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Giovanni Verga e i Malavoglia, Sintesi del corso di Italiano

schemi in sintesi su Verga e sulla vita e sulle opere. approfondimento anche su i Malavoglia. libro di testo di riferimento "Perché Letteratura"

Tipologia: Sintesi del corso

2020/2021

In vendita dal 08/03/2021

maripatro
maripatro 🇮🇹

4.5

(2)

14 documenti

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Scarica Giovanni Verga e i Malavoglia e più Sintesi del corso in PDF di Italiano solo su Docsity! GIOVANNI VERGA 1. LA RIVOLUZIONE STILISTICA E TEMATICA DI GIOVANNI VERGA Con Verga si sviluppa il romanzo moderno. La più grande rivoluzione apportata da Verga è la rinuncia alla prospettiva onnisciente, l’autore rinuncia inoltre di manifestare nel racconto i propri sentimenti e le proprie ideologie (impersonalità) descrivendo oggettivamente la realtà. Per la prima volta il popolo diventa protagonista (rivoluzione tematica). Verga pero non avrà molta fama con gli scritti rivoluzionari che verranno apprezzati solo successivamente. Queste innovazioni e scelte vanno pero ricollegate alla crisi storica di quel periodo, il romanticismo e il risorgimento stanno decadendo e Verga (ultimo rappresentate di queste ideologie) lo vive appieno, rappresentando nelle sue opere le contraddizioni di questa crisi. Per questo la sua adesione al Verismo e all’impersonalità, prima cercando valori alterativi per risollevare la società, poi abbandonandosi a un pessimismo materialistico in cui avviene il trionfo dell’interesse e della roba. 2. LA VITA E LE OPERE · Giovanni Verga nasce nel 1840 a Catania da una famiglia benestante di idee liberali. · Compie i primi studi presso Antonio Abate, patriota entusiasta che gli trasmette la sua passione per i romanzi storico - patriottici e per la narrativa d'appendice: i suoi romanzi giovanili riflettono gli ideali risorgimentali dello scrittore. Col passare degli anni Verga decise di dedicarsi totalmente al mestiere di scrittore. Così abbandona gli studi in legge (1869) e si trasferisce a Firenze, allora capitale del regno. · Tre anni dopo si stabilisce a Milano, vero centro della cultura nazionale e dell'industria editoriale. Qui frequenta i salotti intellettuali e gli ambienti della Scapigliatura, si dà alla vita mondana e agli amori. Verga raggiunse il successo con una serie di romanzi che narrano vicende passionali ambientate nel mondo aristocratico. Nel frattempo Verga amplia i suoi riferimenti culturali: legge i realisti francesi. · Mentre in Italia si apre il dibattito sulla questione meridionale: in questo clima nasce il suo progetto di un ciclo di cinque romanzi ambientati in Sicilia (I Malavoglia, Mastro don Gesualdo, La duchessa di Leyra, L'onorevole Scipioni, L'uomo di lusso). Ma il suo pubblico rimase deluso del rinnovamento delle tecniche narrative che adottò. Le cupe storie di contadini e pescatori risultano sgradevoli. Così I Malavoglia fanno fiasco; Mastro don Gesualdo va un po' meglio ma non raggiunge il successo dei romanzi mondani. Di tanto in tanto Verga torna a narrare storie sentimentali borghesi; è il caso del romanzo Il marito di Elena, definito dallo scrittore “una ciambella riuscita senza buco”. Dei suoi testi per il teatro quello che fa maggior successo è Cavalleria rusticana (1884), storia a forti tinte di un “Delitto d'onore”. · Nel 1893 compie a ritroso il viaggio della sua giovinezza e si trasferisce definitivamente a Catania. Tornato in Sicilia, continua a scrivere ma il lavoro che più gli sta a cuore non riesce a prender forma, e col passare degli anni finisce per rinunciare alla letteratura. · Nel 1922 muore a Catania. 3. LA FASE ROMANTICA DELL’APPRENDISTATO CATANESE La formazione di Verga è provinciale ancora nel clima romantico, il suo primo racconto I carbonari della montagna è un romanzo storico (ormai decaduto) e le sue prime produzioni (Sulle lagune) sono tutte incentrare sul tema binomio amore e patria. Pero questi subiscono uno sviluppo si passa da avere l’elemento patriottico in primo piano a lasciarlo sullo sfondo della storia d’amore fino ad arrivare (una peccatrice) alla caduta di quest’ultimo e alla concentrazione sulla storia d’amore passionale. Le soluzioni formali sono ancora elementari fondate sulla contrapposizione buoni/cattivi e ribaltamento della posizione tra uomo e donna. 