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Giovanni Verga - Vita, poetica, opere e contesto storico e letterario di riferimento., Dispense di Italiano

Appunti del quinto anno (con cui ho preso 100 alla maturità) sul contesto culturale del Positivismo, del Naturalismo francese, del Verismo italiano + Giovanni Verga - Vita, poetica e opere.

Tipologia: Dispense

2023/2024

In vendita dal 01/07/2024

cinzia-palumbo
cinzia-palumbo 🇮🇹

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Scarica Giovanni Verga - Vita, poetica, opere e contesto storico e letterario di riferimento. e più Dispense in PDF di Italiano solo su Docsity! CONTESTO STORICO-CULTURALE Il periodo che in Europa va dal 1848-1849 agli inizi del Novecento può essere distinto in tre diverse fasi: 1. 1849-1873 → segna uno dei momenti più rigogliosi dell'economia europea, 2. 1873-1895 → vede lo scoppio di una gravissima crisi economica, con il crollo della Borsa di Vienna, in seguito al grandissimo boom speculativo dopo la fine della guerra franco-prussiana (con la battaglia di Sedan del 1871). Questo segna l'inizio della "grande depressione", alla quale i paesi più avanzati reagiranno con 3 diversi tipi di misure: protezionismo, concentrazioni monopolistiche e la formazione di vasti imperi coloniali in Africa ed Asia (inizia l'imperialismo). 3. 1896-1908 → costituisce per l'Italia l'unico vero momento di crescita economica. Questo sarà comunque un processo solo parziale e che non coinvolgerà allo stesso modo tutto il Paese. (Solo Milano riesce a stare al passo, 1881→ esposizione nazionale) Dal punto di vista politico, si afferma sempre di più l'importanza della borghesia capitalistica, la quale si contrappone con forza alla massa del proletariato. (reagiscono con la repressione delle spinte rivoluzionarie) Per quanto riguarda l'aspetto culturale il periodo che andiamo considerando si suddivide in due momenti fondamentali: nel primo, domina la cultura del positivismo, mentre nel secondo, si assiste ad una reazione antipositivistica, che pone in discussione il primato del metodo scientifico su ogni aspetto della vita. IL POSITIVISMO e un movimento filosofico e culturale che mostra una sorta di continuità con l'ideologia illuministica, entrando in contrasto con lo spirito romantico precedente. Questo si sviluppò principalmente in Francia, nella prima metà dell'Ottocento, sulla base delle teorie di Auguste Comte, il quale, nel suo "Corso di filosofia positiva", affermava che l'unica conoscenza possibile fosse quella realizzata secondo il metodo scientifico e galileiano. Questa "ideologia del progresso" assumerà le seguenti caratteristiche: un rigoroso materialismo, una concezione vita fondata su teorie di tipo evoluzionistico, la visione della storia come progresso e un grande determinismo. Contribuì alla diffusione di questa visione del mondo e della società il cosiddetto “darwinismo sociale", proposto da Herbert Spencer, il quale rilesse in chiave filosofica le teorie evoluzionistiche presentate da Darwin con "L'Origine delle Specie" (1859). Herbert sosteneva che, proprio perché la società è il prodotto di una graduale evoluzione, e soprattutto di una selezione, la lotta di classe non è altro che un fenomeno legittimato dalle leggi naturali. [Avrà una grande influenza su alcuni scrittori veristi, come Giovanni Verga). Anche le teorie di Hippolyte Taine svolgono una funzione molto importante nell'ambito del determinismo. Nella "Filosofia dell'Arte", egli presenta la razza, l'ambiente e il momento storico come i principali fattori che influenzano le attività umane di ogni sorta. —> anche, e soprattutto l’arte. FIGURA DELL’ARTISTA Nelle società economicamente avanzate, a cambiare è anche il rapporto con il mondo e con la natura, che si fa sempre più indiretto e distante, artificiale. Negli ultimi anni dell’800 domina ormai un'ideologia del progresso e del "tempo denaro", l'arte viene considerata via via sempre più marginale, poiché appunto non produce alcun tipo di benessere economico. Allo stesso modo, gli intellettuali perdono quell'importanza e quel ruolo politicamente impegnato che avevano assunto durante il Romanticismo, subendo