Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

L'Impero tedesco e l'espansione europea: industrializzazione e imperialismo (1871-1896), Dispense di Storia

La creazione dell'impero tedesco dopo la vittoria sulla francia e la sua politica economica e estera, inclusa la promozione del protezionismo doganale e la risoluzione della questione balcanica. Viene inoltre discusso il ruolo di bismarck, la crescente industrializzazione in europa e gli stati uniti, la crisi economica e la risposta con nuovi criteri di organizzazione del lavoro. Inoltre, vengono trattati i movimenti culturali come marx e il marxismo, la chiesa e la modernità, il nazionalismo e il darwinismo sociale, e le matrici e i caratteri dell'imperialismo.

Tipologia: Dispense

2022/2023

Caricato il 25/01/2024

ndrmrgt
ndrmrgt 🇮🇹

5 documenti

1 / 8

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica L'Impero tedesco e l'espansione europea: industrializzazione e imperialismo (1871-1896) e più Dispense in PDF di Storia solo su Docsity! Da Un mondo al plurale di V. Castronovo e La storia di A. Lepre GLI STATI NELLA SECONDA METÀ DELL’OTTOCENTO Un Impero multietnico: l’Austria In Austria l’imperatore Francesco Giuseppe governò con i metodi della monarchia assoluta fino al 1859. In seguito adottò metodi di governo più liberali e nel 1867 concesse agli ungheresi gli stessi diritti degli austriaci. Nacque così la Duplice monarchia, uno Stato federale composto da Austria e Ungheria, con un solo sovrano, Francesco Giuseppe. Ma la questione delle nazionalità non fu risolta, perché anche polacchi, boemi e croati aspiravano all’indipendenza. Tuttavia, dopo il 1867 le etnie che formavano l’Impero austro‑ungarico convissero pacificamente per quasi cinquant’anni. Dal punto di vista economico, invece, si crearono forti squilibri fra la parte dell’Impero in cui si affermava l’industrializzazione e quella, rappresentata soprattutto dall’area balcanica, in cui persisteva un’agricoltura arretrata. L’Impero tedesco Dopo la vittoria sulla Francia nacque in Germania l’Impero tedesco, chiamato anche Secondo Reich, che vide la Prussia e gli stati della Confederazione tedesca unirsi in una federazione con a capo l'imperatore. Nella struttura federale del Secondo Reich ogni Stato mantenne le sue istituzioni. Il potere legislativo era diviso fra due assemblee: il Reichstag, eletto a suffragio universale, rappresentava tutti i cittadini; il Bundesrat rappresentava i singoli Stati. Il secondo Reich tedesco era costituito da una federazione di 25 Stati in cui la Prussia aveva un ruolo predominante e in cui il Parlamento aveva un ruolo subalterno rispetto all'imperatore e al cancelliere. All'interno del nuovo Stato le tradizionali forze politiche liberali persero la loro incisività, ma in pochi anni emerse un nuovo partito di stampo cattolico da subito osteggiato da Bismarck, che lo considerava una minaccia all'unità della nazione tedesca per il suo rapporto con la Chiesa e con la cattolicissima Austria. Per questo Bismarck varò delle leggi volte a riaffermare la laicità dello Stato e portò avanti una campagna anticattolica a tutto campo (Kulturkampf, "battaglia per la civiltà"). Il cancelliere poco dopo dovette affrontare un avversario ancora più temibile, il Partito socialdemocratico, che si richiamava ai principi del marxismo e che trovò grande seguito presso le classi operaie (1875). Per contrastarne la rapida avanzata egli cercò l'alleanza proprio con i cattolici che poco prima aveva osteggiato e attuò una dura politica di repressione della socialdemocrazia; nello stesso tempo, però, attuò una legislazione sociale estremamente avanzata, che prevedeva l'introduzione di assicurazioni obbligatorie per gli operai. In ambito economico egli promosse una politica di protezionismo doganale che contribuì al poderoso sviluppo della Germania. In politica estera sacrificò l'espansione coloniale alla salvaguardia dell'egemonia tedesca nel continente. Facendosi mediatore delle rivalità e delle tensioni europee, stipulò la Triplice alleanza con l'Austria- Ungheria e l'Italia (1882) e convocò a Berlino due Congressi internazionali (1878, 1884-5): nel corso del primo congresso contribuì a risolvere la difficile questione balcanica, impedendo che la Russia esercitasse un'eccessiva influenza in quell'area; nel secondo svolse un ruolo di primo piano nell'appianare le controversie coloniali