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GIOVANNI PASCOLI, VITA, OPERE E ANALISI, Appunti di Italiano

La vita e la poetica di Giovanni Pascoli, poeta italiano del XIX secolo. Si parla della sua formazione, della sua carriera accademica e della sua produzione letteraria, con particolare attenzione alla poetica del fanciullino e alla teoria della percezione soggettiva della realtà. Si confronta inoltre la vita di Pascoli con quella di D'Annunzio.

Tipologia: Appunti

2021/2022

In vendita dal 12/12/2022

giuseppe-fruscione
giuseppe-fruscione 🇮🇹

4.7

(3)

33 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica GIOVANNI PASCOLI, VITA, OPERE E ANALISI e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! 1 GIOVANNI PASCOLI Giovanni Pascoli nasce a San Mauro di Romagna, il 31 dicembre 1855, quarto di dieci figli. Nel 1862 entra nel collegio dei padri scolpi, dove frequenta le elementari, il ginnasio e la prima liceo. Il 10 agosto 1867, il giorno di San Lorenzo, il padre Ruggero venne ucciso da sicari sconosciuti e successivamente morirono anche altri suoi familiari, tra cui la sorella maggiore, la madre e i suoi due fratelli Luigi e Giacomo; tutto ciò contribuirà a radicare nel poeta un’ossessiva percezione della presenza di un senso di mistero e di morte su ogni cosa. Pascoli termina gli studi liceali a Firenze e poi a Cesena e successivamente si iscrive alla facoltà di lettere, a Bologna, dove avrà come insegnante lo stesso Carducci. Durante gli anni universitari, si instaura in pascoli un sentimento di ribellione contro l’ingiustizia, che lo spinge ad aderire al movimento socialista rivoluzionario. Prese parte ad una manifestazione filo anarchica, per la quale venne arrestato ma, dopo quattro mesi di prigione, venne assolto a processo. Una volta scarcerato, Pascoli, riprende gli studi universitari, dove si laurea brillantemente nel 1882. L’anno successivo, nel 1883, intraprende una lunga carriera d’insegnamento, come docente liceale di latino e greco. Col passare del tempo e con l’aumentare della sua fama letteraria, Pascoli, pur rimanendo un semplice docente liceale, venne chiamato a collaborare con le maggiori riviste letterarie. Nel’85, venne chiamato all’insegnamento universitario di grammatica latina e greca e successivamente, nel 1905, alla cattedra di letteratura italiana all’università di Bologna, come successore dello stesso Carducci. La vita di Pascoli è stata una vita povera di eventi esteriori, dedicata ad un continuo rifugiarsi nelle memorie. La sua esistenza si è svolta tra pochi luoghi: la campagna romagnola dell’infanzia, le diverse sedi d’insegnamento e la casa di Castelvecchio, dove tornava ogni volta che gli era possibile. La sua paura di vivere, che gli ha anche ostacolato il rapporto con le donne e l’amore, è data dalla sua tendenza a rinchiudersi nel “nido” domestico, da qui ha infatti inizio la sua disperazione per il fidanzamento ed il matrimonio della sorella Ida, che considererà come un vero e proprio tradimento del “nido” domestico. A questo tradimento, Pascoli, con la sorella Maria, risposero rifugiandosi nella casa di Castelvecchio dove, il poeta, incarnò la figura del custode delle memorie della famiglia d’origine, che includeva i genitori, i fratelli e le sorelle, vivi e morti. Confrontando la vita di Pascoli con quella di D’Annunzio, possiamo dedurre che sono due vite opposte, infatti il primo vive una vita isolata, restando fedele a pochi luoghi, il secondo, invece, è considerato un brillante uomo di società, un avventuriero senza fissa dimora. Mentre D’Annunzio era un uomo capace di intraprendere amicizie, amori e debiti e visse una vita piena di colpi di scena e con l’intenzione di farne un’opera d’arte, quella di Pascoli trascorre di quasi solo eventi interiori, rinchiudendosi nel “nido” domestico. Pascoli idealizzò il mondo cittadino, con i suoi valori di famiglia, rappresentati nel nido familiare; D’Annunzio invece teorizzò il disprezzo della folla e della gente comune, in nome dell’importanza di pochi uomini superiori, dei loro pensieri e delle loro idee. Entrambi sono però attratti dalle cose comuni e sono entrambi decadenti, sono distaccati dalla società, ma per motivi diversi, Pascoli perché è molto introverso e privo di vita sociale, D’Annunzio perché, con la sua teoria del superuomo, si sente superiore all’uomo comune, quindi se ne distacca. 