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GLI ANNI STRETTI P. BARONE riassunto, Dispense di Pedagogia

Riassunto completo del libro con elementi fondamentali e necessari.

Tipologia: Dispense

2020/2021

In vendita dal 31/07/2022

cocoiaia
cocoiaia 🇮🇹

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Scarica GLI ANNI STRETTI P. BARONE riassunto e più Dispense in PDF di Pedagogia solo su Docsity! Gli anni stretti L’adolescenza tra presente e futuro QUEL CHE RESTA DELL’ADOLESCENZA L’età dei dilemmi > quando intraprendiamo un discorso sull’adolescenza è proprio questa una delle principali rappresentazioni che viene alla mente. Il più delle volte, ormai adulti, abbiamo rimosso l’angoscia e il dolore che con intensità soggettiva ha caratterizzato il nostro percorso. Gli occhi attraverso i quali si guarda il mondo sono fondamentali > farlo con gli occhi di un ragazzo o di una ragazza adolescente, rivela tonalità e sfumature inedite e persino nascoste per gli occhi di un uomo di una donna la cui età si colloca oltre due decadi più in là. Da età dei dilemmi, l’adolescenza diviene dilemma = è una rappresentazione che vive nella cultura occidentale > accade che l’adolescenza venga guardata principalmente con occhi adulti, perdendo la possibilità di coglierne l’originalità dello sguardo. Le teorie che hanno permesso di identificare e circoscrivere l’adolescenza come problema specifico nell’arco evolutivo sono l’espressione di uno sguardo adulto centrico, essenzialmente strutturato su un principio di attribuzione che pone l’adolescente in uno stato di minorità > il rischio è quello di affidarsi a modelli di interpretazione non adeguati a cogliere le trasformazioni in atto → si scontano ancora gli effetti di una visione culturale e sociale dell’adolescenza, pensata in sensualmente come una condizione di minorità, di incapacità e di immaturità legata alla posizione evolutiva. Lo stato di minorità e la dimensione della disobbedienza rappresentano due possibili concettualizzazioni del processo storico che ha visto emergere l’adolescenza come costrutto sociale. L’adolescenza può essere definita un’entità sociale mutante = un sistema è enattivo in grado di assimilare gli elementi di modificazione dei contesti nei quali vive e variare le proprie forme in rapporto i processi di trasformazione in atto. Minorità “Stato di minorità” è un’espressione celebre utilizzato dal filosofo Kant nell’incipit di un suo scritto > Kant utilizza il termine minorità per esprimere la condizione dell’uomo incapace a servirsi del proprio intelletto = una condizione che è detta colpevole, se tale incapacità non derivi da mancanza di intelligenza MA da cattiva volontà o dalla disabitudine. La minorità seguendo la suggestione Cantiano, allude alla condizione di chi per necessità, o per la volontà di altri, si trova in una posizione di dipendenza e di limitazione della possibilità di decidere, ponendo in una situazione di subordinazione > questa posizione attiene ontologicamente all’infanzia > non è scontato che valga per l’adolescenza. Le rappresentazioni dell’adolescenza insistono su due grandi tematiche: 1. Minorità come espressione di incompletezza, di immaturità, di irrazionalità > appiattisce lo status dell’adolescente su quello del bambino 2. Minorità come espressione di una pericolosità sociale, quale naturale conseguenza dell’incapacità di controllo degli istinti e di governo di sé > è la convinzione che vi sia una predisposizione all’aggressività → Lo stato di minorità mantiene l’adolescente in una relazione di dipendenza e di indeterminatezza sociale, che accentua la sua posizione problematica = se per un verso è chiamato a cercare di agire per perseguire l’opportunità che possono emanciparlo; per l’altro verso vengono continuamente reiterate le condizioni di subordinazione che negano la possibilità di autodeterminazione > una sorta di doppio legame in cui l’adolescente è sospeso: preso tra un discorso teorico che lo colpevolizza per le responsabilità è un discorso pratico che gli fa intendere che non può fare scelte, che deve rispettare le gerarchie. L’adolescente “sdraiato” diviene un’icona attualizzata del soggetto che vive in uno stato di minorità > nell’immaginario comune persiste dunque l’idea di una minorità dell’adolescente che oggi si esprime nell’indeterminazione, nella condizione di transizione permanente, nell’incapacità di progettazione del disimpegno. L’entrata in scena dell’adolescente “disimpegnato” presuppone la scomparsa di un’altra figura = l’adolescente ribelle. Disobbedienza Insegnare ai giovani che l’obbedienza non è più una virtù, significa attribuire un valore pedagogico specifico alla dimensione della disobbedienza > implica riconoscere che ci si possa opporre a ciò che è ritenuto ingiusto MA soprattutto, implica per i giovani potersi sentire sovrani = il rischiaramento che deriva dalla volontà di servirsi del proprio intelletto, liberandosi dal giogo della subordinazione. La disobbedienza costituisce un aspetto rilevante del rapporto dato nel confronto intergenerazionale tra il mondo giovanile e il mondo adulto > il rapporto tra vecchie e nuove generazioni si è caratterizzato fin dall’antichità come un incontro/ scontro > uno scontro che ha generato modelli interpretativi, soluzioni giuridiche, rituali collettivi e pratiche educative con cui sono state governate e regolate le conflittualità intergenerazionali. Disobbedire è stata la forma di opposizione attraverso la quale hanno tentato di prendere parola in un mondo concepito attraverso criteri adultocentrici + la disobbedienza come leva per affermare il rifiuto dell’unica visione possibile della realtà > in tal senso le istituzioni correzionali e rieducative sono state gremite di bambini e adolescenti disubbidienti, qualificati spesso come soggetti incorreggibili. In questo senso, le risposte sociali che storicamente vennero attuate in Europa furono definite sempre più in senso autoritario e repressivo verso le generazioni più giovanili, nella convinzione che il rapporto tra mondo adulto, gioventù, adolescenza e infanzia non potesse che basarsi su un controllo sempre più esaustivo. È con il sopraggiungere del XX secolo che interviene una nuova sensibilità nei confronti dell’adolescenza e della gioventù in generale > si comincia a notare il ruolo attivo fondamentale dei giovani + è tra la fine del 1800 e gli inizi del 1900 che iniziano a costituirsi movimenti giovanili di ispirazione pedagogica che contribuirono a modificare la rappresentazione dei giovani. La seconda metà del Novecento segna una tappa decisiva rispetto alla questione del conflitto intergenerazionale > tra gli aspetti che vi hanno contribuito vi è stato lo sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa, che hanno permesso alle idee di circolare rapidamente e ottenere un effetto di contaminazione generalizzata. La figura del giovane ribelle conosce nella cultura underground musicale londinese la sua maggiore spinta, transita nella figura del giovane rivoluzionario finendo per affermare la necessità del conflitto come motore del cambiamento sociale. È innegabile che la trasformazione culturale abbia avuto una sponda importante nelle coraggiose spinte creative dei movimenti giovanili > è stato a partire da questi impulsi che si sono affermate le idee che vedono nel conflitto una funzione generativa è preziosa lungo il percorso evolutivo dell’adolescenza. Il valore