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Giulio Ferroni 800-900, Sintesi del corso di Letteratura

Letteratura italiana dall'800 al 900

Tipologia: Sintesi del corso

2019/2020
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Scarica Giulio Ferroni 800-900 e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura solo su Docsity! GIULIO FERRONI STORIA DELLA LETTERATURA ITALIANA DALL'OTTOCENTO AL NOVECENTO LA RIVOLUZIONE IN EUROPA 1789-1815 -IL TEMPO DELLA RIVOLUZIONE Alla fine del 18° secolo la rivoluzione americana (1776) e quella francese (1789) avviano nell'Occidente un processo storico che porterà al crollo dell'Antico regime e alla formazione di un mondo borghese e liberale. Entrambe le rivoluzioni nacquero per il bisogno di autonomia, vennero anche a concretizzarsi le spinte del pensiero illuministico: si rifiutò il principio di autorità dell'Antico regime e si tentò di costruire una società nazionale fondata sulla libertà,fratellanza e uguaglianza di tutti i cittadini di fronte allo Stato. La rivoluzione americana fece nascere una nuova società che nel 19 secolo si sviluppò basandosi su principi liberali e sullo spirito di concorrenza economica; mentre la caduta della monarchia francese,la distruzione dei privilegi nobiliari, la creazione di una repubblica considerata patrimonio comune del popolo armato,gettarono il panico in tutta l'Europa; il tentativo delle diverse potenze nemiche di accerchiare la Francia e di ripristinarvi l'ordine antico ebbe come conseguenze inattese una espansione militare della Francia, ciò sanciva la sconfitta delle tendenze giacobine(gruppo politico di tendenza repubblicane ed estremiste fondato nel convento di Saint-Jacques)miranti alla realizzazione di un regime di uguaglianza sociale basato sull'applicazione di schemi sostenuti dal Terrore. Conseguenza di questo processo non era la creazione di regimi repubblicani liberali e indipendenti, ma solo un'espansione imperialistica della Francia stessa,di cui erano strumenti un nuovo aggressivo spirito militare e l'abilità del generale Napoleone Bonaparte,guida di una serie di vittoriose campagne. Diversi territori furono progressivamente annessi alla Francia. L'impero napoleonico creò in tutta Europa una situazione di mobilità. Fu il blocco economico imposto dall'Inghilterra,avversaria di Napoleone, e la stessa ambizione militare dell'imperatore a far cadere l'Impero,dopo la tragica campagna di Russia. Dopo l'abdicazione del 6 aprile 1814 e il suo confinamento nell'isola d'Elba,Napoleone riuscì a tornare al potere,cercando di rovesciare la situazione che si concluse con la sconfitta di Waterloo e con il forzato esilio nell'isola di Sant'Elena. -L'ORIZZIONTE SOCIALE E L'EREDITA' DELLA RIVOLUZIONE La rivoluzione francese è sempre stata considerata come 'rivoluzione della borghesia'. La rivoluzione fu vissuta come un evento assoluto, come un'esplosione collettiva, una rappresentazione del 'popolo' a se stesso: nella violenza del Terrore rivoluzionario sembrano espiarsi secoli di oppressione. Da questa esplosione collettiva emerse un mutamento della vita politica e statale: la partecipazione delle masse agli eventi fu manovrata e diretta da nuove figure di politici. Lo Stato si configurò come un organismo civile e razionale, che accentrava in sé tutte le funzioni e le responsabilità civili, tutta la sfera delle relazioni pubbliche. Tra contraddizioni, fughe e creazione di nuovi patrimoni si realizzò una delle conquiste essenziali della storia dell'uomo: l'affermazione di valori universali basati non più sul diritto divino ma sulla libertà,sull'uguaglianza,sulla fraternità. La famosa Dichiarazione dei diritti dell'uomo e del cittadino, 25 agosto 1789 è il primo documento storico ufficiale in cui si afferma la libertà della persona individuale, la necessità di garantire a ogni uomo,indipendentemente dal suo stato sociale,una serie di diritti civili inalienabili: è un documento che nei due secoli successivi mantiene intatta la sua validità. Ma la rivoluzione francese ha anche diffuso in Europa un ricco patrimonio di idee,progetti e speranze. GLI ULTIMI LIBERTINI Nel corso del 18 secolo il libertinismo che aveva avuto una funzione essenziale nel primo sviluppo del pensiero illuministico, va perdendo la propria caratterizzazione