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GIOVANNI PASCOLI (vita, pensiero e opere), Sintesi del corso di Italiano

VITA, POETICA DEL FANCIULLINO, PENSIERO POLITICO, STILE, OPERE (Miricae, Canti di Castelvecchio, Poemetti, Poemi Conviviali, Carmina, Produzione civile)

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

Caricato il 25/05/2021

Chiara_DC
Chiara_DC 🇮🇹

4.8

(41)

53 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica GIOVANNI PASCOLI (vita, pensiero e opere) e più Sintesi del corso in PDF di Italiano solo su Docsity! GIOVANNI PASCOLI Nasce a SAN MAURO DI ROMAGNA nel 1855, il papà RUGGERO è l’amministratore della tenuta La Torre dei principi di Torlonia. Questo lavoro gli permette di mantenere una famiglia numerosa (Pascoli è il 4° di 10 figli) e Pascoli con altri 2 fratelli può frequentare il COLLEGIO DEGLI SCOLOPI a URBINO. Il 10 agosto 1867 il papà viene ucciso di ritorno dal mercato di Cesena e non si scoprirà mai il colpevole. Il ricordo della morte del padre è presente in particolare in “LA CAVALLA STORNA” all’interno di “CANTI DI CASTELVECCHIO” in cui la mamma si avvicina alla cavalla, dice il nome di PIETRO CACCIAGUERRA (sospettato perché aveva preso il ruolo di Ruggero dopo la sua morte) e la cavallina nitrisce, confermando il dubbio. Cacciaguerra non viene accusato perché le indagini non state condotte in modo corretto e perché i compaesani hanno avuto un atteggiamento omertoso. Questo segnerà l’animo sensibile di Pascoli e la famiglia che si deve riorganizzare: Giacomo (figlio più grande) inizia a lavorare a RIMINI e tutta la famiglia si trasferisce. Nel 1868 muore la mamma, muore una sorella e negli anni successivi muoiono 2 fratelli che studiavano con lui nel collegio degli Scolopi a Urbino e questi avvenimenti creano grande confusione nell’animo sensibile di Pascoli. Grazie alle sue grandi capacità i professori gli permettono di diplomarsi nel collegio degli Scolopi nonostante non può permettersi di pagare la retta e nel 1874 ottiene una borsa di studio per frequentare l’UNIVERSITÀ DI LETTERE di BOLOGNA. Riesce a laurearsi solo nel 1882 perché il suo animo sensibile vuole vivere delle esperienze che diano un senso alla sua vita: aderisce al MOVIMENTO SOCIALISTA RIVOLUZIONARIO di ANDREA COSTA sia per cercare di avere la giustizia che non c’era stata per la morte del padre, sia per riprendersi da un isolamento nel quale vivevano artisti e letterati a causa della borghesia. È un attivista ma viene imprigionato per 3 mesi. Questa prigionìa gli crea un malessere così grande che smette di essere un attivista. Dopo la laurea inizia subito l’INSEGNAMENTO: 1882-1895 insegna nelle superiori, dal 1895 insegna all’università. Nel 1887-1895 vive un periodo di stabilità perché gli viene assegnata la cattedra nelle superiori a LIVORNO che gli dà la possibilità di ricostruire il nido (simbolicamente rappresenta la famiglia) con 2 sorelle IDA e MARIÙ; il dolore che avevano provato nella perdita di molti membri della famiglia fa nascere tra loro un sentimento molto forte, vicino alla gelosia. Nel 1895 si trasferiscono a CASTELVECCHIO DI BARGA (Lucca) dove affittano una casa con terreno (lui la chiama la casa degli eti: frutteti, uliveti…), fa il contadino e vivono isolati dalla modernità della città per proteggere la loro famiglia. Ida però decide di sposarsi; questa decisione viene vissuta da Pascoli come un abbandono ma la vicinanza di Mariù riesce a salvarlo dallo sconforto. Pascoli si innamora della cugina IMELDE, arriva a pensare di sposarla ma non lo farà perché Mariù lo farà desistere e continueranno a vivere da soli proteggendo il nido. Nel 1895 diventa prof di latino e greco all’università di BOLOGNA e nel 1905 prende la cattedra di Carducci. Dal 1892 vince per 12 volte