4.I ROMANZI FIORENTINI E DEL PRIMO PERIODO MILANESE : LA FASE TARDO- ROMANTICA Il cambiamento avviene con il primo romanzo fiorentino storia di una capinera, che sempre ispirarsi a una letteratura di tipo filantropico volta a denunciare un’ingiustizia sociale (qui la monacazione coatta), ma vuole anche essere intima, studiare la vicenda interiore della protagonista (Maria). E’ caratterizzato da questi punti: 1. Prima volta che si assume il punto di vista di un personaggio semplice e il suo linguaggio; 2. Viene utilizzato il fiorentino, quello di Manzoni; 3. Compare il tema dell’orfano e dell’escluso (che ritornerà); 4. Si congiunge il motivo della esclusione sociale a quello economico. Ciononostante presenta ancora caratteristiche romantiche, donna Rappresenta l’ideale dell’amore- passione. Successivo vi è Eva pubblicato a Milano (1873) segna una svolta; in questo per la prima volta Verga segue una poetica del vero, avendo assimilato la scapigliatura milanese, e inoltre la prefazione sembra un manifesto di avanguardia. Il romanzo si fonda sull’intreccio di 4 temi: 1. Lo studio del rapporto tra arte e modernità (fra valori romantici e progresso); 2. L’esame di coscienza dell’artista in crisi che capisce che gli ideali romantici non sono più realizzabili; 3. La storia d’amore che ha qui un valore simbolico (il protagonista viene sconfitto come in arte anche in amore); 4. Il contrasto tra modernità e il mondo premoderno. Comprare inoltre il tema della ballerina, che sarà come la prostituta, un topos della letteratura e pittura moderna, simbolo dell’arte che si presenta ora come artificio, esibizione pubblica, seduzione. Il romanticismo giovanile di Verga si trova qui in crisi ma non superato in quanto presenta una contrapposizione la famiglia e la Sicilia; capisce che l’artista può realizzarsi solo nella modernità ma rimpiange il passato. Questa tematica torna in Tigre Reale (figura femminile contrapposta alla famiglia) in cui si sente l’influenza scapigliata. In questi due romanzi vi è un narratore testimone delle vicende e confidente del protagonista; questa tipologia viene abbandonata con Eros, in cui vi è una narrazione oggettiva e impassibile, condotta da una voce narrante estranea ai fatti; con questo ultimo romanzo supera le ideologie romantiche. (Approda ad un realismo oggettivo) 5. PRIMAVERA E ALTRI RACCONTI E NEDDA, “BOZZETTO SICILIANO” Scrive poi Primavera in cui il protagonista una vittima rassegnata e inconsapevole (ulteriore distacco) e Nedda (1874) in cui i protagonisti iniziano ad essere gli umili e il paesaggio diventa contadino, però non è ancora una novella verista in quanto manca l’impersonalità, l’autore difende il suo personaggio e il linguaggio è ancora il fiorentino di maniera, scrivendo in corsivo i dialettismi; racconta la storia di una orfana che si innamora di un contadino lui le dà una figlia ma muore poco dopo, lei si rifiuta di portarla al convento e sperimenta quella situazione di estraneità; alla fine la bambina muore di stenti. In questa si mescolano toni patetici con un primo abbozzo lirico-simbolico e realista. · Novelle Rusticane (1881-1883) sono undici rusticane che rappresentano un mondo di campi e di contadini ma anche di borghesi e di nobiltà, in cui scompare il motivo del singolo personaggio in lotta con l’ambiente e l’attenzione passa alla dimensione collettiva (eccezione solo Il reverendo e La roba); inoltre il pessimismo di questo periodo porta a note amare, spietate e drammatiche. · Per le vie (1883) raccoglie dodici novelle di ambientazione milanese, che trattano gli ambienti popolari cittadini in cui dominando i rapporti di forza determinati dalla scala gerarchica e dal denaro. · In Vagabondaggio (dodici novelle 1887, ambiente siciliano) l’incupimento pessimistico porta alla realizzazione di personaggi cinici e squalidi senza contraddizioni interne. 