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Giovanni Pascoli, vita, poetica e opere, Appunti di Italiano

Appunti approfonditi su Giovanni Pascoli, VITA, le costanti letterarie, la poetica del fanciullino e la sua visione del mondo, testi in analisi e commento: il tuono, novembre, arano, l’assiuolo, la mandare, temporale, x agosto, il gelsomino notturno.

Tipologia: Appunti

2023/2024

In vendita dal 15/06/2024

manuelaaaaarenaaaa
manuelaaaaarenaaaa 🇮🇹

10 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Giovanni Pascoli, vita, poetica e opere e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! Giovanni Pascoli Perché Pascoli è un Classico? 1. È il principale rappresentante italiano della poesia simbolista. 2. Ha saputo cogliere e far percepire il mistero della vita come nessun altro. 3. La sua sensibilità poetica leggeva le voci della natura come un libro segreto, rivelando le grandi verità dell’esistenza umana. 4. Poeta evocativo e visionario, guardava oltre la superficie del mondo fisico per afferrare l’essenza delle cose. 5. Con uno sguardo penetrante, raggiungeva verità eterne e universali guardando gli oggetti più umili con lo stupore di un fanciullo. Vita Infanzia e giovinezza Giovanni Pascoli nacque nel 1855 a San Mauro di Romagna. La sua infanzia fu segnata dalla tragedia: a dodici anni, perse il padre assassinato, seguito dalla madre e da un fratello. Questi eventi traumatici influenzarono profondamente la sua poetica. Studiò a Bologna grazie a una borsa di studio, ma la sua partecipazione a movimenti socialisti lo portò a perdere il supporto economico e ad abbandonare temporaneamente gli studi. Dopo un periodo di attivismo politico e incarcerazione, si laureò nel 1882 con una tesi sul poeta greco Alceo. Anni della maturità Pascoli insegnò latino e greco in diverse scuole superiori prima di vincere il prestigioso premio di poesia latina della Regia Accademia di Amsterdam. Passato alla carriera accademica, insegnò a Bologna, Messina, Pisa e infine a Bologna, succedendo a Giosuè Carducci. Ossessionato dal desiderio di ricostituire la famiglia, visse con le sorelle Ida e Maria, considerandosi tradito dal matrimonio di Ida. A Castelvecchio di Barga, trovò il suo "nido" definitivo con Maria, dove compose le sue raccolte più celebri: Myricae, *Poemetti, *Canti di Castelvecchio*, e *Poemi conviviali*. Ultimi anni Come poeta ufficiale della patria, pubblicò raccolte celebrative come Odi e inni, Poemi italici, Poemi del Risorgimento e Canzoni di Re Enzio. Nel 1911, difese la guerra coloniale di Libia con un discorso pubblico. Morì di cancro nel 1912, dopo aver vinto per la tredicesima volta il premio dell’Accademia olandese. Costanti Letterarie Pascoli, uomo dai molteplici interessi, mostra un'unitarietà nella sua produzione poetica. La morte del padre, che segna la sua vita, è alla base della sua vocazione poetica. La regressione, rappresentata dal simbolo del "nido", si manifesta in tre direzioni: 1. Regressione anagrafica: La fanciullezza è vista come un’alternativa al mondo adulto. 2. Regressione sociale: Il mondo arcaico e armonico della campagna è opposto alla modernità tecnologica. 3. Regressione storico-culturale: Il mondo classico è preferito alla cultura borghese contemporanea. La Poetica del "Fanciullino" Giovanni Pascoli rappresenta una figura di transizione tra Ottocento e Novecento, combinando tradizione e innovazione. La sua poetica del "fanciullino" esprime questa ambiguità: il "fanciullino" è la parte infantile dell'uomo che vede il mondo con stupore e innocenza, cogliendo ciò che gli adulti trascurano. Pubblicata nel 1897, la prosa *Il fanciullino* delinea questa visione: il poeta, attraverso vie intuitive e non razionali, scopre legami segreti tra le cose e rovescia le proporzioni