pedagogico della disobbedienza nel rapporto intergenerazionale non è venuto meno > adombriamo il dubbio che il venir meno di una volontà di opporsi all’esistente sia il prodotto di un’assenza della scena relazionale di un adulto disponibile a rivendicare, sopportare e sostenere le legittimità di uno scontro tra differenti visioni del mondo. L’esito, quasi inevitabile, è la rappresentazione di un’adolescenza a bifronte = abulica e senza prospettiva da una parte, il razionale violenta dall’altra. È urgente rimettere al centro della riflessione pedagogica sugli adolescenti la dimensione della disobbedienza come possibilità espressiva di una propria visione della realtà > la dimensione del conflitto educativo può rappresentare un Una crisi di essere che racconta di una crisi degli orizzonti educativi = la crisi di un milieu educativo > crisi di un ambiente formativo specifico, fatto di modelli e valori sociali che oggi risultano obsoleti in quanto resi superflui dalle trasformazioni che hanno coinvolto le strutture stesse dell’esperienza di formazione nella contemporaneità > una crisi si è fatta ha messo in discussione il principio di autorità. L’anteriorità perde significato in funzione di un presente onnivoro e totalizzante = non vi è più una cultura che valga la pena di essere trasmessa > la scomparsa del valore dell’anteriorità ha comportato il progressivo indebolimento della questione del passaggio intergenerazionale. La questione del passaggio Tematizzare la questione del passaggio è interessante > Victor Turner ha prospettato una lettura del rito di passaggio come fenomeno caratterizzato in senso intergenerazionale: l’antropologo britannico sosteneva che c’era una relazione tra le pratiche iniziatica dei riti di passaggio e la risoluzione dei confini intergenerazionali > secondo Turner il rito di passaggio rappresenta una forma di dramma sociale non dissimile al dramma del teatro greco. Il rito di passaggio, come il dramma teatrale, istituisce un tempo e un uomo finzionale che permette di mettere in scena il conflitto e ricomporlo attraverso un sofisticato processo simbolico materiale > lecito del rituale implicato nel rito di passaggio sarebbe quello di garantire alla comunità una continuità storica che incorpori nella tradizione gli elementi di innovazione emergenti dalle giovani generazioni = tramite il rito di passaggio le società hanno in passato assolto il gravoso compito del ricambio generazionale attraverso la simbolizzazione. La crisi sociale contemporanea ci pone di fronte ad un mutamento che riguarda la possibilità stessa di attuare questo passaggio > l’impressione è che oggi ci troviamo di fronte all’impossibilità degli adolescenti di raccogliere il testimone in quanto non ci sono adulti che possono o vogliono passare il testimone: questa frattura corrisponde all’assenza materiale di luoghi che assumano il valore finzionale del dramma sociale = luoghi che pedagogicamente possono funzionare come dispositivi simbolici e materiali del passaggio. Gli adolescenti vivono oggi questo drammatico cambiamento, dove la funzione iniziatica è andata dissolvendosi, riducendo la questione socioculturale del transito ad un problema di carattere essenzialmente psichico di tipo privato > l’effetto sembra essere un paradosso. Le possibilità che si generino delle condizioni di rischio psicopatologico in adolescenza oggi vanno esaminate nelle mutate funzioni che il proprio contesto familiare è venuto ad assumere nel corso degli ultimi trent’anni > provare a comprendere il sistema complesso di mutazione pone la necessità di riflettere sul dispositivo familiare. La rimozione del conflitto Nella violenza espressa da taluni adolescenti c’è qualcosa che colpisce l’immaginario collettivo > le sensazioni di assurdità e di insensatezza si traducono spesso in rappresentazioni rinvianti ad una presunta inclinazione naturale dei giovani verso l’uso della violenza come forma di espressione generazionale. L’ipotesi pedagogica muove da un’interpretazione atipica rispetto alle teorizzazioni prevalenti > si ritiene che vi sia una profonda frattura tra il significato che assunto la violenza giovanile le poche passate e l’irrazionalità della violenza con cui alcuni adolescenti rispondono al diffuso disagio sociale ed esistenziale nell’epoca attuale. La tesi è che se fino allo scorso secolo l’espressione della violenza giovanile era riconducibile a una lotta per il potere ≠ oggi ci troviamo di fronte ad una violenza di cui sorprende il tratto della irrazionalità e della gratuità > un’irrazionalità che rivela un vuoto di tipo simbolico, che rimanda all’essenza di significazione di riconoscimento, derivante dalla rimozione del conflitto come necessario motore del cambiamento del passaggio del testimone tra le generazioni. I limiti dell’interpretazione della violenza in senso naturalistico L’aggressività costituisce un elemento radicato nel mondo animale e rappresenta una dimensione che accompagna la storia naturale dell’uomo. Ciò ha contribuito a considerare la violenza come l’espressione di quel tratto di animalità che corrisponde ad un residuo primitivo presente nell’essere umano > l’interpretazione di una base naturale rende comprensibile spiegabile il perdurare di fenomeni comportamentali che si oppongono al dato culturale per cui l’uomo sarebbe in grado di auto comprendersi come soggetto capace di emanciparsi dalle costrizioni dettate dal determinismo biologico. Nell’interpretazione dei fenomeni di violenza ci troviamo di fronte ad un consolidamento del principio di attribuzione naturale > in questa chiave si afferma la condizione di minorità del giovane = soggetto incapace di esercitare la razionalità e la padronanza di sé. Diversi studi sociologici e antropologici tematizzano la dimensione della violenza come un prodotto storico e culturale che ha conosciuto un lento spostamento riguardante le attribuzione di significato che delineano l’accettazione, la legittimazione di comportamenti riferibili alla manifestazione della violenza > l’approccio utilizzato da questi studi consente di demistificare la lettura che attribuisce il significato del comportamento violento degli umani uno sfondo etologico e biologico che consente di comprendere come la violenza si apprende attraverso i processi educativi e di socializzazione e dunque rappresenti una forma di espressione in cui si riproducono i meccanismi di funzionamento del potere e di regolazione della vita associata. Mos juvenum Nell’Europa medievale e rinascimentale la questione della sregolatezza delle condotte di vita dei fanciulli e dei giovani diviene oggetto di una preoccupazione nuova = le violenze di cui sono protagonisti i giovani, acquisiscono progressivamente nella percezione degli adulti l’allarme sociale verso un mos juvenum con cui se ne identifica la pericolosità. A giustificazione della necessità di realizzare modalità nuove di regolazione disciplinamento dei comportamenti si pone il concetto di mos juvenum attraverso il quale si rinnova l’idea di una inclinazione naturale alla violenza > l’attitudine alla violenza è connaturata alle età giovanili in considerazione delle condizioni selvatica in cui si esprime l’immaturità della pueritia; tale attitudine era diventata consuetudine al punto da richiedere un rigore morale basato sull’intensificazione della sorveglianza e su una condanna generalizzata dei comportamenti giovanili. La violenza come storia di un conflitto