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Eventi dei Regimi Totalitari: Propaganda e Celebrazioni nel Fascismo Italiano, Sintesi del corso di Cultural Studies

La nascita e sviluppo della propaganda e delle celebrazioni nel regime fascista italiano, attraverso l'esplorazione degli eventi chiave come la marcia su roma e la mostra della rivoluzione fascista. Il testo illustra come queste iniziative servirono a consolidare il controllo del partito nazionale fascista sul simbolismo nazionale e la creazione di una vera e propria liturgia auto celebrativa.

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 18/10/2019

g.rabbit
g.rabbit 🇮🇹

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Scarica Eventi dei Regimi Totalitari: Propaganda e Celebrazioni nel Fascismo Italiano e più Sintesi del corso in PDF di Cultural Studies solo su Docsity! GLI EVENTI DEI REGIMI TOTALITARI come strumento di propaganda FASCISMO Il 28 Ottobre 1922 i reparti armati fascisti marciano su Roma. Con questa data si segna la nascita del regime fascista e di una serie di iniziative che portarono il fascismo a raggiungere il controllo assoluto dell’universo simbolico dello Stato, attraverso una vera e propria liturgia auto celebrativa. Sotto il governo fascista, le piazze d'Italia, furono trasformate in un unico scenario dove milioni di persone celebravano la consacrazione dei simboli, le apparizioni del duce. Prima di quella data, il regima veniva celebrato durante le feste tradizionali: 24 Maggio FESTA DELLA PATRIA 4 novembre CELEBRAZIONE DELLA VITTORIA NEL 1926 il “culto del Littorio” viene formalizzato in rigidi cerimoniali che vieterà di fatto le manifestazioni spontanee e circoscritte. Tra le dati più importanti del “culto del Littorio” ricordiamo: 23 Marzo FESTA DEI FASCI 21 Aprile NASCITA DI ROMA 28 Ottobre LA MARCIA SU ROMA LITTORALI (I Littoriali della cultura e dell'arte furono una manifestazione culturale svoltasi dal 1934 al 1940. Organizzata dai Gruppi Universitari Fascisti, consisteva in competizioni annuali di giovani su temi culturali e artistici o specificatamente politici). Le celebrazioni della Marcia su Roma Nel 1923, in occasione del primo anniversario della Marcia su Roma, si decise di celebrare l’avvenimento in maniera solenne e spettacolare. L’organizzazione è affidata dal Gran Consiglio a un’apposita commissione del Partito Nazionale Fascista composta da: De Bono, Bianchi, Giunta, Bastianini, Marinelli, Freddi e dal senatore Cremonesi. I festeggiamenti ebbero luogo dal 28 al 31 ottobre e si svolsero nelle città di Milano, Perugia, Bologna e Roma. Il 28 ottobre si commemorarono in tutta Italia i caduti fascisti, alla presenza delle autorità civili e militari, e di tutto il popolo. A Milano Mussolini tiene un discorso in Piazza Belgioioso, la stessa dove nel 1919 aveva concluso la campagna elettorale, e inaugura la Casa del Fascio milanese. A Bologna il 29 ottobre il Duce illustra le attività del partito nell’anno di governo e inaugura anche lì la casa del Fascio bolognese. A Perugia si ripete lo stesso rituale, per concludersi infine a Roma il 31, con un cerimoniale fortemente caratterizzata da un’impronta militare. Per l’occasione Mussolini dispose l’orario ridotto negli uffici governativi, la sospensione delle lezioni nelle scuole, l’illuminazione di tutti gli edifici pubblici, la sfilata di un corteo da Piazza del Popolo al Quirinale ecc… A partire dal 1924 le celebrazioni assumono un carattere meno ostentato e spettacolare, assumendo sempre più caratteri più definiti che consacrano l’unione tra Fascismo e Stato Nazionale. Il X Anniversario della Marcia su Roma: la Mostra della Rivoluzione Fascista Il decennale della Marcia su Roma fu l’occasione per aprire nel 1932 la Mostra della Rivoluzione Fascista presso il Palazzo delle Esposizioni di Roma. Obiettivo dell’iniziativa: esaltare la presa del potere di Mussolini e conferirgli una connotazione storica, eroica e soprattutto mitica agli eventi dell’ultimo decennio. Promotore e Finanziatore della mostra: il PNF (partito nazionale fascista), che cominciò a riflettere sul progetto sin dal 1928. Ideatore dell’iniziativa: Dino Alfieri. All’epoca era presidente dell’istituto di cultura fascista di Milano. In un primo momento si era ipotizzato di far svolgere la Mostra a Milano per il decimo anniversario della fondazione dei fasci di combattimento, ma l’idea venne accantonata per ragioni politiche e nel 1931 si decise di far coincidere la mostra con il decennale della marcia su Roma e di spostarne la sede nella capitale, al Palazzo delle Esposizioni, per rafforzare il legame simbolico tra fascismo e cultura. Il comitato organizzativo fu affidato alla direzione di Dino Alfieri e Luigi Freddi (acceso futurista e fondatore delle avanguardie dei giovani fascisti), al quale fu affidato il compito dell’organizzazione scientifica e tecnica, della supervisione degli allestimenti e della