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Giovanni Verga- Vita dei campi, Appunti di Letteratura

Riassunto novelle della raccolta vita dei campi di giovanni verga

Tipologia: Appunti

2019/2020
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Caricato il 17/02/2020

Alessia111.
Alessia111. 🇮🇹

4.8

(4)

6 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Giovanni Verga- Vita dei campi e più Appunti in PDF di Letteratura solo su Docsity! Giovanni Verga- Vita dei campi L'ambiente descritto nelle novelle è quello della Sicilia umile e rurale, la Sicilia dei pastori, dei contadini, dei pescatori e dei minatori, che svolgono lavori talmente umili e sottopagati da consentire loro solamente lo stretto necessario per vivere. I luoghi descritti da Verga sono per lo più cupi così come l'esistenza dei personaggi principali della novella. La miniera in cui lavora Rosso Malpelo è rappresentata, ad esempio, con i suoi antri bui e tenebrosi, così come l'animo del protagonista. Quasi tutte le altre novelle sono ambientate nella campagna siciliana o, come nel caso di “Fantasticheria”, in un tipico paesino di mare siciliano, tra scogli giganteschi, “incastonati nell'azzurro.” Il contesto storico è indefinito, ma s'intuisce che verga abbia ambientato le novelle nella società merdionale dell'800, dopo l'Unità d'Italia. Nonostante l'autore abbia cercato di non lasciar trapelare il proprio punto di vista, in queste novelle si intuisce facilmente la concezione dolorosa e tragica che lui aveva della vita. • Cavalleria rusticana Turiddu Macca, ritornato nel suo paese dopo il servizio militare, ha l'amara sorpresa di trovare fidanzata con Alfio, ricco carrettiere, la sua bella innamorata, Lola, che presto si sposa. Egli allora corteggia e affascina Santa per far morire di gelosia Lola, la quale, durante l'assenza del marito, finisce per concedere il suo amore al giovane. Santa, però, ferita nell'orgoglio e disperata, rivela a compare Alfio, tornato a casa per festeggiare la Pasqua, il tradimento della moglie. L'orgoglioso carrettiere, per difendere il suo onore offeso, sfida a duello mortale il rivale, che, consapevole della colpa commessa e obbediente alle leggi della cavalleria del mondo contadino, accetta di battersi. Così Turiddu va incontro al suo destino, e fra i solitari fichidindia della Canziria cadrà come un masso, ucciso a coltellate da compare Alfio. Analisi del testo: Cavalleria rusticana, uno dei racconti migliori e più celebri di Verga, rispecchia le condizioni sociali della seconda metà dell'Ottocento nei centri rurali della Sicilia, dove era esasperato il cosiddetto sentimento dell'onore e terribile la vendetta per le offese ricevute, che a volte venivano persino lavate con il sangue. Ormai la società moderna è profondamente mutata e i personaggi della novella restano soltanto a testimoniare, nella loro tragicità, il forte attaccamento dei siciliani ai sentimenti e ai valori della tradizione e della famiglia. Leggendo queste pagine drammatiche, si ha l'illusione che non sia l'autore a narrare, ma la gente di Vizzini, il paesino dove la vicenda sicuramente si svolse. Gli avvenimenti, raccontati con tinte forti e impressionante rapidità, senza alcun commento, sembrano le fasi di un unico atto tragico, e i personaggi hanno una loro inconfondibile caratterizzazione: Turiddu è avventuroso, a volte spavaldo, dominato dall'amore disinteressato; Alfio, invece, è chiuso e risoluto; Lola, vanitosa e superstiziosa; Santa, innamorata ma anche esasperata. Predomina il dialogo, breve, intenso e serrato. • La Lupa Era alta, magra e aveva soltanto un seno vigoroso, questa era la gnà Pina, chiamata dalla gente del posto la lupa perché non era sazia di niente. Le donne come la vedevano passare si facevano la croce perché avevano paura che portasse i propri figli e mariti a peccare con lei. La lupa aveva una figlia di nome Maricchia, che era una bella ragazza ma soffriva molto, perché avendo una madre così snaturata nessuno l'avrebbe presa in moglie anche se aveva una buona dote. Un giorno la lupa si innamorò di un giovane che era tornato dal servizio militare e lavorava nei campi vicino alla sua casa, questo ragazzo si chiamava Nanni. Successivamente la lupa disse a Nanni quello che provava per lui ma egli le rispose che non voleva