concretizzasse perderebbe la sua perfezione). Ben presto inoltre venne a contatto con la cruda realtà quando, nel 1879, venne arrestato e dovette scontare diversi mesi in carcere. Per lui fu un'esperienza talmente terribile che, una volta uscito, decise di abbandonare ogni forma di politica attiva. Non rinunciò comunque al suo ideale di fratellanza, solidarietà ed unione tra uomini, che riuscì a trasmettere tramite la poesia, la quale porta bontà e buoni sentimenti attraverso i suoi versi. LA POETICA DEL FANCIULLINO È il primo capitolo del Fanciullino, testo teorico e programmatico della poetica pascoliana. Pubblicato dapprima nel 1897 sulla rivista fiorentina "Il Marzocco", poi ampliato e incluso nel 1903 nei “Miei pensieri di varia umanità” e infine definitivamente sistemato in venti capitoletti nella raccolta “Pensieri e discorsi” nel 1907. Il poeta come un fanciullo è in grado di intendere il significato profondo delle cose, di scoprirne somiglianze e analogie nascoste, è capace di stupirsi e non ha vergogna di manifestare i propri sentimenti (brividi, lacrime, tripudi). L'uomo adulto moderno ha in gran parte perduto queste qualità: con la crescita e la maturità (intellettuale e sessuale) altri ordini di desiderio si sono aacciati nella sua vita portandolo a soocare quella parte infantile che nella poesia può invece trovare libera espressione. Il poeta può quindi guardare al mondo come un fanciullo per cui tutto è una nuova scoperta. Egli si sottrae alla logica ordinaria, alla prospettiva comune, grazie alla propria attività fantastica e simbolica. Sebbene siano stati evidenziati dalla critica i limiti relativi alla consapevolezza teorica pascoliana e alla sua volontà programmatica di inserirsi nel rinnovamento avviato dalla poesia simbolista francese Dal punto di vista stilistico si osservi l'andamento discorsivo che tuttavia non presenta una ferrea modalità argomentativa; il linguaggio si fa piuttosto evocativo, cerca il coinvolgimento emotivo del lettore. Il fanciullino che esiste dentro di noi è tutt'uno con noi stessi finché dura l'età infantile; in seguito noi cresciamo e nuovi desideri si fanno strada: il fanciullino sopravvive anche nell'uomo adulto, rimanendo quel che è, ma per l'uomo è più dicile sentirlo perché è soocato da altri desideri e da altre occupazioni. La distanza si accorcia nuovamente nella vecchiaia, quando l'uomo ormai maturo riscopre il fanciullo che è in sé, dialoga con lui componendo una dolce armonia. In queste pagine esaltano, attraverso un linguaggio metaforico, i punti essenziali della teoria pascoliana della poesia, che contiene al tempo stesso un programma poetico, quello che Pascoli andava realizzando proprio in quegli anni nelle varie edizioni di Myricae e nei Poemetti. Tali punti sono, in sintesi: il tipo di conoscenza prerazionale e immaginoso che è proprio del «fanciullino» e che consente di cogliere la realtà nella sua essenza profonda, senza seguire le tappe del ragionamento logico; la verginità primigenia della parola poetica; la scoperta delle corrispondenze segrete fra le cose; il poeta come colui che può spingere lo sguardo oltre i limiti della realtà visibile; la poesia "pura" che non deve proporsi finalità estrinseche, ma che proprio per questo può ottenere eetti di «suprema utilità morale e sociale», indicando un'utopica società senza conflitti, in cui tutti gli uomini siano aratellati; il rifiuto della separazione classica degli stili, la dignità poetica che va scoperta anche nelle cose piccole e umili, non solo in quelle sublimi e aristocratiche. Natura intuitiva della poesia: Anche la poesia deve essere spontanea e intuitiva, come intuitivo è appunto il modo di conoscere e di giudicare dei fanciulli. Dunque