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Giovanni Vitolo riassunto, Appunti di Storia Medievale

appunti preparazione esame di storia medievale

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 27/02/2019

LL095
LL095 🇮🇹

4.2

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Scarica Giovanni Vitolo riassunto e più Appunti in PDF di Storia Medievale solo su Docsity! Riassunto Giovanni Vitolo – Storia Medievale I Introduzione. L’idea del medioevo nasce tra il XIV-XV sec. in Italia, quando gli uomini di cultura acquisciscono la consapevolezza di vivere in un epoca che ha profonde differenze con il passato. • Il medioevo è di carattere profondamente religioso Si divide in 4 sotto periodi: • Tarda antichità IV-VII, trasformazione dei costumi del mondo romano, dall’unità politica all’integrazione economica • Alto Medioevo VIII-IX, l’instabilità politica si accentuò a seguito delle invasioni barbariche, nacquero i rapporti feudali e si cercò di fondere la tradizione romana con quella germanica • Pieno Medioevo XI-XIII, i processi iniziato nell’alto medioevo maturano nella società • Tardo Medioevo XIV-XV, forte crisi economica e demografica dovuta alla diffusione di nuovi modelli economici. Il medioevo non fu solo un epoca chiusa e statica, ma prettamente rurale. Cap.1, Il mondo ellenistico-romano e la diffusione del Cristianesimo. La vicenda complessiva dell’impero romano, ha una sorprendente somiglianza con quella di altri grandi organismi politici del tempo, (Popoli Indoeuropei): • Persia, comprende all’incirca l’attuali Iraq e Iran, una buona parte dell’Afghanistan e del Pakistan. Conquistata da Alessandro Magno nel 331 ac. Passò verso la metà del III sec. ac. sotto il dominio dei Parti (cavalieri, pastori e nomadi di lingua indeuropea). Trasformatisi in sedentari, essi diedoro vita a un potente impero che fu per secoli in lotta con quello romano per il dominio della Siria, dell’Armenia e della Mesopotamia. • Cina, grazie a Shih Hwang ci fù un grande impero fortemente accentrato, in lotta sia contro le famiglia dell’aristocrazia terriera, sia contro gli Unni (attuale Mongolia). Per difendere il paese, l’imperatore Shih Hwang, fece costruire la Grande Muraglia nel 215 ac. LIMES = il confine che i romani avevano creato lungo le zone periferiche dell’impero, era anche una separazione tra due sistemi di vita e due diversi equilibri tra uomo e ambiente, da un lato le città e i popoli inquadrati in un sistema sociale e culturale complesso, dall’altro le foreste e il seminomadismo. Il mondo delle città non era una creazione tipica dei romani, ma possedeva elementi caratteristici della cività ellenistica che erano stati assimilati conquistando tra il I e II ac. i regni di Macedonia, Egitto e Siria. I - II sec ac: • non fu solamente il secolo della diffusione della cultura, ma soprattutto quello della “scrittura” anche per le classi sociali meno abbienti. • Il “politeismo” entra in crisi sotto la spinta di nuovi bisogno di carattere spirituale e filosofico, come lo Stoicismo e il Neoplatonismo; e con i nuovi culti salvifici provenienti dall’oriente, come il Buddhismo o il Confucianesimo. Cristianesimo = IV, riuscì ad imporsi quando si privò dei toni apocalittici della contestazione di fondo alle ingiustizie, arrivando ad essere considerato un messaggio rassicurante per il ceto romano. La diffusione avvenne prima di tutto nelle città (più ricettive al cambiamento), che nelle zone rurali solitamente più legate alle tradizioni. Questa difficoltà di relazione tra le due realtà si accentuò con la penetrazione del cristianesimo all’interno della società romana, dove vennero scelti i vescovi dalle famiglie di èlite, arrivando a dare al credo anche un’importanza sul piano civile e sociale. Prima di arrivare ad imporsi all’interno della società però, il Cristianesimo dovette subire le persecuzioni che provenivano da una diffidenza di natura politica e non teologica. Crisi dell’occidente (impero romano) = all’origine della crisi, c’erano da un lato, lo sviluppo abnorme delle città, nelle quali la popolazione era troppo alta rispetto alle loro capacità produttive, dall’altro l’abbandono da parte dei contadini delle terre, che cominciavano ad essere poco produttive visto l’eccessivo sfruttamento. Finchè fu possibile, la situazione si mantenne in equilibrio visto che si rifornivano dall’Egitto, ma il peso di queste spese, con il passare del tempo divenne insostenibile tra il II e il III sec, incrementato anche dall’immente minaccia dei popoli germanici. La crescita abnorme della spesa pubblica, alimentò l’INFLAZIONE (monete fatte con metalli scarsi, quindi svalutate). I contraccolpi a livello sociali infatti non tardarono ad arrivare visto il progressivo impoverimento; carestie, epidemie, pirateria e brigantaggio fecero da sfondo a sanguinose guerre civili per i pretendenti al trono imperiale. L’impero sembrava al punto di sfaldarsi, ma riuscì a riprendersi grazie ad una serie di imperatori di grande energia e di notevole spessore politico. Il personaggio chiave fu Diocleziano, acclamato imperatore nel 284 che fece un decreto nel 301 in cui consisteva di legare in maniera definitiva i contadini alle terre negando loro qualsiasi possibilità di mobilità, la stessa cosa avvenne con gli artigiani e i commercianti; tutto ciò per la sopravvivenza delle città, con una fissazione dei prezzi e dei salari. Per quanto riguarda il cristianesimo, Diocleziano invece avvertì verso di esso un elemento di pericolo per la pace e l’unità interna. Dal 303 infatti, partirono le persecuzioni. Il successore di Diocleziano, Costantino ebbe invece l’intuizione che il cristianesimo poteva essere un elemento di forza; infatti l’adesione della chiesa all’impero fu veloce. La chiesa aveva però problemi interni, perché l’assetto organizzativo non era molto stabile e la dottrina non era elaborata in maniera definitiva. Il primo problema, (assetto organizzativo) venne risolto in modo abbastanza semplice attraverso la creazione di un ordinamento ecclesiastico simile al quadro amministrativo dell’impero. Ogni comunità cristiana che formava una chiesa locale in comunione con la chiesa universale, era governata da un vescovo (proveniente solitamente da famiglie aristocratiche) il quale operava nell’ambito della diocesi, tendenzialmente coincidente con il territorio del municipio. Successivamente fu attuato un coordinamento tra i vescovi di una stessa provincia attraverso l’attribuzione di un ruolo di preminenza al vescovo della chiesa metropolitica (della chiesa principale della metropoli della provincia). Tra le prime chiese metropolitiche sono da ricordare Efeso, Tessalonica, Corinto, Cartagine e Milano. I compiti di queste figure metropolitiche, chiamati successivamente “arcivescovi” erano 3: • Consacrare i vescovi eletti dal clero e dal popolo della diocesi • Esercitare la giurisdizione di appello sulle decisioni dei vescovi • Presiedere