consecutive il PRIMO PREMIO NEL CONCORSO DI POESIA LATINA tenuto ad Amsterdam (viene ritenuto il poeta più bravo nell’attualizzazione della poesia classica latina dal punto di vista di lingua e temi). Nel 1911 pronuncia il discorso “LA GRANDE PROLETARIA SI È MOSSA”. Muore nel 1912. Per capire il pensiero e la POETICA di Pascoli dobbiamo considerare il suo ANIMO SENSIBILE: era trascurato nel vestire, avaro (aiuta il marito di Ida che aveva problemi economici solo perché aveva un forte legame con Ida, altrimenti non l’avrebbe fatto) e invidioso (quando Pascoli muore D’Annunzio lo elogerà molto, mentre Pascoli durante la sua vita non rivolge mai nessun elogio a D’Annunzio); ma anche la sua FORMAZIONE LETTERARIA: ha una base classica che però viene rielaborata, infatti la cultura classica diventa un mezzo per comprendere la realtà contemporanea (vince per 12 volte il primo premio nel concorso di poesia latina tenuto ad Amsterdam). I modelli di Pascoli sono Leopardi e Dante: con LEOPARDI condivide il tema della sofferenza dell’uomo; proprio come in DANTE, la sua poesia non ha solo un valore denotativo ma anche un VALORE CONNOTATIVO reso attraverso gli oggetti che assumono valori simbolici: il NIDO simboleggia la famiglia. Anche i TERMINI SPECIFICI ORNITOLOGICI E BOTANICI (nomi propri di uccelli e piante) che sono un effetto del positivismo, nascondono un valore simbolico, ad esempio “L’ASSIUOLO” è un uccello che simboleggia la morte; un altro esempio è “IL GELSOMINO NOTTURNO” che simboleggia l’amore a cui deve rinunciare per difendere il nido. Utilizzando questi termini scientifici non vuole essere fedele scientificamente alla realtà come faceva Verga, ma per Pascoli chiamare un oggetto con il nome proprio equivale a impossessarsi dell’essenza dell’oggetto stesso. In un contesto di sfiducia nel positivismo, Pascoli ritiene che l’uomo può ritrovare la stabilità solo creando un RAPPORTO DELL’INCONSCIO CON LA NATURA. Questo concetto sfocia nella POETICA DEL FANCIULLINO (espressa in un saggio del 1897) in cui riprende un mito di Platone del Fedone e afferma che nell’uomo ci sono 2 fanciullini: uno cresce diventando adulto, l’altro rimane sempre piccolo. Il fanciullino rimasto piccolo si vergogna di far sentire la sua voce al fanciullino che è diventato adulto, quindi si zittisce; questo meccanismo però non avviene nei poeti, in cui anche il fanciullino rimasto piccolo fa sentire la sua voce. Il fanciullino rimasto piccolo guarda tutte le cose con MERAVIGLIA (simile a quella che provò Adamo quando vide il mondo per la prima volta), e proprio per la sua spontaneità e pre-razionalità riesce a comprendere i legami nascosti che non sono notati dagli altri; il poeta fanciullino quindi diventa un VATE cioè colui che riesce a superare l’apparenza delle cose e a capire il senso del mondo. Il poeta fanciullino produce una POESIA PURA: non nasce da un obiettivo morale o politico, ma esprime la purezza dei sentimenti di un fanciullo dove i temi fondamentali sono l’amore, la fratellanza e l’aiuto reciproco. La poetica del fanciullino determina anche il PENSIERO POLITICO di Pascoli infatti i temi di amore e fratellanza lo fanno allontanare dalla lotta socialista e smette di essere un attivista. In nome della fratellanza RIFIUTA LA LOTTA TRA CLASSI ma vorrebbe che tutte le classi accettassero la loro situazione; per Pascoli l’ideale della vita per l’uomo è quella che sta conducendo lui: la vita di un contadino con un piccolo podere perché è meglio godere delle piccole cose che delle grandi. Questa concezione si trasferisce all’interno dello STILE: crede che la poesia non risiede solo negli argomenti sublimi, ma anche nelle PICCOLE COSE (esempio nido e famiglia). Questo concetto di aiuto reciproco potrebbe sembrare in antitesi con il discorso