che stavano insorgendo in Africa. La Francia della Terza repubblica La firma del trattato di pace con cui la Francia cedeva l'Alsazia e la Lorena, provocò l'immediata rivolta di Parigi; venne costituito, nel marzo del 1871, il governo di estrema sinistra della Comune. La città adottò un sistema politico fondato sulla democrazia diretta, in cui fu eliminata la distinzione tra potere esecutivo e legislativo, attribuiti alle assemblee popolari, e furono presi molti provvedimenti di carattere sociale, anche se non strettamente socialisti. Solo nel maggio 1871 le truppe governative occuparono Parigi, che era rimasta isolata dal resto del paese, ristabilendo l'ordine a costo di un bagno di sangue. All'indomani della fine della Comune, la repubblica francese si trovò ad affrontare la tenace opposizione dei monarchici. Tuttavia il raggiungimento di un accordo fra repubblicani e orleanisti ne garantì la sopravvivenza e portò al varo di una nuova costituzione. Attraverso la riforma della scuola, che venne resa obbligatoria, laica e gratuita, il patriottismo repubblicano si radicò nella società, nonostante il tentativo di colpo di Stato attuato dal generale Boulanger, sostenuto dagli ambienti militari e antiparlamentari. Un nuovo conflitto fra fautori e nemici della repubblica esplose nel 1894 con l'affare Dreyfus, che spaccò a metà l'opinione pubblica francese. In politica estera, la Francia, desiderosa di riguadagnare uno status di grande potenza dopo la sconfitta subita ad opera della Prussia, mostrò una forte spinta espansiva verso i territori d'oltremare: nel 1881 occupò la Tunisia, mentre negli anni seguenti estese ulteriormente i suoi possedimenti in Indocina. La Russia All'espansionismo russo verso il Medi terraneo e verso la Siberia non era corrisposto un adeguato sviluppo economico e sociale: la maggior parte della popolazione viveva nelle campagne come servi della gleba. La debolezza della Russia indusse lo zar Alessandro II a intraprendere una politica di riforme, tra cui un parziale decentramento del potere e l'abolizione della servitù della gleba (1861), che però ottenne risultati contraddittori, peggiorando per lo più le condizioni delle plebi rurali. Le rivolte dei contadini e dei giovani polacchi persuasero lo zar a terminare la fase riformista e a instaurare un regime poliziesco, mentre in Polonia veniva attuata una russificazione forzata. Uno dei principali obiettivi dell'impero zarista della fine del XIX secolo fu quello di ampliare la sua influenza nell'area balcanica, appoggiando le rivendicazioni indipendentiste delle comunità locali, sulla base di un'ideologia panslavista. In questo suo disegno lo zar Alessandro II incontrò l'opposizione non solo dell'Impero ottomano ma anche di quello austro-ungarico (oltre che della Gran Bretagna); per questo, nonostante il successo della guerra condotta contro i turchi nel 1877-78, non riuscì a esercitare una tutela esclusiva sui Balcani. Il paese si reggeva ancora sul potere autocratico dello zar, ma fra i giovani avevano un crescente successo gruppi di opposizione (anarchici, nichilisti e populisti), che ricorrevano anche all'arma del terrorismo; nel 1881 un membro del movimento populista fu responsabile dell'assassinio di Alessandro II. Il suo successore, Alessandro III, non si lasciò intimidire ma anzi accentuò i tratti repressivi del regime. Prese inoltre di mira la minoranza ebraica, che fu vittima di sanguinosi pogrom, aizzati dalla polizia zarista. La Gran Bretagna vittoriana La Gran Bretagna conobbe sotto la regina Vittoria una lunga prosperità economica grazie al doppio ruolo di produttrice di materie prime (ferro e carbone) e di dominatrice dei commerci mondiali, mentre la stabilità politica era assicurata dal sistema parlamentare bipolare. In un primo tempo si affermarono i whigs (liberali), guidati da Palmerston e Gladstone, poi i tories (conservatori), guidati da Disraeli. Si diffuse un maggior benessere in tutti gli strati borghesi e anche in alcuni settori della classe operaia. La società vittoriana si fondò su una severa moralità e sull’individualismo: un giornalista radicale, Samuel Smiles, si fece portavoce di questi valori, celebrando la capacità di costruirsi da soli la propria vita. Nella seconda metà dell'Ottocento, la Gran Bretagna raggiunse l'apice della sua potenza. Il paese mantenne il suo "splendido isolamento", tenendosi fuori dalle rivalità