i sinodi provinciali (le riunioni dei vescovi che appartenevano ad una stessa provincia) Le sedi vescovili più importanti presero il nome di patriarcati e si trattava di Roma, Alessandra, Antiochia e Gerusalemme, tutte di origine apostolica, alle quali si aggiunse poi Costantinopoli (la nuova Roma) che Costantino proclamò nel 330 capitale dell’Impero. Il secondo problema che si trovò di fronte il Cristianesimo che usciva dalle persecuzioni di Diocleziano era la sistemazione in un vero e proprio corpus dottrinale. La polemica esplose agli inizi del IV sec. in seguito al diffondersi della dottrina del prete Ario di Alessandria, il quale sosteneva che il figlio di Dio incarnatosi in Cristo non aveva lo stesso grado di divinità del padre, ma era a lui subordinato. In seguito a ciò, nel 325 a Nicea, l’imperatore Costantino, fu costretto a creare il primo concilio ecumenico, cioè universale, chiamato CONCILIO DI NICEA. In quest’occasione la dottrina di Ario fu condannata all’unaminità e da questo momento in poi si può parlare di “eresie”, cioè dottrine che si oppongono a verità proposte come tali dalla chiesa. Cap.2, L’occidente romano-germanico Nonostante gli antichi vedessero i Germani come un popolo puro e originario, le ricerche storiche hanno dimostrato che così non è, perché non è mai esistita una stirpe germanica, ma che il popolo è frutto della continua espansione indoeuropea fusa con le popolazioni locali. Il primo contatto con le popolazioni latine avvenne nel II sec. AC, quando al nord Europa i Teutoni e Cimbri scesero verso il Mediterraneo; ma il vero contatto lo abbiamo a seguito della conquista della Gallia ad opera di Cesare, che pose i confini dell’impero lungo il territorio germanico. Oltre agli scontri, queste due civiltà (romana e germanica) istaurarono anche contatti e rapporti commerciali. La società germanica era molto particolare ed aveva un rapporto con l’ambiente molto mobile, basato su caccia, raccolto ed una rudimentale agricoltura, inoltre all’esaltazione della guerra. L’organizzazione della società e del potere aveva come base il mondo militare e il concetto di guerra. L’unica gerarchia presente era quella dei “duces” che erano capi militari che avevano acquistato il loro valore in battaglia. Un altro fattore particolare della popolazione germanica era la forte ricettività delle culture esterne che li portava sempre a modificare i loro costumi e le loro tecniche. Le popolazioni quindi si influenzavano a vicenda grazie alle migrazioni, l’impatto germanico era sempre più grande e furono accolti nuovi popoli come: Franchi, Alamanni, Burgundi e ad sud i Goti. Oltre alle nuove popolazioni, l’impatto germanico era sempre più Giustiniano nel 535 aveva avviato la riconquista dell’Italia, inviando un esercito al comando del generale Belisario e Nareste. La prima fase della guerra si concluse nel 540 con la conquista di Ravenna e la cacciata dei Goti oltre il Po’. La guerra riprese poi nel 542 con un’offensiva dei Goti che si concluse con la loro sconfitta e l’uccisione del loro sovrano Totila nella battaglia di Gualdo Tadino (522). Il successore di Totila, Teia, venne sconfitto in battaglia alle falde del Vesuvio. Gli ultimi nuclei di resistenza vennero scovati nel 555 sugli Appennini. La riconquista bizantina fu accompagnata dal tentativo di restaurare gli antichi rapporti sociali e di dare al territorio un nuovo assetto sulle basi della pragmatica sanzione che Giustiniano emanò bel 554 su richiesta di papa Virgilio. Le chiese cattoliche ottennerono buona parte dei territori confiscati. Nareste restò in Italia fino al 568 anno in cui morì a Roma. Nello stesso tempo si mise in moto un capillare apparato fiscale e si arrivò a chiedere le tasse arretrate, si riducevano le spese pubbliche , si decurtavano i salari ai soldati e diminuiva la distribuzione di vivere ai poveri. Tutti questi provvedimenti miravano a fornire all’impero i mezzi per la sua politica espansionista, ma ebbero l’effetto di far rimpiangere il passato regime e di far crollare il morale delle truppe poste a difesa dell’Italia. Questo episodio creò le premesse per il crollo bizantino in Italia a causa dell’invasione longobarda. I Longobardi, erano un popolo germanico originario della Scandinavia che dopo aver vagato in Europa, giunsero in Italia attraverso il Friuli nel 568. I Longobardi non avevano avuto mai contatti stretti con i romani e il loro trasferimento in Italia avvenne senza un concordato con l’imperatore e senza il principio di ospitalità. La loro dominazione nei confronti del popolo latino si pose come un vero e proprio governo superiore. Furono inoltre, l’unico popolo che non si allontanò dagli usi tradizionali, erano privi di Re, che veniva eletto dai nobili tramite il principio del primo tra i pari. L’avanzata dell’Italia non proseguì in modo unitario; i bizantini riuscirono a mantenere il controllo della Romagna, della pentapoli e di una striscia di terra che attraverso Perugia collegava Ravenna con Roma. L’incompletezza della conquista segnò l’inizio della divisione politica dell’Italia che durerà fino al XIX, causa anche della complicità dei duchi che dal 574 al 584 rinunciarono a darsi un nuovo Re. In questo periodo la popolazione romana venne privata della capacità di fare politica. Il funzionamento dei vescovadi venne sconvolto poiché vennero privati del loro territorio e dei loro domini costringendo i vescovi a fuggire nei territori bizantini. I Longobardi però presero come punto di riferimento le città imperiali garantendo comunque una continuazione dell’epoca precedente. Nel 584, Autari, dopo aver restaurato l’autorità regia, si fece cedere dai duchi la metà delle loro terre per consentire alla monarchia di procurarsi i mezzi necessari al proprio sostentamento. Per gestire i beni della corona furono creati appositi funzionari: i Gastaldi, le cui competenze con il tempo furono ampliate per limitari il potere dei duchi. Agiluffo, successore di Autari, si pose per primo il problema di un rapporto non conflittuale con la Chiesa che allora era guidata dal pontefice Gregorio Magno. Fino a lui, il titolo di vescovo di Roma, era stato soltanto un titolo onorifico senza alcun contenuto effettivo, Gregorio Magno, concepì il disegno di rendere il papato autonomo anche perché la lontananza dal potere imperiale rendeva i vescovi privi di un punto di riferimento, allo stesso tempo, si preoccupò di assicurare al Cristianesimo occidentale un impronta unitaria riordinando e diffondendo la liturgia romana con il relativo canto detto appunto, Gregoriano. Promosse inoltre l’opera di evangelizzazione delle popolazioni ariane e pagane, ma non assunse mai atteggiamenti di intolleranza. L’erede al trono longobardo, Aladoaldo, venne battezzato nel 603, questo però non portò ad una conversione di massa a causa dell’attaccamento dei duchi ai costumi tradizionali. Sul trono longobardo, si alternavano quindi re cattolici e