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GIOVANNI PASCOLI: VITA, OPERE, POETICA, Appunti di Italiano

Riassunto di italiano su Giovanni Pascoli

Tipologia: Appunti

2016/2017

Caricato il 31/01/2017

Valerio.Ferri
Valerio.Ferri 🇮🇹

4.6

(6)

12 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica GIOVANNI PASCOLI: VITA, OPERE, POETICA e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! GIOVANNI PASCOLI Pascoli nasce a San Mauro di Romagna nel 1855, da una famiglia della piccola borghesia rurale, di condizione agiata. L’armonia familiare viene interrotta dall’uccisione del padre, probabilmente da parte di un rivale che voleva prendere il suo posto di amministratore, tutto ciò porta a difficoltà economiche per la famiglia, così si trasferiscono a Rimini dove il fratello Giacomo aveva trovato un posto di lavoro per mandare avanti la famiglia. Segue un ciclo di lutti per G. Pascoli, muoiono la madre, la sorella, e i fratelli Luigi e Giacomo. Per quanto riguarda gli studi, egli entrò nel collegio degli Scolopi ad Urbino ed ebbe una formazione classica, frequentò poi la facoltà di Lettere a Bologna. Quando subì il fascino dell’ideologia socialista partecipò a manifestazioni contro il governo, per cui fu arrestato e poi rilasciato. Ottenuta la laurea divenne insegnante liceale a Matera e poi a Massa dove richiamò le altre due sorelle per ricostituire il nucleo familiare. La fragilità psicologica di G. Pascoli è espressa dal suo attaccamento alle due sorelle e ai morti, tutto ciò è causato dai traumi infantili e dai lutti familiari, così si autoesclude dalla vita esterna, non ha relazioni amorose e vorrebbe ricostituire il nucleo familiare, però non è possibile dati i molti lutti. L’affetto però non gli è negato dalle due sorelle, che assumono una figura materna, e al matrimonio di una di loro, Ida, G. Pascoli la considera una traditrice e lo porta alla depressione. La profonda psicologia del poeta ci permette di capire il perché del carattere turbato e morboso della sua poesia. Dopo il matrimonio di Ida si trasferisce con l’altra sorella in campagna, a Castelvecchio di Barga, egli rifiuta la vita cittadina, ne è disgustato, e vede la campagna come un Eden di serenità, esteriormente dunque sembra vivere una vita felice, ma non interiormente poiché il suo animo è turbato. Arriva poi all’insegnamento universitario a Messina, Pisa, Bologna, dove conosce Carducci. Le sua raccolte di liriche è “Myricae”. Le poesie più importanti sono “La vita nuova”, “Il marzocco”, “Il Convito”, “I poemetti”,”I canti di Castelvecchio”. LA VISIONE DEL MONDO: G. Pascoli ebbe una formazione positivistica, espressa anche nel suo stile classificatorio, egli usa per esempio la nomenclatura ornitologica e botanica, fa osservazioni sulla vita degli uccelli, ha una certa fiducia nella scienza, ma come gli altri poeti, la sua matrice positivistica attraversa una crisi poiché a fine secolo prendono il sopravvento tendenze spiritualistiche e idealistiche, così egli è portato a non essere più fiducioso nella scienza come unica visione del mondo, poiché al di là dei confini raggiunti dalla scienza vi è l’ignoto, una vita misteriosa, e questa tensione verso ciò che trascende non si concreta in una fede religiosa positiva, per cui la sua visione del mondo è frammentata e disgregata, in cui non esistono neanche le gerarchie tra gli oggetti materiali, ciò che è piccolo si mescola con il grande e viceversa, ogni particolare può essere ingigantito. Così porta anche a una visione simbolica della vita, poiché la sua non è una visione oggettiva del mondo bensì soggettiva, per cui gli oggetti sono carichi di significato simbolico, rimandano a qualcosa di misterioso, anche per esempio la precisione botanica, ornitologica rimanda a significati profondi, il termine diviene la formula magica che permette di andare al cuore della realtà, di scoprire l’essenza segreta delle cose. Per cui il mondo è percepito attraverso il velo del sogno, perde ogni consistenza oggettiva, così si instaurano legami segreti tra le cose, l’io e il mondo corrispondono tra loro, non si distinguono. LA POETICA: La poetica pascoliana trova espressione nel saggio “Il fanciullino”, pubblicato sul “Marzocco”. Il poeta non è altro che un fanciullo, che vede le cose per la prima volta, gli attribuisce nomi, e se ne meraviglia ingenuamente, per cui la poesia è una conoscenza irrazionale e immaginosa, che