di tipo ideologico per trasformarsi in un comportamento sociale. Mentre le nuove tendenze di pensiero di affermano anche tra le sfere alte della società e non hanno più bisogno di nascondersi, il libertinismo diventa un modo di applicarne le estreme conseguenze nell'organizzazione dell'esistenza individuale. Nel linguaggio settecentesco, libertino è chi vive una condizione mondana, accetta il ruolo aristocratico e assolutistico,rifiuta ogni fede e valore trascendente, indirizza la propria vita verso la ricerca di ogni possibile piacere materiale. I libertini non sono più filosofi che rompono i legami con l'autorità e la tradizione,ma individui che cercano di cogliere ogni esperienza proposta dalla società contemporanea: la loro principale sfera d'azione sembra essere quella erotica, che offre le più svariate occasioni di avventura,di rapporti personali. Questa specifica forma di libertinismo è spinta alle estreme conseguenze soprattutto da nobili, questi personaggi rappresentano con estremismo, la disgregazione e il crollo dei fondamenti ideologici dell'Antico regime. LIBERTINI ITALIANI DEL TARDO 700 Il libertinismo italiano del 700 non raggiunse mai le posizioni estreme di quello francese, esso è rappresentato da avventurieri di varia origine che si gettano nella vita di quell'epoca, e grazie alle proprie capacità personali,frequentano le corti e i salotti di tutta l'Europa,al servizio delle forme più diverse di potere. Grande fama ebbe GIAMBATTISTA CASTI, di Acquapendente, esaltato per le sue doti, viaggiò per tutta l'Europa, ebbe contatti con diversi sovrani illuminati e trascorse gli ultimi anni della sua vita nella Parigi napoleonica dove acquisì prestigio. Il sui libertinismo erotico si accompagna a una spregiudicatezza ideologica,come mostrano il - Poema tartaro, in ottave del 1783( satira del dispotismo della Russia zarista e dell'imperatrice Caterina 2 presso cui aveva soggiornato); -e la sua opera più notevole Gli animali parlanti (concluso a Parigi nel 1802) poema in sestine in 26 canti, che sotto la maschera di una favola di animali, presenta le recenti vicende della storia francese, in una sorta di allegro canto funebre in memoria dell'Antico regime. Proprio durante gli anni della rivoluzione, 1790-1791 fino alla sua morte, scisse la sua vasta autobiografia il veneziano GIACOMO CASANOVA(1725-1798) che dopo una vita movimentata si era ritirato dal 1785 nel castello di Duchocov in Boemia,al servizio come bibliotecario del conte di Waldstein: redatta in francese l'Histoire de ma vie (Storia della mia vita) venne pubblicata postuma dal 1822, con modificazioni del testo. Egli aveva vissuto le più varie esperienze, soggiornando in numerosi paesi europei, svolgendo attività di faccendiere. Il libertinaggio erotico di Casanova escludeva però qualsiasi aspetto di ribellione o di estremismo ideologico: la società assolutistica,teatro delle sue avventure, era per il veneziano l'unico mondo possibile e accettabile, tanto che più volte assunse atteggiamenti di polemica antilluministica. Il suo racconto diventa la trionfante esibizione di una morale nichilista, di un io mai sottomesso alla morale e impegnato invece ad aprirsi la strada tra gli ostacoli di una realtà multiforme. Casanova rivolge a questa realtà uno sguardo sempre rapido e sicuro senza mai indugiare ad afferrarla e senza mai perdersi nei suoi labirinti,sempre pronto a inventare mezzi per salvare la propria individualità. L'animo di Casanova non viene mai completamente posseduto: egli percorre il teatro del mondo che in ultima analisi gli rimane estraneo, il lettore infine si sente in balia di un'interminabile ripetizione di atti privi di ogni spessore. È come se la vita reale di Casanova si trasformasse attraverso la sua narrazione, in un'ultima incarnazione di tutta la tradizione novellistica italiana, con il suo edonismo dominato dal gusto della beffa ,ampliata da svariati episodi e affidata a un solo protagonista. I giornali dell'età rivoluzionaria sono come delle scene su cui si dibattono le diverse ipotesi, i diversi progetti, le diverse posizioni della politica e del pensiero. I governi rivoluzionari cercarono in ogni modo di sollecitare la partecipazione degli intellettuali al dibattito politico,istituendo per esempio concorsi pubblici per