lei ma sua figlia Maricchia. La lupa sentendosi dare quella risposta scappò con le mani nei capelli e non si fece vedere per alcuni mesi. Quando arrivò la stagione degli ulivi la lupa si convinse a dare in sposa sua figlia, la prese di forza e la portò da Nanni; lui accettò, anche se Maricchia non era molto d'accordo. Dopo il matrimonio Nanni e Maricchia andarono a vivere nella casa della lupa. Ella nonostante tutto continuava ad amarlo e a corteggiarlo e alla fine lui cedette. Maricchia in un primo momento subì la situazione, ma un giorno stanca disse alla madre che se non la smetteva di importunare il marito sarebbe andata dal brigadiere; la madre non l'ascoltò e così Maricchia andò dal brigadiere a cui chiese di allontanare la madre dalla casa. Il brigadiere chiamò Nanni e lo minacciò dicendogli che lo avrebbe mandato in galera, lui si difese dicendo che la lupa era una tentazione continua e che voleva essere aiutato a uscire da quell'inferno. Il brigadiere parlò anche con la lupa ma lei disse che da quella casa che era sua non se ne sarebbe andata. Un giorno Nanni, mentre lavorava fu colpito dal calcio di un mulo e rischiò la vita. Il prete disse che finché la lupa non se ne fosse andata non lo avrebbe confessato, così la lupa se ne andò. Dopo esser guarito, per un po di tempo le cose andarono bene, ma visto che Nanni sopravvisse ella riprese a perseguitarlo, Lui la pregò di essere lasciato in pace, anche per il bene di Maricchia e arrivò persino a minacciarla di morte, ma lei incurante di ciò gli rispose: "ammazzami pure non me ne importa". Nanni mentre zappava la vigna la vide venirgli incontro, staccò l'ascia dall'albero e la minacciò di ucciderla, ma lei continuò ugualmente ad avvicinarsi e venne uccisa senza opporre resistenza. Commento: La novella narra l'amore morboso della gnà Pina per gli uomini, e in particolare per Nanni. Nel descrivere la protagonista, Verga insiste soprattutto sugli occhi, le labbra, il volto della Lupa, cioè sugli aspetti fisici per sottolineare la sua forte sensualità. La Lupa viene presentata sia direttamente dal narratore, sia, più indirettamente, da ciò che la gente dice e pensa di lei. La novella è contrassegnata da un'atmosfera di violenza, durezza e drammaticità. Tale sensazione dipende dall'aspetto fisico dei personaggi, dall'ambiente in cui vivono e, infine, dalle loro reazioni a quanto accade. Al contrario della madre, la figlia Maricchia non viene descritta dal narratore né direttamente né indirettamente: di lei non sappiamo se è bella o meno, se somiglia alla madre ecc. Un elemento sul quale insiste il narratore è il potere demoniaco di seduzione della protagonista: la Lupa sembra infatti una creatura dell'inferno, tanto è in grado di attrarre gli uomini a sé, fino al punto che essi non riescono più a liberarsi di questo maleficio. • Nedda Nel prologo, parlando in prima persona, Verga narra come un giorno, standosene pigramente dinanzi al caminetto con il fuoco acceso, mentre fantasticava oscillando fra quest’ultimo invita Mara a ballare durante una festa paesana, Jeli reagisce obbedendo ad un suo atavico senso di giustizia e di vendetta • Rosso Malpelo Malpelo, protagonista del romanzo Rosso Malpelo, era chiamato così perché i suoi capelli erano rossi, e secondo una tradizione popolare siciliana colui che li possedeva era malvagio. Tutti lo chiamavano Malpelo tant’è che la stessa madre non si ricordava quale fosse il suo nome. Malpelo lavorava in una miniera, insieme al padre Misciu (soprannominato in seguito Misciu bestia, dato l’enorme peso che riusciva a trasportare) per cui provava un fortissimo affetto. Il resto del nucleo famigliare lo disprezzava, infatti la madre lo teneva in considerazione solo quando alla fine della settimana portava il suo misero stipendio. Le altre persone della miniera lo prendevano in giro, e per questo Malpelo tendeva a isolarsi. Un giorno, dato che la famiglia di Malpelo si trovava in una brutta situazione economica, il padre fu obbligato ad accettare un lavoro pericoloso, che nessun altro minatore aveva accettato, in cambio di una modesta remunerazione. Purtroppo la scelta degli altri minatori era stata saggia perché Misciu, svolgendo quel lavoro, morì sotterrato dalle macerie. Nel momento della morte di Misciu, vi era presente anche Rosso Malpelo, che