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Giovanni Pascoli, vita opere e poetica, Sintesi del corso di Italiano

Vita, opere e poetica di Giovanni Pascoli.

Tipologia: Sintesi del corso

2017/2018

Caricato il 23/07/2018

Utente sconosciuto
Utente sconosciuto 🇮🇹

4.3

(3)

8 documenti

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Scarica Giovanni Pascoli, vita opere e poetica e più Sintesi del corso in PDF di Italiano solo su Docsity! GIOVANNI PASCOLI Giovanni Pascoli nasce il 31 dicembre 1855 a San Mauro di Romagna (Forlì) Quarto di dieci fratelli, trascorre un infanzia agitata fino a quando, il 10 agosto 1867, il padre viene ucciso con una fucilata mentre torna a casa in carrozza. Morti anche i due fratelli e la madre, il poeta deve lasciare il collegio di Urbino e trasferirsi a Rimini con gli altri fratelli. Nel 1873, terminato il liceo, può iscriversi alla facoltà di lettere dell’università di Bologna grazie a una borsa di studi: Ma , per aver partecipato a una manifestazione contro il ministro della pubblica istruzione nel 1875 perde il diritto alla borsa ed è costretto ad abbandonare i percorsi universitari e nel 1879 partecipa a una manifestazione che gli costa alcuni mesi di reclusione nel carcere di Bologna. Dopo questa esperienza, si allontana dalla politica attiva e riprende gli studi, divenendo allievo di Carducci e laureandosi nel 1882 in letteratura greca. Intanto anche il fratello maggiore è morto (1876), e Pascoli diventa capo famiglia. Esclusa dalla propria vita ogni relazione sentimentale, il poeta punta solo alla ricostruzione del nucleo familiare paterno, ne approfitta per avvicinarsi alle sorelle minori Ida e Maria. Maria, con la quale si stabilisce nel 1895 a Castelvecchio di Barga (Lucca), in una bella casa di campagna che sarà la loro residenza definitiva. Maria infatti non si separerà più da lui diventando dopo la sua morte la curatrice degli inediti e l’erede letteraria. Nel 1891 pubblica la prima edizione di “Myricae” . Nel 1895 viene nominato professore di grammatica greca e latina all’università di Bologna. Nel 1897,“I Poemetti” insegna all’università di Messina mentre nel 1903 , anno di uscita dei “Canti di Castelvecchio” Viene trasferito all’università di Pisa. Nel 1905 il poeta diventa titolare della cattedra di letteratura italiana a Bologna, Che fino ad allora era stata di Carducci. Dal maestro Pascoli eredita anche la funzione pubblica: Poco prima della morte (Avvenuta a Bologna il 6 Aprile 1912), pronuncia infatti l’importante discorso “La Grande Proletaria si è mossa”, dedicato a sostenere le imprese italiane in Libia. LA POETICA PASCOLIANA Pubblicato nel 1897 sulla riviera Fiorentina “Il Marzocco” “Il Fanciullino” è un saggio scritto da Pascoli sulla poesia. Pascoli spiega che il poeta coincide con il “Fanciullino”, ovvero con quella parte infantile dell’uomo che negli adulti tende a essere normalmente soffocata e che invece nei poeti trova libera espressione. Il Fanciullino guarda il mondo con uno stupore infantile, alla luce del quale ogni cosa è scoperta. La poesia è il luogo in cui l’uomo da voce al fanciullino che è in lui: Che spinge gli uomini alla bontà e alla solidarietà con gli altri. Il Fanciullino è una figura umile e piccola, solo il poeta conosce il privilegio di farlo rivivere e di farlo parlare, sapendo riconoscerne il significato profondo di quelle piccole cose che l’adulto normalmente trascura. Il Fanciullino è umile ma allo stesso tempo ha in se una vocazione alla superiorità. Questa duplicità non appartiene solo al fanciullino tutto, in Pascoli, è frutto di una combinazione di opposti. In lui si bilanciano continuità e rottura, tradizione e innovazione, linguaggio popolare, linguaggio prezioso. Di ultimo fra i poeti classici e di primo, in Italia, fra i poeti moderni, rappresenta di passaggio fra 800 e 900. Egli crede ancora fermamente nella funzione sociale e perfino morale della poesia; La bellezza è anzi