e dalle tensioni che coinvolgevano la altre nazioni europee e badò soprattutto a rafforzare il suo vastissimo impero coloniale, in particolare il controllo delle rotte commerciali verso l'Asia. La presenza inglese in India si fece sempre più massiccia e puntò a occidentalizzare il paese. Si crearono delle tensioni che esplosero nel 1857, con una rivolta da parte delle truppe indiane arruolate nell’esercito britannico. La rivolta fu domata e nel 1858 il governo britannico impose all’India una legislazione e un sistema giudiziario simile a quello inglese. Nel 1877 la regina Vittoria fu incoronata imperatrice delle Indie. La questione irlandese Un grosso problema per il governo britannico, foriero di futuri conflitti, era costituito dalla questione dell’Irlanda, dove i cattolici, privati a lungo dei diritti politici, lottavano per ottenere l’indipendenza, e dove, a causa di una grave carestia e della miseria, a metà Ottocento scoppiarono una serie di rivolte, facilmente domate. Il governo britannico cercò una soluzione alla questione irlandese attraverso un progetto ideato da Gladstone, che mirava a dare l’autonomia all’Irlanda. Ma la proposta del primo ministro di concedere piena autonomia all'Irlanda (Home Rude Bill) determinò la scissione del partito e una nuova caduta dei liberali. Ma nel 1886, in seguito alla vittoria elettorale dei conservatori, il progetto di riforma venne abbandonato e la questione irlandese rimase aperta. I conservatori tornarono dunque al potere con Salisbury, che rappresentava il "partito dell'impero" per eccellenza; l'egemonia conservatrice si sarebbe mantenuta, salvo brevi parentesi, fino al 1906. La guerra di Secessione americana Verso il 1850 gli USA conobbero una costante ascesa economica e demografica, che guidò l'espansione territoriale a ovest: tuttavia vi era un profondo divario tra il Nord, industriale e multietnico, e il Sud, in cui predominava un'agricoltura basata sul latifondo e sulla schiavitù. Questi due modelli sociali ed economici entrarono presto in conflitto: la schiavitù era avversata dai movimenti abolizionisti del Nord, mentre il partito repubblicano per automobilistica e aeronautica, rivoluzionando i trasporti. Nel 1887, il chimico svedese Alfred Nobel inventò la dinamite: terribile arma distruttiva, ma anche indispensabile aiuto all’uomo nella realizzazione di importanti opere come gallerie e trafori. L’elaborazione di tecniche per la refrigerazione consentì finalmente il trasporto su grandi distanze di prodotti alimentari deteriorabili. Al telegrafo, sempre più diffuso, si affiancò il telefono ideato dall’italiano Antonio Meucci, ma perfezionato e poi commercializzato dallo statunitense Alexander Bell (1876). Nel 1895 l’italiano Guglielmo Marconi fece la prima esperienza di comunicazione a distanza mediante onde elettromagnetiche, perfezionando in seguito la radio. Nello stesso anno i fratelli Lumière, francesi, costruirono il primo apparecchio cinematografico. Le ferrovie nel 1914 si estendevano per oltre un milione di chilometri, la navigazione era per oltre il 90% a vapore. A queste novità si accompagnarono nuovi criteri di organizzazione del lavoro (negli USA, fu l’ingegnere Frederick Winslow Taylor a studiare nuove teorie sul rapporto tra operai e macchine, che trovarono applicazione nel lavoro a catena) destinati a eliminare perdite di tempo e sprechi nelle fabbriche. Altro impulso alla ripresa venne, infine, dall’imperialismo coloniale. Nel mondo industrializzato l’incremento della produzione sarebbe durato, eccettuate brevi pause, fino al 1914. Per adeguare le imprese con nuove tecnologie occorreva però sostenere ingenti investimenti. In questo contesto si venne accentuando la concorrenza tra le industrie. Quelle più solide, che godevano di maggiore credito dalle banche, finirono con il prevalere su quelle più deboli. I capitali si vennero concentrando in poche mani con conseguente monopolio della produzione. I grandi gruppi industriali organizzarono la gestione delle loro industrie in cartelli e trusts. Il cartello riuniva in senso orizzontale le fabbriche impegnate nella produzione dello stesso articolo; il trust subordinava in senso verticale a un unico controllo l’intero processo produttivo di un manufatto (dall’estrazione della materia prima al prodotto finale). La concorrenza assunse dimensioni internazionali quando i gruppi iniziarono ad attuare il