scritti relativi a temi specifici. Napoleone cercò di inserire diversi intellettuali nell'amministrazione e nelle diverse strutture statale, e mirò a svolgere,soprattutto a Milano e nel Regno d'Italia,una politica culturale di prestigio, appoggiando tutte quelle manifestazioni dell'alta cultura scientifica e letteraria che potevano acquisire un ruolo pubblico e 'ufficiale'; promosse istituzioni culturali pubbliche, come ad esempio le accademie, gli istituti di ricerca superiore e le università. LA CULTURA GIACOBINA ITALIANA Il triennio giacobino vide in Italia la libera diffusione di una cultura legata alle forme più innovatrici del pensiero illuministico: l'azione rivoluzionaria sembrò permettere la realizzazione di una società umana libera e razionale. Ci si rifaceva alle molte esperienze della cultura del 700. L'aspetto 'giacobino' di questa cultura consisteva soprattutto nel suo tentativo di realizzare programmi razionali,nella sua aspirazione a modificare le strutture sociali per instaurare una società giusta ed egualitaria. Fu proprio il pisano FILIPPO BUONARROTI (1761-1835), che aveva operato ai confini con la Francia prima dell'invasione delle armate repubblicane, a indirizzare con la sua attività il giacobinismo al di là delle prospettive borghesi,aderendo alla congiura degli 'uguali' guidata da Babeuf e disegnando progetti di riforma sociale che sono alle radici del socialismo. Due martiri delle vicende napoletane del 1799, PAGANO E RUSSO avevano tratto dall'Illuminismo napoletano una visione di giacobino rigorosa. Francesco Mario PAGANO nei numerosi scritti dell'ultimo decennio della sua vita rintracciò nella natura, sulle orme di Rousseau, la radice prima della possibilità dell'uguaglianza sociale. Vincenzo RUSSO,nato a Palma Campania, presso Nola, poco prima dell'esperienza napoletana aveva pubblicato nel 1798 a Roma, dove si trovava in esilio, i suoi Pensieri politici, in cui si avverte una tensione egualitaria,fondata su una visione scientifica della società: fonte di disuguaglianza tra gli uomini è la natura stessa, e compito del pensiero rivoluzionario è l'elaborazione di principi di 'calcolo' su cui costruire una 'società universale' capace di eliminare le disuguaglianze naturali. Tra gli intellettuali giacobini più impegnati negli anni del triennio ricordiamo il romano Enrico Michele L'AURORA, e il salernitano Matteo Angelo GALDI. Di più ampio raggio è l'attività di GIOVANNI FANTONI, di Fivizzano (1755-1807) aristocratico che accolse la causa della rivoluzione e le posizioni giacobine più avanzate ed egualitarie: egli è autore di una vasta produzione poetica che attinge una sorta di equilibrio tra i linguaggi dominanti nel secolo 18 per esprimere una partecipazione agli eventi storici di quel momento. Ma il testo poetico che meglio esprime uno spirito rivoluzionario di stampo borghese,carico di odio verso i nobili, è la canzone in dialetto piemontese del medico torinese EDOARDO CALVO Passapòrt d'ij aristocrat, che risale alla fine del 1798. intellettuale giacobini dai ricchi interessi, impegnato nel tentativo di proporre forme di educazione popolare, fu il cosentino FRANCESCO SAVERIO SALFI(1759-1832) poligrafo, membro influente della massoneria, che negli ultimi anni esule in Francia ripiegò su posizioni più moderate dedicandosi alla storiografia e alla critica letteraria. Mostrò un grande interesse per il teatro e lo spettacolo,componendo tragedie e melodrammi e organizzando a Milano e a Brescia spettacoli nell'ambito del 'teatro patriottico'. Il teatro fu uno strumento essenziale per la propaganda rivoluzionaria, e i governi giacobini tentarono di costituire una sorta di teatro pubblico, con lo scopo di educare il 'popolo' ai nuovi lavori. Circoscritta al triennio giacobino fu invece l'esperienza di un teatro politico d'attualità,con l'uso di mezzi scenici che dovevano stimolare la partecipazione degli spettatori: grande fu il successo del pantomimo Il general Colli in Roma, detto anche Il ballo del papa, messo in piedi dal Salfi e rappresentato nel 1797. LA RIFLESSIONE IDEOLOGICA Le speranze rivoluzionarie si consumarono e caddero in brevissimo tempo, lasciando il mondo intellettuale oppresso da una nuova inquietudine e da una forte delusione. All'inizio del secolo 19,dopo che si era allentato