re ariani, fino al 712, quando salì al trono Liutprando, che completò la conversazione al cristianesimo del suo popolo, superando la divisione etnica tra longobardi e romani. Liutprando pensò che fosse giunto il momento per completare la conquista dell’Italia, arrivando fino alle porte di Roma, qui convintò da papa Gregorio II tornò indietro restituendo il castello di Sutri alla chiesa, invece che all’autorità bizantina nel 728. L’invasione Longobarda, non portò a modifiche sociali solo nei territori conquistati, anche i territori sotto il controllo bizantino subirono delle modifiche che allontanavano sempre di più dal modello romano. All’origine delle trasformazioni c’era innanzitutto il problema della difesa, dato che l’impero era impegnato ad oriente e non poteva garantire la presenza militare in Italia. Ciò portò all’unificazione di cariche civili e militari e costrinse l’aristocrazia a dedicarsi attivamente all’esercito sulla base delle proprie capacità economiche e al proprio prestigio sociale. Le difficoltà di comunicazione con Bisanzio, portarono nel VII sec. all’esplosione di sentimenti nazionali che portarono anche a rivolte contro Bisanzio, un fattore che favoriva il sorgere di questi sentimenti era il largo potere economico e sociale che le gerarchie ecclesiastiche stavano assumendo. La chiesa aveva infatti iniziato a sviluppare un vasto patrimonio terriero che cedeva in affitto alle famiglie locali per incrementare i rapporti. Questo processo portò Roma nell VIII sotto la protezione dei franchi dopo il subentro del dominio pontificio al dominio bizantino. I duchi bizantini eserciteranno solo una funzione di supplenza rispetto al papato fino Pipino il Breve che venne designato da Stefano II patrizio dei romani. In sostanza i fattori che accomunarono a Ravenna e Roma furono: • Prevalenza dell’autorità militare sui poteri civili • Convergenza di elementi orientali e locali nel ceto dei proprietari fondiari • Inquadramento dei proprietari fondiari in gerarchie Cap.5, Il mondo Arabo e il Mediterraneo Mentre in occidente i bizantini e i persiano si fronteggiavano in una guerra che sembrava dover decidere le sorti dell’occidente, in Arabia, prendeva il sopravvento una civiltà che avrebbe reso la propria nazione la più potente del mondo civilizzato. Secondo la tesi di Pirenne, gli Arabi crearono in Europa una situazione completamente nuova mettendo fine all’unità del mediterraneo e provocando in occidente una crisi del commercio, la scomparsa delle città e la nascita di un’economia interamente agraria. Anticamente la parte centro settentrionale dell’Arabia, era abitata da trivù di beduini nomadi che praticavano l’allevamento, il commercio carovaniero e la razzia; erano presenti anche tribù di sedentari. Queste tribù erano indipendenti l’una dall’altra. La parte meridionale dell’isola godette invece di un maggior livello di civiltà a causa della crocevia commerciale che si riscontrava in quella zona. La maggioranza della popolazione, composta da beduini era inquadrata in tribù che era il quadro sociale di riferimento. All’interno delle tribù venivano prese tutte le decisioni di carattere collettivo, alla guida vi era un capo elettivo assistito da un consiglio e da un giudice. Il quadro religioso era caratterizzato dalla prevalenza del politeismo, gli arabi meridionali tendevano verso un culto animistico, mentre quelli al nord adoravano le divinità che erano sottomesse ad Allah. In questo contesto, intorno al V sec. la città della Mecca divenne un importante centro commerciale e religioso, in questa città infatti nacque Maometto, tra il 569 e il 571. Nato da una famiglia benestante e rimasto orfano, fù allevato da uno zio e sposò una ricca vedeva migliorando così la sua posizione economica, questo gli consentì di dedicarsi alla riflessione religiosa. Nel 610 quando aveva poco più di quarant’anni, gli apparve l’arcangelo Gabriele che gli annunciò di essere l’apostolo di Allah. All’inizio Maometto esitò, ma finalmente nel 613 dietro l’incoraggiamento della moglie diede inizio ad una predicazione tra l’indifferenza dei Quaraishiti. Il suo messaggio non metteva in discussione il politeismo, ma puntava al riconoscimento di Allah come unico e vero Dio. Il pericolo che l’Islam venisse assimilato al politeismo, indusse Maometto a rompere gli indugi e ad attaccare i culti idolatrici, suscitando così le ostilità del ceto dirigente timoroso di perdere i propri proventi ricavati dai pellegrinaggi della Kaaba. Nel 622 la posizione di Maometto divenne insostenibile, infatti dopo aver ricevuto la fedeltà incodizionata della tribù della madre, fuggì dalla Mecca fino alla città della famiglia materna, Medina. Questa fuga per i seguaci di Maometto rappresentò l’inizio di una nuova era. Nel 624 Maometto mutò il punto di riferimento per la preghiera da Gerusalemme alla Mecca, contemporaneamente ne accentuò il carattere esclusivistico dichiarando “L’Islam l’unica vera fede”, istituendo anche il mese di digiuno, il Ramadam. Il pensiero di Maometto che veniva precisato nel corso del tempo, venne racconto dopo la sua morte, nel libro del Corano. I principali pilastri della fede scritti nel Corano sono i seguenti: • Doppia professione di fede • La preghiera • Il Ramadan • Pellegrinaggio alla Mecca una volta nella vita • Elemosina legale • Guerra Santa Ad integrazione del Corano venne posta la Sunna, cioè la racconta della tradizione comportamentale di Maometto, che diventerà la base del diritto mussulmano. Il messaggio di Maometto accoglieva gli aspetti non marginali della società e della cultura araba: la razzia, la poligamia, la schiavitù, il pellegrinaggio e il culto della pietra nera. Quando Maometto arrivò a Medina, si fece costruire una casa che divenne luogo di aggregazione e di preghiera, qui iniziò infatti ad attirare i cittadini. Nel frattempo i continui attacchi alle carovane provenienti da la Mecca da parte dei mussulmani di Medina, costituivano una seria minaccia per l’economia della Mecca. I Quraishiti, dopo fortune alterne con le armi, si convertirono all’islam e aprirono a Maometto le porte della città (630), da allora crebbe di continuo il numero delle tribù beduine che si convertirono all’islam. Alla morte di Maometto, ci fu un contrasto tra i suoi seguaci per designare un sostituto (Califfo) che avrebbe dovuto reggere la comunità secondo lo spirito di Maometto. La scelta cadde su Abu Baku, suocero e uno dei primi seguaci del profeta, alcune tribù beduine non riconoscendo la sua autorità abbandonarono completamente l’islam. Il califfo reagì con forza, ripristinando già nel 633 il suo dominio su tutta la penisola arabica, lanciando addirittura truppe in Iraq. La scomparsa del califfo nel 634, riaprì la questione della successione che fu risolta per qualche decennio grazie al sistema elettorale. La vera rottura si ebbe quando la sede del califfo venne spostata a Kufa, nel basso Iraq, facendo perdere alla