un vero e proprio "declassamento". Gli scrittori e gli artisti devono riconoscere che l'arte ha ormai perso la sua centralità. A farsi portavoce di ciò è lo scrittore e poeta francese Charles Baudelaire, il quale scrive un apologo allegorico di grande rilievo. In quest'ultimo, Baudelaire racconta la propria perdita dell'aureola ad un amico incontrato sulla soglia di bordello, compiendo anche un parallelismo tra la figura dell'artista e quella della prostituta; infatti, se questa vende l'amore e il proprio corpo, il poeta vende l'arte (denuncia della mercificazione dell'arte). Inoltre, nel breve racconto, il poeta francese rivela anche il suo più grande timore: che la sua aureola sia ritrovata da uno sconosciuto, non meritevole, che chissà che uso ne farà. IL REALISMO La tendenza al realismo percorre tutto l'Ottocento, essa è infatti anche una componente fondamentale del Romanticismo ed è presente nella letteratura di tutti i tempi (Decameron di Boccaccio o Dante). Tuttavia, esiste un movimento specifico che prende il nome di "Realismo" —> si afferma inizialmente in Francia, poi nel resto d'Europa, ed è caratterizzato da un sentimento fortemente antiromantico! Ora, infatti, gli artisti cercano di raggiungere una rappresentazione oggettiva della realtà, descrivendola in maniera quasi scientifica, dunque presentando i fenomeni e cercando di risalire alle loro cause. (Cosa che invece non accadeva in romanzi come quello dei "Promessi Sposi", dove ogni azione era fatta risalire alla Provvidenza.) Altra importante differenza con il Romanticismo è la tendenza ad una presentazione distaccata della realtà; se lo scrittore romantico "narra", lo scrittore realista "descrive", senza intervenire in alcun modo nella vicenda. [RICORDA] L'unica eccezione sarà quella della letteratura russa, dove scrittori come Tolstoj e Dostoevskij continueranno a preferire la narrazione. Il primo romanzo realista è considerato "Madame Bovary" di Gustave Flaubert, pubblicato in Francia nel 1857. Questa è un'opera antiromantica sia dal punto di vista ideologico che tecnico-letterario, infatti, per la prima volta, lo stile è rigorosamente anti- soggettivo e l'autore ricerca l'impersonalità. Flaubert si ripropone di distruggere il romanticismo dall'interno, presentando il personaggio protagonista (Madame Bovary) come pieno di sogni e aspirazioni, che saranno lentamente, ma inesorabilmente, disilluse nel corso della narrazione. "Madame Bovary sono io" l'autore intende distruggere anche il lato romantico del suo animo, tramite il personaggio da lui creato, catarsi. In ogni caso, Flaubert resta distinto dal vero e proprio movimento Naturalista, rappresentato da Zola, egli infatti resta ancora troppo legato all'ideale supremo dell'Arte, non a quello della scienza. “L'artista deve essere nella sua opera come Dio nella creazione, invisibile e onnipotente; si deve sentire ma non vedere." NATURALISMO La parola "Naturalismo" compare per la prima volte in un saggio del 1858 del critico positivista Hippolyte Taine e, nel 1865 nasce in Francia, con la pubblicazione del romanzo Germinie Lacerteux dei fratelli de Goncourt, come movimento dalla poetica autonoma e ben definita. Nella prefazione, gli autori ribadiscono la loro LA POETICA DI VERGA E LA PREFAZIONE AI “MALAVOGLIA” La poetica di Verga, a differenza di quella leopardiana, è ampiamente espressa in molti scritti, pubblicati tra il 1878-1881. Questi sono: 1. La lettera dedicatoria a Salvatore Farina —> nella prefazione all'amante di Gramigna 2. Il racconto "Fantasticheria" -> documento importante per le genesi dei “Malavoglia" (tema romantico e verista coincidono in questo racconto) 3. Le lettere a Capuana. Da tutti questi testi emergono i punti fondamentali de progetto letterario verghiano, ma per comprendere appieno la visione poetica dell'autore importante rifarsi alla prefazione ai Malavoglia, inviata all'editore Treves. In quest'ultima, Verga paragona il progresso a una "fiumana" che avanza inesorabile, procedendo secondo le leggi della selezione naturale. Questa continua evoluzione, se osservata da lontano, può apparire anche positiva, ma vista da vicino mostra tutte le contraddizioni