è il rifiuto della ragione ad ammettere il fallimento del Positivismo. Se il poeta-fanciullo arriva alla verità in maniera alogica e irrazionale, per lampi intuitivi, la poesia allora deve adarsi all’intatto potere analogico e suggestivo dei suoi occhi, non ancora inquinati da alcuno schemamentale, culturale, storico. Gli occhi del fanciullo scoprono “nelle cose le somiglianze e le relazioni più ingegnose “; adattano “il nome della cosa più grande alla più piccola, e al contrario”; rimpiccioliscono per poter vedere” ingrandisce per poter ammirare”, giungendo, immediatamente e intuitivamente, quasi per suggestione, al cuore delle cose, al mistero che palpita segreto in ogni aspetto della vita. La poesia non è invenzione, ma scoperta, perché essa sta nelle cose che ci circondano, anzi in un particolare di quelle cose che solo il poeta sa vedere. Poesia è “trovare nelle cose il loro sorriso e la loro lacrima e ciò si fa da due occhi infantili che guardano semplicemente, e serenamente tra l’oscuro tumulto della nostra anima”. La poesia ci mette in comunicazione immediata con il mistero che è la realtà vera dell’essere, essa è unmistico contatto con l’anima delle cose, è la forma suprema di conoscenza. La poetica: Nelle pagine del “fanciullino” Pascoli esprime il suo concetto di poetica: il poeta è colui che si fa simile ad un fanciullino nello scoprire con ingenuità e primitività quello che le cose suggeriscono; in ognuno di noi è latente, dorme un fanciullino: il poeta è colui che riesce a svegliarlo, a farlo parlare dentro di sé e a comunicare i significati agli altri uomini. L’atteggiamento del poeta di fronte alla realtà è dunque quello proprio del fanciullino: stupore e meraviglia, curiosità e loquacità, capacità di dare i nomi alle cose con simboli e metafore, per scoprisse il significato nascosto, capacità di assimilare tra loro il piccolo e il grande. Questo spiega l’uso di un linguaggio polivalente, fonico e simbolico, e dà ragione anche del venir meno della personalità del poeta davanti alla poesia delle cose. La poesia di Pascoli è nuova e si allontana da quella romantica per aderire alla cultura del Decadentismo. Nelle sue opere sono presenti molti caratteri del Decadentismo: la sfiducia nei valori della storia e della tradizione, l’individualismo esasperato, la malinconia, la solitudine, l’infanzia sentita come la sola età felice della vita e come rifugio dagli aanni dell’esistenza l’uso di un linguaggio nuovo e originale. Pascoli, al contrario di Carducci, rifiuta gli schemi metrici della poesia tradizionale e crea strofe e versi di misura inedita; utilizza un linguaggio nuovo fatto di vocaboli tratti dalla vita quotidiana e dal dialetto accostati a termini letterali; mira ad ottenere un’intensa musicalità nei versi, anche con l’uso frequente di onomatopee. COLLEGAMENTI: -Pascoli e Baudelaire, trattano delle droghe e dell’alcol, come piaghe sociali da dover combattere con l’arma della poesia. →EVENTO EMIGRAZIONE=VISIONE NEGATIVA FANCIULLO E SUPERUOMO: “IL TUONO” Figure Retoriche Allitterazioni “n”: v. 1: “nella notte nera come il nulla”; “r”, “f”, “t”, “o”: vv. 2-3-4-5: “a un tratto, col fragor d’arduo dirupo/ che frana, il tuono rimbombò di schianto,/ rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo,/ e tacque, e poi rimareggiò rifranto“; “a”: v. 6: “e poi vanì. Soave allora un canto”; Anadiplosi vv. 3-4: “rimbombò[…]/ rimbombò”; Asindeti v. 4: “rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo”; Enjambements vv. 2-3: “dirupo/ che frana”; vv. 6-7: “un canto/ s’udì di madre”; Iperbato vv. 6-7: “[…] Soave allora un canto/ s’udì di madre, e il moto di una culla”; ricostruito: “Allora si udì un canto soave di madre e il moto di una culla”; Metafore vv. 2-3: “[…] col fragor d’arduo dirupo/ che frana […]” ; v. 5: “[il tuono] rimareggiò rinfranto”; Onomatopea v. 4: “rimbombò, rimbalzò, rotolò”; v. 5 : “rimareggiò”; Paronomasia v. 1: “nella […] nulla”; Personificazione vv. 3-6: “il tuono rimbombò di schianto,/ rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo,/ e tacque, e poi rimareggiò rifranto,/e poi vanì.