dumping, che consisteva nello sfruttare il protezionismo doganale in patria tenendo alti i prezzi di un prodotto e contemporaneamente nell’abbassarli all’estero per conquistare larghe fette di mercato. Intanto non accennava ad arrestarsi l’espansione demografica: la popolazione mondiale passò da 1 miliardo e 100 milioni di abitanti nel 1850 a 1 miliardo e 650 milioni nel 1914. Lo sviluppo industriale in Europa e negli Stati Uniti In Europa nuovi paesi, oltre alla Gran Bretagna, raggiunsero alti livelli di industrializzazione. Fra questi la Francia del Secondo impero, che conobbe un periodo di intensa accelerazione dello sviluppo, destinato però a rallentare verso gli anni ottanta a causa di problemi economici strutturali. Dalla seconda metà del secolo raggiunse una posizione preminente la Germania, grazie all'espansione delle ferrovie e allo sfruttamento intensivo della ricca regione mineraria della Ruhr: il paese divenne dunque leader nella produzione di carbone, acciaio, ferro, nell'industria chimica ed elettrica. Dopo la fine della guerra di Secessione, anche gli Stati Uniti conobbero un periodo di grande sviluppo, grazie all'estensione delle ferrovie fino al Pacifico (che favorì la creazione di un vasto mercato interno), la disponibilità di manodopera e la politica protezionistica del governo. Sindacati e legislazione sociale Sul modello del sindacalismo di mestiere britannico, si formarono le prime associazioni di operai specializzati in Europa e negli Stati Uniti. Fu ancora in Gran Bretagna che si affermarono per la prima volta forme di sindacalismo che riunivano indistintamente tutti gli addetti ai vari comparti industriali, mentre in Germania, parallelamente all'emanazione di leggi repressive antisocialiste, Bismarck introdusse leggi sull'assicurazione sulla malattia (1883), sugli infortuni (1885) e sulla vecchiaia (1889) al fine di allentare le tensioni sociali. Il modello tedesco si estese presto al resto d'Europa rappresentando un passo decisivo verso la costituzione dello Stato sociale. Crescita demografica, urbanizzazione e migrazioni transoceaniche Il XIX secolo conobbe una vera e propria esplosione demografica, dovuta alla riduzione della mortalità per la minore gravità di carestie ed epidemie e il miglioramento delle condizioni igieniche. La mortalità diminuì sopratutto nella popolazione in età riproduttiva, e portò perciò anche a un aumento del tasso di natalità. A causa dell'avanzata dell'industrializzazione e delle nuove tecniche agricole, la maggior parte della popolazione si spostò a vivere nelle grandi città, molte delle quali superarono il milione di abitanti. Intanto si verificarono grossi flussi migratori di persone tra paesi europei e, dalla seconda metà del secolo, a causa soprattutto della crisi economica, verso i continenti extraeuropei, in particolare verso l'America. I PERCORSI AMBIVALENTI DELLA CULTURA EUROPEA Marx e il marxismo In un contesto caratterizzato da un'industrializzazione diffusa e dall'impetuosa crescita della classe operaia, trovò ampia risonanza in Europa il programma di azione rivoluzionaria proposto da Marx ed Engels nel Manifesto del Partito comunista (1848), nel quale i due filosofi tedeschi chiamavano i proletari dei vari paesi a unirsi in una lotta comune per una società più giusta. Nei suoi scritti successivi, Marx individuò nella sfera economica la "struttura" e il motore della storia, dalla quale dipendevano tutte le altre sfere della società (politica, cultura, religione), definite "sovrastruttura". Dall'indagine del sistema capitalistico di produzione, proprio della società borghese, Marx prese le mosse per delineare la "concezione materialistica della storia", all'interno della quale si collocava la sua teoria della rivoluzione e della futura società comunista, fondata sull'abolizione della proprietà privata e senza classi, in quanto gli interessi del proletariato si sarebbero trovati a coincidere con l'interesse generale della società. Il marxismo divenne quindi la dottrina politica dominante nel mondo del lavoro. Fu così creata una rete di coordinamento fra le delegazioni operaie dei vari paesi, che diede vita alla Prima Internazionale (1864); contrassegnata da forti contrasti interni, diventati insanabili dopo il dissidio sul significato della Comune di Parigi tra Marx e l'anarchico russo Bakunin, l'associazione si sciolse nel 1876. La Chiesa e la modernità: dai