che la caratterizzano. Dunque, Verga, pur ammettendo la positività del progresso, allo stesso tempo la nega proponendosi, in quanto artista, di portare all'attenzione di tutti le storie dei "vinti", ovvero le vittime del progresso stesso. Il ciclo dei vinti si apre con la descrizione delle vicende capitate ad una sfortunata famiglia di pescatori, la famiglia Toscano, i "Malavoglia". Questi ultimi, pur partendo da una situazione iniziale di relativa felicità, percepirono il terribile richiamo del progresso, che li spinse a cercare di migliorare la propria posizione economica e sociale. Verga, nella prefazione, sembra quasi spiegare come questa smania del progresso sia stata l'unica causa della loro rovina. Se nelle classi più umili, la smania del progresso si concretizza in una "lotta per i bisogni materiali", per quanto riguarda la borghesia, Verga la identifica in "avidità diricchezze", rappresentata dalla storia di 'Mastro don Gesualdo". Salendo ancora di più la piramide sociale ci imbattiamo nella "vanità aristocratica", trattata nella "Duchessa de Leyra" (piccola nobiltà) e nell''ambizione politica" con "Onorevole Scipioni" (classe dirigente romana). Infine, Verga si riserva il compito più arduo; con "L'uomo di lusso", infatti, desiderava mettere in evidenza la decadenza degli artisti, i quali incarnano tutte le già citate bramosie e vanità. Nonostante questo progetto così preciso e organico, Verga non concluderà mai il ciclo dei vinti, limitandosi a scrivere i primi due romanzi ed il primo capitolo della "Duchessa di Leyra". Le cause di questo abbandono sono molteplici. Sicuramente negli ultimi anni della sua vita, Verga aveva assistito ad una sorta di decadenza del movimento verista italiano ed aveva deciso di allontanarsi dai riflettori, ritirandosi a vita privata. Ancora più importante, però, risulta essere la natura stessa delle classi che egli si proponeva di dipingere. Se infatti i ceti sociali più bassi erano più inclini ad agire secondo gli istinti, i borghesi e ancora di più di nobili, si nascondono dietro gli artifici dell'educazione e della cultura. Inoltre, nella prefazione Verga espone in maniera organica la sua poetica, evidenziando questi aspetti: 1. La narrazione è definita uno studio, un'operazione intellettuale che segue il rigoroso metodo scientifico 2. Essa deve essere sincera e spassionata 3. Lo scrittore non ha il diritto di giudicare, come i romantici, ma deve rifarsi a documenti oggettivi (Inchieste siciliane e Lettere meridionali → infatti, inizialmente, il romanzo doveva essere pubblicato sulla rivista di Franchetti e Sonnino, "Rassegna settimanale". 4. La forma deve essere inerente al soggetto, realismo linguistico (si rifà agli scritti di Pitrè e Rapisarda sulla lingua siciliana). Tenendo conto di questi elementi è facile comprendere perché lo scrittore definisca il romanzo "un'operazione intellettuale". Egli, infatti, si ripropone di ricostruire con accuratezza, e sulla base di fonti scritte, i caratteri sociali ed etnologici della realtà che va analizzando, come fosse in laboratorio, ottenendo un risultato che è al tempo stesso astratto e concreto. Astratto, poiché non si rifà direttamente all'osservazione del paesino di Aci Trezza, ma concreto perché porta avanti la descrizione in maniera del tutto realistica e oggettiva. La prefazione, breve ma ricca di contenuto, si conclude con un'ammissione di consapevolezza. Verga sa bene di essere egli stesso un vinto ed in quanto tale ha la possibilità di osservare da vicino le altre vittime de progresso, ma ha anche il dovere di descrivere ciò che può osservare, senza giudicare, ma in modo preciso e spassionato. I ROMANZI PRE-VERSITI La formazione di Verga è provinciale ed arretrata, completamente immersa in un clima romantico. Questa componente appare soprattutto nei suoi primi scritti, “I carbonari della montagna" (1861), "Amore e patria" e "Sulle lagune". Ma, mentre nei primi due romanzi l'elemento patriottico è predominante, nell'ultimo costituisce solo lo sfondo della storia d'amore narrata. Infine, nel romanzo successivo, "Una peccatrice", l'aspetto storico patriottico è lasciato cadere. La prima opera a segnare