si era allontanato per riporre il piccone, e non riuscì a tornare indietro in tempo. Quando arrivò sul luogo, il padre era sotto tonnellate di macerie. Allora nel paese ci fu un grande sgomento, ma ben presto ci si rese conto che per Misciu bestia non vi era niente da fare. Allora in primi soccorsi si fiaccarono e i minatori tornarono a casa. L’unico che continuò a scavare tra l’arena fu Rosso Malpelo, a tal punto da farsi sanguinare le unghie, che non si capacitò della morte del padre. Egli scaricò la sua collera su un asino da soma, flagellandolo con la zappa. Dopo la morte del padre,Malpelo era diventato ancora più cattivo come se gli fosse entrato il diavolo nell’anima. Poco tempo dopo arrivò un altro lavoratore soprannominato Ranocchia. Ranocchia era chiamato così perché aveva dei problemi a una spalla, e quando portava delle sacche di arena, faceva versi simili a quelli emessi dalle rane. Tra il protagonista e Ranocchia nasce una strana amicizia. Infatti Malpelo lo menava e perseguitava, ma Rosso non lo faceva solo per procurarli dolore fisico, ma per “temprarlo” alla vita. Lo perseguitava in tantissimi modi: lo colpiva così forte da fargli uscire sangue dalla bocca e dalle narici. Egli non scaricava la sua frustrazione solo contro Ranocchio, ma anche verso i poveri animali della miniera; tant’è che quando un asino si fermava sfinito lo colpiva così forte quasi da renderlo zoppo. Quando a Ranocchio erano assegnati lavori troppo duri che egli non riusciva a portare a termine, finiti i suoi, Rosso Malpelo lo aiutava, vantandosi della sua resistenza e della sua abitudine all’essere trattato male e sfruttato. Nella miniera Malpelo era diventato il capo espiatorio di tutte le malefatte e veniva punito per le sue (perché ne faceva) e anche per quelle degli altri. In realtà egli non era la vittima, perché si era trovato in quella situazione perché trattava male gli altri che ti conseguenza lo schermivano e sfruttavano. Quando il sabato sera tornava a casa, la sorella lo obbligava a entrare in casa e a nascondersi, per paura che il suo fidanzato vedendo un cognato così conciato l’avrebbe lasciata. E la domenica quando tutti i ragazzi del suo quartiere si vestivano bene o per andare a messa o per giocare in cortile lui andava da solo nei campi a prendere a sassate le povere lucertole. La madre si sentiva vittima di avere un figlio così malandato, come dicevano tutti, lo stesso figlio che era buono solo a spezzarsi la schiena in miniera. Malpelo non si era ancora rassegnato della morte del padre, e ci vollero molti giorni prima di trovare i primi segni di Misciu Bestia, il primo in assoluto fu un suo scarpone e il suo piede nudo trovati dallo stesso malpelo che sconvolto decise di spostarsi in un altro punto della miniera. Dopo qualche giorno fu trovato tutto il corpo del defunto compresi i vestiti che la madre di malpelo rimpicciolì e adattò a quest'ultimo. Ereditò in oltre anche i ferri del padre nonostante molto pesanti per lui. Purtroppo le condizioni di ranocchio peggiorarono e malpelo fece di tutto per permettere al suo amico di curarsi e nutrirsi. Purtroppo però i suoi sforzi servirono a poco infatti poco dopo ranocchio morì. Intanto la famiglia lo abbandonò trasferendosi a Cibali. Un giorno Rosso Malpelo accettò un incarico molto pericoloso, ovvero quello di esplorare una galleria che forse si congiungeva con un pozzo, ma se non fosse stato così c’era la possibilità di smarrirsi e non uscirne più fuori. Ormai abbandonato da tutti, prese gli arnesi di suo padre, il pane e si avventurò nella galleria. Non si seppe più nulla di lui. Non si ritrovarono nemmeno le ossa del povero fanciullo, e i ragazzi della cava quando parlano di lui abbassano la voce, perché hanno paura di ritrovarselo davanti, con i capelli rossi e gli occhiacci grigi. • L'amante di Gramigna La novella di Verga "L'amante di Gramigna" è ambientata nella campagna siciliana e racconta le vicende di una ragazza di buona famiglia che si innamora perdutamente di un brigante. Peppa, questo il nome della giovane, sta per sposare compare Finu (anche detto "candela di sego"), da tutti considerato un buon partito poiché possiede molti campi e addirittura una mula con cui ha intenzione di accompagnare la sposa nella loro futura casa. La madre di Peppa è contentissima