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Giovanni Pascoli (vita, poetica, opere), Appunti di Italiano

Riassunto dal libro di testo "Classici nostri contemporanei" integrato con appunti.

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 03/08/2023

Ἀντιγόνη
Ἀντιγόνη 🇮🇹

5

(1)

8 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Giovanni Pascoli (vita, poetica, opere) e più Appunti in PDF di Italiano solo su Docsity! GIOVANNI PASCOLI VITA Giovanni Pascoli nacque nel 1855 a San Mauro di Romagna, da una famiglia della piccola borghesia rurale. La vita serena di questo nucleo familiare venne sconvolta da una tragedia: il padre Ruggero mentre tornava a casa dal mercato di Cesena fu ucciso a fucilate, probabilmente da un rivale che aspirava a prendere il suo posto di amministratore. Sicari e mandanti non furono mai individuati, sia per l'omertà sia per l'inerzia delle indagini e ciò fece nascere in Pascoli il senso di un'ingiustizia bruciante. La morte del padre creò difficoltà economiche e inoltre fu la prima di una lunga serie di lutti: morirono la madre, la sorella maggiore, il fratello Luigi il fratello Giacomo. Giovanni ebbe un'istruzione rigorosamente classica al collegio degli scolopi ad Urbino e riuscì a continuare gli studi a Firenze e a laurearsi all'Università di Bologna. Pascoli aderì all'ideologia socialista e in particolare partecipo a manifestazioni contro il governo. A causa di questo fu arrestato nel 1879 e Dove trascorrere alcuni mesi in carcere. Questa esperienza lo drammatizzo A tal punto da segnare il distacco definitivo della politica militante, restando però fedele a un socialismo vagamente umanitario, che propugnava la bontà e la fraternità fra gli uomini. Inizio poi la carriera da insegnante liceale e si rifugiò nel suo "nido" familiare, andando a vivere insieme alle sue due sorelle. La chiusura gelosa nel nido familiare e l'attaccamento morboso alle sorelle rivelano la fragilità della struttura psicologica del poeta, il quale, segnato dai traumi infantili, scappa dal mondo degli adulti apparentemente minaccioso e insidioso. Il passato di lutti e di dolori porta il poeta a evitare ogni rapporto con la realtà esterna e ogni tipo di relazione anche amorosa, i suoi occhi ha un fascino torbido e misterioso, è un qualcosa da contemplare solo da lontano. Le esigenze affettive del poeta sono soddisfatte dal rapporto sublimato con le sorelle verso le quali ha una gelosia morbosa. Questa complessa situazione affettiva e la chiave necessaria per cogliere il carattere turbato, tormentato, morboso della poesia di Pascoli che si cena dietro l'apparenza dell'innocenza e del Candore fanciulleschi. Pasquali preso in affitto una casa a Castelvecchio di Barga con la Fedele sorella Mariù, lontani dalla vita cittadina, che Pascoli detestava e di cui aveva orrore, vivevano a contatto con la campagna, che agli occhi del poeta costituiva un Eden di serenità e di pace, la vita esteriormente serena nascondeva angosce e paure e l'ossessione per la morte. Pascoli divenne docente universitario presso varie città: Bologna, Pisa, Messina e infine Bologna. Nel 1891 pubblicò Myricae, una prima raccolta di liriche, poi seguirono i Poemetti, i Canti di Castelvecchio, ecc. Vinse per ben 12 volte la medaglia d'oro al concorso di poesia Latina di Amsterdam. Negli ultimi anni vuole gareggiare col maestro Carducci e con D'Annunzio di poeta civile, vate dei destini della patria e celebratore delle sue glorie. Morì nel 1912. LA VISIONE DEL MONDO Pascoli fu influenzato dal Positivismo e dell'assassinio inspiegato del padre. La sua letteratura si ascrive alla tradizione decadente. Formazione letteraria nel segno del positivismo, da adolescente le teorie positivistiche erano affermate ancora. Tuttavia Pascoli non aderisce appieno a questa corrente, non ci sarà mai piena fiducia nel progresso, nella scienza ecc. Il positivismo pascoliano