generazionale: le “bande” giovanili Diversi studiosi concordano nell’affermare che le turbolenze adolescenziali erano caratterizzate da una sostanziale ambivalenza = se da un lato stava emergendo una nuova sensibilità pedagogica e morale che imponeva un rigore nell’educazione dei giovani; dall’altro, le violenze agite dei fanciulli erano frequentemente canalizzate contro gli individui identificati dalla comunità come nemici > in tal senso le loro violenze venivano incoraggiate come forme di giustizia accidenti la giurisdizione. Un doppio registro attraverso cui si condannavano le gesta sconsiderate e degenerati dei ragazzini di strada ≠ per un altro verso tali gesta venivano frequentemente utilizzate come modalità di azione punitiva extra giudiziaria → questo doppio registro costituisce un tratto saliente del passaggio di epoca che segna la metà dello scorso millennio, e sarà in particolare il processo di controriforma a piegare in modo risoluto la questione sociale delle turbolenze e delle violenze giovanili nel quadro dei problemi di ordine pubblico. Una caratteristica che è rintracciabile nelle aree urbane dell’Europa medievale e moderna e quella dell’organizzazione dei giovani in bande di natura perlopiù territoriale > l’esistenza di bande di quartiere che si contendono la supremazia territoriale in una città, costituisce un fatto documentato. È innegabile che una certa forma di cultura giovanile trovasse espressione in confraternite o in compagnia che assumevano funzioni di organizzazione persino gerarchiche. La realtà delle bande territoriali divenne uno dei principali oggetti su cui si appuntarono le politiche di controllo sociale che caratterizzarono la questione giovanile, intravedendo in esse il rischio di una istintiva conflittualità che poteva assumere nella banda il pericolo di una sovversione in forma organizzata. Il timore di un disordine sociale che possa essere alimentato dalle torme di giovani costituisce uno dei principali argomenti a giustificare degli interventi repressivi punitivi. Il 1600 è agitato dalla necessità delle istituzioni di contrastare tutte le forme di vagabondaggio, di mendicità, di prostituzione di strada, di inoperosità che costituiscono una minaccia per l’ordine costituito > la strada diviene luogo della ribellione e deve essere presidiata e svuotata dalle presenze nocive. Se da un lato emerge l’esigenza di internare coloro i quali hanno scelto di condurre la propria esistenza in modo insensato, richiudendoli negli ospedali del grande internamento; dall’altro lato si incomincia a deportare oltre oceano i giovani maschi accusati di vagabondaggio, estendendo un provvedimento riservato a coloro che erano stati condannati per avere commesso dei crimini > è nel passaggio dell’era moderna che l’inclinazione naturale degli adolescenti e dei giovani si trasforma in un vero e proprio allarme sociale che fomenta negli adulti il timore verso una conflittualità giovanile che ha come bersaglio le proprie istituzioni = si tratta di una frattura storica che ci permette di cogliere l’incrinatura pedagogica. Il principio che è sotteso all’idea di minorità del minore è quello di una loro insufficienza e dell’inevitabilità che l’adulto esercita nei loro confronti la propria responsabilità educativa > la minorità del minore si esprime attraverso una colpevolizzazione del fanciullo rispetto alla sua incapacità di gestire un insieme disordinato e irrazionale di istinti, desideri e pulsioni = compito educativo dell’adulto è quello di regolarne il comportamento per annullarne o limitarne la pericolosità intrinseca. A questa frattura storica, seguirà una lunga stagione in cui l’adolescente sarà sottoposto a stretta vigilanza educativa e disciplinare, attraverso pratiche di assoggettamento che non risparmieranno l’utilizzo di mezzi coercitivi e violenti per ottenere l’obbedienza del giovane al cospetto del potere dell’adulto; oltre tre secoli di pedagogia nera contribuiranno significativamente a rimarcare la funzione di ribellione e di emancipazione che viene ad assumere la violenza giovanile come forma di conflitto contro l’autorità degli adulti. Il rimodellamento del soggetto adolescente entro la crisi sociale contemporanea La contestazione studentesca e le lotte dei giovani del 68 infiammarono le piazze di molti paesi occidentali > una stagione importante che abbino alle battaglie una radicale trasformazione culturale, una stagione che portò alla ribalta i giovani come interpreti della scena politica, rendendo chiaro che in quegli anni veniva a maturare una volontà di emancipazione e di liberazione dalle schematizzazioni sociali che continuavano essere riprodotte nei luoghi di vita e di formazione delle giovani generazioni. Il 68 e gli anni a seguire rappresentarono la necessità di un conflitto Inter generazionale come motore del cambiamento sociale culturale > la contestazione giovanile e metteva a nudo l’inconciliabilità di due visioni del mondo. Con il 68 abbiamo l’ultima rappresentazione di un conflitto esplicito tra le generazioni, nel quale la violenza dei giovani ha assunto valore teleologico, conteneva un significato è una finalità riconoscibili e riconosciuti > l’ultima perché le trasformazioni sociali e culturali intervenute nell’arco degli ultimi trent’anni ci chiedono di rivedere completamente la questione del conflitto intergenerazionale e della violenza giovanile. È proprio la questione del passaggio a delineare uno scenario educativo più complesso > se l’attenzione è rivolta soprattutto a comprendere le nuove caratteristiche dell’adolescenza contemporanea, non meno rilevante è la posizione che riveste l’adulto sulla scena. L’evaporazione del padre costituisce un aspetto centrale nelle riflessioni che mettono l’accento sulle trasformazioni interne > tali mutamenti toccano l’esercizio dei ruoli, le dinamiche affettive ed emotive, le gerarchie e gli assetti del sistema familiare. In pratica, gli stili di vita e di consumo, le modalità comunicative relazionali, le forme simboliche e le attribuzioni di significato circolanti nei nuclei familiari si caratterizzano per una indistinzione e commistione tra gli adulti e i ragazzi. Per il filosofo e psicanalista Miguel Benasayag, la post modernità ci pone di fronte alla formattazione del conflitto = rimozione di quella molteplicità conflittuale che costituisce una condizione esistenziale peculiare della soggettività in funzione dell’identificazione dell’individuo con una serie di ruoli normalizzanti > la rimozione del conflitto sottrae all’adolescente il terreno di esercizio sul quale sperimentare l’alterità (contrario identità) dell’adulto come necessario polo dialettico del proprio divenire. Non vi è più nulla da rivendicare, nulla più da desiderare perché non vi è possibilità di sperimentare il conflitto, perché non vi è più nessuno contro cui lottare > alla formattazione del conflitto corrisponde la formattazione del soggetto come uomo senza qualità. Accade così che la violenza diviene irrazionale, Uno degli aspetti più convincenti della tesi proposta, riguarda il concetto di transizione discontinua a cui è sottoposto il sistema adolescente > il punto di catastrofe = il momento in cui si determina un salto nell’equilibrio del sistema e la trasformazione accade in modo repentino, determinando un cambiamento di stato, definisce l’inevitabilità della mutazione acqua è sottoposto il sistema. L’ipotesi di interpretazione del