Sillabo alla Rerum Novarum La posizione della Chiesa nei confronti della cultura moderna e della questione sociale subì importanti evoluzioni nel XIX secolo. Il Sillabo (1864) di papa Pio IX aveva duramente condannato le principali teorie morali e politiche dell'epoca — il liberalismo, il comunismo e l'ateismo — in quanto basate sul primato della ragione sulla fede. In seguito, con l'enciclica Rerum Novarum (1891), papa Leone XIII affrontò direttamente la questione sociale, richiamando la superiorità della dignità umana rispetto agli obiettivi del profitto economico e auspicando una risoluzione giusta e pacifica (non rivoluzionaria) delle tensioni sociali. Darwin e l'evoluzionismo Con la teoria dell'evoluzione elaborata dal naturalista inglese Charles Darwin nella seconda metà dell'Ottocento, si determinò una svolta fondamentale nella biologia e nella stessa storia del pensiero. Nei saggi L'origine delle specie (1859) e L'origine dell'uomo (1871), dove esponeva la sua teoria della selezione naturale, Darwin trasformò infatti le tradizionali concezioni della natura e dell'uomo, mettendo tra l'altro in crisi l'idea di una sua origine divina. L'evoluzionismo suscitò interesse ed entusiasmo in tutta Europa, anche grazie a un clima culturale dominato dalla fiducia nel progresso delle scienze come fondamento dello sviluppo dell'umanità. II nazionalismo e il darwinismo sociale Alla fine del XIX secolo coesistevano due idee di appartenenza nazionale. Secondo lo studioso Ernest Renan appartenere a una nazione significava essere parte di una compagine statale e civile insediata in un determinato territorio, e tutti coloro che vi abitavano godevano perciò di eguali diritti; secondo Maurice Barrès, invece, la titolarità dei diritti politici doveva essere riservata solo a una determinata etnia. Questa visione di nazione, che comportava la contrapposizione con altri popoli nella difesa di una presunta purezza etnica, fu alla base di una forma di nazionalismo aggressivo che cominciò a manifestarsi alla fine del XIX secolo. Il mito della superiorità della propria "specie" nazionale trovò un sostegno teorico nel darwinismo sociale, un vasto movimento ideologico che, banalizzando l'idea darwiniana di "selezione naturale", giustificava la disuguaglianza razziale e il conflitto fra le nazioni. Uno suoi dei più influenti rappresentanti fu Herbert Spencer, secondo il quale per ottenere un reale progresso occorreva favorire la libera concorrenza tra i membri della società senza proteggere le fasce più deboli. Altri pensatori, tuttavia, preferirono mettere in evidenza gli elementi delle teorie di Darwin che indicavano l'utilità evolutiva degli istinti altruistici e dell'empatia. LE MATRICI E I CARATTERI DELL'IMPERIALISMO Alla fine del XIX secolo l'espansione coloniale europea raggiunse il suo apice, coinvolgendo non solo potenze coloniali di lunga data (Inghilterra e Francia), ma anche i nuovi Stati nazionali (Belgio, Italia e Germania). Le matrici dell'imperialismo di fine secolo furono economiche, in quanto i paesi occidentali, investiti dalla seconda rivoluzione industriale, erano interessati a sfruttare la loro superiorità tecnologica rispetto ad altre aree del mondo per trovare nuovi sbocchi commerciali e mettere le mani su materie prime a basso costo di cui alcuni paesi meno sviluppati erano estremamente ricchi. Altrettanto importanti furono i fattori di carattere ideologico-politico: la colonizzazione era infatti motivata dalla volontà degli Stati di acquisire un ruolo di grande potenza sullo scacchiere internazionale e all'emergere di un sentimento nazionalista. Esso fu a sua volta alimentato dalla diffusione di teorie razziste da un lato e dall'idea di una missione civilizzatrice europea dall'altro. Contribuirono infine fattori culturali come il fascino dell'esotico e il mito del buon selvaggio diffuso nella letteratura dell'epoca. L'espansione dell'impero britannico Negli ultimi tre decenni del XIX secolo, la Gran Bretagna fu interessata da una forte spinta imperialistica, tanto che il suo impero giunse a comprendere quasi un quarto della popolazione mondiale. Una parte dei vasti possedimenti britannici era costituita da colonie bianche di popolamento, che avevano via via acquisito una maggiore autonomia dalla madrepatria (Canada, Australia e Nuova Zelanda); l'altra era data da territori abitati in maggioranza da popolazioni