2 In campo letterario, la poetica Pascoliana rappresenta il simbolo di una ricca sperimentazione, che ricercò più stili contemporaneamente e non conobbe quindi un’evoluzione progressiva. L’esordio del poeta avvenne con la raccolta “Myricae”, dove Pascoli presentò la sua poesia come un’arte fatta di cose semplici e umili. In queste opere, Pascoli impersona il poeta-fanciullo, colui che pone uno sguardo “piccolo” sulla realtà ed è opposto al poeta-vate di Carducci. Un’altra raccolta importante fu “Poemetti”, nei quali il tema principale è la vita di campagna. Le opere dei poemetti presentano componimenti più lunghi, costruiti sulla forma della terzina dantesca. Poi ci sono i “Canti di Castelvecchio”, che può essere considerato il lavoro più maturo di Pascoli, rappresentano la terza raccolta pascoliana, qui il poeta richiama ancora la vita di campagna, a cui aggiunge i ricordi dell’infanzia. Pascoli scrisse poi altre opere come i “Poemi Conviviali”, che erano formati da endecasillabi sciolti e parlavano di storie della mitologia greca e di importanti personaggi storici o anche “Odi e Inni”, che erano caratterizzati dall’abbandono della poetica del fanciullino. Pascoli scrive inoltre molte poesie latine e alcune prose come “Il Fanciullino”, e infine alcuni discorsi nazionalistici come “La grande proletaria si è mossa” in occasione della guerra in Libia, in cui il “nido domestico” si allargò all’intera Italia. La poetica pascoliana è stata influenzata dalla situazione culturale tra 800 e 900 ed è caratterizzata dal rifiuto del positivismo, dalla sfiducia nella scienza e nella ragione come principale metodo di conoscenza. Per Pascoli la realtà non conta in sé per sé, quindi come realtà oggettiva, ma per come l’uomo riesce a percepirla, ovvero come una realtà soggettiva. Con Pascoli si ha la “Teoria del Fanciullino”, in cui il poeta afferma che in ogni uomo c’è un “Fanciullo”, capace di sperimentare ogni giorno emozioni e sensazioni nuove. Questo fanciullo, però, è spesso soffocato dal mondo esterno degli adulti, ma se viene risvegliato, riesce a far scoprire il lato misterioso ed attraente di ogni cosa. Con il fanciullino si parla di “Poetica delle piccole cose”, infatti il fanciullino da importanza alle piccole cose, come possono essere la campagna o i gesti dell’infanzia, che assumono più importanza delle cose grandi come per esempio i fatti della storia e adotta una “prospettiva rovesciata”, infatti le cose grandi le vede piccole, per esempio il brillare delle stelle gli pare un pigolio, mentre le cose piccole le ingrandisce, un ciuffo d’erba, infatti, gli sembra una foresta. Nella società, il poeta è colui che, come i fanciulli, ha mantenuto l’infantile capacità di meravigliarsi e di intuire, piuttosto che ragionare. Pascoli sviluppa un parallelismo tra il fanciullo e il poeta, dice infatti che il fanciullo, come il poeta-fanciullo, osserva ogni cosa con occhio incantato, perché tutto gli pare sconosciuto ed affascinante. Pascoli, nelle sue opere, utilizza molti simboli, tra cui il principale, quello del nido. Si tratta di un’immagine reale, poiché molte poesie vedono gli uccelli come protagonisti, ma vale soprattutto come metafora: ∑ Nido è la casa in cui rinchiudersi per sfuggire al male che sta fuori; ∑ Nido è la famiglia, oltre al quale, per il poeta-fanciullo, vi sono i malvagi; ∑ Nido è, per estensione, la patria, madre dei suoi figli. Gli studiosi hanno reinterpretato il nido, dicendo