passaggio di stato a cui è strutturalmente vincolato il sistema adolescente sembra congruente con la proposta di un analogo modello basato sulla descrizione di un sistema ordinato su quattro dimensioni strutturali in rapporto alle quali è possibile descrivere gli elementi transitori che contraddistinguono i processi di mutamento = quadrante > nella rappresentazione di quel diagramma si è cercato di mostrare come i mutamenti di sistema possono essere studiati a partire dagli accoppiamenti strutturali delle quattro dimensioni evidenziate. Da questo punto di vista, il modello sistemico enattivo di Varela, condivide un importante elemento teorico con il modello catastrofico di Thom > la questione centrale consiste nella descrizione della discontinuità che si determina fino al verificarsi di un cambiamento che comporta una trasformazione del sistema stesso → nella spiegazione di Varela rintracciamo un analogo principio di discontinuità che viene espresso attraverso l’uso del termine breakdown. La riconfigurazione del sistema cognitivo del soggetto percipiente avviene propriamente attraverso l’esperienza di breakdown che consente la riorganizzazione percettiva nell’incessante flusso dei micromondi nei quali il soggetto è immerso. Il modello catastrofico ci sembra consente di evidenziare efficacemente le forme specifiche del fare esperienza consentendo di evidenziare al contempo le proprietà emergenti delle situazioni esperienziali e gli aspetti di discontinuità che contribuiscono a variare l’equilibrio precedente, determinando un’instabilità che muove verso il punto di catastrofe e che attivano i processi di ristrutturazione e di riorganizzazione del sistema. VECCHI SCENARI E NUOVE MUTAZIONI Nel cono d’ombra della crisi sociale della società contemporanea è possibile cogliere i contorni di una figura in cui si potrebbero riconoscere i tratti peculiari di una soggettività adolescenziale emergente dalle radicali trasformazioni dell’epoca attuale > si tratta, quindi, di volgere lo sguardo alle forme che può assumere l’esperienza esistenziale il rapporto le mutazioni dei contesti in cui si determina materialmente la vita dell’adolescente contemporaneo. Porre attenzione al tempo, allo spazio, ai corpi, al loro reciproco intrecciarsi e al loro divenire nelle trasformazioni produce esiti che ricadono nell’interpretazione dei fenomeni educativi dell’epoca contemporanea > sullo sfondo dei mutamenti dei dispositivi esperienziali rintracciamo delle alterazioni che toccano e modificano il legame con quelle dimensioni strutturali. Adolescenze nella famiglia Il più evidente mutamento riguarda la funzione del sistema familiare nel processo evolutivo adolescenziale > i principali autori del 900 concordano nell’indicare come tale funzione psichica si esplica asse nella dialettica esistente tra bisogno di appartenenza e necessità di separazione, questa funzione, oggi, risulta essere stravolta. Le ragioni di questa trasformazione non sono imputabili solamente a fattori di carattere socioeconomico > da più parti, le interpretazioni di questi fenomeni insistono sulle metamorfosi che riguardano i cambiamenti interni al contesto familiare → viene a delinearsi un quadro educativo dove i compiti di sviluppo adolescenziale appaiono messi in discussione. Il compito della separazione si esprimeva attraverso una duplice richiesta al contesto familiare: ▪ La prima di carattere psichico ed emozionale, capacità di elaborare e accettare la necessità della separazione del figlio del proprio nucleo ▪ La seconda di carattere pedagogico e affettivo, di saper accompagnare supportare il figlio adolescente nel faticoso processo trasformativo della transizione → In tutto questo, il sistema familiare è a sua volta implicato in un processo che richiede la ristrutturazione dei propri assetti e delle proprie funzioni > nel processo trasformativo vi è un globale cambiamento che tocca nel complesso l’intero sistema = cambiamento catastrofico. Nell’esperienza odierna, quella tensione appare meno intensa; la liminalità tipica della fase adolescenziale non si presenta con la stessa intensità e la spinta emancipati Iva risulta debole > a rendere meno urgente la necessità formative psicologica di separazione e di autonomia, concorrono in oltre le condizioni più complessive che caratterizzano l’epoca contemporanea- esempio: difficoltà ad entrare nel mondo del lavoro e i conseguenti problemi economici → il sistema familiare è così esposto al compito di accompagnare ad una separazione che non si può realizzare. È altrettanto evidente che le variabili sociali e culturali intervenuti nella struttura familiare amplificano gli effetti di questa tendenza economica e storica > in tal senso sono numerose le suggestioni teoriche che vanno sottolineando una sorta di indifferenziazione generazionale all’interno della famiglia. In coincidenza con la ridefinizione dei ruoli i recenti studi sulla famiglia evidenziano l’importanza che è venuta ad assumere la scomparsa di una funzione autoritaria > il superamento dell’autoritarismo si è tradotto in un assetto familiare più improntato alla ricerca di vicinanza e intimità. Le ragioni di tale avvicinamento sono da ricercare unicamente nelle trasformazioni sociali che hanno investito i ruoli e le funzioni tradizionali dei genitori → se il modello di famiglia borghese rappresenta l’ideologia più diffusa nei paesi a capitalismo avanzato ≠ da almeno 34 decadi è in atto un cambiamento culturale sociale che mette in discussione tale prevalenza – esempio: costante crescita del numero delle famiglie ricomposte allargate + unioni omosessuali… Tuttavia, risulta assai rilevante prendere in considerazione il processo culturale che in questi anni ha prodotto una sostanziale rideterminazione dell’immagine e del ruolo dell’adulto > l’auto comprensione del genitore moderno sembra caratterizzarsi in un profilo di riflessività e di incertezza che mette in discussione i due valori: 1. IMMAGINI DI ADULTITÀ > come età della compiutezza e della piena maturità 2. RUOLO NORMATIVO E AUTORITARIO > dell’adulto stesso nei confronti dei figli minori → L’affievolirsi di un’identità adulta strutturata sul modello della compiutezza e sul ruolo dell’autorità, ha legittimato l’affermarsi di relazioni intrafamiliari, genitore-figlio, caratterizzate dalla ricerca di approvazione reciproca – esempio: nelle famiglie adolescenti verrebbe a mancare l’apporto di un motore psicosociale determinante quale il conflitto > sappiamo bene che il conflitto con i genitori viene indicato come un elemento chiave per comprendere le dinamiche sottese ai processi di separazione e di autonomia a cui è chiamato il soggetto nell’attraversamento di questa fase esistenziale. Tuttavia, ciò che risultava ben consolidato appare oggi suscettibile – “non sono più soltanto i figli ad aver bisogno della legittimazione dei genitori, ma sono anche i genitori che hanno bisogno delle conferme dei figli” = un rovesciamento che sortisce effetti significativi anche nelle possibili forme di espressione del disagio adolescenziale all’interno del contesto della famiglia. È proprio il rischio legato alla difficoltà di elaborare il processo di separazione-individuazione dell’adolescente a costituire la questione più seria nello sviluppo di interazioni patologiche all’interno del nucleo familiare. Tuttavia, la difficoltà nell’elaborazione del processo di separazione e di individuazione può essere letta