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Giovanni Pascoli: vita, poetica e ideologia, Dispense di Italiano

La vita, la poetica e l'ideologia di Giovanni Pascoli, poeta italiano del Novecento. Si parla della sua infanzia, della sua formazione universitaria, della sua visione del mondo e della sua poetica. Si analizzano inoltre i temi della sua poesia e la sua ideologia politica, che fonde elementi di socialismo umanitario e nazionalismo colonialistico.

Tipologia: Dispense

2023/2024

In vendita dal 03/02/2024

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silvia-bonatesta 🇮🇹

57 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Giovanni Pascoli: vita, poetica e ideologia e più Dispense in PDF di Italiano solo su Docsity! Giovanni Pascoli Nacque il 31 dicembre 1855 a San Mauro di Romagna da una famiglia numerosa della piccola borghesia rurale; suo padre era proprietario di una grande azienda agricola. La serenità della famiglia fu sconvolta dalla tragedia del 10 agosto 1867: Ruggero Pascoli fu ucciso a fucilate, probabilmente da un rivale che aspirava a prendere il suo posto di lavoro. I responsabili non furono mai individuati e questo fu vissuto da Pascoli come un’ingiustizia insopportabile. Dopo l’uccisione del padre la famiglia si trovò in difficoltà economiche. In seguito, morirono anche la madre, la sorella e tre fratelli. Pascoli terminò il Liceo e, grazie all’aiuto di un professore, si iscrisse alla Facoltà di Lettere presso l’Università di Bologna. A Bologna rimane affascinato dall’ideologia socialista ma, dopo aver partecipato a delle manifestazioni contro il governo (aderì alla Prima Internazionale dei lavoratori, un’organizzazione dei movimenti socialisti di tutta Europa), venne arrestato e decise allora di abbandonare la politica militante. La Sinistra italiana in quel momento storico attraversava una situazione di crisi generale; si affermò il socialismo di Karl Marx la cui ideologia si fondava sulla lotta di classe. Pascoli non condivideva questi principi, perché sognava una fratellanza tra gli uomini. Sostiene invece una fede umanitaria e spera in un’utopica armonia tra le classi. Si laureò e intraprese la carriera di insegnante liceale a Massa, dove cercò di ricostruire il nido con le sorelle Ida e Mariù. L’attaccamento morboso alle sorelle rivela la fragilità del poeta, che cercava nel nido la protezione dal mondo esterno degli adulti. In seguito si trasferì a Castelvecchio, dove venne a contatto con il mondo della campagna e nel frattempo insegnò in varie Università. Pascoli vinse per 13 anni la medaglia d’oro al concorso di poesia latina ad Amsterdam. Negli ultimi anni Pascoli assume la funzione di poeta civile, “vate” e scrive Odi e inni, Poemi del Risorgimento, Poemi italici, Canzoni di re Enzio. Si affiancò dunque l’immagine del letterato ufficiale che diffonde ideologie e miti. Tenne diversi discorsi pubblici, tra cui La grande proletaria si è mossa. Morì nel 1912 a Bologna. La visione del mondo L’influenza del Positivismo si riconosce nell’uso di termini specifici di alcune scienze e le conoscenze di astronomia. La visione del mondo di Pascoli però rispecchia la crisi del Positivismo e l’affermarsi di tendenze idealistiche, perché è caratterizzata da una sfiducia nei confronti della scienza come strumento di interpretazione della realtà. Il poeta avverte il mistero che si cela al di là delle presenze oggettive e delle certezze razionali, ma questa tensione non determina l’adesione ad una fede religiosa (il Cristianesimo esercita un fascino su di lui perché esprime un messaggio di fratellanza e benevolenza). Il mondo gli appare frantumato e, i particolari fisici sono filtrati dalla visione soggettiva del poeta e non compongono un quadro logico e oggettivo, ma assumono significato simbolico. Il mondo è visto attraverso il velo dell’immaginazione e del sogno, il mondo non è oggettivo. La poetica Il poeta coincide con il fanciullo che sopravvive al fondo di ogni uomo: un fanciullo che vede le cose per la prima volta, con ingenuo stupore e meraviglia. Il poeta-fanciullo da il nome alle cose usando u linguaggio capace di cogliere l’essenza delle cose. La poesia per Pascoli è una conoscenza prerazionale, intuitiva. Questo atteggiamento irrazionale permette di cogliere l’essenza delle cose. Il fanciullo scopre infatti quella trama di corrispondenze misteriose tra le cose. Il poeta appare come un veggente, dotato di una sensibilità particolare, colui che può esplorare il mistero. Per pascoli quindi la poesia non deve avere delle finalità pratiche, il poeta non si pone obiettivi civili e morali, ma è anche convinto che la poesia induca alla bontà e alla fratellanza, placando la violenza. La poesia è anche nelle piccole cose, che hanno un sublime particolare; Pascoli si propone come cantore delle realtà umili e dimesse. L’ideologia politica Dopo l’affermazione di un capitalismo cinico e aggressivo, idealizza la classe dei piccoli proprietari terrieri, custode dei valori autentici. Nella riflessione di Pascoli, l’immagine del nido si estende fino a comprendere la nazione. Sente il dramma dell’emigrati italiani costretti ad abbandonare il nido. Condivide quindi la visione proposta dal Nazionalismo italiano del primo Novecento, ammette la legittimità delle guerre coloniali per consentire alle nazioni proletarie (più povere) di dare lavoro ai propri figli. Celebra la guerra di Libia nel 1911. Quindi, in Pascoli si fondono socialismo umanitario e nazionalismo colonialistico: contraddizione. I temi della poesia pascoliana Una parte della produzione di Pascoli ha la funzione di proporre l’ideale di vita dell’autore, quindi i valori piccolo borghesi e di umanismo. Proprio perché crede nel valore pedagogico della poesia, Pascoli assume la funzione del poeta vate, che canta il passato glorioso della patria, indicando valori civili fondamentali (l’amore per la patria e l’ammirazione per l’esercito, la legittimità della proprietà privata). I Canti di Castelvecchio (Testi: Il gelsomino notturno) I canti di Castelvecchio del 1903, si propongono come un continuo di Myricae, anche qui ritornano le immagini di vita di campagna con tutti gli aspetti naturali. I componimenti seguono un disegno che allude allo scorrere delle stagioni: ancora una volta quindi la natura è il rifugio per sottrarsi all’angosciante esistenza. Ricorre ancora una volta il tema della tragedia familiare e dei cari morti che stanno vicini al poeta per consolidare il loro legame. Il nuovo paesaggio di Castelvecchio, simile alla Romagna in cui il poeta ha trascorso la sua infanzia indica il legame tra il nuovo nido e quello spazzato via dai lutti. Non mancano infine gli elementi più morbosi che hanno origine dalle ossessioni del poeta, quali l’eros contemplato con il turbamento del fanciullino, e la morte che a volte appare come un luogo materno in cui rifugiarsi. Dalle piccole cose poi Pascoli passa agli infiniti e ad immaginare le apocalissi che distruggeranno il mondo. I Poemi conviviali, I Carminia, Le ultime raccolte, I Saggi I Poemi Conviviali, del 1904 compaiono per la prima volta nella rivista romana “Il Convito”, espressione dell’estetismo. Infatti al clima estetizzante corrispondono anche i temi pascoliani: si tratta di poemetti dedicati ai personaggi e ai fatti della storia antica dalla Grecia al cristianesimo, infatti compaiono Achille, Ulisse, Socrate o Alessandro Magno. Il linguaggio è raffinato e vuole riprodurre la poesia classica dei poemi omerici, ma nonostante queste vesti classiche, i poemetti contengono tutti i temi della poesia pascoliana. Il mondo antico non è un modo immobile e perfetto, ma si carica delle inquietudini della vita moderna. Inoltre Pascoli si dedicò alla poesia in lingua latina. L’intera produzione latina fu pubblicata nel 1914 sotto il titolo di Carmina. Si tratta di 30 poemetti e 61 componimenti più brevi, che descrivono situazioni e momenti di vita quotidiana dell’antica Roma, che vedono protagonisti individui umili e buoni. Pascoli ammira la civiltà romana ma non risparmia alcune critiche verso alcune usanze. Il latino di Pascoli non riproduce i modelli fissati dai poeti antichi, ma è una lingua dinamica che rivela molte affinità con le poesie italiane, soprattutto nel ritmo spezzato. Infine, nelle ultime raccolte, Pascoli assume le vesti del vate, celebratore delle glorie nazionali e divulgatore dei principi morali e civili, prendendo spunto dall’attualità ma anche dalla storia del passato. Questi versi ad oggi appaiono artificiosi e difficili da leggere. Molto importante è anche il periodo in cui Pascoli si dedicò all’attività di saggista e critico. Il più importante è sicuramente il Fanciullino (1897), ma ci sono anche altri saggi dedicati a Leopardi e a Manzoni, che rappresentano un’occasione per esprimere la sua concezione della poesia. Pascoli appare molto più critico nei confronti di Dante e nei tre volumi che gli dedica: offrono una complessa interpretazione della poesia dantesca intesa a ricostruire il sistema dei suoi significati nascosti. Pascoli sperava di ottenere successo con queste opere, ma in realtà ottenne solo critiche. Accanto agli scritti critici si possono collocare anche i lavori scolastici, le antologie italiane “Sul limitare” “Fior da fiore”, e quelle latine “Lyra” “Lyra romana” ed “Epos” in cui le scelte antologiche riflettono il gusto del poeta. Lo stile è pacato e colloquiale, ma poco spontaneo. Più sostenuto è invece lo stile dei discorsi ufficiali in occasione dei discorsi pubblici. Il male La celebrazione della vita comune e dei valori rappresenta un tentativo di Pascoli di sfuggire alle forze minacciose di cui ha paura. Infatti, crede che nella solidarietà e fratellanza tra gli uomini si trovi una consolazione al male di vivere degli uomini, ai dolori e alle miserie. Secondo Pascoli la vita umana è dolore e sofferenza e sulla Terra domina solo il male. Le vittime del male sono delle creature privilegiate perché il dolore le rende superiori. Nei suoi scritti Pascoli prova orrore verso i processi storici contemporanei (l’imperialismo, la concentrazione monopolistica, i regimi totalitari). Per questo si chiude spesso nel nido degli affetti domestici. Al tema del nido si collega anche il ricordo e il culto dei morti, che introduce una riflessione sulla morte. Pascoli coglie l’inevitabilità del male tra gli uomini e la necessità del perdono e della cooperazione. La sensibilità di Pascoli è inquieta, tormentata, morbosa. Pascoli ricerca il mistero che si cela dietro le cose più usuali, trasferisce nella poesia le sue ossessioni e porta alla luce le zone oscure della psiche. Diversi componimenti lasciano trasparire questa caratteristica della poetica di Pascoli: ad esempio la Digitale purpurea tratta il tema della duplicità della psiche umana, ma anche nell’Assiuolo, la realtà è sospesa tra realtà e sogno. Dunque Pascoli può essere considerato il poeta dell’irrazionale, oltre che pedagogo.
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