che è simbolo: ∑ Della “regressione all’infanzia” di Pascoli, cioè il suo desiderio di tornare all’infanzia; ∑ Della sua diffidenza per ciò che è sconosciuto, per il mondo esterno ed adulto; ∑ Della volontà di restare chiusi e protetti in una piccola cerchia familiare; 5 LAVANDARE Spiegazione Lavandare, è una poesia che è stata aggiunta alla terza edizione della raccolta Myricae, nel 1894, nella sezione “l’ultima passeggiata”. La poesia è composta da tre strofe, due terzine e una quartina finale, di soli versi endecasillabi. Nella prima strofa, predomina il senso della vista, il poeta, infatti, descrive il paesaggio di campagna in cui si trova, dicendo che in un campo, mezzo grigio, mezzo nero, poiché è stato arato solo per metà, quindi la terra smossa, più umida, è di un colore più scuro rispetto alla terra superficiale, grigiastra, seccata dal sole, si trova un aratro senza buoi, quindi un aratro abbandonato, tra la nebbia. Nella seconda terzina, invece, predomina il senso uditivo, infatti il poeta, sente arrivare dal canale, il rumore fatto dalle lavandaie che, come quasi un ritmo, segue i colpi dei panni, battuti nell’acqua e dalle lente cantilene. Nell’ultima strofa, il poeta vede il vento che, come neve, fa cadere le foglie degli alberi, mentre la persona amata, non può tornare a casa e, come l’aratro abbandonato, e solo in mezzo ai campi incolti. Temi e significati Facendo parte della raccolta Myricae, uno dei temi principali dell’opera è il paesaggio che, non è un paesaggio reale, ma un paesaggio simbolico, dove infatti ogni elemento rappresenta un simbolo. Oltre alla campagna, altri temi molto importanti sono quelli della solitudine e dell’abbandono, raffigurato nella poesia attraverso vari elementi come l’aratro senza buoi, quindi abbandonato. Il tema dell’abbandono, ritorna nuovamente nell’ultima strofa, dove il poeta riprende le canzoni d’amore, cantate dalle lavandaie e dice che quando qualcuno non torna in un posto, vuol dire che lo ha abbandonato. 6 X AGOSTO Spiegazione La poesia X agosto, può essere considerata come la perfetta rappresentazione della tragedia subita dal poeta, ovvero l’omicidio del padre, il 10 agosto 1867, il giorno di San Lorenzo. L’opera, è stata pubblicata sulla rivista “il Marzocco”, il 9 agosto 1896, per poi essere aggiunta nella quarta edizione di Myricae, l’anno successivo. La poesia è composta da sei quartine di versi endecasillabi e novenari, che rappresentano una perfetta forma simmetrica, infatti la prima, è una strofa di introduzione, nella seconda e terza, si parla della rondine, nelle due successive si parla del padre e infine, l’ultima strofa si ricollega alla prima, con una struttura circolare. Nella prima strofa, il poeta si rivolge a San Lorenzo, e gli dice che lui sa perché così tante stelle cadono per l’aria tranquilla, per lui, infatti, è come se il cielo piangesse, a causa dell’uccisione del padre. Nella seconda e terza strofa, Pascoli, parla di una rondine che è stata uccisa mentre stava tornando a portare il cibo ai rondinini, infatti aveva un insetto nel becco; ora invece è stesa per terra, come in croce, mentre i rondinini stanno morendo perché non hanno cibo. Nelle due strofe successive, il poeta paragona la morte della rondine ad un uomo che è stato ucciso, mentre tornava a casa, ma nel morire, ha perdonato i suoi uccisori. l’uomo, come la rondine, stava portando in dono due bambole ai suoi figli che, aspetto nel suo ritorno nella casa ormai abbandonata. Nell’ultima strofa, infine, il poeta si riferisce al cielo, dicendo che lui, dall’alto dei mondi sereni, inonda la terra, definita come “atomo opaco del male”, poiché la terra è piccolissima rispetto all’intero universo, con un pianto di stelle. Temi e significati Questa poesia, parla dell’argomento che, più di tutti, a cambiato drasticamente la vita del poeta, ovvero dell’assassinio del padre, da parte di sicari sconosciuti, il 10 agosto 