il legame tra dibattito intellettuale e azione politica, in tutta Europa si sviluppa una varie riflessione ideologica,i cui diversi orientamenti possono collegarsi a una crisi del concetto giacobino di ragione, all'esigenza di comprendere le contraddizioni,rovine e orrori, la stessa fine del processo rivoluzionario. Si sente la necessità di adeguare natura e società, motivando la loro frattura con il concetto di seconda natura (la società viene vista come un sistema 'non naturale', ma talmente radicato nell'uomo da aver assunto la forza di una nuova 'natura' spesso più resistente di quella primaria). La maggior parte delle critiche nei confronti del pensiero illuministico mira a renderlo più realistico,evidenziando sia il potere e l'influenza delle istituzioni, sia la complessa e articolata composizione della società,fatta di strati e di conflitti diversi. Molti pensatori francesi, con il termine di idéologues 'ideologi' mettono in discussione gli stessi processi della rivoluzione, orientandosi verso forme di moderno liberalismo. Ma in altri casi la critica all'Illuminismo e al movimento rivoluzionario si traduce in una esaltazione dell'Antico regime. Già nell'ultimo decennio del 700 cominciano a svilupparsi le nuove prospettive del Romanticismo che respingono il predominio assoluto della ragione e suggeriscono le soluzioni più varie sul piano politico. In Germania comincia a svilupparsi la nuova filosofia idealistica. La cultura italiana avverte solo in parte questo grande fermento che anima il panorama culturale europeo: dopo la tragica fine delle esperienze giacobine,essa sembra infatti concentrare la sua attenzione soprattutto sulle forme letterarie,secondo un'ottica classicista legata in parte ancora alle esperienze del tardo 700, e pare cercare nel rapporto con i modelli classici un'ultima possibile espressione di identità nazionale. Non mancano momento di riflessione ideologica e di impegno teorico. Tra gli autori in primo piano spicca il piacentino MELCHIORRE GIOIA(1767-1829), giacobino moderato,poi sostenitore del regime napoleonico,autore di numerose opere letterarie,filosofiche,scientifiche e appassionato dei diversi aspetti della vita sociale. Concepisce la società come un 'mercato generale' una grande macchina la cui funziona è quella di girare ad un ritmo che sia il più veloce possibile; ma nel suo pensiero si trovano anche interessanti indicazioni sulla funzione sociale della 'noia'. Un'attenzione ai caratteri concreti e pratici della realtà sociale,ai modi di intervenire sul suo stato,anima l'attività di GIANDOMENICO ROMAGNOSI(1761-1835), presenza essenziale nella cultura lombarda,fautore di un moderato liberatismo che ha fiducia nella possibilità di 'progresso' e valuta positivamente il cammino dell'umanità verso l'incivilimento. Risultano esteriori e retoriche le posizioni del padre FRANCESCO SOAVE(1743-1816), personaggio che godette di grande successo e prestigio,agitatore di problemi filosofici alla moda. Un'ottica sensistica e materialistica, uno spirito repubblicano classicista e pessimista, caratterizzano l'opera del medico lucano FRANCESCO LOMONACO(1772-1810), di cui va ricordato il Rapporto al cittadino Carnot, polemica raccolta di 'materiali' sulle tragiche vicende napoletane del 1799. VINCENZO CUOCO E LA CRITICA DELLA RAGIONE GIACOBINA Vincenzo Cuoco nato a Civitacampomarano nel Molise nel 1770,avvocato a Napoli negli anni 90, coinvolto nelle vicende della Repubblica Partenopea, incarcerato dai Borboni ed esiliato. Nel 1801 uscì anonimo a Milano il suo Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799, poi modificato e ristampato con il nome dell'autore nel 1806: opera a lungo considerata come punto di riferimento essenziale per il liberalismo moderato italiano, questo saggio sviluppa una critica 'a cald0' dell'esperienza giacobina e dell'astrattezza dei programmi rivoluzionari. Il Cuoco individua le ragioni del fallimento della rivoluzione napoletana nel suo carattere di 'rivoluzione passiva', basata su una meccanica applicazione dei modelli francesi alla realtà dell'Italia meridionale: al supposto schematismo della ragione illuministica egli oppone la necessità di individuare nuove forme e modi politici radicata nella vita concreta del popolo: in questo secondo lui consiste