10. MASTRO DON GESUALDO Mastro Don Gesualdo pubblicato in volume nel 1889; di questo romanzo l’intenzione iniziale era quella di raffigurare un arrampicatore sociale, un mastro che diventato ricco si era meritato la nomina di don. La vicenda si svolge tra il 1820-21 e il 1848-49, fra la provincia di Catania e Palermo. Sullo sfondo stanno alcuni eventi storici di rilievo (come le rivolte avvenute in quel periodo); il romanzo è composta di ventuno capitoli riuniti in quattro parti: essi seguono gli eventi culminanti della vita del protagonista. 11. LE VICENDE DEL MASTRO- DON GESUALDO Il racconto di Mastro-don Gesualdo ha un carattere volutamente frammentato, evidente nella divisione in parti. LA PRIMA PARTE: Il romanzo comincia con l’incendio che colpisce il vecchio palazzo dei Trao e che blocca nella camera di Bianca Trao l’amante di lei, il cugino Ninì Rubiera, che viene scoperto dal fratello della ragazza don Diego; la famiglia nobiliare, attaccata ai valori nobiliari, viene colpita nell’onore. Tra i personaggi che prestano soccorso vi è Gesualdo, che si impegna contro il fuoco non per amore dei Trao, ma per difendere la roba: la sua casa confina infatti con il palazzo vittima dell’incendio e teme che questo possa propagarsi. La scena si sposta al palazzo Rubiera: don Diego si reca dalla baronessa Rubiera, madre di Ninì, per ottenere da lei un matrimonio riparatore: se il figlio sposerà Bianca, lo scandalo potrà essere evitato. La baronessa dapprima non gli dà neppure ascolto, ma poi ai guarda bene dal promettere il matrimonio: don Ninì non può permettersi di sposare una ragazza povera. Si arriva a palazzo di casa Sganci, dove i nobili del paese decidono di risolvere lo scandalo cambiando un matrimonio tra Bianca e Gesualdo, arricchitosi e desideroso di entrare a far parte delle famiglie potenti. Viene quindi descritta una giornata di Gesualdo, la sua corsa contro il tempo per tenere dietro a tutti i suoi affari. Incontra anche Diodata, una contadina che gli ha dato due figli, a cui annuncia l’intenzione di sposare Bianca. Un crollo di un ponte che Gesualdo sta costruendo rischia di rovinare la sua vita, quindi il protagonista accelera le trattative di matrimonio. Nonostante l’opposizione dei fratelli, contrari al maritarla con un borghese, Bianca accetta, anche perché su di lei grava la sua condizione di donna incinta. Vi è un conflitto tra Nunzio, padre di Gesualdo, ed il figlio: il primo rimprovera al secondo di non rispettare le norme patriarcali (Nunzio è caparbio e geloso del figlio, pretende di fare di testa sua senza averne le capacità), e Gesualdo si sente in colpa. Si celebra quindi il matrimonio di Bianca e Gesualdo, a cui i nobili del paese non partecipano; neanche i famigliari di Gesualdo, che disapprovano il matrimonio con una nobile squattrinata, si presentano. LA PARTE SECONDA: Gesualdo è vincitore dell’asta delle terre comunali, sino ad allora appannaggio delle famiglie nobili del paese; è il momento del suo trionfo: alla vittoria pubblica corrisponde la sconfitta privata. Muore di tisi don Diego Trao, e nasce Isabella, che Gesualdo crede sua figlia, quando probabilmente è di Ninì Rubiera. La rivoluzione carbonara del 1820 vede tra i suoi protagonisti Gesualdo, che vorrebbe approfittare per scalzare il potere dei nobili, ma si accorge ben presto che anche i nobili vi partecipano con la medesima intenzione. Giunge quindi in paese una compagnia teatrale e don Ninì si innamora della prima attrice; per conquistarla deve ricorrere a Gesualdo e fare debiti su debiti. Quando la baronessa Rubiera, sua madre, viene a saperlo, vorrebbe diseredarlo, ma viene colta da un colpo apoplettico e resta paralizzata, dunque incapace di far seguire gli atti al proposito. LA PARTE TERZA: comprende solo quattro capitoli. Attraverso la tecnica del racconto condensato (o riassunto) si narra quanto accaduto tra il 1821 ed il 1837. Si rievocano le difficolta di Gesualdo, costretto, quando va a visitare la figlia, a nascondere le mani mangiate dalla calcina e a farsi chiamare “il signor Trao”, dato che Isabella si vergogna delle umili origini del padre. Nel 1835, in occasione del colera, Isabella viene richiamata dal collegio di Palermo perché si possa rifugiare con la famiglia in campagna, a Mangalavite. La ragazza deve quindi affrontare la realtà: il palazzo Tra è ormai cadente, il anno paterno è un contadino rozzo e burbero; anche la dimora di Mangalavite è abbastanza