[…]”; Polisindeti vv. 5-7: “e tacque, e poi rimareggiò rifranto,/e poi vanì. […]”; Similitudini v. 1: “nella notte nera come il nulla”; Sinestesia v. 7: “s’udì […] il moto di una culla”. Commento Il tuono, composto da Giovanni Pascoli nel 1890, è strettamente legato alle liriche Temporale e Il lampo, quest’ultima immediatamente precedente nella raccolta. Le tre poesie presentano, oltre all’evidente legame tematico e cronologico, la stessa formametrica (ballata) e un identico schema rimico. Notiamo inoltre che il primo verso, separato tipograficamente, costituisce la ripresa de Il lampo, che inizia con il verso all'analogo ritmo “E cielo e terra si mostrò qual era”. Ovviamente l’autore voleva destare nel lettore la sensazione mimetica della sequenza lampo-tuono. Tuttavia, a dierenza delle altre due poesie citate, nelle quali si trova un accumulo di riferimenti semantici visivi, in Il tuono si insiste fortemente sui richiami uditivi. Il tuono è un esempio calzante di poesia costruita sull’andamento paratattico semplice, sotto il quale si articola tuttavia un’estrema ricercatezza ritmica e sonora fondata sulle figure dell’allitterazione, dell’enumerazione o dell’onomatopea. Passando subito al testo, il ritmo sintattico piano del primo verso è rotto improvvisamente dall’”a un tratto” (v. 2), il quale dà luogo a un’accelerazione improvvisa costituita dall’asindeto allitterante “rimbombò, rimbalzò, rotolò cupo” (v. 4). Successivamente, con il polisindeto “e tacque, e poi rimareggiò rifranto,/ e poi vanì. […]” (vv. 5-6), chiuso dalla censura, si ha un rallentamento graduale dell’andatura, a indicare il riverbero sonoro del boato, prima della ripresa finale del ritmo regolare che era stato proprio del primo verso. Attraverso tale costruzione ritmica, il poeta vuole descrivere in forma sonora lo scatenarsi dello spaventoso fenomeno atmosferico che rompe la misteriosa quiete notturna. Nel finale compare il tema pascoliano per eccellenza, l’immagine del nido distrutto da un evento improvviso e immotivato, metafora autobiografica che l’autore sviluppa pienamente in X Agosto. Lamadre che consola il piccolo, il padre assente, sono figure costanti della lirica pascoliana, ne percorrono l’intera produzione. In questo caso, è con la sequenza delle tre ballate Temporale, Il lampo, Il tuono che si evoca simbolicamente il misterioso assassinio di Ruggiero Pascoli, padre di Giovanni, che fu per la famiglia propriamente un fulmine a ciel sereno: una morte alla base della tragica vicenda biografica del poeta, segnata dalla disgrazia economica e politica e dalla perdita successiva di madre e fratelli. L’utilizzo di artifici mimetici a carattere descrittivo per rimandare a tematiche autobiografiche interpretate in chiave universalistica avvicina Pascoli al Simbolismo francese di Baudelaire, Rimbaud, Verlaine e soprattutto, per lo sperimentalismo grafico e formale, di Mallarmé. Dal punto di vista tematico, la descrizione di una natura spaventosa e onnipotente è vicina alla poetica leopardiana, di cui Pascoli fu ammiratore, ma anche critico. Tuttavia, la chiave interpretativa corretta del fenomeno naturale resta quella simbolica: quel mondo oscuro e maligno di cui Pascoli ci parla, non sta in una Natura matrigna, ma nella volontà (auto)distruttrice dello stesso essere umano. Questa visione antiumanistica e tragica