ha radici Romantiche ma che Pascoli indirizza in direzione Decadente. Il poeta fanciullo ci fa arrivare alle verità più nascoste per il suo modo alogico di vedere la realtà, ci permette di cogliere l’essenza delle cose, definendosi dunque un poeta veggente, dotato di una vista più acuta di quella degli uomini comuni, e può spingere il suo sguardo al di là dei limiti. Così la poesia oltre ad essere immaginosa è anche pura, priva di fini morali o civili, anche se proprio perché è poesia pura ha una sua utilità morale, come la poesia di Virgilio, egli faceva poesia per il gusto di fare poesia, e infondeva un messaggio, egli voleva l’abolizione della lotta tra le classi e della guerra tra i popoli. Anche perché il poeta fanciullo mira alla bontà e all’amore, e in lui non ha il concetto di odio o di guerra. Il rifiuto della lotta tra le classi per G. Pascoli è evidente anche nel suo stile, non tratta solo di argomenti elevati e sublimi, ma anche di quelli più umili, poiché anche in essi vi è il sublime, anche nelle piccole cose. IL FANCIULLINO E IL SUPERUOMO: DUE MITI COMPLEMENTARI: Il superuomo di D’Annunzio ne “Le vergini delle rocce” e il fanciullino di Pascoli sono due miti che nascono negli stessi anni ma appaiono diversi tra loro, come disse Salinari, nel mito supero mistico prevale la lussuria, il tono esaltato, l’attivismo, oggetti esotici, il lusso, il dominio, mentre in quello del fanciullino prevale l’innocenza, la sconfitta, oggetti quotidiani, la povertà. Entrambi i miti nascono da uno stesso ambito sociale essendo contemporanei, sono una risposta alle trasformazioni sociali ed economiche di fine Ottocento, la civiltà industriale riduce l’individuo a una semplice rotellina di un enorme ingranaggio, per cui i ceti medi vengono declassati a piccolo borghesi, emarginati, a causa dei grandi capitalisti che non sono in grado di dominare la grande industria, ed è così che la nozione di uomo entra in crisi, l’uomo non è più capace di crearsi il suo mondo con la sua volontà. Di conseguenza gli intellettuali vengono declassati, si trovano costretti a scrivere per il mercato, e quindi talvolta vengono rifiutati poiché non consoni alla produzione di massa, così essi si smarriscono di fronte all’età moderna. Come risposta abbiamo il mito del fanciullino di Pascoli, che fugge dunque dalla città moderna, nella campagna, l’Eden di serenità e versi tradizionali, ma in realtà egli frantuma i versi, interrompendoli da pause, segni di interpunzione, parentesi.. Egli utilizza il linguaggio analogico, la metafora, che non è un semplice rapporto di somiglianza tra due oggetti, ma accosta due realtà tra loro remote, molto lontane, per questo nasce un linguaggio allusivo, e utilizza anche la sinestesia, una fusione di sensazioni. MYRICAE: Pascoli pubblicò inizialmente le sue poesie su riviste, la prima raccolta vera e propria fu Myricae, che ha tre edizioni, in una prima era composta da 22 poesie dedicate alle nozze di amici, poi nella seconda divennero 72 componimenti, e nella terza 116. Il titolo è ripreso da una citazione di Virgilio nella IV Bucolica, in cui proclama l’intenzione di innalzare il suo tono poiché: non a tutti piacciono gli arbusti e le umili tamerici (le myricae). Invece Pascoli intende usare proprio le Myricae, le umili piante, come centro del tema, poiché anche le piccole cose hanno il diritto di esser trattate. I componimenti sono molto brevi, e all’apparenza sembrano quadretti di vita campestre, ma in realtà il poeta fissa la sua attenzione su particolari che si caricano di significato misterioso. I POEMETTI: I Poemetti si dividono in due raccolte, Primi poemetti, e Nuovi poemetti, sono componimenti molto più ampi rispetto a quelli delle Myricae, ma anche qui prevale la vita della campagna che si carica di intenti ideologici: il poeta vuole appunto rappresentare la proprietà rurale, depositaria di valori tradizionali e autentici, solidarietà familiare, laboriosità, bontà.. in contrapposizione alla negatività della realtà contemporanea. La vita del contadino, chiuso entro il nido, sembra dunque essere un rifugio rassicurante, un baluardo contro l’incombere della minacciosa storia, quindi si parla di utopia regressiva, egli proietta il suo ideale nel passato, e mette in rilievo quanto anche una realtà umile è degna di essere trattata in modo sublime. Prevalgono qui anche altre tematiche, inquietanti e torbide come Il