deludente. Isabella trova consolazione Corradino, rimasto orfano dopo al colera, ospite di Gesualdo. Questo scrive poesie che seducono Isabella; i due si incontrano di nascosto. Gesualdo deve quindi risolvere lo scandalo degli amori tra i due giovani ma, non possedendo nulla, non può neanche prendere in considerazione il dargli in sposa la figlia. Il destino di Isabella ricalca quello della madre: innamorate entrambe in un cugino, costrette a sposare un altro quando stanno già aspettando un figlio. Isabella fugge con Corrado, dopo che il padre l’aveva rinchiusa nel collegio; a questo punto Gesualdo deve trovarle un marito, il duca di Leyra, di una grande casata palermitana, ma in decadenza economica. In dote Gesualdo deve concedergli molte delle sue terre e, quando il duca si accorge che Isabella è incinta, per tacitarlo deve fargli dono di altre proprietà; ha inizio la decadenza economica. LA PARTE QUARTA: Bianca sta morendo, vengono a fargli visita in molti nobili. Morta la donna, una nuova disgrazia colpisce Gesualdo: Nanni l’Orbo, capo della rivoluzione, viene assassinato e la gente ne attribuisce la responsabilità a Gesualdo, in quanto ex-amante di Diodata, moglie dell’ucciso. Gesualdo è dunque costretto a fuggire, mentre la folla, che ha individuato in lui il capo dei conservatori, invade i suoi magazzini. Alla decadenza economica si accompagna quella fisica: l’uomo viene colpito da un cancro, simbolo della logica della roba, che ne ha distrutto l’esistenza Gesualdo accetta la proposta di Isabella di andare a Palermo presso il genero, dove il duca lo tiene sotto controllo per assicurarsi che questo non faccia testamento e tutti i suoi possedimenti vadano alla moglie. L’ultimo capitolo è ambientato a Palermo, dove Gesualdo aspetta la morte nell’estraneo palazzo del duca di Leyra. Gesualdo muore solo, tra l’indifferenza e il pettegolezzo dei Servitori. 12.. POETICA, PERSONAGGI, TEMI DEL MASTRO-DON GESUALDO In Mastro Don Gesualdo l’impersonalità di Verga deve essere adattata al mondo moderno della borghesia. E’ un mondo più complesso e questo implica una regia narrativa complicata e una ricca polifonia. La stratificazione del racconto è evidente nel sistema dei personaggi; il racconto è incentrato, contrariamente ai Malavoglia, su un singolo protagonista (Gesualdo) e inoltre qui vale solo la legge della roba che Gesualdo segue ma ne paga il prezzo con un senso di rimorso e isolamento nei confronti degli affetti violati. Il protagonista è destinato quindi al fallimento esistenziale. Il romanzo abbraccia un vasto periodo (30 anni); inoltre con lui assistiamo alla nascita della nuova borghesia (classe di possidenti non nobiliare), eppure qui (romanzo storico) non c’è più la fiducia romantica nella storia e nella capacità di indirizzarla dell’uomo. Storia concepita come lotta per la vita che contrappone gli uomini (anche la politica solo velo per gli interessi dei singoli) e alla fine la vita risulta priva di senso e di valore (vita per la roba alla quale vanno sacrificati ogni sentimento e porta a una morte solitaria). Il romanzo della roba è quindi il romanzo dell’autoannientamento. Qui il realismo di Verga è quasi spietato, assume una piega amara; rappresenta una sorta di cattiveria rappresentativa volta a sottolineare il carattere alienato della tragedia della roba. 13. L’ULTIMO VERGA Dopo Mastro-don Gesualdo, Verga scrisse due raccolte di racconti una ambientata nella borghesia l’altra nel mondo popolare. Inoltre si dedica al teatro mettendo in scena la Lupa e Dal tuo al mio. Ma ormai Verga è diventato scettico e disincantato per questo motivo non porta a termine il ciclo dei Vinti in quanto sarebbero stati gli ultimi tre solo racconti negativi (avrebbero presentato un giudizio scontato, senza interesse dell’autore per la loro sorte). L’ultima opera significativa è La caccia al Lupo (1897), in cui i personaggi sembrano gli stessi di Vita nei campi ma hanno perso ogni carica passionale ed eroica. Verga li ritrae in una luce animalesca che ne sottolinea lo squallido sadismo e la cinica meschinità. I MALAVOGLIA 1. IL TITOLO E LA COMPOSIZIONE Nel 1875 Verga scrive a Treves che sta lavorando al bozzetto intitolato Padron ‘Ntoni. Quando poi pero nel 1878 aderisce al Verismo abbandona il bozzetto e decide di scrivere il romanzo intitolato i Malavoglia. Il titolo è un “’nguria”, un soprannome scherzoso del dialetto popolare siciliano. Nello stesso periodo progetta il ciclo dei Vinti (prima aveva il titolo di Marea). Verga lavora ai Malavoglia dal 1878 al 1880 e viene pubblicato dall’editore Treves nel 1881. 