un vero punto di svolta e di distacco dalla componente romantica è sicuramente "Storia di una capinera", il primo romanzo fiorentino. Per la prima volta, infatti, Verga sceglie di adottare il punto di vista di un personaggio umile (regressione dell'autore) e di trattare il tema dell'esclusione sociale. Il romanzo narra la storia di Maria, una giovane educanda, orfana di madre e sempre vissuta in un collegio di monache. La narrazione inizia quando, prima di prendere i voti, in occasione di un'epidemia di colera, la ragazza trascorre qualche mese nella casa in campagna dove il padre vive con la nuova moglie e sua figlia. Qui Maria conosce un ragazzo, Nino, del quale si innamorerà perdutamente. Purtroppo, non avendo la dote, è costretta a tornare in convento e diventare definitivamente una monaca e, nel frattempo, Nino sposa la sorellastra causandole un immenso dolore che la condurrà fino alla morte. Nel 1873, frutto dell'esperienza fiorentina e milanese, Verga pubblica un nuovo romanzo: "Eva". In esso, lo scrittore abbraccia completamente una poetica del vero e assume atteggiamenti di avanguardia letteraria. La vicenda tratta di un giovane artista siciliano, Enrico Lanti, trasferitosi a Firenze in cerca di successo, Qui conosce una ballerina, Eva appunto, della quale si innamora. Nonostante ella non voglia una relazione a lungo termine, egli riesce a convincerla ad abbandonare il mondo del teatro, per sposarlo e vivere con lui, insieme, ma in miseria. Sarà proprio la loro condizione di povertà, a mostrare chiaramente la vanità dell'idealismo romantico e del patetismo. A poco a poco, però, Enrico riesce a raggiungere il successo, adeguandosi al gusto falso e volgare del pubblico moderno, rinunciando ai suoi ideali. Verso la fine del romanzo, perderà anche la donna che ama, e la doppia sconfitta che si trova a subire (artistica e amorosa) si concluderà con una terribile malattia, la tisi, che lo porterà alla morte. In "Eva", il romanticismo giovanile di Verga appare in crisi profonda, ma non ancora del tutto superato ed il racconto si basa su moltissime contraddizioni (es. Tra successo e povertà, tra le origini siciliane e la frenetica vita di città...) Ancora di maggiore rilievo risulta essere "Nedda", che potrebbe essere considerato in tutto e per tutto un romanzo verista, se non fosse per la scelta di un fiorentino letterario come lingua del racconto, e per la mancanza di impersonalità. Il narratore, infatti, interviene spesso nel corso della narrazione come guida morale, per supportare la protagonista, screditata agli occhi dei suoi compaesani. Nedda è una povera raccoglitrice di olive che, rimasta sola al mondo, si concede al giovane Janu, di cui è innamorata. Dopo la morte di quest'ultimo, però, ella resta sola, incinta del figlio di lui. Nonostante fosse una scelta molto difficile, la giovane sceglie di crescere da sola la sua bambina, finché anch'ella non morirà a causa degli stenti, lasciando Nedda irrimediabilmente sola. VITA DEI CAMPI E ROSSO MALPELO La prima opera verista di Verga è considerata "Vita dei campi", una raccolta che riunisce racconti tra il 1878 e il 1880 e che ha come prima novella, in ordine cronologico, "Rosso Malpelo". La vera novità, rispetto alle opere pre-veriste, è nella scelta di assumere la prospettiva culturale e linguistica di personaggi di umile estrazione sociale. Infatti, in questa novella possiamo cogliere al meglio l'artificio della regressione, che apre un divario tra il punto di vista esplicito del narratore (la comunità di minatori) e quello implicito dell'autore (Verga). Proprio da questo divario fonda lo straniamento, che consiste nel mostrare come strano un fenomeno normale, e viceversa. Questi due elementi sono però legati ad una tecnica ancor più sottile, quella dell'antifrasi - grazie alla quale il punto di vista di Verga riesce comunque ad emergere, sostenendo una tesi nella quale però si nasconde il suo esatto opposto, Il lettore, in maniera del tutto implicita, è indotto ad intuire quale sia la reale visione dell'autore, assumendo una prospettiva critica nei confronti dei narratori ignoranti, i quali interpretano negativamente il comportamento del