sentita come una garanzia di stabilità sociale dalla quale prenderanno la decisione molte nuove tendenze poetiche del 900, nel senso che con Pascoli è persino dialettale. Pascoli vuole raggiungere la rivelazione di una verità segreta concessa solo al linguaggio della poesia. Questa verità segreta esprime il suo mistero per mezzo delle catene analogiche e dei simboli a cui fa ricorso il poeta. Questi è concepito come l’interprete che valorizza i singoli particolari della realtà, ricavandone il significato universale. In questo modo aderisce al filone del grande simbolismo europeo, sia a livello istintivo più che consapevole: Legato profondamente alla grande tradizione classica, prosegue un filone della poesia italiana che preferisce estraniarsi dagli sviluppi più promettenti e moderni della cultura e della ricerca europea. Come già era accaduto a Carducci, anche gli elementi più importanti e riusciti della produzione Pascoliana risultano inevitabilmente “Arretrati”, se messi a confronto con la grande poesia internazionale contemporanea. Per superare quell’ostacolo saranno necessari il coraggio, la spregiudicatezza di Ungaretti e di Montale, i rivoluzionari maestri della generazione successiva. OPERE MYRICAE: • Il titolo latino Myricae corrisponde all’italiano (Tamerici) ed è ricavato da un verso dal poeta latino Virgilio che Pascoli cita in apertura del volume. Il riferimento del titolo alle umili piante delle (Tamerici) presuppone uno stile poetico comune e discorsivo. Allo stesso tempo, però, il rimando classico a Virgilio è al termine latino comporta una ricerca di sostenutezza: Ecco così un altro esempio dell’ambivalenza della poesia Pascoliana, divisa tra alto e basso, vecchio e nuovo, tradizione e sperimentalismo. Le poesie di Myricae presentano immagini di campagna: Campi arati, siepi, cieli in tempesta, cipressi, fiori e uccelli. Le poesie di Myricae sono così formate da una serie di impressioni soggettive che valorizzano i particolari e i dettagli. Secondo pascoli, il poeta deve essere preciso nella rappresentazione della realtà, deve affidarsi ai nomi concreti delle cose. E infatti il suo vocabolario, in riferimento alla flora e alla fauna non ha uguali nella nostra letteratura per esattezza e pertinenza. Questa ricerca di fedeltà all’elemento naturale si esprime poi anche attraverso l’uso di onomatopee. Nella prefazione scritta per la terza edizione di Myricae il poeta enuncia due temi centrali del libro la morte invendicata del padre con le conseguenti sciagure familiari e la natura come grande consolatrice benefica • (Onomatopee chiamate anche fono simboli) sono parole o gruppi di parole invariabili che riproducono o evocano un suono particolare, come il verso di un animale o il rumore prodotto da un oggetto o da un'azione. I CANTI DI CASTEL VECCHIO • I canti di Castel Vecchio furono pubblicati a Bologna nel 1903 qualche testo fu aggiunto nelle successive edizioni, fino ad arrivare alla sesta uscita postuma nel 1912 poco dopo la morte del poeta. Gli elementi di continuità con Myricae sono evidenti: Anche in questo caso sono raccolti insieme testi che hanno come soggetto la natura o motivi di carattere familiare il titolo riporta infatti una parte del nome di Castel Vecchio di Barga, la località della Garfagnana dove il poeta si era trasferito dal 1895 con la sorella Maria. I canti di Castel Vecchio presentano due temi principali: 1. Quello naturalistico modellato sul trascorrere delle stagioni; 2. Quello familiare, centrato sull’uccisione impunita del padre. I Due motivi si intrecciano e si scontrano. Da una parte il ritmo delle stagioni insinua un ordine naturale e alla segreta armonia dell’universo un ciclo continuo di vita e di morte. La morte non è quindi più parte del meccanismo naturale, ma diventa una minaccia per l’individuo: Dietro ogni manifestazione della vita si nasconde perciò un mistero preoccupante e angoscioso.
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