1887, il giorno di San Lorenzo. In quest’opera, sono presenti molti elementi della poesia pascoliana, come l’uso di un linguaggio simbolico e, facendo parte della raccolta Myricae, i temi principali sono la campagna, il senso di solitudine, di angoscia esistenziale e il ricordo dei morti. In questa poesia, ritorna il tema del nido, il poeta fa un’analogia tra la rondine e il padre, infatti, la rondine è stata uccisa mentre tornava al tetto, quindi a casa, come anche il padre che è stato ucciso mentre tornava al nido. Un altro tema, è la religione, infatti l’uccisione della rondine e del padre, vengono paragonati ad uccisione di Gesù che, come loro, è morto ingiustamente. L’ultima strofa, si ricollega alla prima, attraverso una struttura circolare. Il poeta vuole dare risalto ad una concezione pessimista, data dalla consapevolezza che la terra, definita come un atomo opaco del male, porta soltanto sofferenza nella vita del poeta. 7 LA MIA SERA Spiegazione “La mia sera”, è una poesia facente parte della raccolta “Canti di Castelvecchio”, formata da 5 strofe di 7 versi novenari e un senario di chiusura. La poesia si apre con la descrizione di un paesaggio, Pascoli descrive il far della sera dopo un giorno tempestoso, un giorno pieno di lampi seguito dalla quiete della sera, con le sue stelle che portano il silenzio. Nei campi, dice Pascoli, si sente il gracidio delle rane e la brezza serale soffia tra le foglie; la prima strofa si chiude tra il ricordo del temporale diurno e la quiete della sera. Al calare del buio, il poeta attende che le stelle appaiono nel cielo animandolo, rendendolo vivo nel silenzio, dice Pascoli, sì sente un ruscello che scorre, è le rane che gracidano. Di tutto quell’oscuro movimento e di tutta quella bufera, adesso non resta che lo scorrere del ruscello nel silenzio della sera. In quel torrente che scorre, adesso è finito il temporale che sembrava senza fine; dei fulmini violenti, restano adesso delle nuvole illuminate dal tramonto. Guardandosi intorno, Pascoli vede delle rondini prendere il volo e “gridare” nell’aria, esse volano per cercare il cibo, la pioggia gli ha impedito di cacciare e adesso che torna il sereno, il loro giorno è “allungato” poiché “la parte piccola” cioè gli uccellini, incapaci di volare, non hanno ancora avuto la loro parte. È così come gli uccelli, anche il poeta, nella sua vita ha sofferto e adesso, nella sera, ritrova la serenità; Pascoli sente infatti un canto dolce che prima parla, poi canta, poi ancora sussurra e infine bisbiglia: è la voce della madre che gli chiede di dormire, e poi scompare, nel nulla sul far della sera. Temi e significati La sera è un tema molto caro ai poeti, essa, nel suo silenzio, rappresenta il momento ultimo della vita; per Foscolo la sera era l’immagine del “Fatal quiete”, tanto addormentata quanto cara; allo stesso modo per Leopardi, così come per pascoli, la sera rappresenta il tramonto della vita, ma invece di averne paura, Pascoli sente di essere finalmente libero dei drammi familiari, e ora può godersi la parte della “sua” sera. Pascoli immagina, infatti, di trovarsi davanti ad un paesaggio naturale dopo un violento temporale: quest’ultimo rappresenta la vita turbolenta e piena di traumi vissuta dal poeta nella giovinezza. Lo sguardo incantato è innocente di Pascoli verso la natura fa comprendere che il poeta è rimasto lo stesso fanciullo di sempre, egli si pone sullo stesso piano della natura è la rende così “umana”, rendendo in forma poetica anche il verso delle rane e lo scorrere del ruscello, definito “ singhiozzo”. Torna, nella poesia, la figura del nido e della rondine, su cui Pascoli posa lo sguardo e in cui si identifica; i problemi del giorno, però, sono ormai finiti e Pascoli ritrova la pace tra le braccia della perduta madre che lo invoglia a riposare. E poi svanisce, lasciandolo sereno ma solo.
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