anche come un’espressione dell’attuale fragilità adolescenziale nella possibilità di autocomprendersi come soggetti socialmente autonomi e indipendenti > il valore della famiglia per i millennials risulta essere nelle primissime posizioni, unitamente ad altri valori attribuiti dai ricercatori alla sfera della socialità ristretta. L’importanza valoriale della famiglia appare legata anche alla paura di distaccarsene, e al timore di affrontare le richieste della società contemporanea; paure alimentate dal quadro di crisi sociale e che sottolineano la necessità per i genitori stessi di rimodulare il proprio ruolo di sostegno nel processo emancipati vivo dei figli adolescenti > un ruolo che sempre più si caratterizza per una competenza di ascolto e di tenuta che sappia contenere le inevitabili oscillazioni che segnano l’intensità e l’importanza della transizione adolescenziale. I mutamenti in seno al contesto della famiglia si riflettono inevitabilmente sono ulteriore contesto che fa da sfondo al fare esperienza di adolescenza = la scuola. Adolescenze nella scuola Nei fatti, la forma scuola mantiene sostanzialmente inalterate le strutture portanti > le operazioni di maquillage organizzativo non hanno effetti significativi sull’armatura del dispositivo scolastico = un dispositivo che riproduce le condizioni di un’esperienza di formazione e di apprendimento di tipo normalizzante. Una forma scuola che genera un ideale di studente molto astratto e lontano dall’esperienza scolastica concretamente vissuta dagli adolescenti contemporanei. La grande rimozione, nelle riflessioni sulla scuola continua ad essere proprio la dimensione affettiva ≠ un aspetto che non sfugge alla letteratura scientifica di ordine psicosociologico > i mutamenti adolescenziali hanno una rilevanza nelle condizioni di praticabilità di una soddisfacente vita scolastica. L’impatto prodotto dalle richieste di cambiamento imposte dalla scuola assume in tal senso grande importanza nella valutazione dei rischi evolutivi > il passaggio dal grado di istruzione infantile al grado superiore richiede una ristrutturazione importante sul piano delle relazioni e delle responsabilità affettive e cognitive → tutto questo si inserisce nella fase generale del processo metamorfico che impegna l’adolescente nella sua maturazione. La fatica del cambiamento passa dalla difficoltà di ripensare le condizioni strutturali che presiedono la qualità dell’esperienza degli insegnanti e degli allievi > il tempo e lo spazio dell’apprendimento sono ancora concepiti nella forma più tipicamente disciplinare. Nonostante gli ultimi due decenni abbiano visto svilupparsi diversi progetti che hanno aggredito in modo diretto la questione della struttura dell’esperienza scolastica, la forma didattica della lezione frontale è ancora la modalità più adottate più diffusa. Una riflessione sulla scuola come contesto di esperienza fondamentale non può eludere la questione della qualità dell’esperienza scolastica a partire da una messa in discussione della sua forma complessiva > non si può evitare di vedere come il contesto scolastico si è aggrappato a due principi che storicamente ne segnano la funzione sociale: 1. ISTANZA NORMALIZZATRICE > produce effetti di assoggettamento 2. PRINCIPIO DELLA PRESTAZIONE INTELLETTUALE > come selettore che permette di fissare i criteri di differenziazione e di stigmatizzazione sociale. Tale funzionamento si realizza a discapito delle dimensioni affettive, psico-sociali e dell’espressività corporea Tuttavia, l’esperienza scolastica pone sempre in essere la sua ambivalente duplicità > se da una parte agisce una necessità di conformazione del soggetto, egualmente appare attraversata da un’istanza emancipatrice volta a promuovere l’autonomia individuale. L’apprendimento è sempre il frutto dei due svolgimenti opposti MA complementari, di due disposizioni riferibili al processo: ▪ APPRENDITIVO > attraverso la prima disposizione il soggetto apprende dagli insegnamenti derivanti dalle esperienze quotidiane in senso ai propri contesti di vita ▪ CREATIVO > attraverso la seconda disposizione attinge alla sua capacità espressiva per cercare di oltrepassare i vincoli culturali nei quali è immesso riflesso il nostro stesso fare esperienza è intrecciato alle riconfigurazione in cui siamo costretti dalle forme architettoniche e urbanistiche sul cui sfondo si articolano i flussi di vita quotidiana > appare inevitabile cogliere nelle modalità specifiche con le quali gli adolescenti attraversano gli spazi territoriali della città e ne abitano i tempi, un effetto di quel dispositivo complesso che contribuisce alla produzione di una soggettività per il consumo. A questi mutamenti corrispondono le variazioni delle forme di identificazione con la comunità territoriale. È innegabile che la fruizione del territorio urbano da parte delle nuove generazioni si differenzia dalle modalità descritte dagli studi sociologici per almeno due caratteristiche sostanziali: 1. La prima relativa al legame e il senso di appartenenza ad un territorio 2. La seconda è relativa alla stanzialità e l’identificazione forte da parte del gruppo ad uno spazio-luogo Siamo di fronte ad una trasformazione che pian piano sembra sgretolare il mito del gruppo della banda giovanile identificata attraverso le coordinate di un territorio o di uno spazio luogo da cui deriva persino l’attributo nominale del gruppo > quel mito occidentale risulta inadeguato per comprendere le specifiche dinamiche che segnano il rapporto dei gruppi di adolescenti con i luoghi territoriali. Le traiettorie adolescenziali oggi sembrano portare verso fenomeni di transitorietà e di dispersione, di attraversamenti che generano costantemente movimenti e flussi > a parziale conferma di questa tendenza, vi è la crisi di partecipazione in cui versano alcuni storici luoghi educativi di aggregazione e di animazione territoriali i quali costituiscono dei discreti poli di attrazione per le fasce dell’infanzia e della pre adolescenza MA che faticosamente riescono a coinvolgere in percorsi educativi la fascia adolescenziale. Il problema è da interpretare come uno dei fenomeni tendenziali che evidenziano la profonda trasformazione materiale e sociale, che coinvolge la struttura stessa delle città e dei territori. Le modalità di fruizione dei luoghi educativi nel territorio urbano risultano connotate da una sorta di nomadismo metropolitano in cui si esprime un bisogno di movimento continuo > le aggregazioni delineano modalità fluide di appartenenza e di identificazione. Le traiettorie di cui sono protagonisti i ragazzi di questo inizio di millennio, risultano somigliare legami di rete dei network sociali > le aggregazioni si sviluppano sulla base di emergenza attrattive del territorio. Sempre più l’esperienza nel gruppo dei pari tratteggiata dagli studi psicosociali risulta non essere più rappresentativa di un tratto tipico adolescenziale > l’esperienza del gruppo si distingue per una rarefazione delle relazioni in presenza, in favore di nuclei ristretti di amicizie + è molto più evidente la tendenza di tali nuclei amicali ad includere soggetti di entrambi sessi. Forme di esperienza rese possibili da un tessuto urbano ridisegnato definiscono un rapporto problematico con i luoghi della città > l’indebolimento dei processi di identificazione e di appartenenza dei soggetti a luoghi significativi produce effetti di fragilità relazionali e di solitudini