vischio, una pianta parassita, vampira, che succhia la vita di un albero da frutto dando origine ad un ibrido ripugnante. Tematiche come la memoria, nell’ aquilone che fa rivivere l’infanzia, o come l’emigrazione in Italy. I CANTI DI CASTELVECCHIO: Questi canti sono stati definiti dal poeta stesso <<myricae >> quindi sembrano continuare la linea della prima raccolta, infatti anche qui ritornano immagini della vita di campagna, canti di uccelli e suoni campane, ricorre con frequenza il motivo della tragedia familiare e il rimando del nuovo paesaggio di Castelvecchio a quello antico dell’infanzia in Romagna. UNA POETICA DECADENTE – lettura: Il saggio uscì sul “Marzocco”, nella versione definitiva fu poi ripubblicato nella raccolta di prose dal titolo “Miei pensieri di varia umanità”. Qui risaltano i punti essenziale della teoria pascoliana della poesia: il tipo di conoscenza prerazionale e immaginoso proprio del fanciullino che coglie la realtà nella sua essenza; la verginità della parola poetica; la poesia pura senza fini ma che proprio per questo incita alla fratellanza, a un’utopica società senza conflitti; il rifiuto della separazione classica degli stili, poiché la dignità va scoperta anche nelle piccole cose. Questo concetto è espresso anche nelle metafore floreali: belli e degni di essere cantati non sono solo gli esotici e rari fiori delle <<agavi americane>>, ma anche i piccoli fiori della <<pimpinella>>. ARANO – lettura: Al sopraggiungere dell’autunno il poeta compie un’immaginaria passeggiata nella campagna toscana prima di tornare in città, sono due terzine e una quartina. Apparentemente a prima vista sembra un quadro realistico, ma in realtà ci sono profondi significati, la lirica si apre con impressioni visive con il <<roggio>> ossia il pampano rosso, la nebbia che sale, poi, con il verbo <<arano>> al 4 verso, muta scena, e vi sono animali e persone in movimento che esprimono la realtà rurale, ma non si riduce a questo, poiché vi è un senso di malinconia, dato dalla nebbia che sale, dalle voci sperdute dei contadini, dalla loro fatica paziente, coscienti che dopo aver seminato la terra arriveranno uccelli a beccare i semi. La quartina finale invece esprime il punto di vista degli uccelli, umanizzati dal poeta che gioiscono poiché tra poco beccheranno semi, e il verso finale contiene una sinestesia: <<sottil tintinnio come d’oro>>, poiché rimanda a un suono, il verso del pettirosso, una sensazione visiva, il luccichio del metallo, che vi è anche all’inizio della poesia con il termine <<brilla>>. X AGOSTO – lettura: La poesia è diversa dalle altre di Myricae poiché non è un quadro di natura, ma rievoca la propria tragedia familiare, l’uccisione del padre che avviene il 10 agosto, nella notte di San Lorenzo, il poeta crede che appunto il cielo pianga stelle per questa morte. Il discorso è costruito su studiate simmetrie, la prima corrisponde all’ultima, perché riguarda il pianto del cielo, le strofe 2 e 3 invece corrispondono a quelle 4 e 5, in cui vi è il tema dell’uccisione di una rondine che non può più portare il cibo ai suoi rondinini che pian piano muoiono, paragonato all’uccisione del padre, che allo stesso modo non può far ritorno a casa. Vi sono anche allusioni a Cristo, la rondine muore su spine come in croce, come dice Pascoli, anche il padre, morendo, perdona i suoi uccisori come fece Cristo. Il tema centrale comunque è il male, la malvagità umana che uccide innocenti. IL GELSOMINO NOTTURNO – lettura: La poesia fu composta per le nozze dell’amico Gabriele Briganti, è composta di quartine di novenari. La chiave che permette di meglio interpretare la poesia è una nota che Pascoli inserì facendo riferimento alla poesia, vi scrisse che l’odore del Gelsomino notturno, un fiore che si schiude di notte, è un invito all’amore. La casa descritta nella poesia, in cui vi è acceso un lume, che poi viene spento, è la casa nuziale di Gabriele, in cui attraverso il rito di fecondazione darà alla vita il figlio Dante Gabriele Briganti. Ma all’alba, i petali del fiore si chiudono, <<un poco gualciti>>, il vagheggiamento del tema amoroso è turbato per Pascoli, crede che il rapporto sessuale è una violenza inferta alla carne, inoltre, possiamo capire dalle ricorrenti immagini mortuarie della poesia, che per lui, legarsi a una donna significherebbe tradire il vincolo con i suoi cari.
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