delle cose inserisce a pieno titolo il poeta nella sensibilità propria del Decadentismo e prelude agli avvenimenti storici disastrosi in cui il mondo sprofonderà nella primametà del Novecento. X AGOSTO Tematica ispiratrice della lirica è la morte del padre descritta, attraverso un parallelismo uomo-natura, con la morte di una rondine uccisa, come il padre, senza motivo. Struttura della poesia Le sei strofe di X Agosto si collegano tra di loro per simmetria: La prima e la sesta fanno da cornice alle strofe centrali, seguono un percorso parallelo e sono accomunate dall’immagine del pianto di stelle (vv.3-4 e v.23); Le quattro strofe centrali si collegano a due a due attraverso il parallelismo tra la vicenda naturale della rondine e la vicenda personale del poeta. Analisi del testo della poesia La poesia si apre con il poeta che dice: io lo so, per sottolineare il ruolo del poeta come colui che sa interpretare ciò che vede e in base alla poetica del fanciullino è in grado di vedere ciò che gli altri non possono vedere, cioè sa il motivo per cui nel cielo vi sia quel gran cadere (gran pianto) di stelle cadenti. La poesia continua poi con la spiegazione, attraverso flash di immagini che danno alla poesia un’impronta impressionistica, basata sul parallelismo tra vicenda naturale e vicenda personale del poeta: la similitudine tra l’uccisione di una rondine e l’uccisione del padre di Pascoli. Il poeta procede attraverso analogie: La seconda e la quarta strofa descrivono: o L’uccisione della rondine e dell’uomo, mentre entrambi stanno ritornando dai propri cari; o sia l’uno che l’altro portano qualcosa in dono per i propri piccoli (la rondine porta del cibo, l’uomo porta delle bambole) La terza e la quinta commentano le due morti: o Iniziano in maniera analoga: Ora è là (v.9); Ora là (v.17); o in entrambi i casi viene messa in rilievo la crudele indierenza del cielo, ovvero di Dio, come emerge dai versi 10 e 20, sottolineata anche attraverso le rime: lontano/piano (vv.10-12) in vano/lontano (vv.18-20). Anche nella conclusione il Poeta ricorre al parallelismo e l’ultima strofa richiama la prima attraverso l’immagine del cielo e del pianto di stelle (vv.3-4 e 23). Inoltre, il cielo viene posto in antitesi con la terra e Pascoli sottolinea la loro distanza e inconciliabilità: Il cielo viene definito: sereno, infinito, immortale è il luogo in cui non esiste soerenza né morte; La terra viene definita in contrapposizione: opaca, atomo del Male, in cui invece regna dolore e caducità. Analisi metrica Sei quartine di decasillabi e novenari alternati. Rime alternate secondo lo schema: ABAB. L’ecacia delle immagini e la loro drammaticità viene resa attraverso un linguaggio frantumato fatto di frasi brevi e ampio uso della punteggiatura, per esempio: Al verso 3 la virgola posta subito dopo il verbo cade interrompe bruscamente il verso suggerendo l’eetto visivo del brusco spegnersi delle stelle quando cadono; Al verso 14 (l'uccisero: disse: Perdono;) tre predicati verbali, uno di seguito all’altro,e tre interpunzioni, successione di termini che evidenzia la tragicità della realtà. Anastrofe le tremule foglie dei pioppi / trascorre una gioia leggiera, vv.5-6; singhiozza monotono un rivo, v.12; non resta che un dolce singulto / nell'umida sera, vv.15-16; Climaxmi dicono…/mi cantano…sussurrano/…bisbigliano, vv. 33/35 - climax discendente o anticlimax che suggerisce il progressivo attenuarsi del suono perché il poeta scivola piano piano nel sonno; Iperbato la parte, sì piccola, i nidi / nel giorno non l'ebbero intera, vv.29-30; Metonimia O stanco dolore, riposa!, v. 21 – l’eetto al posto della causa, Pascoli si riferisce a se stesso. nidi, v.29, il contenente per il contenuto, nidi/ contenitore per dire rondinotti/contenuto; canti di culla, v.37 – contenitore al posto del contenuto Sinestesia tacite stelle, v.3 – le stelle non hanno parole quindi non possono essere tacite. L’aggettivo tacite rende molto ecacemente la suggestione che provoca nell’osservatore un cielo stellato. cielo sì tenero, v. 10 – con tenero si attribuisce al cielo un aggettivo che deriva da una sensazione tattile ma la percezione del cielo deriva da una sensazione visiva; voci di tenebra azzurra, v.36 – accostamento di sfere sensoriali diverse: voci che è relativa alla sensazione uditiva e tenebra azzurra relativa a sensazione visiva. IL GELSOMINO NOTTURNO La poesia Il gelsomino notturno di Giovanni Pascoli fu composta per le nozze dell’amico Gabriele Briganti, dalla quale nascerà il figlio Dante Gabriele Giovanni (i primi due nomi in omaggio al poeta preraaellita Dante Gabriel Rossetti; l’ultimo nome in omaggio a Pascoli), ed uscì in forma di opuscolo nel 1901; fu poi raccolta nei Canti di Castelvecchio nell’edizione del 1903. Metrica: sei quartine di novenari a rime alternate (ABAB); nell’ultima quartina non c’è rima tra il primo e il terzo verso. Il simbolismo pascoliano: tra percezione dell’indefinito e ricerca stilistica Il gelsomino notturno è considerato un testo-chiave del Simbolismo pascoliano per la sua ranata capacità di evocare ed alludere la realtà amoroso-erotica in maniera indiretta e sfumata, con un ampio ricorso ad alcune figure retoriche tipiche dell’autore. Molto interessante osservare come Pascoli sappia abilmente bilanciare spinte divergenti. Da un lato c’è infatti l’atmosfera sfumata ed allusiva della situazione descritta dal poeta (il paesaggio serale e poi notturno, la sensibilità ranatissima nel cogliere il profumo dei fiori, il ronzio dell’ape solitaria, il gioco delle luci); dall’altro un uso precisissimo sia della metrica e di alcune figure retoriche, come sinestesie (v. 10: “l’odore di fragole rosse”) e metonimie (v. 7: “Sotto l’ali dormono i nidi”), in un generale clima dominato dall’analogia, che istituisce legami misteriosi ed oscuri - noti solo al poeta-fanciullino - tra le cose. Molto curato anche l’aspetto fonosimbolico e percettivo del testo, grazie ad un’attenta alternanza tra vocali aperte e chiuse, e tra verbi e sostantivi che rimandano all’ambito uditivo (“si tacquero i gridi”, “una casa bisbiglia”, “un’ape tardiva sussurra”, “col suo pigolìo di stelle”) e visivo (“s’aprono i fiori”, “sono apparse [...] le farfalle crepuscolari”, “splende un lume”, “l’aia azzurra”, “passa il lume”, “si chiudono i petali”) e alla dimensione coloristica (il “rosso” simbolico delle fragole, l’azzurro del cielo notturno, il brillare del “lume per la scala”). Figure Retoriche Enjambements “viburni / le farfalle” (vv. 3-4); “si esala /l’odore” (vv. 9-10); “azzurra / va” (vv. 15-16); “s’esala / l’odore” (vv. 17-18); “i petali / un poco gualciti” (vv. 21-22); Metonimia “casa” (v. 6); “nidi” (v. 7); Sineddoche “ciglia” (per “palpebre”) (v. 8); Sinestesia “l’odore di fragole rosse” (v. 10); “pigolio di stelle” (v. 16); Metafore “un’ape tardiva sussurra” (v. 13); “aia azzurra” (v. 15); “urna” (v. 23); Similitudini “come gli occhi sotto le ciglia” (v. 8); Lessemi onomatopeici “bisbiglia” (v. 6); “sussurra” (v. 13); “pigolio” (v. 16); Antitesi “Da un pezzo si tacquero i gridi / là sola una casa bisbiglia” (vv. 5-6); Personificazione “una casa bisbiglia” (v. 6); “un’ape tardiva sussurra” (v. 13); Analogia “la Chioccetta per l’aia azzurra / va col suo pigolio di stelle” (vv. 15-16); “si cova, / dentro l’urna molle e segreta / non so che felicità nuova” (vv. 22-24); “petali / un poco gualciti” (vv. 21-22).
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