Mecca e Medina il loro ruolo politico. Il califfo Alì, invece, si mantenne al potere grazie alle armi dei suoi seguaci (sciiti) contrapposti alla maggioranza dei mussulmani ortodossi, detti sunniti. Le lotte per la successione però non fermarono l’espansione della religione che in 20 anni spazzò via l’impero bizantino, persiani, la siria e l’africa del nord. Il governo di un territorio così vasto mostrò subito l’inadeguatezza dell’ordinamento sociale dell’età pre-islamica. L’uguaglianza dei mussulmani stabilita nel corano era solamente teorica. Dopo la morte di Maometto, ci fu infatti un risveglio dei clan familiari e il sistema tribale fu esaltato in guerre di conquista. I non arabi convertiti vennero all’inizio del VIII sec assunti nell’esercito e pagati con un regolare salario, formando comunità distinte rispetto alle popolazioni sottomesse, stabilendosi in accampamenti provinciali. Per il governo dei territori conquistati fu necessario provvedere ad un apparato amministrativo che fu in gran parte ereditato dalla precedente dominazione bizantina e persiana. A capo di ogni provincia fu messo un governatore assistito da un capo guardie, da un giudice e da un supervisore finanziario. Il califfato in questo contesto raccolse grande potere e si rafforzò come se fosse una monarchia ereditaria. La stabilizzazione del potere coincise con una ripresa del movimento espansionistico ed un rafforzamento dell’apparato statale. La capitale venne trasferita a Damasco, in Siria, per esercitare maggiore pressione sull’impero bizantino rimasto all’avversario principale e per soffocare i tentativi di rivolta che i clan allestivano nelle varie parti del regno. L’espansione verso Costantinopoli fallì nel 677 quando fu distrutta la flotta araba da parte dei bizantini. Nel 711 gli arabi, varcarono Gibilterra, conquistando la Spagna in soli 5 anni. Intanto i califfi lanciarono una nuova offensiva verso l’Asia, raggiungendo, nel 710-714 il bacino dell’Indo. Come in Spagna la conversazione all’islam fu piu rapida, in asia, si rilevò difficile, a causa delle violente rivolte tra i sostenitori e non. La situazione precipitò nel 747 a seguito di un’insurrezione armana promossa dagli abbasidi, che si ritenevano i successori di Maometto. Una volta preso il potere, spostarono la capitale di nuova fondazione a Bagdhad. Venne riorganizzato il potere sullo stampo delle monarchie assolutiste orientali e venne riconfigurato il ruolo del califfo che andrà a rappresentare, dio in terra. I califfi quindi si allontanarono sempre di più dalla popolazione lasciando il potere effettivo nelle mani dei Visir. La lingua araba trovò in Baghdad il suo centro principale e la cultura araba si sviluppò su campi nuovi come la medicina, la filosofia, la fisica, l’astronomia, la matematica e la geografia. A questa fioritura culturale si univa uno slancio economico. Il principale settore produttivo era l’agricoltura. Uno stimolo assai forte dal mondo agricolo si ebbe nella crescita demografica. In questo contesto si venne a creare una nuova classe dirigente: la borghesia mercantile. Lo stato islamico, però mostrava anche debolezze in quanto l’aumento delle ricchezze aveva accentuato gli squilibri sociali. Lo sviluppo delle città aveva danneggiato le campagne. Agli inizi del X sec le tensioni si fecero più acute, tentativi di secessione si registrarono in Iraq, Iran e Afghanistan. La Spagna nel 756 era diventata un emirato praticamente indipendente da Baghdad. Nel X sec il califfato talmente evoluto da poter rivaleggiare con Baghdad. In questo periodo si ebbe una spinta espansionistica verso nord e verso il Marocco. Grande slancio economico ebbe poi l’Egitto e Il Cairo divenne il maggior centro commerciale dell’epoca. La Sicilia fece parte del mondo arabo per quasi tre secoli dal 831, anno della caduta di Palermo, e nel 840 venne completata la conquista della Sicilia occidentale, i mussulmani proseguendo verso oriente conquistarono Messina nell’842. L’insorgere di contrasti tra arabi e berberi creò per qualche decennio una situazione di stallo, i bizantini non seppero però approfittarsene e così alla ripresa delle ostilità si ebbe la conquista di Siracusa e poi del resto dell’isola, le ultime fortezze bizantine cadranno tra il 962 e il 965. Costituitosi emirato indipendente conobbe per circa un secolo un periodo di grande splendore e l’agricoltura raggiunse un livello ottimo in ogni parte dell’isola. Il commercio raggiunse un livello di fioritura elevato. Cap.6, Economia e società nell’Alto Medioevo A differenza di quanto accadeva nel mondo arabo e nel mondo bizantino, lo scenario europeo che si delineo tra il VI e il VIII sec fu di rivoluzione culturale e sociale. Le popolazioni abbandonarono le città per creare nuovi luoghi più difendibili. L’immagine che viene riportata è quella di degrado e di abbandono. Un elemento fondamentale per l’economia altomedievale fu il bosco. All’interno del bosco si praticava liberamente la caccia in quanto la grande abbondanza di animali selvatici costituiva per la massa contadina una grande risorsa alimentare. Nelle foreste inoltre veniva raccolto il legno, il cui uso era esteso in maniera La formazione dell’impero franco nel cuore dell’europa non mise fine alle continue incursioni da parte dei popoli seminomadi. Nell’area che andava dal baltico al mediterraneo fecero incursione i Magiari, che si stanziarono in pannonia sul finire del IX. Questa stabilizzazione non mutò le loro abitudini predatorie, da qui infatti iniziarono varie incursione nell’Europa carolingia, in Francia e in Italia. Davanti ai magiari le formazioni politiche nate dalla dissoluzione dell’impero carolingio si rilevarono inadatte ed incapaci di garantire la difesa. A farne le spese furono soprattutto i monasteri e le città prive di difese. A mettere fine alle loro scorrerie contribuirono sia la riorganizzazione del regno di Germania sia l’esaurirsi della loro spinta offensiva dopo la conversazione al cristianesimo che venne sanzionata nel 1001 con la concessione della corona al re magiaro Stefano I da parte di papa Silvestro II. Contemporaneamente l’Europa cristiana era aggredita dai saraceni. Gli arabi dopo aver conquistato la Sicilia esaurirono la loro spinta offensiva, ma nonostante questo continuarono i loro attacchi all’occidente sotto forma di razzie, obiettivi di queste erano le città e le abazie. Spesso l’unico modo per fermarli era versare loro sostanziosi contributi in denaro. Le regioni dell’Europa risparmiate da magiari e saraceni furono investite dai normanni che dalla scandinavia partirono verso diverse direzioni. La tattica bellica per quelli che si diressero verso l’Europa era molto simile a quella dei saraceni, così per tentare di farli diventare sedentari, Carlo il Semplice diede al loro capo, Rollone, la Normandia come feudo. I Normanni nell’arco di 50 anni assicurarono al territorio un forte inquadramento politico attraverso il rapporto