sociali violente, intensificate e aggravate dal generale contesto di crisi. La riduzione dei legami sociali si riflette sull’esperienza delle relazioni amicali in adolescenza = appare enfatizzata dallo sviluppo di forme di comunicazione virtuali a distanza > l’esclusione, la paura di non farcela, la paura del giudizio sono tratti distintivi di una sofferenza adolescenziale che nell’ultimo decennio si è acuito considerevolmente. Il contesto territoriale urbano mette in crisi l’idea stessa di luogo come contesto dell’abitare: il venir meno del valore materiale simbolico dei luoghi che svolgevano la funzione pedagogica di tessitura relazionale; la proliferazione di spazi sempre più connotati da una debolezza simbolica, sono gli elementi che disegnano lo sfondo della precarietà relazionale e della fragilità esistenziale degli adolescenti. Adolescenza nel web Di tutte le importanti trasformazioni dei contesti che hanno segnato il modo di fare esperienza degli adolescenti, la rivoluzione digitale costituisce la più rilevante > la nascita del web, unitamente allo sviluppo di nuove tecnologie di comunicazione hanno stravolto gli stili di vita. Il dibattimento corrente attorno a ruolo e l’impatto sociale che hanno assunto le nuove tecnologie si è attestato su due interpretazioni prevalenti: 1. Da una parte vi è chi sostiene che le tecnologie hanno assunto sempre più una funzione deterministica rispetto ai cambiamenti sociali e culturali 2. Dall’altra parte vi è chi reputa necessario leggere l’impatto sociale delle nuove tecnologie attribuendo alla rivoluzione digitale una valenza indubbiamente rilevante MA non assoluta → è incontestabile l’impatto sociale assunto in questi ultimi anni dallo sviluppo tecnologico + è incontestabile che la tecnologia siano in stretto rapporto con la cultura e l’identità > le nuove tecnologie già occupano infatti una posizione rilevante e costituiscono autentici mediatori esperienziali. È un mondo nuovo quello nel quale oggi gli adolescenti sono immersi = un ambiente carico di stimoli che provengono dal mondo della comunicazione dei media e che offrono la possibilità di vivere esperienze e sperimentare pratiche > le grandi trasformazioni generano da un lato tutta una serie di offerte di nuovi modelli di intrattenimento, dall’altro aprono su nuove modalità di apprendimento e di socializzazione – esempio: è interessante analizzare il cambiamento di segno che viene a determinarsi tra la fruizione del mezzo televisivo tradizionale e l’accesso, attraverso la rete, a tutta una gamma di contenuti → se noto come l’unidirezionalità della comunicazione televisiva ponga costantemente lo spettatore nella posizione di utente passivo, è sufficientemente chiaro l’effetto di s-posizionamento a cui rinvia la diffusione delle tecnologie digitali ed Internet, nel rideterminare il soggetto in posizione di agente comunicativo. Oggi stare nel mondo significa stare anche in luoghi nuovi e impensabili prima ed è in questi luoghi che l’adolescente vive una parte della sua esistenza, partecipa alla costruzione di saperi e di esperienze > l’adolescente contemporaneo: ▪ Scrive di sé, si racconta > lo fa attraverso messaggi su vari micro-blogger e lo fa anche attraverso veri e propri diari online riproposti sotto forma di blog ▪ Si presenta sulla piazza di Facebook e gioca con la propria identità ▪ Acceda YouTube e costruisce palinsesti televisivi → Nel vastissimo arcipelago della rete telematica si consumano esperienze, si costruiscono relazioni e l’adolescente sempre rimanere un po’ lo stesso di sempre. È vero però che l’adolescenza oggi si è notevolmente ridefinita da un punto di vista della propria esperienza percettiva > ha incontrato ed imparato ad operare con meccanismi complessi di interattività che allargano enormemente la possibilità di diversificare l’esperienza e di intervenire sui contenuti erogati. Anche i luoghi delle relazioni sociali si sono diversamente dislocati = l’immediatezza della comunicazione interpersonale a distanza consente di mantenere sempre aperto un canale di comunicazione con l’altro > storia del mondo adolescenziale è un navigare per un territorio nel quale sovvertito l’ordine sequenziale che siamo abituati a seguire. Indiscutibilmente le nuove tecnologie di comunicazione delineano nuove modalità nel rapporto con il tempo e con lo spazio ridefinendone ampiamente l’esperienza. La rete è espressione simbolica e materiale al contempo delle modalità relazionali dell’uomo postmoderno e le nuove generazioni sono ampiamente implicate nelle forme specifiche con cui vengono risignificati concetti spaziotemporali; l’esperienza sociale contemporanea e sempre più descrivibile attraverso concetti che esprimono il generale indebolimento della soggettività moderna occidentale > per gli adolescenti dell’inizio di III millennio le tecnologie mobili costituiscono dei veri e propri dispositivi di costruzione identitaria. In questo senso la rilevanza che hanno assunto nell’ultima decade i social network per le generazioni di adolescenti e testimonianze di un processo di progressiva penetrazione delle potenzialità offerte dai dispositivi tecnologici > tali potenzialità sono messe al servizio delle logiche specifiche che orientano il processo di costruzione identitario e costituiscono un insieme che favorisce la produzione massiva. Un primo tema di rilevanza pedagogica concerne il fatto che le nuove tecnologie di comunicazione rendono possibile la creazione di luoghi virtuali dove poter condividere esperienze tra pari > i coetanei costituiscono una sponda ideale per confrontarsi e misurarsi, per confrontare e misurare, i propri pensieri, le proprie idee, le proprie conoscenze, i propri ideali, le proprie visioni del mondo. Le tecnologie mobili offrono un contesto di condivisione e scambio comunicativo che risponde eccezionalmente a tale bisogno, semplificando notevolmente i rituali di interazione sociale richiesti dal processo di socializzazione di un gruppo di pari in presenza > esse, però, non preserva non gli individui da meccanismi di esclusione e di isolamento che possono generare enormi rischi di patologie zar azione in soggetti portatori di un disagio psicologico latente. Il tema dell’inclusione e dell’appartenenza assume nel contesto della rete sociale e tecnologica un valore specifico > il ruolo tra inclusione esclusione all’interno di un gruppo costituisce una delle lotte che gli adolescenti devono sostenere per diventare grandi = lotta simbolica tra la paura di restare soli e il desiderio di appartenere al gruppo di coetanei, non è superato dall’esistenza dei social network > potenzialmente questi contesti possono riprodurre analoghi meccanismi di inclusione esclusione, del tutto simili a quelli che avvenivano avvengono tra gruppi in presenza. La differenza che può determinare il meccanismo dentro fuori dal gruppo e network, è però ancora più significativa: qui la visibilità del gioco di isolamento, marginalizzazione, esclusione è assolutamente elevata > gli effetti collaterali di questi meccanismi possono essere più incisivi sul piano dell’auto percezione di sé proprio perché esiste la possibilità che la squalificazione diventi virale. Il tema della visibilità è ulteriormente da esplorare > possiamo parlare di un desiderio di visibilità che riguarda in generale le esperienze esistenziali dell’uomo, per un verso, nel piacere narcisistico dell’esibizione, per l’altro verso nel piacere