il 'segreto' per un effettivo mutamento della arretrata situazione meridionale. I suoi concetti di 'popolo' e di 'nazione' restano però imprecisi e astratti. Negli anni successivi, Cuoco si orientò verso un ideale di unità e indipendenza italiana, auspicando un processo graduale, in sintonia con l'accettazione del regime napoleonico di cui fu sostenitore. Vivace fu la sua attività culturale a Milano, dove dal 1804 al 1806 diresse il 'Giornale italiano' e pubblicò il Platone in Italia, farraginoso romanzo saggistico in cui il racconto del viaggio dell'antico pensatore nella Magna Grecia permetteva di affrontare problemi filosofici,politici,culturali, di esaltare l'antica 'sapienza' italica e di affermare un 'primato' originario della nazionale italiana. Cuoco fu poi uno degli esponenti più autorevoli del governo di Murat,elaborando un Progetto per l'ordinamento della pubblica istruzione nel regno di Napoli. Allontanato da tutte le cariche pubbliche al ritorno dei Borboni,visse in stato di grave depressione fino alla morte nel 1823. UN NUOVO SGUARDO DELL'EUROPA ALL'ITALIA Durante i primi anni della rivoluzione, l'Italia fu considerata dai Francesi come un mondo confuso in cui era necessario suscitare iniziative: essa rappresentava l'esempio più evidente della disgregazione dell'Antico regime. L'inserimento dell'Italia nel sistema imperiale portò gli stranieri a conoscere più direttamente il nostro paese e spinse alcuni tra gli intellettuali più intelligenti a interrogarsi sulla sua concreta situazione e sul suo destino, senza più limitarsi a vedervi solo la terra dell'antica civiltà classica. Questa nuova visione dell'Italia si incontrò con una nuova consapevolezza delle diverse caratteristiche delle nazioni europee. I contributi più importanti vennero da intellettuali francesi, vicini agli ideologues, oppositori 'moderati' del regime napoleonico. In primo piano fu la MADAME DE STAEL grande mediatrice di cultura attenta alle manifestazioni della letteratura europea, contribuì in modo determinante alla diffusione delle nuove idee romantiche in Francia e poi in Italia. Il suo scritto De la litterature consideree dans ses rapports avec les institutions sociales (La letteratura considerata nei suoi rapporti con le istituzioni sociali) apparve nel 1800 e fu subito accompagnato da molte polemiche: esso forniva spunti circa i legami tra letteratura e società,individuando nel 'sentimento' uno degli elementi costitutivi della dimensione sociale e considerandolo uno stimolo per un perfezionamento della stessa vita civile. Tra il 1805 e 1806 Madame de Stael compì un viaggio in Italia accompagnata da Schlegel e da Simonde de Sismondi: durante il soggiorno a Milano strinse amicizia con Vincenzo Monti. Frutto di questo viaggio fu il romanzo Corinne ou l'Italie(1807) in cui la storia d'amore tra la poetessa romana Corinee e il nobile scozzese Nelvil viene inquadrata in un lungo viaggio: un'inquieta analisi psicologica e sentimentale si alimenta del fascino che si sprigiona dall'ambiente italiano,ricco di sensibilità e di immaginazione. È un Italia 'solare' che al tempo stesso ha qualcosa di malinconico e mortale, quasi schiacciata dal suo passato. Successo ebbe anche il successivo De l'Allemagne. Più stretti furono i rapporti con l'Italia di JEAN-CHARLES-LEONARD SIMONDE DE SISMONDI(1773-1842) di famiglia di origine italiana che soggiornò a lungo in Toscana. Studioso di agricoltura e di economia, vide nell'agricoltura l'attività economica più naturale e umana, criticò le deformazioni e i pericoli di un incontrollato sviluppo capitalistico e suggerì iniziative di solidarietà sociale e modi di intervento dello Stato a favore dei lavoratori. La sua Histoire des republiques italiennes du Moyen Age (Storia delle repubbliche italiane del Medioevo) uscì in 16 volumi tra il 1807 e 1818: essa diffuse una nuova immagine della civiltà comunale italiana ed ebbe enorme importanza per le nuove concezioni del Romanticismo italiano. Al 1813 risale De la litterature du Midi de l'Europe(Sulla letteratura del Mezzogiorno d'Europa), alcuni passi del Werther di Goethe ; 4 -la poesia drammatica:nel 1786 viene rappresentato l'Aristodemo, che riprende il tema della tragedia di Carlo de' Dottori attuandone gli aspetti terribili ed eccessivi. A differenza