vassallatico-benefici. I sovrani dei regni nati dalla dissoluzione dell’impero carolingio tentarono di dare un assetto difensivo ai loro territori, ma il teatro bellico era cambiato e si mirava molto di più al saccheggio. Fu inevitabile infatti, la costruzione di castelli ed altre opere difensive. Molto spesso i signori locali prendevano l’iniziativa e fortificavano i loro castelli senza l’autorizzazione regia. Il castello assunse due realtà diverse ovvero il castello propriamente detto come struttura abitata dal castellano in cui gli abitanti del villaggio circostante vi si rifugiavano solo in caso di pericolo, ed il villaggio fortificato circondato da mura all’interno della quali il signore si faceva costruire una residenza fortificata. Il X sec fu un secolo di ferro in quanto ci fu in questo periodo un estrema frantumazione del potere dato che le signorie locali si trovarono in conflitto per stabilire chi avrebbe dovuto far valere la propria autorità sui contadini appartenenti a corti diverse, ma che trovavano protezione nelle fortificazioni di un altro signore. Cap.9, L’Italia tra i poteri locali e potestà universali Nel X sec l’Italia si configurava in maniera particolare, su di esse trovavano scontro le concezioni politiche universali e particolaristiche in quanto era sede dell’influenza dei due imperi, franco e bizantino. Il problema principale di queste lotte era la presenza del papato che pur essendo presente nel Lazio ed Umbria, rivendicava la supremazia universale ed un proprio ambito politico. Il regno d’Italia era stato attribuito nell’887 a Berengario contro cui due anni dopo si levò Guido che lo sconfisse ottenendo la corona di imperatore che passò alla morte di Guido al figlio Lamberto. Per favorire Berengario intervenne il Re di Germania Arnolfo, il quale attraverso papa Formoso, fu riconosciuto re dei feudatari italiani e venne incoronato imperatore nell’894. Arnolfo verrà colto da una paralisi subito dopo l’incoronazione lasciando così campo libero a Lamberto, che morirà nell’898. Berengario cercò di porre un freno all’invasione ungara, ma dopo essere stato sconfitto in battaglia la sua posizione si indebolì finchè non gli si contrappose Ludovico di Provenza anch’egli incoronato imperatore. Berengario riuscì a sconfiggere Ludovico nel 905 e nel 915 dopo aver cacciato i saraceni ed aver reso sicura Roma venne sconfitto dal nuovo erede al trovo Rodolfo di Borgogna. Rodolfo, però tenne il trono solo per due anni dopo infatti, lo cedette ad Ugo di Provenza che lo tenne fino al 946. La sua volontà di dare contenuto effettivo al titolo di re d’Italia provocò i malumori della feudalità italiana che attraverso il re di Germania Ottone I contrappose ad Ugo il marchese di Ivrea Berengario. Ugo fu sconfitto e nel 950 scomparso Lotario, Berengario di Ivrea potè cingere la corona. L’anno dopo iniziarono le prime difficoltà in quanto la vedova di Lotario, Adelaide, chiese aiuto al re di Germania, il quale la sposò e scese in Italia facendo atto di sottomissione alla feudalità insieme a Berengario di Ivrea che conservò il regno in qualità di vassallo. Berengario, però approfittò della lontananza di Ottone per ritrovare indipendenza ed espandere i propri domini in Italia centrale ai danni dei territori della chiesa. Il pontefice Giovanni XII chiese aiuto ad Ottone che scese in Italia nuovamente facendo prigioniero Berengario. Con la deposizione di Carlo il grosso, la chiesa vide il proprio ruolo all’interno della cristianità indebolirsi. Sul piano pontificio si succedevano vari pontefici in sequenza sempre più rapida facendo perdere sempre più dignità al ruolo del pontefice, Roma venne scossa da una rivolta contro Ugo di Provenza che tentò di farsi incoronare imperatore da Giovanni XI. La rivolta venne promossa dal fratello del pontefice, il quale governò Roma fino al 955 quando salì al soglio pontificio Giovanni XII appena sedicenne che poi incoronò imperatore Ottone I di Sassonia. Come per Carlo Magno la corona imperiale rappresentava per ottone il coronamento di una lunga attività politica condotta a partire dal 936. Ottone operò per rendere la sua autorità effettiva in tutti e 5 i suoi ducati in modo da sviluppare in Germania una coscienza nazionale. Ottenne anche un regolare appoggio dai vescovi che coinvolse a pieno nel governo di realtà territoriali. L’opera di riforma attuata in Germania dalla chiesa tedesca venne supportata da Ottone il quale sceglieva personalmente i vescovi. Questa manovra rese in Germania il fenomeno di decadenza dei costumi nell’ambito ecclesiastico meno grave rispetto al resto dell’Europa. Veniva inoltre incoraggiata la ripresa degli studi presso le grandi abbazie. Come apice di questa attività Ottone ricevette la corona imperiale nel 962; si attribuì inoltre il diritto di giudicare il candidato ruolo di protezione del papato e della cristianità. Ottone si attribuì il diritto di giudicare il candidato eletto prima della consacrazione a pontefice per poter garantire la correttezza dell’elezione nel 962 in Italia, successivamente trascorse sei anni nei quali si dedicò alla conquista dei territori meridionali dopo aver fatto incoronare imperatore il figlio Ottone II. Nel 968 subì una grave sconfitta a Bari e quindi decise di abbandonare la via delle armi per intraprendere quella diplomatica. L’imperatore bizantino Giovanni Zimisce riconobbe ad Ottone il titolo di imperatore e nel 972 acconsentì al matrimonio tra Ottone II e la figlia Teofane, che avrebbe dovuto portare in dono le terre meridionali. Alla morte di Ottone I il passaggio di poteri al figlio fu tutt’altro che facile, in quanto sia la nobiltà germanica e quella italiana vedevano poco bene il nuovo imperatore. L’aristocrazia romana assassinò il pontefice Bonifacio VII. Nel 980 Ottone II preparò una campagna per le terre meridionali, ma venne sconfitto e poi morì lasciando come erede Ottone III. Uscito dalla tutela il suo primo atto di governo fu la nomina del pontefice Gregorio V e del suo successore Silvestro II. L’imperatore si proponeva di collaborare a stretto contatto con il pontefice, ma si scontrò con lo scontento dei feudatari i quali insorsero nel 999 capeggiati da Arduino d’Ivrea, e poi nel 1001 la rivolta dei romani. Ottone III morì nel 1002 senza lasciare eredi. Gli successe Enrico II che concentrò tutti i suoi sforzi sulla germania e sulle riforme per impedire il degrado dei costumi nell’ambiente clericale. Arduino, intanto si era fatto nominare Re d’Italia a Pavia nel 1002. Enrico II nel 1004 scese in Italia per ripristinare il potere regio e sconfisse Arduino. Nel 1014 Enrico II fu incoronato imperatore da papa Benedetto VIII proveniente dall’aristocrazia romana. A lui successe giovanni XIX sempre dalla stessa famiglia. Questo mostra quanto fosse difficile per gli imperatori di Germania rendere effettivo il loro potere in Italia. Altra pecca dell’Italia era la mancata formazione di una coscienza