scelta dei collaboratori. Come Responsabile del settore artistico fu scelto Cipriano Efisio Oppo, uomo di teatro, artista eclettico e già curatore di mostre. A garantire i rapporti tra il partito e il comitato della mostra fu incaricato Alessandro Melchiori, fascista militante, interventista e legionario. La mostra illustrava le vicende che precedettero e prepararono la marcia (dal luglio del 1914 all’ottobre 1922) mettendo l’accento sull’azione salvifica del fascismo secondo la volontà di Mussolini stesso. La mostra fu allestita su 25 sale, di cui una scandiva cronologicamente il decennio e un’altra celebrava Mussolini, il fascismo e i caduti durante la rivoluzione. Furono chiamati numerosi artisti, architetti, pittori e sebbene fosse difficile coordinare questa varietà di stili e intelletti, si raggiunse un efficace risultato scenico, eclettico e coerente. Si utilizzarono elementi geometrici semplici, linee diagonali, scritte, manifesti, foto, fotomontaggi, gigantografie, aste di bandiere, collages, cimeli… L’allestimento delle sale rispecchiava il contenuto delle stesse e così, al variare dell’episodio storico, variava anche lo stile scenografico: dinamismo e furore futurista per interventismo; razionalismo per la fondazione dei fasci; sobrietà e semplicità per le origini paesane di Mussolini; solennità per il sacrario dei martiri; degrado culturale. L’arte moderna veniva bollata come “giudaico-bolscevica” dalla propaganda nazista. Il 19 luglio 1937, a Monaco di Baviera, alla presenza di Hitler e Goebbels, fu inaugurata ufficialmente la Mostra. Al suo interno 650 opere d’arte, tra pitture e sculture, di 112 artisti, confiscate da 32 musei tedeschi. Le opere erano classificate per temi ed erano accompagnate da didascalie dispregiative e indicazioni sul prezzo che i musei tedeschi avevano precedentemente pagato agli “speculatori ebrei”. Le tele erano accatastate senza cura alle pareti, erano affiancate a disegni di malati di mente e accostate a foto di storpi, allo scopo di suscitare lo scherno corale, il disgusto e la riprovazione degli spettatori. George Grosz e Otto Dix erano accusati di “disfattismo e oltraggio agli eroi”, per i loro soggetti di stampo antimilitarista e pacifista. L’astrattismo (in particolare Kandiski e Klee), il Cubismo e il Dadaismo erano inseriti nel calderone della “follia eretta a metodo”. A complemento e in contemporanea con la mostra dell’arte degenerata si svolgeva sempre a Monaco, inaugurata da Hitler un giorno prima. Con questa Grande Rassegna di arte Germanica, il nazismo intendeva celebrare e esaltare la vera arte dello spirito tedesco: nature morte, paesaggi, scene mitologiche, celebrazione del lavoro e dell’industria… La Entartete Kunst ebbe un successo di gran lunga maggiore e la sua apertura dovette essere prolungata e il pubblico fu costretto a lunghe attese prima di potervi accedere. Tra il 1937 e il 1941 fu stimato un pubblico di tre milioni di visitatori. La mostra di Monaco può essere considerata la prima mostra itinerante del XX secolo. Ebbe altre 12 tappe nelle principali città tedesche fino al 1941. Nel maggio del 1938 il regime le affiancò anche una sezione dedicata all’Entartete Misik. Sotto la stigma di “musica bolscevica” venivano considerati i generi come lo Swing e il Jazz. IL COMUNISMO A un anno di distanza dalla Rivoluzione d’Ottobre, il Commissariato del popolo alla cultura, si trovò davanti alla necessità di istituire una celebrazione imponente, che facesse riverire alle masse l’impeto rivoluzionario. Fu a una festa a metà tra festa civica e festa popolare spontanea. Si svolse con modalità diverse a Pietrogrado e a Mosca. Le feste della Rivoluzione 1918 -1927 A Pietrogrado i festeggiamenti si prolungarono per tre giorni prevedendo spettacoli all’aperto, proiezioni di pellicole cinematografiche, letture di versi, visite ai musei, gite sulla Neva. Dal centro della città partirono automobili cariche di volantini e opuscoli di propaganda da distribuire nelle periferie, si formano cortei aperti dalle insegne dei Soviet. Tutta la città è tinteggiata di rosso e alle decorazioni della città hanno partecipato 170 artisti tra architetti, pittori, scultori insieme a gruppi di giovani comunisti e operai. A Mosca i festeggiamenti si svolsero nell’arco di due giornate secondo modalità differenti rispetto a quelle adottate a Pietrogrado e in un atmosfera da fiera popolaresca. Si susseguono comizi, concerti e spettacoli improvvisati. Nelle principali piazze di ogni quartiere viene inscenato uno spettacolo simbolico: la morte del vecchi regime e la rinascita post-rivoluzionaria. Lenin inaugurerà personalmente il memoriale ai caduti. Negli anni successivi al 1918, la festa rivoluzionaria subisce molteplici modifiche, dovute soprattutto all’esigenza di utilizzare le celebrazioni di piazza come momento di riunificazione tra partito e cittadini.
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