classiche, rendendo ogni cosa una nuova scoperta. La poesia di Pascoli è quindi una forma di conoscenza pre-razionale e alogica, che acquista valore regressivo e consolatorio, promuovendo bontà e solidarietà. Ideologia Piccolo-Borghese Pascoli non mette in discussione l'utilità sociale e morale della poesia, che considera una consolazione capace di pacificare le tensioni sociali. Questa visione riflette il sentimento di precarietà della piccola borghesia italiana tra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo. La poesia pascoliana nobilita i miti familiari e domestici della piccola borghesia, rivendicando le sue origini contadine. semina dei campi diventa occasione per tessere un lieve ed elegante “bozzetto” di vita rurale, tutto giocato sulla resa impressionistica di suoni, colori, sensazioni. La prima tecnica utilizzata è quella del rallentamento metrico e sintattico: tutto il madrigale è composto da un unico periodo, che scorre dalle terzine alle quartine abbracciando il panorama naturale e umano sotto gli occhi del poeta. Al tempo stesso, Pascoli suddivide accuratamente la materia della descrizione nei tre blocchi di versi che compongono il madrigale, caratterizzando ogni strofe in maniera peculiare. Nella prima terzina, a dominare sono gli aspetti visivi: il colore rosso delle foglie dell’uva che brillano e la sfumatura della nebbia che si alza dai campi, associati alla frequenza di vocali aperte e chiare e al tocco impressionistica, che, alla precisione del dato spaziale, preferisce l’atmosfera evocativa ed indefinita di questi tre versi. Nella seconda terzina sono prevalenti le azioni lente e cicliche dei contadini, rese attraverso una sintassi paratattica, fortemente pausata dai segni di interpunzione e, dal punto di vista metrico, dal rallentamento degli enjambements ai vv. 4-5 e vv. 5-6 (oltre che dall’anafora di “lente” al v. 4). La quartina conclusiva prendono corpo le sensazioni uditive, legate alle figure del passero e del pettirosso: il loro canto viene alluso, sul piano fonetico, dalla ricorrenza dei suoni di - s -, - t -, - r - e, sul piano delle figure retoriche, dal paragone tra il canto del pettirosso e il suono squillante delle monete d’oro, che ha un valore onomatopeico. L’ASSIUOLO 1897 myricae La luna è indistinguibile nel colore perlaceo e lattiginoso del cielo, e anche le stelle si confondono in mezzo al biancore; il mandorlo e il melo sembrano tendersi verso l’alto per vedere meglio. In lontananza campeggiano nubi nere e si scorgono lampi. Si ode il rumore del mare, poi un fruscio misterioso, e nel cuore del poeta affiora l’inquietudine. Un leggero soffio di vento fa ondeggiare le cime degli alberi, mentre il frinire delle cavallette invade l’aria con un suono che ricorda i tintinni di strumenti usati nei culti misterici. Intanto dai campi si ripete cupo il verso dell’assiuolo, che accresce l’angoscia. Il poeta registra una serie di immagini senza inserire connettivi causali e temporali , ma limitandosi ad accostare frasi coordinate. Le azioni, collocate in un passato indeterminato e continuato, riguardano sia la sfera visiva che quella uditiva. Le sensazioni visive sono dominate da due tinte opposte: il biancore luminoso che suggerisce un’idea di nascita e il nero minaccioso di nubi temporalesche. Nella religione egizia la Luna è una rappresentazione di Iside, dea della fecondità, della maternità e della resurrezione. In questa poesia molti elementi indicano che è la morte, e non la vita, ad avere il sopravvento. La menzione di un “grido” del passato allude a una tragedia personale del poeta, l’uccisione del padre. Ciò che ritorna allora è lo strazio per la perdita dei propri cari, assieme all’angoscia per l’incombere dello stesso destino di morte. LAVANDARE 1894 myricae Il