nazionale, la mancata formazione di questa coscienza è da ricercare particolarmente nei soggetti politici che si creavano nelle maggiori città, specie quelle dove risiedevano i vescovi. Cap.10, Splendore e declino di Bisanzio Alla fine del VIII sec l’impero bizantino risultava particolarmente ridimensionato a causa delle continue invasioni da parte di arabi, magiari e bulgari. L’impero ebbe però la forza di contrattaccare verso la metà del IX sec recuperando parte dei territori perduti. Gli imperatori si adoperano per favorire lo stanziamento dei soldati sul territorio e favorirono anche il formarsi di una “piccola borghesia” di contadini che vivevano in comunità di villaggio costituendo così un organismo amministrativo per il pagamento delle tasse. La fisionomia dell’impero intanto si andava modificando in quanto l’impero era chiuso nelle sue frontiere essendo in seguito costretto ad abbandonare le pretese di dominio universale, acquisendo poi carattere più orientali. Il latino venne sostituito dal greco ed anche il titolo imperiale venne modificato. Le città della costa non abbandonarono il commercio ed il ricorso alle milizie locali per la difesa delle stesse, anche se l’impero tendeva a far concentrare il potere nelle mani dei funzionari pubblici. Questa orientalizzazione dell’impero costituì la premessa per la comprensione dello scontro che si venne creando contro il movimento iconoclasta. Il culto delle immagini era sempre stato malvisto dalle provincie più orientali dell’impero, le quali erano più influenzate dai culti islamici ed ebraici che condannavano l’idolatria. Quando salì al trono Leone III il movimento raggiunse la corte. Egli con un decreto del 726 proibì il culto delle immagini. Il papa Gregorio III nel 731 scomunicò l’imperatore e i suoi sostenitori, questo decreto ebbe come risultato anche la riduzione del potere dei monaci. Con l’avvento al trono di Costantino VI la situazione si fece più complicata, specie quando a detenere il potere fu la madre Irene, che sembrò intenzionata ad abbandonare la precedente politica in quanto venne nominato patriarca di costantinopoli un inconodulo. Tre anni dopo il VII concilio di Nincea 787, condannò l’iconoclasmo come eresia. La reggenza di Irene tuttavia provocò dei malumori in occidente, in quanto non era riconosciuta dal papato e questo indicò il trono d’oriente come vacante. Carlo Magno, una volta incoronato imperatore, era desideroso di intraprendere relazioni diplomatiche con l’impero bizantino, ma dovette aspettare fino al 812 per vedere riconosciuto il suo titolo dall’imperatore Michele I. Con Leone V si ebbe il ritorno al potere della corrente iconoclasta. La contesa verrà poi risolta da Michele III nell’843 quando verrà riabilitata la liceità del culto delle immagini. Intanto il pericolo arabo si era ridotto, lo stabilizzarsi della situazione portò alla rinascita dei grandi poteri fondiari senza tutelare gli interessi dei piccoli proprietari. Il problema verrà arginato alla fine del X sec con l’introduzione di leggi atte a favorire le piccole proprietà. Queste norme però rallentarono soltanto il meccanismo di impoverimento dei cittadini di ceto basso e dei contadini che tendevano a porsi sotto la protezione di un signore. Questi episodi però non possono essere catalogati come una forma di feudalesimo bizantino in quanto lo stato risultava sempre presente a differenza di quanto avveniva nelle campagne europee. In occidente si sviluppò un grande rapporto tra potere imperiale e patriarcato in quanto l’imperatore era considerato il diretto rappresentante di Dio in terra. La compenetrazione tra i due poteri avvenne sempre all’insegna dell’egemonia imperiale. Al rafforzamento dell’autorità imperiale contribuirono anche i successi militari della seconda metà del X sec. Il controllo completo sull’aerea balcanica venne riportato da Basilio II nel 1014. La cristianizzazione delle popolazioni slave e delle popolazioni bulgare era sempre avvenuta in contrasto con la chiesa di roma che tentava di ampliare la propria vera influenza attraverso i missionari. Il contrasto esplose quando la chiesa bulgara tentò di mantenersi del tutto autonoma. Il patriarcato era allora occupato da Fozio che era stato nominato dall’imperatore e non era riconosciuto dal papa. Nell’867 Fozio scomunicò il pontefice. La questione venne accantonata dopo la deposizione di Fozio decisa dal concilio di Costantinopoli che decise di sottomettere la chiesa bulgara a quella di roma. Ad abbassare la tensione tra la chiesa di roma e quella di costantinopoli contribuì la crisi del papato del X sec. La situazione precipitò nel 1049 quando papa Leone IX rivendicò il primato della sede romana nella chiesa universale. A Costantinopoli era patriarca Michele Cerulario, fiero appositore del primato papale. Il patriarca ordinò nel 1053 la chiusura di tutte le chiese di rito latino. L’imperatore Costantino X era interessato a trovare un compromesso perciò fu inviata da Roma una delegazione che però fallì la missione di mediazione il 15 luglio 1054, quando entrambi le parti scomunicarono i rispettivi vertici. Lo scisma non fu sentito in maniera traumatica specialmente perché la chiesa di Roma e quella bizantina andavano sempre più diversificandosi già da tempo ed in maniera naturale. L’elemento che più pesò fu l’orientamento fortemente monarchico che assunse il papato tra il xI ed il XII per cui, i teologi bizantini sostennero che fosse stata la chiesa di Roma ad allontanarsi dall’Ortodossia dei primi concili ecumenici. I successi dell’impero avevano portato alla ripresa delle attività commerciali e la moneta bizantina risultava forte nei mercati internazionali, le città erano anche la sede di un intensa attività culturale ed artistica che vide in primo piano gli imperatori stessi. L’opera culturale raggiunse l’apici nel XI. Quando la civiltà bizantina aveva raggiunto il massimo splendore, si stagliavano all’orizzonte i segnali di un rapido declino: con la fine della dinastia macedone esplosero vari scontri per il potere tra l’alta burocrazia e i proprietari fondiari, sul fronte esterno era salito il livello di minaccia che rappresentavano i turchi che dopo aver conquistato Baghdad, si volsero all’occidente ed all’Egitto. Alla fine del XI secolo il pericolo maggiore venne però dai normanni dell’Italia meridionale che cacciarono i bizantini dall’Italia ed invasero l’Albania, puntando alla conquista di Costantinopoli. Cap.11, Incremento demografico e progressivi dell’agricoltura nei secoli XI-XIII non fossero andate a buon fine non si faceva di solito attendere molto una rivolta armata. Il signore in alcuni casi concedeva la carta comune a patto che la città mantenesse dei funzionari a lui fedeli. Cap.14, Il rinnovamento della chiesa e la riforma religiosa A seguito delle crisi delle istituzioni politiche e religiose l’ordinamento ecclesiastico si era trovato privo del potere politico e non