protagonista. Tutta la narrazione si concentra sul protagonista, un ragazzo del quale non ci viene neanche riportato il nome e che conosciamo esclusivamente come Rosso Malpelo -> ovvero mediante il soprannome malevolo che i minatori gli hanno attribuito. Il giovane, dopo la terribile morte del padre in miniera, vive in solitudine e, senza lamentele, sopporta i maltrattamenti che gli vengono infitti quotidianamente. Con il passare del tempo farà amicizia con un ragazzino ancor più debole di lui: Ranocchio, divenuto zoppo durante un incidente sul lavoro. La cattiveria che Rosso ha conosciuto fin dalla più tenera età non fa altro che riflettersi nel rapporto con il suo unico amico ed egli picchia continuamente e il fragile Ranocchio, provando a trasmettergli la legge della sopravvivenza che vige nel loro contesto sociale: la legge del più forte. Dopo la morte di Ranocchio, Malpelo, ormai solo al mondo, si offrirà volontario per visitare un tratto inesplorato di miniera e vi si perderà per sempre—> "Così si persero persin le ossa di Malpelo." I personaggi del racconto non hanno rapporti tra di loro, ma li conosciamo solo in relazione al protagonista. Questi possono essere organizzati secondo, un rigido schema binario di antitesi; da un lato vi sono gli oppressori, dall'altro ci sono le vittime che stanno allo stesso livello di Malpelo, o addirittura ad uno inferiore. Il sistema dei personaggi riflette perfettamente il modo in cui Verga concepisce la vita e testimonia la grande influenza che ebbero su di lui le teorie evoluzionistiche ed il darwinismo sociale. tempo mitico, scandito dalle costellazioni e dall'alternarsi delle stagioni, ormai minacciato dall'inquietante avanzare della modernità. Allo stesso modo, da un lato abbiamo uno spazio geografico ben delimitato, quello di Trezza e dei paesi della provincia di Catania, dall'altro però, Verga non ci fornisce precise descrizioni dei luoghi del racconto, ed il tutto finisce per sfumare in contorni indeterminati, quasi favolistici. Questo secondo aspetto sembra rispondere ad un'esigenza simbolica ed idealistica, alla quale l'autore verista non riesce a fare a meno. Questa precisa corrispondenza tra spazio e tempo dà luogo ad un cronotopo, uno strumento narrativo che gli permette di condensare le due unità. Significative risultano essere in questo senso le parole di Alfio: "uno che se ne va dal paese è meglio che non ci torni più". Nel caso tornasse, infatti, si ritroverebbe a vivere nella condizione di estraneità sperimentata dallo stesso ‘Ntoni, dopo il ritorno dal servizio militare. (Se cambi luogo rompi il ciclo del cronotopo idillico e, tornato nuovamente nella città d’origine, non riuscirai più ad adeguarti ai suoi ritmi). La lingua, lo stile, il punto di vista. Per comprendere al meglio le innovazioni del romanzo verista verghiano è efficace paragonarlo all'opera di Manzoni. Se, infatti, quest'ultimo guida il lettore con molta premura, tracciando un preciso ritratto dei luoghi e dei personaggi che presenta, Verga ribalta totalmente questo modello. Egli narra secondo un'ottica dal basso, catapultando il lettore in una realtà che gli è completamente estranea. Anche i personaggi non vengono presentati, ma sono mostrati direttamente in azione e sta al lettore risalire alle loro caratteristiche psicologiche, sempre implicite. Una delle più grandi innovazioni stilistiche di Verga è l'utilizzo del discorso indiretto libero, attraverso il quale riporta le opinioni di una fitta rete di voci narranti popolari, riuscendo a mantenere una prospettiva impersonale. Questo risultato è raggiunto anche grazie all'uso di numerose metafore, similitudini e proverbi, che rimandano ad una saggezza popolare e primitiva. Allo stesso modo, la lingua riflette lo sforzo di allontanarsi dalla prospettiva privilegiata del narratore e scendere a livello dei personaggi. Nonostante Verga non accetti l'utilizzo del dialetto, egli impiega un italiano che utilizza la struttura sintattica del siciliano. Questo meccanismo di regressione, già incontrato in Rosso Malpelo, si lega ad un'altra caratteristica: lo straniamento, secondo il quale il coro narrante trasforma tutto ciò che