si riduce alla lettura di testi accademici sulla natura e sula scienza che diventano la fonte alla quale il poeta attinge per dare precisazioni al suo discorso poetico. In Pascoli si riflette la crisi della scienza e l’affermarsi di tendenze idealistiche e spiritualistiche, che mirano a superare i limiti della mera indagine empirica per rivolgersi alla scoperta dell’ignoto e dell’inconoscibile. Questa tensione verso ciò che trascende il dato sensibile in Pascoli non si concreta in una fede religiosa positiva. Il fascino su di lui esercitato dal cristianesimo non attinge mai a sfera teologica, della verità rivelata, ma resta nei limiti del messaggio morale di fraternità e mansuetudine evangelica. Il mondo nella visione pascoliana appare frantumato e disgregato. Le sue componenti si allineano sulla pagina Come si offrono ad una percezione casuale, ad un'impressione momentanea, non si compongono mai in un disegno unitario e corrente, in obbedienza ai dettami della logica comune. Pascoli è decadente: è complementare e antitetico a d'Annunzio, ma perché antitetico? Perché se d'Annunzio si propone come vate, alla guida di un popolo, in virtù della stirpe latina e della sua eccellenza, anche Pascoli è vate ma non è guida delle masse, è vate nella dimensione privata. Sono entrambi poeti vate in maniera differente: d'Annunzio è vate quando si fa portavoce degli idali delle masse e della modernità, Pascoli si fa portavoce dell'assoluto ma in una dimensione intima e privata. Pascoli crede fortemente che la realtà come essa si presenti celi qualcosa di profondo e il compito del poeta è squarciare la realtà apparente. Pascoli vuole arrivare all'intimo del reale, in sintonia con i dettami del decadentismo dice che lo si può fare attraverso metodi irrazionali. LA POETICA Il fanciullino Sul Marzocco (rivista) pubblica nel 1883 un saggio Il fanciullino che poi sarà inserito in una raccolta nel 1903 intitolata Miei pensieri di varia umanità. Questo è il più famoso e significativo saggio di Pascoli. Chiarisce che il poeta è come un fanciullo. La capacità più alta del fanciullino è quella di stupirsi e meravigliarsi. Il fanciullino è presente in ognuno di noi, ma è pregio del poeta riuscire a dare voce al suo fanciullino interiore. Il poeta riesce a stupirsi di fronte alle cose come se le vedesse per la prima volta. Anche i romantici avevano stabilito un legame tra fanciullino e uomini primitivi che si stupiscono e hanno una grande fantasia. Continuazione dell'ideologia romantica ma il poeta oltre a stupirsi è in grado di stabilire delle relazioni nuove e inedite, ed è anche in grado di dare loro un nome nuovo, in modo che assurgano a valore simbolico. Il poeta crea relazioni simboliche tra le cose ma sempre in maniera irrazionale e alogica. Pascoli in questo è perfettamente in linea con il simbolismo dei poeti maledetti. Il fanciullino dà un nome nuovo alle cose, deve andare all'essenza stessa per rivelarne la più intima e segreta natura. Il nome ha funzione evocativa, rivela l'ignoto, questo procedimento è sensibile, irrazionale e soprattutto soggettivo. Il procedimento prende il nome di SIMBOLISMO IMPRESSIONISTICO, gli oggetti descritti sono quelli che conoscono tutti però non hanno un valore assoluto, assumono un valore simbolico e soggettivo. es. L'aratro nella poesia Lavandare: Pascoli vede questo aratro che gli suscita delle impressioni soggettive che rendono ai suoi occhi l'aratro simbolo di quell'emozione suscitata, dell'impressione che il poeta ha provato soggettivamente. Nella poesia, Pascoli osserva l'aratro e il terreno mezzo arato e mezzo incolto. L'impressione che ha il poeta è di solitudine, abbandono, isolamento, l'aratro assurge a simbolo di tutti questi sentimenti. Il fanciullo ha creato la correlazione aratro-solitudine. Il fanciullino osserva con stupore come se vedesse un aratro per la prima volta, ha associato un simbolo