dell'Alfieri, il Monti cerca un teatro capace di trascorrere su toni diversi, sentimenti più pacati e meno tragici. Una tematica 'storica', di origine non classica, è affrontata nel dramma Galeotto Manfredi (1788) ambientato in una quattrocentesca corte romagnola e influenzato dai modelli di Shakespeare; 5 -una poesia dai più espliciti caratteri neoclassici,che nella Musogonia poemetto in ottave sulla nascita delle Muse, esibisce una erudizione mitologica che fa trasparire le immagini del mito antico in forme fredde. L'opera più celebre di questo periodo romano resta la Bassvilliana, poemetto in terzine (dal titolo originario In morte di Ugo Bassville) di cui apparvero quattro canti nel 1793 e che rimase incompiuto. Esso prendeva spunto dall'assassinio del repubblicano francese Bassville, avvenuto a Roma nel 93 durante una missione politica, per opera della plebe aizzata dagli antirivoluzionari: pentitosi delle sue idee in punto di morte Bassville aveva avuto un funerale a spese del papa. Monti immagina che l'anima di Bassville sia accompagnata da un angelo a vedere gli orrori della rivoluzione in cui aveva creduto: e ciò gli serve per esaltare la moderazione e la pietà della politica cristiana contro l'empietà rivoluzionaria. MONTI POETA DEL CLASSICISMO BORGHESE Una volta passato al campo opposto il Monti compone inni e cantate repubblicane, fino ad un completo rovesciamento della Bassvilliana, con un inno cantato alla Scala il 21 gennaio 1799 nell'anniversario della morte di Luigi 16°. Esalta le scelte politiche di Napoleone Bonaparte con liriche e poemetti, tra cui l'incompiuto Prometeo che con toni solenni esalta la figura del mitico titano, simbolo di libertà e di sfida alle false divinità e ai limiti della condizione umana. Durante il soggiorno a Parigi fu ripresa e portata a termine una tragedia iniziata già negli anni romani, che costituisce una delle sue opere più interessanti, il Caio Gracco, rappresentato poi con successo al Teatro alla Scala di Milano del 1802. Il tema classico trova qui un diretto riferimento: Caio Gracco soccombe sotto le opposte spinte della reazione antipopolare e dei rivoluzionari estremisti, rappresenta un modello di virtù tesa ad arginare la violenza e a creare un equilibrio all'interno delle diverse classi sociali. La tragedia si conclude in una constatazione della sconfitta della virtù. La delusione per gli avvenimenti del 1799 si sente anche con maggior forza nella Mascheroniana,poema in 5 canti in terzine che presenta i colloqui nell'oltretomba tra il poeta- scienziato Lorenzo Mascheroni morto nel 1800 e altri scrittori e illuministi settecenteschi, in termini polemici contro l'estremismo rivoluzionario. All'esaltazione di Napoleone sono dedicati numerose cantate teatrale e poemetti ispirati sia ai motivi della mitologia classica sia ai modelli più vicini,come i poemi di Ossian. I migliori risultati poetici del Monti sono in realtà costituiti da alcuni traduzione in cui pote ovviare a una sua incapacità inventiva originale,appoggiandosi a testi preesistenti con elaborazione linguistica. Tra il 1798 e 99 in una fase di stacco dal suo passato papalino lavorò a La Pulcella d'Orleans, traduzione in ottave del poema satirico di Voltaire La Pucelle D'Orleans, sulle vicende di Giovanna d'Arco, il lavoro fu pubblicato postumo nel 1878 e presenta una verve comica che arricchisce lo stile troppo semplice. A parte la prova di virtuosismo costituita dalla versione delle Satire di Persio,la traduzione dell'Iliade in endecasillabi sciolti, stampata per la prima volta nel 1810 è il capolavoro del Monti: essa offre un travestimento in equilibrate forme neoclassiche. Su tutta l'opera domina il piacere di una parola lucida capace di avvolgere divinità ed eroi. Il mondo eroico è rappresentato con continui effetti trionfali; i sentimenti dei personaggi si arricchiscono di suggestioni malinconiche e di risvolti più intimi e familiari. Questo Omero in versione Monti appare costruito sulla misura dell'Italia napoleonica, tra gli echi delle guerre che allora percorrevano tutta l'Europa. Negli ultimi anni della sua esistenza il vecchio poeta sfiorò accenti di intimità familiare,come nella canzone Nel giorno onomastico della mia donna Teresa Pikler, scritta nel 1826. Tutta la sua abilità e il suo gusto