riusciva a fermare le ingerenze dei laici all’interno delle nomine pontefice e cardinalizie, non riusciva inoltre a sopperire al livello culturale dei monaci e chierici che continuavano a sottrarre i beni della chiesa per trasmetterli ai propri vassalli ed alle proprie famiglie. Gli aspetti della crisi del X sec erano collegati tra loro in quanto i metodi clientelari con i quali venivano reclutati davano origine alla corruzione e all’ignoranza. Era molto comune specie nell’Italia meridionale che i chierici vivessero in concubinato e che indirettamente trasmettessero ai loro figli illegittimi delle proprietà ecclesiastiche. Il fatto che agli uomini di chiesa venisse concessa un’importanza elevata comportava che le loro manchevolezza venissero percepite come più gravi; ma il fatto che la chiesa disponesse di un vario arsenale culturale diede il via ad un massiccio movimento riformatore. I primi segni di cambiamento si ebbero nei monasteri, nei quali era sempre stato attivo un movimento di riflessione teologico che portò già nel X secolo alla sperimentazione di nuove forme di vita monastica. L’esperienza più fruttuosa fu quella del monastero di Cluny in cui l’abate coordinava un certo numero di monasteri nella zona ed era soggetto direttamente all’autorità papale senza passare dal vescovo, garantendo quindi all’abate una certa autonomia; vennero aboliti i lavori manuali per lasciare più spazio ai monaci per la preghiera e le funzioni liturgiche. Un costume caratteristico della prima età cristiana tornò in voga nel X e nel 1000, l’ERMETISMO. Alcuni di questi ordini poi si evolveranno negli ordini mendicanti. Un’altra componente della riforma fu il ripristino delle comunità canonicali, dimenticate dopo Ludovico il Pio, nel X-XI ci fu un cambio di tendenza, tra l’altro la promozione della vita comune del clero era prova dell’adesione del vescovo al movimento riformatore. Dal XI si potè parlare di un vero e proprio movimento canonicale. Le comunità canonicali o canoniche regolari non sono da confondere con le comunità monastiche, in quanto i monaci non erano chierici. Prenderanno abitualmente i voti dal XII sec. Il clero simoniaco e concubinario era sempre più criticato sia dai laici sia da alcuni predicatori itineranti che predicavano di rifiutare i sacramenti da loro amministrati. Questi contestatori furono detti “paratini” ed andarono incontro alla scomunica. Per riformare totalmente la chiesa era necessario che il movimento di riforma avesse un coordinatore, questo ruolo venne preso in un primo tempo dal potere politico, prima di passare nelle mani del papato. Imperatori come Enrico III cercarono di ridurre il potere dei vescovi corrotti per poi volgere l’attenzione nel 1046 alla chiesa di Roma che a causa del contrasto tra famiglie romane aveva in se ben 3 papi, Enrico III li depose tutti e fece eleggere il suo candidato che prese il nome di Clemente II. Il nuovo papa, dichiarò scomunicati gli ecclesiastici colpevoli di simonia, tra gli intellettuali riformatori si sviluppò il pensiero che per riformare completamente i costumi della chiesa era necessario interrompere le ingerenze dei laici negli affari della chiesa. Il papa Leone IX riunendo intorno a se i maggiori esponenti del mondo riformatore proclamò più volte una condanna per simonia. Una battuta d’arresto alla sua attività riformatrice fu causata dallo scontro con i normanni. Il pontefice nel 1053 si mosse contro di loro guidando personalmente l’esercito, venne sconfitto e fu trattenuto come prigioniero per quasi un anno. Dopo la stipula di un intesa con i normanni il papato riconobbe le loro conquiste in cambio di un appoggio politico e militare. Il potere pontificio comunque si andava via via separando dal potere imperiale e alla morte di Enrico III nel 1056 si verificarono diverse rivolte dei vescovi che non volevano adeguarsi alle nuove regole. Il gruppo riformatore alla morte di Enrico III si trovava con due posizioni prevalenti al suo interno: • Il primo era più rigoroso e richiedeva una condanna più radicale della simonia compreso l’annullamento di tutti gli atti effettuati dai simoniaci • Sosteneva che una soluzione così rigorosa fosse impossibile da attuare per motivi sia politici che pratici (cioè la chiesa non doveva separarsi dall’impero, ma dovevano essere ridefiniti i rispettivi ruoli) Intanto il papato approfittando della minore età di Enrico IV attuò nuove riforme di carattere amministrativo e organizzativo. Il pontefice Niccolò II nominò il più forte capo normanno vassallo della chiesa di Roma, convocò poi un concilio in laterano nel quale modificò il sistema di elezione papale, fu rinnovato l’obbligo del celibato per il clero e fu proibito al clero di ricevere chiese dai laici, anche a titolo gratuito. Nei due successivi concili vennero stabiliti dei provvedimenti definitivi nei confronti dei vescovi simoniaci, vennero chiamati decaduti, ma le ordinazioni da loro fatte vennero ritenute valide. In futuro poi verranno annullati. Enrico IV nel 1066 uscito dalla giovinezza si accorse subito che con le nuove riforme stava venendo escluso dal controllo delle sedi vescovili, ma nel primo periodo del suo regno fu impegnato a sedare una rivolta in Sassonia. Nel frattempo saliva al trono pontificio Gregorio VII grande punta dello schieramento riformatore. Gregorio rivendicò il primato di Roma sul governo della Santa romana chiesa. Né scaturì una spaccatura che finì col rimescolare le forze. Dalla parte dell’imperatore vennero a trovarsi non solo i vescovi contrari alla riforma, ma anche gli ecclesiastici contrari alla concezione gregoriana del primato papale. A versare benzina sul fuoco contribuì il testo papale (DICTATUS PAPAE) nel quale il pontefice si impossessava del diritto di estendere la propria giurisdizione temporale attribuendosi la facoltà di deporre oltre che i vescovi anche l’imperatore. Prendeva così corpo l’idea di una monarchia incentrata sul pontefice al quale avrebbero dovuto far capo tutti i poteri, spirituali e temporali. Enrico IV era deciso a non accettare una concezione del genere per questo scaturì un lungo conflitto chiamato LOTTA ALLE INVESTITURE. Si mosse per primo il pontefice il quale attraverso il concilio emanò un decreto nel quale vietava ai laici di concedere l’investitura di vescovadi e abazie. Enrico IV a sua volta convocò un’assemblea di nobili ed ecclesiasti a lui fedeli che deposero e scomunicarono il pontefice. Il papa a sua volta depose e scomunicò l’imperatore sciogliendo i fedeli dal giuramento di fedeltà. L’imperatore che aveva appena domato un’insurrezione da parte dell’aristocrazia tedesca si rese subito conto di quanto fosse pericolosa la situazione. I nobili rivoltosi gli imposero di sottomettersi al giudizio del papa il quale si diresse verso Canossa in attesa della scorta promessa dai principi ribelli tedeschi. Qui venne raggiunto da Enrico IV che attese 3 giorni chiedendo perdono al pontefice