che pronuncia nel 1911 “LA GRANDE PROLETARIA SI È MOSSA” in cui ricorda i morti per la campagna coloniale in Libia. Il colonialismo e la collaborazione tra gli uomini possono convivere perché il nido non comprende più solo la famiglia ma l’INTERA SOCIETÀ ITALIANA. Pensa che le nazioni siano divise tra ricche e capitaliste e povere e proletarie; l’Italia è povera e proletaria quindi per difendere il proprio nido deve migliorare la condizione dei suoi cittadini conquistando altri territori. In Pascoli prevale uno STILE PARATATTICO rispetto a quello ipotattico: troviamo l’accostamento di proposizioni principali senza un evidente legame tra loro, che ricordano la comprensione intuitiva del fanciullino. La scelta lessicale risente del rifiuto della lotta tra classi sociali: troviamo vicini TERMINI AULICI, DIALETTALI E STRANIERI. Un aspetto importante del suo stile è il FONOSIMBOLISMO in cui il suono è portatore di significati simbolici; un esempio è l’uso delle ONOMATOPEE in “L’ASSIUOLO” in cui il chiù simboleggia la morte. Altre figure retoriche riconducibili al decadentismo sono l’ANALOGIA (chiarisce i legami che il fanciullino vede nella realtà) e la SINESTESIA (determina la conoscenza della realtà attraverso i sensi). MIRICAE 1891-1911: è una raccolta di 156 poesie divise in 15 sezioni. Questa raccolta può essere accostata a “CANTI DI CASTELVECCHIO” 1897-1914 infatti il critico GIANFRANCO CONTINI definisce “Canti di Castelvecchio” come le “MIRICAE DELLA GARFAGNANA”. Entrambe hanno una DEDICA che in “Miricae” è rivolta al papà, in “Canti di Castelvecchio” alla mamma. Entrambe hanno avuto una STESURA LUNGA, entrambe trattano le PICCOLE COSE ed entrambe hanno la stessa EPIGRAFE (citazione) che è stata presa dalla 4° ecloga di Virgilio che recita “non omnes arbusta iuvant umilesque miricae”. Pascoli modifica la citazione togliendo “non omnes” e lasciando il resto modificando il significato da “non a tutti piacciono gli arbusti e le umili tamerici” a “a tutti piacciono gli arbusti e le umili tamerici”. L’elemento che caratterizza “Miricae” è la NATURA che da rasserenante diventa simbolo di morte. Questo è evidente in “X AGOSTO”, una delle poesie più famose perché ricorda la morte del papà il 10 agosto 1867. Ha una struttura circolare perché la parola “pianto” la ritroviamo nella strofa 6, in entrambi i casi nel 3 verso. Il pianto del cielo rappresentato dalle stelle che cadono (metafora) è causato dal male presente sulla terra che simboleggia la mancata punizione degli assassini di Ruggero. Questo meccanismo è evidenziato nelle strofe 3-4-5-6 attraverso similitudini che legano la morte della rondine alla morte del padre, ma le similitudini sono implicitamente allargate alla somiglianza della morte della rondine e del padre a quella di Cristo, che simboleggiano la morte di innocenti. La storia della morte della rondine è presente nelle strofe 2-3, la storia della morte del padre è presente nelle storie 4-5 e sono legate attraverso: verso 5 “ritornava”, verso 13 “tornava”; il legame è rappresentato dal nido (l’uomo ritorna al nido, la rondine ritorna al tetto). Un altro legame è evidente nella parola “l’uccisero”, presente sia nel verso 6 che nel 14. Inoltre come la rondine portava a casa la cena dei rondinini, il papà portava due bambole ai figli. Questa vicinanza della rondine a Cristo e del padre a Cristo, sono espresse attraverso elementi che troviamo nelle strofe 2-3-4-5 ad esempio “cadde tra spini”, “come in croce”, “perdono”. Al verso 18 è presente un’anafora che rafforza la sofferenza di Pascoli che aspetta il papà invano. Nella strofa conclusiva c’è tutto il pessimismo di Pascoli perché il cielo è infinito e immortale, la Terra è una piccola cosa piena di male.
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