2. IL PROGETTO LETTERARIO E LA POETICA Le posizioni teoriche e poetiche di Verga si possono trarre dalla lettera dedicatoria a Farina, dall’racconto Fantasticheria, dalla prefazione dei Malavoglia e dalla lettera a Capuana. I punti essenziali del suo progetto sono: 1. Occorre inventare una forma inerente al soggetto, che si adatti ai cinque temi sociali diversi cui tratterà nel ciclo dei vinti quindi 5 diverse soluzioni stilistiche; 2. L’autore deve sparire, la narrazione deve avvenire attraverso la prospettiva dei personaggi, secondo il principio verghiano dell’impersonalità; 3. Devono cadere gli artifici narrativi della tradizione manzoniana come il narratore onnisciente, la descrizione dall’alto, la messa in scena dei personaggi (la loro presentazione) e il loro inquadramento ideologico, tutta la narrazione deve essere condotta dal basso; 4. Occorre perciò inventare nuovi artifici narrativi, come l’utilizzo di ampie scene corali per permettere al lettore di riconoscere i personaggi da cosa dicono o cosa fanno; 5. Bisogna cercare anche nuove soluzioni stilistiche, soprattutto per esprimere la prospettiva popolaresca, quindi occorre vedere e filtrare la realtà attraverso gli occhi dei personaggi, attraverso la loro cultura e immaginazione; 6. Quindi ne consegue il rifiuto di un successo facile presso il pubblico, Verga compie un’azione consapevole di rottura e di avanguardia. 3. IL ROMANZO COME OPERA DI “RICOSTRUZIONE” INTELLETTUALE ® Lia contrapposta a Mena. Questa scissione da luogo nel romanzo a due tonalità espressive, due diversi registri: · uno lirico-simbolico (che descrive gli stati d’animo di Mena, La Longa, padron ‘Ntoni…) · uno comico-caricaturale, che rappresenta il mondo di Aci Trezza, i comportamenti degli abitanti meschini e cinici che lo abitano. Il primo esempio il dialogo tra Mena e compare Alfio; il secondo esempio l’episodio della rivoluzione per il dazio sulla pece. 7. SIMBOLISMO E NATURALISMO NEI MALAVOGLIA Nei Malavoglia quindi vi è la compresenza di due registri espressivi quello simbolico-lirico e quello comico, grottesco e caricaturale. Questi due registri costituiscono la traccia evidente della contraddizione/opposizione presente nel romanzo; questo però non crea scompenso narrativo, anzi l’opera risulta compatta. · il codice linguistico e sintattico rimane unitario; si fondono tonalità epico-liriche (tipiche della favola popolare) e tonalità bozzettistiche; l’uso frequente della ripetizione collabora a questa unione. · l’ottica di gran lunga prevalente è quella economica e materialistica, questo fa sì che si uniscano i due gruppi di personaggi in opposizione (I Malvoglia e i paesani). · a Verga non sfugge che l’idillio patriarcale non è un’alternativa al presente, ma solo il sogno di un passato che non può più tornare. Infatti il tono lirico-simbolico sottolinea quasi sempre il momento della rinuncia o della sconfitta, o quello del non detto in quanto non dicibile (i sentimenti non hanno il diritto di parola). Questa tendenza all’allusività è tipica del Simbolismo; infatti nel romanzo vi è l’incontro tra Naturalismo e Simbolismo conciliato dal programma di far parlare le cose da se di Verga. Anche se è il Naturalismo a prevalere. 