a un oggetto. Il poeta è in grado di dar voce alle impressioni irrazionali tra le cose. Tra l'io e il mondo si viene a creare una sovrapposizione, si confondono. La rete di corrispondenze è soggettiva. Si verifica una sorta di confusione e sovrapposizione tra l'io e il mondo, valore simbolico. Il legame tra l'io e il mondo è complementare al panismo dannunziano in cui c'è la commistione tra natura e io. Il poeta è vate perché attinge all'ignoto con le sue intuizioni e spostamento tra concreto e astratto. La formula normale dovrebbe essere " nubi nere ", sostantivo concreto più aggettivo qualificativo; l'effetto è quello di una maggiore indefinitezza. MYRICAE Raccolta che è stata composta e rivista più volte, vi sono componimenti d’occasione per matrimoni di amici. Pubblicata nel 1891, la prima edizione conteneva 22 componimenti. Il poeta ritorna sulla raccolta e nell'anno successivo raggiunge i 72 componimenti. Sono 5 edizioni e in tutto, l’ultima comprende 156 testi, è del 1900. Myricae è un termine che compare nella 4 ecloga di Virgilio“non omnis arbusta iuvant humilesque myricae” ossia“non a tutti piacciono le umili tamerici”. Le tamerici sono piccole piante della macchia mediterranea. Piante umili, non siamo di fronte a grandi alberi. Pascoli si serve di questa metafora per dimostrare che la poesia sta nelle piccole cose. La poesia è nel basso, nel piccolo, nell'umile. La scelta di un titolo in lingua latina sta a sottolineare che Pascoli riesce a far coesistere termini alti con quelli bassi (tema umile ma scritto con uno stile elevato). La raccolta ha come temi la natura che assurge a simbolo in base alla percezione del poeta e la morte. Con forte ridondanza compare il tema della morte. Si sente costantemente il cupo presagio. In apertura della raccolta abbiamo Il giorno dei morti, il poeta immagina che tutti i morti della sua famiglia si siano riuniti a ricostituire il nido familiare. Nell'Ultimo sogno (ultimo componimento della raccolta) il poeta si immagina dopo la morte, quando si ricongiunge con la madre defunta, in una chiusura quasi ad anello. Il tutto sempre su uno sfondo fortemente simbolico. Temporale Inserito nella terza edizione di Myricae. Quadretto quasi impressionistico, descrizione paesaggistica dell'attimo prima che si scateni un temporale. Si sofferma sui colori, come se fosse un quadro. Il primo verso è separato dallo spazio bianco. Bubbolio è una voce onomatopeica, ma non ci aiuta a capire che il suono è quello di un temporale. È una forma quasi prelinguistica, è affiancato all'aggettivo lontano che sottolinea la vaghezza e l'indeterminatezza spaziale. All'indeterminatezza suggestiva concorre l'omissione di ogni dato informativo: che si parli del tuono non è detto esplicitamente, è lasciato all'intuizione del lettore. Anche poi una serie di notazioni visive come "rosseggia", "nero di pece", ecc. danno l'idea della vaghezza, del mistero e dell'angoscia. L'orizzonte è affogato nel mare, le nubi sono presentate a stracci come se il cielo fosse uno straccio, il casolare è bianco ed è indicato dall'analogia con l'ala di gabbiano. Il colore che si staglia sullo sfondo nero è il bianco, colore del casolare. È un'allegoria fondata sul non detto. Noi non sappiamo come il poeta abbia associato il gabbiano al casolare. La nota di bianco costituita dal Casolare possiede presumibilmente un valore simbolico: se il nero che invade tutta l'atmosfera e il rosso affocato dei lampi lontani evocano scure angosce, il bianco sembra alludere alla speranza di un riscatto. Nella stessa direzione va l'immagine dell'ala di gabbiano. Il volo nella tradizione poetica era sempre stato la metafora della liberazione dagli affanni e dalle sofferenze della vita. E un'interpretazione questa puramente ipotetica che il testo sembra suggerire ma non esplicitare, non a caso si parla di simbolo e non allegoria. L'allegoria infatti presenta un