di poeta neoclassico si concentrarono nella Feroniade, poemetto in tre canti in versi sciolti,iniziato già durante il periodo romano per esaltare i progetti papali di bonifica delle paludi ponti e ora ripreso. La fonte Feronia,presso Terracina, ricordata da Orazio nella quinta satira,offre lo spunto per la narrazione del mito della ninfa omonima,amata da Giove e perseguitata da Giunone: si susseguono immagini di una 'grazia' tutta esteriore,figure e situazioni di una perfezione come sospesa fuori dal tempo. Linguaggio luminoso e senza ombre. Per il Monti si tratta di una prova di continuità con se stesso e di abilità prestigiosa: è un modo di affermare una totale estraneità alla storia e al presente. Il valore di evasione della realtà che il Monti attribuiva al mito classico è evidente nel sermone Sulla mitologia,nel quale egli esprime il suo giudizio sulle polemiche tra classici e romantici. VALORE E SIGNIFICATO DELL'OPERA DI MONTI La poesia di Monti resta esteriore e formale, priva di autenticità e vitale partecipazione a quel presente in cui pure giocò un ruolo non indifferente. Egli mira soprattutto a combinare diverse forme letterarie, a tradurre in un linguaggio moderno l'eredità di una lunga tradizione: la fiducia nella letteratura non diventa mai per lui critica, ma solo ricamo trionfale su un mondo governato da forze diverse ed estranee,strumento per imporsi sulla scena sociale. Sotto molti punti di vista Monti sembra costituire l'ultimo anello di una tradizione letteraria classicistica e cortigiana abituata a identificarsi in senso positivo con i sistemi politici e con le forze al potere. Ma nello stesso tempo inaugura un modello che avrà peso in tutto il secolo 19 e in parte del 20: egli 'laicizza' la tradizione classicistica, senza modificarne la struttura; la semplifica e arricchisce rendendola fruibile per un mondo ormai mutato. Da questo punto di vista appare il creatore di un CLASSICISMO BORGHESE dai caratteri 'nazionali' che mostra una tranquilla fiducia nel progresso,pur continuando a rivestire pose e formule anticheggianti e a esprimersi in un linguaggio subile, contrario a qualsiasi diretta designazione della realtà. Con il Monti le forme e i miti classici riescono artificialmente a sopravvivere come maschere borghesi:gran parte dei moduli classicisti che si riaffacceranno nella nostra tradizione fino al 900 saranno legati alla sua eredità. IL PURISMO E LE DISCUSSIONI SULLA LINGUA Nel periodo napoleonico l'esigenza di affermare un'identità nazionale italiana si esprime anche attraverso un nuovo tentativo di definire una forma linguistica adeguata al presente e quindi attraverso una ripresa della questione della lingua. Alle prospettive classicistiche si collega il purismo, rivendicazione della purezza originaria del toscano degli scrittori del 300, soprattutto i minori, considerati come esempi di lingua naturale,spontaneamente armoniosa, non contaminata dagli artificiosi interventi successivi. Promotore e guida del purismo linguistico fu il sacerdote veronese ANTONIO CESARI(1760-1828) che tra il 1806 e 1811 promosse una riedizione del Vocabolario della Crusca con numerose 'giunte' di vocaboli attinti da scrittori trecenteschi che la Crusca aveva trascurato. In questo quadro di rivalutazione dei valori originari della lingua italiana, e con il favore del governo francese, a Firenze fu ripristinata nel 1811 l'Accademia della Crusca soppressa nel 1783. Ma il purismo più rigoroso conservava aspetti provinciali. Notevole risonanza ebbe l'insegnamento di alcuni puristi come il marchese BASILIO PUOTI(1782-1847) che aprì a Napoli nel 1825 una scuola privata. Contro il purismo prese posizione il Monti che pubblicò vari articoli in proposito sulla rivista 'Il Poligrafo' nel 1813 e 1814 e poi,insieme a un gruppo di amici letterati, tra cui il genero GIULIO PERTICARI elaborò la Proposta di alcune correzioni ed aggiunte al 'Vocabolario della Crusca', uscita in sette tomi tra il 1817 e il 1826. Il gruppo montiano difende una forma di classicismo moderno e aperto, contesta la scelta di un modello linguistico situato all'origine della storia della nostra lingua, ritiene che la lingua 'comune' d'Italia si sia elaborata nel confronto tra le diverse aree regionali e nel lungo lavoro degli scrittori che l'hanno