indigene, amministrati direttamente dalle autorità britanniche. Su tutti spiccava l'India, "perla" dell'impero ed epicentro del sistema coloniale inglese. Per mantenere il controllo su un paese così vasto, il governo inglese favorì un certo sviluppo economico, ma nello stesso tempo fomentò i contrasti etnici e religiosi interni per scongiurare rischi di ribellione, appoggiandosi in particolare alla minoranza musulmana. Di qui la reazione della classe colta induista, che nel 1885 diede vita al movimento del Congresso, un'organizzazione che chiedeva una più larga partecipazione politica. Oltre all'India, anche l'Egitto entrò nella sfera d'influenza britannica: dopo l'apertura del Canale di Suez nel 1869 (per opera dei francesi), il paese assunse infatti una posizione strategica per il controllo delle vie d'accesso verso il subcontinente indiano. Per questo gli inglesi nel 1882 lo occuparono militarmente, suscitando il risentimento della Francia che aveva le medesime mire espansionistiche nella regione. La spartizione dell'Africa nera Dagli anni settanta dell'Ottocento in poi l'Africa divenne il principale campo d'azione della contesa imperialistica delle grandi potenze. Fino ad allora la presenza europea nel continente si era concentrata sulla costa occidentale, dove si svolgevano gli scambi commerciali (fra cui la tratta degli schiavi). Con l'aumento del volume e della varietà dei traffici euro- africani, gli europei ritennero che occorresse una loro presenza diretta a tutela dei propri interessi commerciali, sfruttando anche la fragilità delle entità statuali africane, che spesso si reggevano sul potere di capi tribù. Fu così che gli inglesi si impadronirono della Costa d'Oro e del Lagos; la Francia invece allargò i confini dell'Algeria e iniziò a penetrare nel Senegal. Sull'Africa si concentrarono anche le mire del Belgio, la cui espansione, dovuta all'azione del re Leopoldo II, si rivolse in particolare alla vasta e ricca regione del Congo. La sua iniziativa suscitò però duri contrasti con le altre potenze occidentali: proprio per evitare che la lotta per la spartizione dell'Africa degenerasse, nel 1884 il cancelliere Bismarck indisse a Berlino una conferenza internazionale, durante la quale il continente venne diviso a tavolino fra i vari Stati. Con l'occupazione diretta, i possedimenti coloniali vennero riorganizzati in colonie di popolamento e di sfruttamento: l'economia di sussistenza fu stravolta dai nuovi sistemi di produzione e la popolazione indigena fu tenuta in stato di semischiavitù. Nonostante la conferenza, la "gara per l'Africa" fece riemergere ben presto antagonismi fra le potenze europee: Francia e Gran Bretagna entrarono in conflitto per il possesso del Sudan e giunsero a un passo dalla guerra in seguito allo scontro avvenuto presso il piccolo villaggio di Fashoda (1898). Volendo creare un unico vasto dominio britannico dall'Egitto al Capo, gli inglesi non esitarono anche a tentare l'annessione dell'Orange e del Transvaal, due regioni dell'attuale Sudafrica, ricche di giacimenti d'oro e di diamanti. L'iniziativa incontrò però la resistenza dei boeri, discendenti dei coloni olandesi che si erano insediati in quell'area alla fine del Seicento. La guerra anglo-boera (1899), vinta dagli inglesi, contribuì ad acuire ulteriormente il clima di tensione già presente nel Vecchio continente. La colonizzazione dell'Asia In Asia, accanto a un modello di imperialismo informale, di cui era un esempio il controllo economico e commerciale che le potenze europee esercitavano sulla Cina, esistevano da secoli vere e proprie colonie inglesi, portoghesi, olandesi, che si ingrandirono alla fine dell'Ottocento. Dagli anni sessanta iniziò anche una dinamica penetrazione della Francia, che riuscì a sottrarre alla sfera di influenza cinese la Cambogia, il Vietnam e il Laos, riuniti nel 1893 nell'Unione Indocinese. Anche l'imperialismo russo si diresse in Asia secondo due direttrici: una verso l'Asia centrale, dove la Russia avanzò assimilando numerosi popoli nomadi e attestandosi ai confini dell'Afghanistan; l'altra verso la Siberia e l'Estremo Oriente. La Russia fondò la città di Vladivostok sull'Oceano Pacifico e rafforzò la sua presenza con la costruzione della ferrovia transiberiana. In Estremo Oriente entrò invece in competizione col Giappone per il controllo della Manciuria.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved