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Gli archetipi dell'inconscio collettivo, Sintesi del corso di Filosofia

Riassunto dettagliato del libro Gli archetipi dell'inconscio collettivo

Tipologia: Sintesi del corso

2017/2018

Caricato il 17/02/2018

eleonora_berra
eleonora_berra 🇮🇹

4.4

(75)

66 documenti

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Scarica Gli archetipi dell'inconscio collettivo e più Sintesi del corso in PDF di Filosofia solo su Docsity! Gli archetipi dell’inconscio collettivo L’inconscio è una situazione incontrollabile che in qualsiasi momento può straripare ed impadronirsi delle persone. La vita è, infatti, dominata per ¼ dal conscio e per i restati ¾ dall’inconscio, un mondo misterioso che sfugge al nostro controllo e di cui noi siamo agenti inconsapevoli, ma la cui dimensione si attiene alla nostra vita. Possiamo concepire l’inconscio come una sorta di “magazzino” sia personale che collettivo. L’inconscio personale L’inconscio personale è un deposito, che riguarda la nostra vita, in cui si ripone ciò che non si è voluto portare con sé: situazioni rimosse dalla nostra infanzia ecc. Si manifesta nell’insicurezza (timidezza o aggressività) o tramite il sogno, in quanto lì non ha né vincoli né limi o censure. Questo conetto è anche la filosofia ed il pensiero di Freud, che indica con il termine inconscio la situazione di contenuti dimenticati o rimossi. In questo modo si conferisce all’inconscio una natura esclusivamente personale, ma in realtà possiamo vedere l’inconscio come qualcosa “a strati”: quello più superficiale è personale, quello più profondo (che non deriva da esperienze o acquisizioni personali = innato) è il cosiddetto inconscio collettivo. L’inconscio collettivo L’inconscio collettivo è il luogo in cui viene immagazzinato il vissuto dell’umanità che non è immediatamente conscio. È definito collettivo perché costituisce un “substrato” psichico che ha contenuti e comportamenti che sono uguali per tutti gli individui: è innato, di natura soprannaturale ed ereditaria. Riguarda gruppi sociali ma anche la nostra e si manifesta in maniera simbolica. L’esistenza psichica dell’inconscio collettivo si riconosce perché i propri contenuti sono in grado di divenire consci. Quindi, si può parlare di “inconscio” solo quando siamo in grado di indicarne i contenuti, ossia gli archetipi. Gli archetipi La parola archetipo ha origini antichissime ed è formata da due termini: arché che significa principio o origine e typos che significa forma o immagine. Perciò la parola archetipo significa letteralmente immagine preesistente. Essi sono i contenuti dell’inconscio collettivo, ovvero delle immagini primordiali di comportamenti. Tali immagini sarebbero anche “autoctone”, ovvero capaci di generarsi per forza autonoma, percepibili dalla coscienza, ma provenienti da una matrice inconscia comune a tutti i popoli, senza distinzioni di tempo e di luogo. Tutti gli uomini hanno strutture di comportamento identiche perché tutti passiamo dall’infanzia all’adolescenza. E’ fisiologico ma presente anche a livello psichico. Il passaggio da infanzia ad adolescenza ha delle caratteristiche bene precise: rifiuto del mondo precedente, disagio nei confronti dei propri genitori. Questo passaggio è una morte simbolica, come se si passasse da un mondo a un altro. Ma non tutti sono in grado di “lasciarsi morire”. Da qui deriva l’archetipo dell’Eroe: una persona in grado di morire tranquillamente per consentire la propria rinascita. E’ costante in tutti gli esseri viventi, ma diverso in ciascuno. Per quanto riguarda i contenuti dell’inconscio collettivo, abbiamo detto che si riferiscono a immagini comuni fin dai tempi remoti. L’espressione “représentations collectives” che viene usata per designare le figure simboliche delle prime visioni del mondo (Lévy-Bruhl), si potrebbe usare senza difficoltà per i contenuti inconsci, poiché riguarda quasi la stessa cosa. Le “dottrine primitive delle origini” per esempio, trattano gli archetipi in speciali accezioni: queste, attraverso delle “dottrine segrete” trasmettono e tramandano i contenuti dell’inconscio collettivo, in una forma già elaborata al conscio. Una cosa simile accade anche per un’altra conosciuta espressione degli archetipi, ossia il mito e la favola. Anche qui si tratta di forme appositamente coniate e trasmesse nel corso di lunghi periodi, quindi forme già elaborate e venute al conscio. Con ciò si vuole intendere che il concetto di archetipo conviene solo parzialmente al termine “représentations collectives”, poiché questo si rifà esclusivamente a contenuti psichici non ancora sottoposti ad elaborazione cosciente, quindi “immediati”. L’archetipo differisce quindi parecchio dalla formula divenuta storica ed elaborata. E’ chiaro che se si vuole capire cosa significhi “psicologicamente” la parola archetipo, le cose si complicano: non è mai stato accettato che il mito sia in primo luogo una manifestazione psichica che rivela l'essenza dell'anima. L'uomo primitivo, infatti, non voleva analizzare i fatti in maniera oggettiva: egli sentiva la necessità di ricondurre un qualsiasi fenomeno ad un accadere psichico. Qualsiasi fenomeno mitizzato è un'espressione simbolica dell'inconscio e dell'anima che diventa accessibile alla conoscenza umana per mezzo della proiezione: essa è così radicata che ci sono voluti millenni per separarla dall'oggetto esterno. Mito e astrologia Mito e astrologia sono strettamente collegati tra loro. Nel passato la scienza era stata criticata poiché l’uomo non era capace di separare il carattere psicologico delle stelle da quello scientifico; ancora oggi chi crede nell’astrologia finisce per cadere nel tranello delle vecchie ipotesi superstiziose degli influssi astrali (Oroscopo). L’uomo primitivo è soprattutto individualità: la sua conoscenza della natura è anche il rivestimento e il linguaggio del suo inconscio. Nonostante ciò per spiegare un mito l’uomo ha pensato a tutto meno che alla psiche, senza accorgersi che la nostra anima offre immagini e sensazioni da cui si ricava il mito stesso. Ulteriore definizione di archetipo L’archetipo è un’intuizione che l’istinto ha di se stesso. È un’auto raffigurazione dell’istinto. Esso si esprime per via simbolica e rappresenta a priori un “modello di comportamento” le cui manifestazioni possono variare storicamente. L’archetipo possiede inoltre una sua forza intrinseca ed incontenibile, che può riversarsi con effetti imprevedibili, tanto sull’individuo che sulla società. Archetipo nel riflesso psicologico All’uomo primitivo non importa di conoscere la spiegazione oggettiva di fenomeni evidenti. Egli, per meglio dire la sua anima inconscia, sente la necessità di far risalire qualunque esperienza sensibile ad un accadere psichico. All’uomo primitivo non basta veder tramontare o sorgere il sole: quell’osservazione esteriore deve costituire un “avvenimento psichico”, cioè il sole nel suo peregrinare deve raffigurare il destino di un dio o di un eroe, che in fine dei conti, non vive che nell’anima dell’uomo stesso. Tutti i fenomeni natura vengono quindi mitizzati. Essi non sono solo allegorie di quegli avvenimenti oggettivi, ma simboli dell’interno e inconscio dramma dell’anima, che diventa accessibile alla coscienza umana, per mezzo della proiezione, cioè del riflesso nei fenomeni naturali. I miti sono in realtà manifestazioni psichiche che rilevano l’essenza dell’anima. Dottrine esoteriche e religioni Tutte le dottrine esoteriche e le religioni moderne cercano di afferrare gli accadimenti dell’anima e per farlo hanno raffigurato questi misteri con figure splendenti. Per lungo tempo le spiegazioni e giustificazioni religiose non hanno permesso all’uomo comune di interrogarsi sui “perché” di certe sensazioni o visioni o sogni. Per ogni cosa, per ogni dubbio o domanda, la religione aveva una formula molto più bella e affascinante dell’esperienza diretta. Quando i simboli religiosi (come tutte le cose) con l’uso e col tempo si sono consumati e sono impalliditi perdendo di fascino, l’uomo colto ha ricercato nelle religioni vicine altri simboli, diversi, ancora capaci di “spiegare” e “giustificare” senza domandarsi troppi perché. L’esperienza della visione di frate Niklaus, è un esempio di elaborazione del simbolo. Ovvero mostra l’utilità del simbolo dogmatico che dà ad un avvenimento psichico un significato comprensibile senza limitarne sostanzialmente l’esperienza né danneggiarne il significato dominante. Con l’aiuto dell’immagine dogmatica della divinità, frate Niklaus è riuscito ad assimilare la visione di un immagine archetipica senza esserne lacerato. Il dogma sostituisce l’inconscio collettivo in quanto lo esprime in modo molto ampio. Il dogma religioso è basato sugli archetipi dell’inconscio collettivo e il credo ne è il simbolo. Quando le immagini sacre, essendo in conflitto con la ragione al suo destarsi, cominciarono a sgretolarsi una dopo l’altra, si credette che ciò stava accadendo a causa della perdita del loro significato. Ma la domanda da porsi è se effettivamente avessero mai avuto un significato o se invece nessuno avesse mai avuto la più pallida idea di che cosa fossero. Dato che le immagini archetipiche sono così cariche di significato, nessuno ha mai avuto la
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