dovrebbe essere normale in strano, e viceversa. Riflette, in questo modo un'ottica cinica e maligna di un mondo capovolto, di qui, infatti, nasce una forte impressione di malinconia, arrendevolezza e pessimismo, che caratterizza lo stile e l'ideologia verghiana. I personaggi. Tutti i personaggi del romanzo si organizzano in un sistema oppositivo di natura morale; da una parte abbiamo i Malavoglia, che rappresentano il polo positivo, dall'altra, mondo cinico e pettegolo del paese. Questa opposizione finisce poi penetrare all'interno del circolo familiare, dividendo in due gruppi i nipoti. Infatti, se Alessi e Mena accettano di uniformarsi al vecchio codice morale, 'Ntoni e Lia tentano di evadere, in modi differenti. Da questa scissione hanno origine due registri linguistici diversi: 1. lirico-simbolico; utilizzato per personaggi dotati di un'anima e un'interiorità e capaci di entrare in relazione con la natura, come Mena, compare Alfio, padron 'Ntoni e, infine, lo stesso giovane 'Ntoni. 2. comico-caricaturale; rappresenta il mondo degli abitanti di Trezza ed i comportamenti meschini die personaggi che lo abitano (Campana di Legno). Tra i personaggi, possiamo anche distinguere quelli che rappresentano i modelli del passato, da quelli che, invece, si fanno portavoce del nuovo e problematico mondo. Il massimo rappresentante della prima categoria è: Padron 'Ntoni—> personaggio monologico, come quelli dell'epica antica, che conosce e si fa portavoce di un'unica realtà. Sull'altra sponda troviamo il nipote, il giovane 'Ntoni. Se da un lato, l'autore vuole mostrare come la lotta di classe influenzi ogni gradino della scala sociale, dall'altro talvolta guarda con nostalgia alla realtà arcaico-rurale della Sicilia. A questo sentimento, corrisponde la presenza di una forte componente simbolica che, talvolta si scontra con quella naturalistica. Il Simbolismo, in Verga, è presente soprattutto nei toni più lirici della narrazione e si manifesta come la tendenza di stabilire dei nessi tra interiorità dei personaggi e paesaggio (come nella scena finale, 'Ntoni si ferma a guardare il mare). Nonostante ciò, il tono lirico-simbolico sottolinea sempre il momento della rinuncia o della sconfitta, permettendoci di comprendere come a prevalere sia il Naturalismo e la componente materialistica. Non è certo un caso, che già nei racconti successivi ai Malavoglia, come nelle “Novelle Rusticane", il nucleo familiare cessi di presentarsi come un valore e appaia già dominato da rivalità egoistiche e da conflitti. NOVELLE RUSTICANE E LA ROBA La pubblicazione dei Malavoglia, come previsto, disorientò il pubblico per le sue grandissime ed improvvise innovazioni; per questo motivo, non riscosse lo stesso successo dei romanzi e delle opere precedenti. Dunque, l'editore Treves invitò Verga a comporre rapidamente un altro romanzo: "Il marito di Elena", pubblicato nel 1880. Questo romanzo è largamente ispirato alla Madame Bovary di Flaubert, infatti, allo stesso modo dello scrittore francese, Verga si distacca definitivamente dalla cultura romantica. A partire da questo momento, i suoi scritti perderanno anche ogni traccia del simbolismo precedente. A segnare un'ulteriore svolta saranno, però, le "Novelle Rusticane" (1883), anche u infatti, a partire da esse, tutti i personaggi verghiani saranno segnati da un valore supremo, più forte di qualsiasi altro: la roba. Inoltre, scompare il precedente motivo del personaggio solitario in lotta con l'ambiente esterno, per lasciare spazio alla dimensione collettiva? La novella intitolata proprio "La roba", settima delle Novelle Rusticane, permette di cogliere al meglio queste innovazioni, e risulta essere il precedente letterario di "Mastro don Gesualdo". Il racconto si concentra ancora sulle vicende di un unico personaggio, Mazzarò, e può essere diviso in tre parti: 1. Rigo 1-29; è una sorta di antefatto, nel quale si alternano il punto di vista di un "viandante" con quello del suo lettighiere, il quale lo informa delle ricchezze di Mazzarò, che possiede tutti i territori che attraversano. Questa è caratterizzata da un tono epico-lirico di una fiaba popolare, che dona alla storia di Mazzarò le caratteristiche di una leggenda. Il ritmo narrativo è incalzante e veloce. "Pareva che fosse di Mazzarò perfino il sole che tramontava, e le cicale che ronzavano" = immagine iperbolica. 