derivante dal guardare. Con il diffondersi dei social network sembra crescere a dismisura il bisogno di visibilità degli adolescenti > una lettura possibile è che questa necessità derivi dalla fragilità percettiva e dalla sensazione fisiologica di inconsistenza che si verifica in adolescenza = ho riscontro del mio esser-ci attraverso le “reazioni” di chi mi vede + più visualizzazioni ottengono, più valgo socialmente, più senso di esistere per il mondo. Tale meccanismo contribuisce ad alimentare l’immagine artificiale > la rappresentazione di sé è molto spesso un artefatto che non parla autenticamente del soggetto che si va mettendo in mostra. Lo scarto tra l’io e il se dell’adolescente, nella traslazione iconica dell’identità in rete, risulta pronunciata. Il contesto della rete può rappresentare l’ambito in cui coltivare un falso sé, senza dover necessariamente passare attraverso il confronto reale che potrebbe portare allo scoperto il disagio e le difficoltà legate al proprio processo di crescita. Senza dubbio il contesto della rete alimenta una tendenza a rappresentare le proprie sofferenze attraverso immagini di impatto che possono colpire un osservatore > si osserva così, con sempre più frequenza, l’utilizzo della rete per gridare la propria disperazione. L’esistenza di un profondo disagio esistenziale tra gli adolescenti non rivela nuovi contenuti rispetto alle angosce che caratterizzano le difficoltà emotive, affettive e cognitive del processo di crescita MA trova nel contesto della rete uno straordinario amplificatore che può favorire lo scivolamento verso comportamenti problematici di attacco al proprio corpo e in generale la propria esistenza > l’esistenza di tali possibilità rende urgente una problematizzazione seria. TERRITORIO E SERVIZI EDUCATIVI PER L’ADOLESCENZA Dall’animazione sociale e territoriale ai servizi educativi per adolescenti L’animazione sociale ha rappresentato per diverso tempo la principale forma di intervento con cui in Europa sono state realizzate le politiche sociali rivolte alla popolazione giovanile > ciò è dovuto alle molteplici dimensioni che caratterizzano l’animazione in quanto attività orientata alla promozione dei soggetti e alla loro valorizzazione sociale, dimensioni che tengono insieme più livelli. Il metodo dell’animazione può essere descritto come quell’insieme organizzato e progettuale costruito di azioni che mira ad accrescere la vitalità, l’espressione delle persone, attraverso una serie di interventi di carattere espressivo, culturale, ludico, ricreativo, in una logica di crescente coinvolgimento > nel contesto italiano, è imprescindibile riferirsi Gli informagiovani e i centri per l’orientamento In Italia il servizio comincia a svilupparsi nella seconda metà degli anni 80. Le funzioni prevalenti sono relative all’accoglienza di adolescenti e giovani per mettere a disposizione banche dati, documentazione, bacheche, guide e manuali utili per reperire informazioni, notizie, suggerimenti in una vasta gamma di tematiche di interesse per queste fasce di utenti > un’altra importante funzione che può essere svolta dal servizio informagiovani è quella di riuscire ad attivare una rete di rapporti e di canali utili a consentire comunicazioni e relazioni con altri enti in realtà aggregative presenti nel contesto territoriale. Dal punto di vista pedagogico, un importante finalità educativa del servizio relativo alla promozione dei processi di autonomia e di indipendenza. I servizi per la prevenzione del disagio e della devianza adolescenziale Appartengono a quest’area di intervento e servizi educativi le cui finalità sono definite nel contrastare l’assunzione di comportamenti a rischio che possano nel tempo trasmutarsi in condotte devianti > si tratta in prevalenza di progetti che sono rivolti a gruppi informali con i quali intraprendere un percorso di valorizzazione delle risorse presenti sui territori nell’ottica di promuovere azioni di protagonismo e di partecipazione alla vita di comunità. L’educativa di strada Il lavoro di strada costituisce una delle forme più antiche e più attuali tra gli interventi educativi rivolti alla fascia degli adolescenti e dei giovani > il servizio dell’educativa di strada risponde ad una duplice necessità: ▪ Da un lato esercita una forma di controllo sociale del territorio rispetto alle aggregazioni spontanee degli adolescenti e dei giovani che possono adottare modalità e stili comportamentali dannosi per la comunità ▪ Dall’altro potenzia le risorse territoriali grazie ad un’azione di messa in rete, di apertura, di progettazione del territorio dal basso che genera uno scambio Intergenerazionale reciprocamente formativo in seno alla comunità territoriale. L’intervento complessivo dell’educativa di strada si compone di cinque fasi fondamentali: 1. MAPPATURA → gli educatori definiscono il territorio di intervento e ne ricostituiscono, da un lato le risorse esistenti e gli aspetti favorevoli a sviluppare percorsi significativi con i gruppi, dall’altro, la presenza delle aggregazioni informali 2. AGGANCIO → con il quale la coppia degli educatori sceglie di avvicinarsi alle aggregazioni informali e prendere contatto con uno dei gruppi presenti in quel territorio > fase tra le più delicate e richiede grande accortezza, poiché ne discende la possibilità concreta di poter proseguire nel lavoro 3. CONSOLIDAMENTO DELLA RELAZIONE → consente di approfondire la conoscenza del gruppo, di ascoltarne i bisogni, di aiutare il confronto > si tratta di una fase caratterizzata dalla capacità di sostare e di darsi tempo da parte degli educatori affinché possano maturare le condizioni del gruppo degli adolescenti per assumere un maggiore protagonismo partecipativo rispetto al tessuto sociale del territorio nel quale vivono 4. PROGETTUALITÀ → per mezzo del quale portare i ragazzi ad elaborare il loro potenziale positivo rispetto al contesto territoriale, riconoscendosi come portatori di istanze legittime e costruttive > qui la posizione dell’educatore assume una funzione prevalentemente di facilitazione rispetto all’attivazione dei canali e delle risorse necessarie per condurre in porto i progetti 5. CONGEDARE → l’attraversamento di un tale percorso può protrarsi anche per qualche anno, richiede di tematizzare e realizzare il distacco > suggella il raggiungimento dell’obiettivo dell’autonomia. Centri diurni e servizi educativi di gruppo I servizi educativi di gruppo – esempio: centri diurni, rispondono a specifici bisogni educativi di soggetti nei confronti dei quali sono state attivate risorse da parte dei servizi sociali territoriali, spesso indicati dalla scuola, derivanti da percorsi familiari difficoltosi e per i quali non si ritiene funzionale un intervento di assistenza domiciliare > non è superfluo ritenere che i centri diurni rispondono in parte anche a questioni di tutela minori. Più in generale questo tipo di servizio offre uno spazio di incontro nel quale gli educatori aiutano i ragazzi a elaborare le fatiche relazionali dello stare in un contesto gruppale regolato da adulti. Le attività sono programmate dall’équipe educativa sulla base delle caratteristiche dell’utenza effettiva che in determinati casi frequenta il centro diurno e hanno un carattere perlopiù strutturato lasciando alle attività spontanee un tempo residuale > ulteriore ambito di lavoro è relativo alle difficoltà scolastiche, per cui tra le attività programmate è sempre previsto