rapporto codificato e logico tra significante e significato. Il simbolo invece è ambiguo e enigmatico, non dice, ma allude e suggerisce. Forte senso di minaccia e di angoscia. Tutto il componimento è caratterizzato da una sola forma verbale: rosseggia, che ha funzione di predicato nominale, il tutto è lasciato all'asindeto (punteggiatura), non c'è subordinazione. X Agosto È uno tra i componenti più famosi. Il padre fu assassinato il 10 agosto 1867 e questa poesia viene scritta nel 1897 e pubblicata prima nel Marzocco e poi inserita nella quarta edizione di Myricae. Il 10 agosto fu assassinato il padre, questo fu il primo dei lutti della vita di Pascoli, nasce l'idea della disgregazione del nido familiare. Il componimento non parla del padre, ma di un uomo, la critica lo interpreta alla luce dell'esperienza di Pascoli, ma non c'è nessun riferimento a suo padre. Sono 6 strofe ordinate simmetricamente, la prima e la sesta fungono da cornice per tutto il componimento, sono analoghe: nella prima viene invocato San Lorenzo (santo del 10 agosto) in quanto artefice della pioggia di stelle che scende dal cielo, stelle che simbolicamente rappresentano il pianto del cielo, doppia apostrofe al cielo che dall'alto non è coinvolto nelle sciagure umane (vita umana=puro male), la pioggia di stelle sono lacrime, il cielo compiange le sciagure umane ma lui rimane intatto (intactus non toccato) dalle sciagure umane. Al centro vi sono 4 strofe, disposte a coppie: le prime due costituiscono una coppia in cui il poeta descrive il momento in cui una rondine torna al proprio nido recando nel becco gli insetti per nutrire i piccoli rondinini e viene uccisa. Lei morta rimane ferma, i cuccioli di rondine attendono l'arrivo della madre che non arriverà, pigolano (voce onomatopeica). La seconda coppia presenta in analogia con la prima coppia il ritorno a casa di un uomo che sta portando le bambole ai figli e viene ucciso. Lui resta immobile morto mentre i bambini attendono l'arrivo del padre con le bambole. Da un punto di vista tecnico il componimento è ricchissimo di simbologia. Non c'è l'estemporaneità e l'impressionismo tipico pascoliano: troviamo una struttura congeniale al tono volutamente enfatico. Il tutto è finemente costruito, non ci sono passaggi analogici, simbolici e complicati come per esempio ci sono in Temporale. Qui il testo è molto chiaro perché l'intento da parte di Pascoli è riflettere sul tema del male. Affronta il problema del rapporto tra bene e male. La terra è un atomo opaco del male, il cielo è immobile e sereno, non viene intaccato dal male. Questo fa riferimento all'inconciliabilità tra cielo e terra, bene e male. Grande simbologia "cristiana" anche se lui non è cristiano di fatto, riprende alcuni temi: cielo come mondo del bene e male in terra come purificazione. Simbologia cristologica: Verso 6 la rondine cade tra spini, riferimento alla corona di spine di Cristo Verso 9: “ora è la in croce”, crocifissione di Cristo. La rondine diviene il simbolo di tutti gli innocenti perseguitati dalla malvagità degli uomini. Verso 14 “l'uccisero disse perdono”, Cristo perdona l'umanità che lo ha ucciso e anche l'uomo ha perdonato i suoi uccisori. I simboli non sono complicati sono chiari, i riferimenti a Cristo sono palesi. Pascoli a differenza del padre e di Cristo non riesce a perdonare. Cristo è morto per salvare l'umanità, nell'uccisone del padre non c'è nulla di provvidenziale, la violenza è perpetrata da quelle stesse persone che contribuiscono a rendere la terra un posto di puro male. Cristo si sacrifica per la salvezza dell'uomo, l'uccisione del padre non ha come fine nessuna salvezza. Dal punto di vista tecnico abbiamo due apostrofi: a San Lorenzo e al Cielo; ai primi versi delle strofe 3 e 4 abbiamo la stessa frase in cui il poeta ha invertito i due luoghi tetto e nido, due sineddoche. La strofa 3 e 5 sono speculari: nei primi due