innalzata a superiore dignità: per il suo carattere 'comune' questa lingua non può cristallizzarsi entro schemi rigidi ma deve aprirsi a forme nuove anche di origine straniera purché non contrastanti con le strutture di fondo e con il suo carattere illustre. PIETRO GIORDANI Il piacentino Pietro Giordani ha abbandonato la carriera ecclesiastica durante gli anni rivoluzionari,visse poi sempre in condizione di celibatario. Legato al regime napoleonico, ottenne nel 1808 la carica di proto segretario dell'Accademia di belle arti di Bologna,che dovette poi rilasciare nel 1815; risiedette in seguito a Milano,Firenze e fu in contatto con i più importanti scrittori del tempo. Le sue idee libere destarono sospetti nei governi della Restaurazione. I suoi numerosi scritti, pubblicati tra il 1821 e 1827 sono quasi tutti d'occasione: elogi,orazioni,discorsi accademici,brevi saggi, da cui emergono una forte adesione agli schemi di 'eloquenza' classicistica, un culto della forma preciso. Sotto la sua retorica c'è un rigore umano, permeato di spiriti illuministici, laici che si acuì negli anni della Restaurazione. Egli interpreta in senso progressista la tradizione umanistica,trovando la sua migliore espressione in vari scritti polemici,rivolti contro tutte le forme di oscurantismo, di pregiudizio. L'idea di letteratura di Giordani è opposta a quella di Monti: la letteratura è per lui ricerca di rigore, esercizio lucido di verità e di educazione civile,conseguente affermazione di una 'virtù' che deve essere insieme retorica,linguistica e umana. In funzione di questa idea egli svolse una ricca opera di mediazione intellettuale di cui sono documento importante le sue lettere. UGO FOSCOLO Egli nacque a Zante il 6 febbraio 1778, il suo nome di battesimo era Nicolò si fece chiamare Ugo solo a partire dal 1795, il padre Andrea era medico, la madre era greca, ed oltre ad Ugo avevano altri tre figli. La morte improvvisa del padre causò alla famiglia gravi difficoltà, nel 1792 la famiglia si trasferì a Venezia dove nonostante i problemi economici Ugo potette continuare gli studi e cercò di inserirsi negli ambiti mondani della città. Il suo comportamento era scontroso e aveva qualcosa di selvatico che attirava curiosità e simpatia. Riuscì a farsi ammettere nei salotti dell'aristocrazia tra cui quello di Isabella Teotochi Albrizzi, per cui nutrì amore e grazie alla quale conobbe Ippolito Pindemonte. Nel frattempo si dedicava alla lettura dei classici greci,latini e italiani e iniziava il proprio apprendistato poetico, il primo testo pubblicato, l'ode religiosa La croce,apparve sul 'Mercurio d'Italia' nel 1796. Mostrava interesse per gli illuministi. La varietà dei suoi interessi è testimoniata da un Piano di studi da lui redatto nel 1796. La discesa dei Francesi in Italia rafforzò il suo orientamento rivoluzionario e sotto l'influenza di idee giacobine si impegnò nell'attività politica. Dopo un periodo sui colli Euganei per eludere i sospetti del governo veneto,fece rappresentare nel 1797 la tragedia Trieste, piena di furore libertario, costruita sui modelli dell'Alfieri, autore da lui amato come nemico dei tiranni. Questa fece sì che si ebbero ancora più sospetti su di lui così preferì fuggire a Bologna dove si arruolò nel corpo dei cacciatori a cavallo e pubblicò l'ode Bonaparte liberatore. A maggio tornava a Venezia dove però era sospetto all'atteggiamento dei liberatori francese e si recò a Milano dove si legò ai gruppi dei giacobini italiani più attivi ed ebbe modo di conoscere Parini e il Monti, che difese dalle accuse dei rivoluzionari che gli rimproveravano di aver scritto la Bassvilliana; in quegli anni si innamorò della moglie del Monti con cui però mantenne un rapporto d'amicizia. Collaborò a varie redazioni. Al ritorno di Napoleone in Italia Foscolo restò nell'esercito con il grado di capitano aggiunto e assolse vari incarichi, ebbe un travolgente amore per Isabella Roncioni, promessa sposa a un ricco marchese; rientrato a Milano allacciò una relazione con la moglie del conte Marco Arese, per la quale scrisse l'ode Alla amica risanata. I 'comizi' di Lione del 1802 per i quali pubblicò una spregiudicata Orazione,confermavano il ruolo subalterno che all'Italia toccava nel sistemo
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