uno specifico spazio compiti. Tra le finalità progettuali del servizio vi sono: ▪ La prevenzione degli abbandoni scolastici ▪ Il supporto dei minori e delle famiglie ▪ La prevenzione del disagio psichico dei preadolescenti ▪ La prevenzione delle condotte a rischio di devianza Servizi educativi nell’ambito della giustizia minorile e della tutela minori Sono riconducibili all’area dei servizi che predispongono azioni rivolti a preadolescenti e adolescenti nell’ambito della tutela minorile, quelle realtà educative che svolgono una funzione educativa in rapporto ai servizi sociali, ai servizi della giustizia minorile, il tribunale dei minori e le famiglie dei soggetti con percorsi a forte rischio sociale o addirittura con esiti di reato penale > la tipologia di questi servizi appare piuttosto eterogenea, comprendendo sia realtà istituzionali sia servizi territoriali di accompagnamento educativo alla messa alla prova; sia servizi a carattere residenziale o semi residenziale. I servizi educativi per gli adolescenti autori di reato: i CPA, gli USSM e gli spazi per il reinserimento sociale e lavorativo (Servizi Lavorativi Educativi) Con l’entrata in vigore della procedura penale minorile sono state poste le condizioni per la nascita dei servizi educativi, con laterali all’istituto penale, attraverso cui farsi carico dei minorenni autori di reato > la peculiarità di questi servizi è data dalla centralità che assume il percorso di crescita dell’adolescente così che possono essere attivate tutte le risorse utili a limitare i danni psicologici e sociali dell’incarcerazione. In tal senso, i centri di prima accoglienza rispondono alla necessità di evitare al minore di dover necessariamente transitare dall’istituto penale prima della decisione del magistrato in relazione all’udienza di convalida. La denuncia a cui segue il fermo del minore avvia in ogni caso l’attività dell’USSM che interviene per fornire assistenza, raccogliere elementi conoscitivi sulla personalità del minore e delineare concrete ipotesi progettuali di carattere educativo che possono incidere anche sulle decisioni dell’autorità giudiziaria. Tali uffici si attivano dal momento in cui, a seguito di denuncia, un minore entra nel circuito penale e accompagna il ragazzo in tutto il suo percorso penale, dall’inizio fino alla fine: I. Avviene l’intervento in tempo reale per il minore in stato di arresto e di fermo II. Seguono il progetto educativo del minore in misura cautelare non detentiva III. Gestiscono la misura della sospensione del processo e della messa alla prova IV. Svolgono attività di sostegno e controllo nella fase di attuazione delle misure cautelari Rispetto ai servizi per il reinserimento sociale e lavorativo gli adolescenti e giovani adulti che hanno intrapreso un percorso nel penale si annoverano molteplici spazi di intervento che fanno riferimento prevalentemente i soggetti del terzo settore > sono perlopiù le cooperative del privato sociale, le fondazioni e le associazioni ONLUS. Si tratta perlopiù di servizi che operano a stretto contatto con realtà aziendali con cui hanno intessuto una rete di rapporti significativi e funzionali per la realizzazione di percorsi di tirocinio lavorativo e stage che possono preludere ad un effettivo inserimento professionale dei ragazzi. Tra i servizi educativi che operano nel campo del penale minorile vanno menzionate le comunità educative > sono infine da menzionare una tipologia di servizi educativi territoriali, che operano direttamente per il suo mandato dei servizi sociali dei comuni, le cui azioni sono volte all’accompagnamento educativo degli adolescenti con denuncia a piede libero, in attesa di giudizio, nella definizione di progetti individualizzati finalizzati alla messa alla prova > i percorsi realizzati all’interno di tali servizi sono funzionali alla realizzazione di interventi rieducativi. Le comunità educative, i gruppi appartamento e l’educativa domiciliare Nell’area della tutela minori emerge, tra i servizi più importanti il ruolo della comunità educativa > negli ultimi anni è andata emergendo una richiesta sempre maggiore di inserimento nelle strutture residenziali di adolescenti con percorsi esistenziali sofferenti per i quali si ritiene indispensabile un distacco dall’ambiente nel quale il ragazzo è fino a quel momento vissuto. Il lavoro di comunità è caratterizzato da due macro-obiettivi: 1. Offrire un contesto relazionale adeguato in cui gli adolescenti possono fare esperienza di sé in confronto a figure adulte equilibrate 2. Favorire processi di costruzione delle autonomie necessarie in ottica futura, attraverso il potenziamento dei fattori individuali di promozione dell’indipendenza e dell’uscita dalla comunità → Tali finalità sono legate ai percorsi di questa particolare fascia di utenza > la specificità pedagogica di questo servizio è senza dubbio definita dalla dimensione della residenzialità, attraverso cui è possibile lavorare sugli aspetti esistenziali e relazionali emergenti dalla vita quotidiana in comune. Rivestono un grande interesse e cura tipologia di servizi semi residenziali che offrono agli adolescenti uno spazio extra familiare nel quale vengono sostenuti per una parte del loro percorso di crescita > la forma di questi servizi educativi è in prevalenza a quello del cosiddetto gruppo appartamento e tiene insieme alcuni aspetti del lavoro delle comunità educative. Si tratta di uno spazio di lavoro educativo intermedio che si colloca in un’area particolare di intervento tra le comunità educative e l’educativa domiciliare > tra le finalità di questo servizio vi sono il consolidamento di competenze sociali e affettive di tipo relazionale sui cui gli adolescenti risultano fragili e il supporto al nucleo genitoriale con il quale costruire percorsi di consapevolezza sulle dimensioni di cura e di crescita dei propri figli. Tra gli obiettivi vi è il pieno reinserimento del ragazzo nel contesto familiare di appartenenza. In ultimo tra i servizi che operano nell’area della tutela minori, educativa domiciliare > questo servizio si rivolge soprattutto alla fascia della seconda infanzia e della preadolescenza e costituisce una risposta messa in campo dei servizi sociali nelle situazioni di difficoltà familiari note = un disagio che può riguardare tanto l’area cognitiva quanto l’aria affettiva e può rappresentare un indicatore di rischio significativo rispetto al benessere relazionale e psichico del minore > il servizio lavora in particolare per favorire un cambiamento nelle dinamiche relazionali e nell’organizzazione familiare affinché sia termino le cause del disagio e si delinei un percorso di crescita. Eterogeneità e territorialità La realtà dei servizi educativi rivolti agli adolescenti ai giovani appare piuttosto eterogenea e desertificata e difficilmente riducibile > l’arcipelago pedagogico di questi servizi evidenzia come sia imprescindibile considerare l’elemento della territorialità uno dei fattori di maggiore specificità nella definizione della progettualità educativa e degli interventi che vengono realizzati. Tale aspetto rappresenta una questione considerevole nella formazione degli educatori professionali poiché la costatazione dello scarto esistente può risultare addirittura enfatizzato nell’esperienza di tirocinio in servizi per gli adolescenti proprio in virtù della diversificazione dei modelli in atto.
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