per questo fidanzamento e controlla in continuazione il corredo e l'oro che la giovane porterà come dote. Nelle campagne circostanti, intanto, i carabinieri e diversi contadini si sono organizzati in squadre e pattuglie per dare la caccia ad un terribile brigante di nome Gramigna. Nonostante sia braccato da tempo, l'uomo è abilissimo a fuggire e non si fa catturare. La fama delle sue imprese giunge alle orecchie di Peppa che, solo a sentirne parlarne, se ne innamora a tal punto da rompere il fidanzamento con compare Finu. Rinchiusa in casa dalla madre che non accetta la sua decisione, Peppa decide di fuggire e andare in cerca di Gramigna. Una volta trovato il brigante, decide di restare con lui, aiutandolo a restare nascosto, cercando per lui acqua e cibo e sopportando le sue botte. Dopo un certo tempo, però, i due vengono catturati. L'uomo è condotto in carcere e Peppa, che è rimasta incinta, dopo un breve processo viene rimandata a casa dalla madre dove rimane rinchiusa fino alla morte di quest'ultima. A questo punto Peppa lascia il figlioletto presso un istituto di orfanelli e va a cercare l'uomo in carcere. Qui scopre che Gramigna è stato trasferito altrove, ma la donna decide comunque di rimanere lì, sopravvivendo grazie alla pietà altrui e a qualche lavoretto di pulizia. • Guerra dei santi E' una novella di Giovanni Verga dove padroneggia la rappresentazione ironica di una scena di paese: la guerra tra gli abitanti del quartiere di San Rocco e quelli del quartiere di San Pasquale. Tutto comincia durante la processione di San Rocco: i suoi devoti avevano speso fior di quattrini per fare le cose in grande, con la banda della città, migliaia di mortaretti ed uno stendardo nuovo rifinito in oro; finché uno dei devoti dell’altro Santo, per invidia, comincia ad inneggiare l’altro Santo dando vita ad una zuffa con tanto di legnate e volti coperti di sangue; addirittura due promessi sposi, appartenenti ai quartieri opposti, rompono il loro fidanzamento! La scena ironica continua con il dialogo tra il prete (che cerca di mettere pace tra le due fazioni) e gli avversari che quasi cominciano di nuovo a picchiarsi… finché non arrivano la carestia, la siccità ed il colera. Ed è a questo punto che finisce l’ironia per descrivere le usanze popolari: ci si affida ai propri santi protettori (ed anche a quelli “nemici”) pur di avere un po’ di pioggia, e lo stesso per aver salva la pelle dal colera, che era uno dei flagelli tipici di quel tempo. La storia termina con la fine della carestia, i vecchi rancori vengono messi da parte e si fa festa tutti insieme..anche se qualcuno sembra ancora avere voglia di litgare per il proprio Santo! • Pentolaccia La novella “Pentolaccia”, narra di Pentolaccia un povero bracciante siciliano. Egli voleva sposare “la Venera” a tutti i costi nonostante la madre gli dicesse in continuazione di lasciarla stare quella ragazza, perché non aveva voglia di lavorare e perché l’avrebbe tradito alla prima occasione che fosse capitata. Ma egli non volle sentir il parere di nessuno e se la sposò, costringendo la madre a lasciar la casa. Una volta diventata padrona di casa, “la Venera” ne combinò tante così che la gente chiamava il marito “Pentolaccia”, egli allora iniziò ad insospettirsi ma la moglie gli rispondeva che erano solo delle dicerie. Ma le voci della gente erano vere, infatti “la Venera” lo tradiva con don Liborio un ricco dottore che non faceva mancare niente alla donna e neanche a suo marito. Don Liborio era anche molto rispettato dall’ingenuo Pentolaccia che lo chiamava “signor compare” e faceva per lui ogni tipo di mestiere. Ma un giorno Pentolaccia sentendo due contadini parlar di lui definendolo un cornuto, tornò a casa colmo d’ira e appena vide don Liborio lì a casa sua, lo raccomandò di non farsi più vedere da quelle parti altrimenti avrebbe fatto una brutta fine, ma don Liborio snobbò la cosa pensando in un momento di follia del contadino. Il giorno seguente “Pentolaccia” decise si tornare prima dai campi e cogliendo la moglie impreparata la quale attendeva la visita di Don Liborio. Il contadino s’appostò sull’uscio di casa senza muoversi e quando sentì i passi dell’anziano dottore per la via, si preparò con una stanga in mano. Appena questo
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