poeta osserva e registra alcuni dati reali: la presenza di un aratro abbandonato in mezzo a un campo, i suoni dei panni tuffati nell’acqua del canale, le cantilene con cui le lavandaie accompagnano i loro gesti. Il canto della donna parla di autunno e solitudine, di un amato lontano e della desolazione di chi è rimasto a casa. "Lavandare" è una poesia descrittiva che si focalizza su un paesaggio quasi immobile, mettendo in risalto alcuni dettagli significativi. Utilizza la forma del madrigale, un metro popolare, che Pascoli rielabora inserendo rime interne e assonanze. In questa poesia Pascoli fa compiere all’io lirico un passo indietro per mettere in primo piano gli oggetti. Affida a loro il compito di rappresentare simbolicamente sentimenti e condizioni esistenziali (il semplice strumento del lavoro contadino, l’aratro, assume un ruolo emblematico). L’aratro, infatti, è la rappresentazione concreta del senso di solitudine di una donna rimasta al proprio paese mentre l’amato è partito. Nella caonzone le stagioni si succedono, ma nulla cambia per la donna, che sembra consumata da una inutile attesa. La prima terzina si concentra sui colori del paesaggio, sfumati tra "mezzo grigio" e "mezzo nero", velati dalla nebbia che simboleggia immobilità e desolazione. La seconda terzina privilegia invece l'udito, evocando il lavoro monotono delle lavandaie attraverso il fonosimbolismo di termini come "sciabordare" e "tonfi spessi", conferendo un andamento cantilenante agli endecasillabi. Nei distici finali, Pascoli inserisce il canto popolare delle lavandaie, creando una corrispondenza tra la solitudine dell'aratro e quella di una donna che attende invano il ritorno del suo amato. Questo passaggio rivela il dolore e la solitudine, temi centrali nella poetica del fanciullino di Pascoli. In "Myricae" abbondano temi di lutti e dolori personali dell'autore che si traducono in atteggiamenti malinconici e sofferenti. Questo consente a Pascoli di conquistare il successo presso un pubblico piccolo e medio borghese, che vede in lui il poeta capace di celebrare il "mondo perduto" della campagna e degli affetti puri e semplici, come dimostrano anche i "Canti di Castelvecchio". TEMPORALE myrice La poesia "Temporale" di Giovanni Pascoli inizia con il suono onomatopeico "bubbolìo", che evoca il rumore lontano del tuono, creando un'atmosfera sospesa. Pascoli utilizza parole e punteggiatura con maestria per orchestrare un concerto di suoni, immagini e sensazioni. La poesia è sinestetica, coinvolgendo i sensi del lettore con descrizioni visive e uditive in soli sette versi. Si apre con il rumore del tuono, seguito da immagini pittoriche del paesaggio, descritto con colori che richiamano un quadro impressionista. L'unico elemento umano nel paesaggio è un "casolare", simbolo del nido caro a Pascoli, che evoca l'idea di rifugio e protezione. Il casolare bianco è paragonato all'ala di un gabbiano, suggerendo un'idea di liberazione e serenità oltre la tempesta. Questo finale porta un senso di speranza e luce, contrapposto all'oscurità delle nubi. Il poeta contrappone l'oscurità e le forze malvagie evocate all'inizio con il bianco del casolare e l'ala del gabbiano, simboli di rifugio e libertà. Pascoli costruisce la poesia su una rete di simboli tipica della poesia decadente, interpretando i fenomeni naturali come metafora della vita. Il finale della poesia, con l'ala del gabbiano che evoca un volo liberatorio, trasforma "Temporale" da una delle poesie più cupe di Pascoli in una delle più luminose e liberatorie. La poesia può essere letta come una metafora della condizione esistenziale, dove la tempesta rappresenta l'angoscia della vita, ma il casolare e il gabbiano offrono speranza e rifugio.
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