8. L’IDEOLOGIA E LA “FILOSOFIA” DI VERGA Il tema della religione della famiglia fa parte della componente romantica del romanzo; in esso sopravvive un nostalgico rimpianto per un mondo di valori autentici non più presenti nella società moderna. Vi è l’esaltazione dell’ideale dell’ostrica, dell’attaccamento alla famiglia, all’onore e al lavoro. Chi si allontana da questi valori e dalla famiglia si perde per sempre. Tuttavia già nel rimpianto sono presenti sia una nota materialistica (positivismo e Naturalismo di Verga) sia una nota pessimistica. Infatti per Verga la forza della famiglia è garantita materialisticamente dal legame di sangue; la solidarietà dei suoi membri è un modo per sopravvivere all’interno della feroce selezione naturale che caratterizza l’esistenza. Verga avverte tale religione come un residuo del passato: nel presente l’egoismo sta già penetrando nell’assetto familiare; Alla fine il materialismo pessimistico di Verga prevale su ogni fronte: anche nella considerazione della famiglia. Verga vede l’ordine sociale come un ordine naturale e il progresso come evoluzione (secondo il darwinismo sociale); L’uomo infatti è e sarà sempre determinato dagli istinti e dagli interessi materiali. Questi isolano ogni individuo solo con il proprio egoismo: non esiste collaborazione e non si può cambiare la propria condizione, chi lo tenta viene sconfitto. Inoltre di fronte alle ingiustizie sociali non bisogna ribellarsi ma rassegnarsi e come dice padron ‘Ntoni, una tassa ingiusta è come un cattivo raccolto, è inutile protestare, è meglio lavorare di più per pagarla. Qui Verga presenta ancora un ideologia conservatrice. Non manca inoltre nella parte finale una polemica antisocialista, per Verga un nuovo assetto sociale e una rivoluzione sono impensabili. E vero pero che la simpatia di Verga vada sempre per i vinti che devono quasi sempre rinunciare; infatti esiste un eroismo della rinuncia che rende vive figure come Mena, padron ‘Ntoni e ‘Ntoni. Occorre rinunciare ai propri sogni e accettare la dura legge della realtà. Questo eroismo è anche dato da Verga riguardo alla sua rinuncia dell’ideologia giovanile; quindi la propensione di Verga a identificarsi nei vinti riflette la storia sociale dell’autore nel passaggio dal Romanticismo a Verismo. Un altro aspetto importante è il tema dell’esclusione e della figura dell’escluso. Inizialmente esclusa è tutta la famiglia ma nella parte finale, diventa protagonista l’escluso ‘Ntoni. Egli ormai è escluso dal paese ed è l’Escluso che diventa simbolo (‘Ntoni si identifica col mare). La sorte di ‘Ntoni è la stessa dell’artista moderno: è un escluso condannato a vivere nell’universo alienato e artificiale della modernità. 9.LA LINGUA, LO STILE IL PUNTO DI VISTA Verga narra secondo un’ottica dal basso: a parlare è una comunità arcaico-rurale che dà per scontata la conoscenza dei luoghi e delle persone. Quindi i luoghi non vengono presentati e anche i personaggi sono mostrati direttamente in azione, senza un precedente ritratto da parte del narratore. La tecnica di Verga tende a far scomparire la prospettiva dell’autore e ad assumere quella dei personaggi. La novità stilistica verghiana consiste nel riportare una fitta rete di voci narranti popolari, attraverso l’uso del discorso diretto. Anche le metafore e le similitudini non riguardano mai il campo dell’autore, ma sempre quello dei personaggi, rimandando alla loro cultura e immaginario primitivo. Anche la lingua riflette questo sforzo di adottare una prospettiva diversa da quella dell’autore; Verga non fa ricorso al dialetto, ma impiega un italiano parlato cosi come lo parlano i siciliani dotati di una certa cultura: capace di conservare le sfumature sintattiche e lessicali del dialetto. Verga inventa cosi una sintassi particolare in cui si avverte di continuo l’eco e quasi la gesticolazione del parlato; questo viene aumentato anche dall’uso di proverbi. Verga adotta quindi un’ottica nuova, quella di un narratore popolare; l’autore sparisce regredendo in un narratore incolto o primitivo: viene chiamato artificio di regressione. Proprio lo scarto fra il punto di vista della voce narrante e il punto di vista dell’autore è alla base dell’artificio di straniamento già presente in Rosso Malpelo. Infatti per seguire l’impersonalità Verga non interviene per aiutare i Malavoglia e ristabilire la verità, tuttavia il lettore capisce che il suo punto di vista non coincide con quello della voce narrante. Il coro narrante trasforma ciò che dovrebbe essere normale in strano e ciò che dovrebbe essere strano in normale. Tuttavia la divergenza fra narratore e autore fonda la possibilità di un diverso giudizio rispetto a quello dominante; invita il lettore a formulare un giudizio autonomo diverso da quello della voce narrante.
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