2. Rigo 30-122; viene raccontata la storia di Mazzarò che, da contadino alle dipendenze di un barone, è finito per diventare egli stesso un ricco proprietario terriero, acquistando tutte le proprietà del suo precedente padrone. 3. Rigo 123-134; segna la fase di cupo pessimismo, nella quale si dimostra la vanità della roba di fronte alla morte. Nelle ultime due, invece, si mette in evidenza la drammaticità della situazione reale e il contrasto con la grandiosa visione precedente crea un effetto inquietante e grottesco. Tema importante nella novella è quello politico e sociale, fu infatti pubblicata su "La rassegna settimanale" di Franchetti e Sonnino, poiché evidenziava l'inadeguatezza della classe nobiliare siciliana, la quale non riusciva a stare al passo della borghesia emergente. ES: "La roba non è di che l'ha, ma di chi la sa fare." Da questa novella risulta chiaro come Verga abbia individuato un nuovo argomento sul quale riflettere, quello dell'arrampicatore sociale. Mazzarò, dedicandosi completamente alla logica economica, fa della roba il suo unico interesse e l'autore descrive la sua ossessione spingendola fino al paradosso: Applicando la tecnica dello straniamento, infatti, racconta che egli rimpiangeva ancora quei 12 tarì spesi per pagare il funerale della povera madre. Pur riconoscendo, dunque, la natura egoistica e competitiva della società moderna, Verga riesce anche a vedere il limite dell'individualismo borghese. Questo, infatti, riducendo la vita esclusivamente all'aspetto economico non riesce a trovare valori e ragioni a cui aggrapparsi, dunque, anche il ricco Mazzarò risulta essere alla fine: un vinto. MASTRO DON GESUALDO è il secondo romanzo del ciclo dei vinti, esso uscì a puntate nel 1888 sulla rivista "La nuova antologia" e, l'anno successivo, fu rielaborato e pubblicato interamente. Come già annunciato nella prefazione ai Malavoglia il protagonista sarebbe stato un uomo di provincia e di una classe superiore rispetto a quella rappresentata dall'umile città di Trezza. L'intenzione iniziale era, infatti, quella di raffigurare un arrampicatore sociale, riprendendo i temi espressi ampiamente nelle "Novelle rusticane" e, in particolare, nel "La Roba". Fin dal titolo possiamo percepire questa volontà, esso unisce l'appellativo "mastro", ovvero artigiano, manovale, indicando le sue umili origini, con quello di "don", ovvero signore, sottolineando invece la sua scalata verso la ricca borghesia. L'azione si svolge tra il 1820 e il 1849 tra Catania e Palermo e, proprio come nei Malavoglia, ha come sfondo alcuni eventi storici di rilievo: 1. La rivolta carbonara del 1820, che però verga colloca nel 1821; 2. L'epidemia di colera del 1837; 3. La rivoluzione del 1848; Per questo motivo è stato considerato da molti critici un "romanzo storico di vicende siciliane", con Gesualdo assistiamo alla nascita e allo sviluppo del ceto borghese. Nonostante ciò, in questo racconto non vi è alcuna traccia di fiducia romantica nel progresso e le stesse rivoluzioni non sono altro che l'ipocrita manifestazione degli interessi individuali. (Ciò esprime appieno lo spiccato pessimismo che caratterizza le idee politiche dell'autore in questi anni. Verga, infatti, si allontanerà anche dai rappresentanti della Destra Storica, con i quali prima collaborava, assumendo posizioni sempre più conservatrici ed isolate.) A differenza dei Malavoglia, nel quale ci troviamo di fronte ad un romanzo corale e molto compatto e dove l'azione si concentra sulla vita della comunità di Trezza; "Mastro-don Gesualdo" è invece un romanzo frammentario dal punto di vista della trama e può essere suddiviso in 4 parti (21 capitoli in totale). 1. Il romanzo comincia con un incendio che colpisce il cadente palazzo dei Trao. Fra i personaggi accorsi per aiutare, si distingue Gesualdo Motta, che si dà da fare poiché teme che l'incendio colpisca anche la sua proprietà, vicina a quella dei Trao. L'incendio,
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