che ottenne nel 1077. L’imperatore potè così prendere di nuovo in mano l’iniziativa, ma i nobili tedeschi non accettarono e nello stesso anno convocarono una nuova assemblea dove elessero RE RODOLFO DI SVEVIA che però non riuscì ad imporsi. Enrico dopo aver sbaragliato gli oppositori si volse contro il papa che nel 1080 gli rinnovò la scomunica. Enrico quindi convocò 2 concili: nel primo fece deporre il papa e nel secondo fece eleggere pontefice Gilberto di Ravenna. Si diresse poi verso Roma dove giunse nel 1081 mettendo la città sotto assedio. Roma cadde nel 1084 e Gilberto venne consacrato papa col nome di Clemente III, dopo essere consacrato incoronò Enrico IV imperatore. Nel 1088 salì al trono pontificio Urbano II che a differenza di Gregorio VII si concentrò sulla costituzione di canoniche regolari più che di monasteri, andando così ad assumere un orientamento episcopalista. Questo orientamento diede i suoi frutti, e molti vescovi abbandonarono. Negli anni successivi il papa cercò di chiamare a raccolta tutte le forze possibili, Urbano II acquistò quindi l’iniziativa isolando in maniera sempre più grave Clemente III che Enrico IV. Il successore di urbano, Pasquale II seguì una politica rigorista cercando ad un certo punto, col consenso del nuovo imperatore Enrico V di far rinunciare la chiesa ai suoi beni terreni, nel 1111 venne raggiunto un accordo in tal senso, ma nel giro di pochi giorni a causa delle forti opposizioni da ambo le parti un concilio sconfessò il papa che ormai in balia dell’imperatore fu costretto ad incoronarlo e a concedergli la facoltà di consacrare i vescovi. L’anno successivo un nuovo concilio annullò la concessione e nel 1116 scomunicò l’imperatore. Venne partorito perciò un concordato nato su una concezione che da tempo veniva discussa, ovvero che i vescovi fossero nominati dal papa, ma che l’imperatore avesse dovuto investire i vescovi delle autorità politiche. Per cui venne stipulato nel 1122 tra l’imperatore Enrico V e il pontefice Callisto II il CONCORDATO DI WORMS. Venne ratificato l’anno successivo dal primo concilio ecumenico tenutosi in occidente, IL CONCILIO LATERANO, nel quale venne formalizzato il primato di Roma all’interno della cristianità. Venne anche ribadita l’esclusione dei laici da ogni ingerenza nei confronti del clero. Nel 1139 il concilio riservò capitolo specifici per l’elezione dei vescovi. Tutto questo portò ad un potenziamento dell’apparato burocratico dell’amministrazione vaticana. Ben presto, la santa sede riuscì a diventare il punto di riferimento per tutta la politica europea. Cap.15, Rinascita culturale e nuove esperienze religiose La crisi della dinastia carolingia che comunque aveva contribuito ad una rinascita culturali attuata per elevare la cultura del clero, spostò il centro culturale della corte ai monasteri. La Germania tentò di continuare la tradizione, ma nel XI i monasteri si erano aperti all’influenza francese. In Italia meridionale il collegamento con il mondo greco e con quello arabo-bizantino portava una vivace attività culturale. In Italia settentrionale nello stesso periodo era in atto una rinascita del diritto romano attraverso lo studio del corpus iuris civilis di Giustianano. La Francia fu l’unica nazione in cui la ripresa culturale riguardò tutti i settori. Il fenomeno di rinascita culturale venne accelerandosi nel XII, fino all’XI. A metà del XII erano in piena fioritura i nuovi ordini religiosi che però contribuirono solo in parte dal processo di rinascita culturale. Un ruolo decisamente più importante spettò alle cattedrali che erano pienamente inserite nelle città che allora erano in piena crescita. Le scuole nelle cattedrali erano gestite dai vescovi che conferivano ai maestri la licenza per insegnare. Nel XII si assistette alla nascita delle università, che all’inizio si configuravano come una corporazione di studenti e professori. Le università produssero programmi di studio, decisero i compensi da riservare ai professore e le modalità per il sostegno degli esami e il conseguimento della laurea. Le facoltà erano quattro: arti, diritto, medicina e teologia. La nascita delle università modificò radicalmente le condizioni di produzione dei libri. La lingua della cultura era sempre stata il latino, che però la popolazione media non era in grado di comprendere. Tra i secoli XI e XII si assistette alla diffusione di opere scritte in lingua volgare nata dall’evoluzione del latino con le varie parlate locali. Nel XII si potè assistere ad una laicizzazione della cultura quando anche i laici, erano diventati fruitori di ospedali e confraternite. Si trattava di un fenomeno di massa, in questo periodo infatti vi fu il proliferare di parecchie eresie. Grande clamore ebbe l’ordine francescano che predicava uno stile di vita completamente nuovo molto differente rispetto a quello della chiesa dell’epoca. Cap.16, Rapporti feudali e processi di ricomposizione politico-territoriale (L’impero e l’Italia dei comuni) Il ritrovato dinamismo e fioritura culturale portò ben presto ad una crescita demografica per la quale era necessaria una grande opera di preparazione basilare. Per realizzarlo era necessario superare il problema del particolarismo politico e del continuo stato di guerra. Una prima risposta venne data dalla fondazione del movimento della pace di dio per il quale i vescovi organizzarono grandi assemblee nelle quali predicavano la protezione della categorie più sensibili puntando il dito contro i violatori della pace che di solito era signori feudali proprietari di castelli. Ben presto oltre a proteggere dalla guerra determinante categorie di persone ed i beni della chiesa si arrivò a garantire una maggiore sicurezza proibendo qualsiasi attività bellica la domenica e le feste religiose. L’intervento della chiesa per disciplinare il ceto dei cavalieri, ovvero la figura del combattente per l’ideale cristiano al servizio della chiesa, avvenne in un contento di divisione sociale tra oratore, bellatores e laboratores che raccoglieva diverse forzature. Però effettivamente coloro che combattevano a cavallo si distinguevano nettamente da coloro che erano disarmati (inermes), infatti i cavalieri stavano prendendo coscienza della propria particolare condizione sociale e giuridica. I suoi membri infatti, godevano di vari privilegi: erano esenti dal pagamento delle tasse per le terre possedute, erano sottratti alla giustizia dei signori e potevano tramandare la loro posizione sociale. Alla coesione di questo ceto contribuirono i nuovi modelli di comportamento elaborati degli ecclesiastici francesi, i quali trasformarono l’investitura in un rituale a carattere religioso. Nel corso del XII il codice cavalleresco venne arricchito da giovani cavalieri che predicavano una vita avventurosa e la ricerca di un generoso signore di una causa da servire. I cavalieri però erano sempre pronti
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