versi della 3 vediamo quello che è successo alla rondine dopo la morte e poi i cuccioli, nella 5 i momenti sono invertiti, prima vengono presentati i bambini e poi la descrizione dell'uomo dopo la sua morte. Il lampo Composto tra il 1882 e 1893. Componimento molto vicino al Pascoli simbolista. Il componimento descrive l'attimo in cui il lampo squarcia un cielo nero e viene ad illuminare qualcosa, una casa. Il tutto avviene in un attimo in un batter di ciglia. Come il lampo illumina rapidamente la notte anche l'occhio si apre e si chiude e mette a fuoco l'immagine e poi la perde. Forte motivo cromatico, la casa bianca, la notte nera. Momento descritto rapidamente, la descrizione non è data da motivi cromatici ma noi la interpretiamo così. A differenza di altri componimenti di Myricae, qui le impressioni visive non hanno neppure l'apparenza di oggettività impressionistica, sono immediatamente connotate da un valore simbolico. La terra è ansante, il cielo è tragico e rimanda all'idea del nero, è squarciato dalla presenza di nubi nere. Tacito tumulto allitterazione. Pascoli chiarisce l'immagine dell'occhio che si apre e si chiude nella terza edizione di Myricae. L'occhio si apre e si chiude con la stessa rapidità con cui il padre viene fucilato. L'assiuolo Pubblicata prima sul Marzocco nel 1897 e poi in Myricae nello stesso anno. Uccello simile al gufo, il cui verso compare in forma onomatopeica (chiù) alla fine di ogni strofa. Il componimento presenta tre strofe da 8 versi, nei primi 4 troviamo una descrizione paesaggistica molto serena, positiva, la scena rappresentata non è una scena oscura. Nei versi successivi il poeta presenta delle immagini lugubri. Il verso dell'assiuolo è paragonato a un suono lontano nella prima strofa, nella seconda è paragonata a un singulto, scansione ritmica cupa; nella terza strofa ci presenta il suono di un pianto. La descrizione iniziale è positiva, paesaggio lunare, è il momento in cui sta sorgendo la luna ma non è ancora visibile nel paesaggio, il suo chiarore illumina la scena, crea una sorta di alba di perla. Nella prima strofa il verso dell'assiuolo che viene da uno spazio indefinito ha un valore fortemente simbolico: col suono malinconico e misterioso risuonò nelle tenebre notturne, è come se fosse rappresentazione di un qualcosa di lugubre e funesto. All'inizio della seconda strofa ti ripresentano immagini quiete e serene come le stelle che rilucono nel chiarore diffuso e lattiginoso, il rumore del mare che si associa immagini consolanti. Ma la strofa si fa più lugubre quando un guizzo tra la vegetazione provoca nel poeta un sussulto. Alla fine quello che era solamente il verso dell'uccello suona come un singulto. All'inizio della terza strofa ritorna in simmetria con le precedenti l'immagine della luce lunare che colpisce le cime degli alberi, poi vi sono una serie di connotazioni negative come il sospiro del vento che trema, l’onomatopea fru fru, indica il verso delle cavallette. Il suono delle cicale è come quello dei sistri d'argento (strumenti musicali egiziani legati al culto di Iside e Osiride, dei dell'oltretomba. Il passaggio nel regno era accompagnato dal suono della sistra e i morti venivano accolti da Iside, in una speranza di una nuova vita oltre la morte). Pascoli fa una domanda e si riferisce a delle porte che non si aprono più, sono le porte della morte. Si rifà alla religione cristiana, che vede nella morte la possibilità del ricongiungimento coi propri cari. Il poeta è però convinto che il nucleo familiare nella vita ultraterrena non si possa più ricostituire. Il verso dell'assiuolo alla fine viene visto come singhiozzo di morte, non c'è fede nell'aldilà, Pascoli, quando alla fine ritorna a pensare ai lutti che hanno funestato la sua vita, vede solo il suo nido distrutto dalla morte sa che non potrà essere più ricostituito.
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