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Gli studi sociali sulla scienza e la tecnologia, Sintesi del corso di Scienza

riassunto del libro "gli studi sociali sulla scienza e la tecnologia".

Tipologia: Sintesi del corso

2021/2022

Caricato il 30/03/2023

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Scarica Gli studi sociali sulla scienza e la tecnologia e più Sintesi del corso in PDF di Scienza solo su Docsity! SOMMARIO Gli studi sociali sulla scienza e la tecnologia ................................................................................................................. 2 Evoluzione di un ambito di studi interdisciplinari ..................................................................................................... 2 perché gli sts? superare le analisi astratte e normative delle scienze .................................................................... 2 la nuova sociologia della scienza degli anni settanta ................................................................................................ 3 gli studi di laboratorio e la critica femminista alla scienza......................................................................................... 3 Il modello SCOT ....................................................................................................................................................... 4 la tecnoscienza e l’actor network theory .................................................................................................................. 4 INTERDISCIPLINARITà E ISTITUZIONALIZZAZIONE DEGLI STS ..................................................................................... 5 scienziati, laboratori e comunicazione pubblica sulla scienza ....................................................................................... 5 la scienza in AZIONE E la scienza pronta per l’uso ..................................................................................................... 6 studiare i laboratori ................................................................................................................................................. 6 la scienza nei laboratori ....................................................................................................................................... 6 costruire fatti scientifici ....................................................................................................................................... 7 gli strumenti scientifici ......................................................................................................................................... 7 la scienza oltre i laboratori....................................................................................................................................... 8 la scienza nella sfera pubblica .................................................................................................................................. 8 l’innovazione tecnologica come processo coevolutivo ................................................................................................. 8 l’innovazione nota a tutti, eppure poco compresa ................................................................................................... 9 la costruzione sociale della tecnologia ....................................................................................................... 2/2023 9 il contributo dell’actor network theory ...............................................................................................................10 naturalizzazione sce Studi sociali sulla scienza e sulla tecnologia nari sociotecnici e controversie ............................11 innovazione e vita quotidiana: il successo che porta all’oblio............................................................................11 mass media e scenari sociotecnici .......................................................................................................................11 innovazione e controversie pubbliche .......................................................................................................................................11 politiche della ricerca e partecipazione pubblica .........................................................................................................12 l’oggetto delle politiche della ricerca: scienza tecnologia e innovazione ..................................................................12 definire il rapporto tra scienza tecnologia e innovazione, dal modello lineare a quello sistemico .............................13 perché è importante la partecipazione del pubblico alle decisioni sulla scienza e la tecnologia? ..........................14 artefatti e materialità .................................................................................................................................................14 materialità e artefatti per l’ant e per gli altri approcci sts ........................................................................................14 il ruolo della materialità nella vita quotidiana .........................................................................................................16 dagli artefatti all’assemblaggio di identità ibride .....................................................................................................17 202 studi di laboratorio aiutarono a concepire il lavoro della scienza come il frutto dell’attività cognitiva degli scienziati. Laboratory life (Latour e Woolgar): si concentrano sulla descrizione dettagliata delle attività che caratterizzano il lavoro nei laboratori, sottolineando che i fatti scientifici diventano tali nel momento in cui vengono osservati in laboratorio, ma solo dopo vari processi di traduzione in testi e immagini di quanto osservato mediante gli strumenti, a partire da un lavoro di negoziazione che avviene costantemente fra gli scienziati. dispositivi di iscrizione: descrive quegli strumenti o apparati che servono per passare da sostanze materiali a tabelle, figure o diagrammi che poi possono essere usati come loro rappresentazione sottoforma di dati nel corso del dell’interazione con i colleghi del laboratorio o al di fuori di esso, fino a consolidarsi in una conoscenza scientifica. A metà anni Ottanta, l’oggettività e la neutralità della scienza moderna vennero messe in questione anche da ambiti intellettuali. Tra questi un posto rilevante spetta alla critica femminista che da allora in avanti ha contribuito attivamente all’evoluzione degli STS Donna Haraway diede un contributo fondamentale: trucco divino= tendenza degli scienziati ad occultare la propria voce nel riportare i risultati delle ricerche, che vengono infatti descritti quasi sempre in terza persona, ovvero da una prospettiva in cui scompare la soggettività degli scienziati. Adottare una prospettiva femminista per lo studio della scienza significa in primo luogo riconoscere che ogni di tipo di conoscenza scientifica è una conoscenza situata, ovvero una conoscenza che trae la sua obiettività dal riconoscere il punto di vista che l’ha generata. IL MODELLO SCOT L’obiettivo del modello SCOT è comprendere la tecnologia, seguendo alcuni principi metodologici e delle strategie. l’applicazione del modello SCOT allo studio dell’innovazione tecnologica si articola in tre fasi: 1. Dimostrare la flessibilità interpretativa dei dispositivi tecnologici: un artefatto tecnico può essere progettato con diverse forme e funzioni, in relazione ai problemi che mira a risolvere 2. Possibili usi che vengono immaginati dai gruppi sociali pertinenti: analizzare i meccanismi con cui l’iniziale flessibilità va progressivamente incontro ad una chiusura interpretativa cosicché l’artefatto assuma una forma relativamente stabile 3. Collegare i meccanismi di chiusura con il più ampio contesto sociale e politico: il concetto utilizzato è quello di frame o quadro tecnologico (Bijker)= è costituito dall’insieme di teorie, pratiche e attività condivise da ciascun gruppo sociale coinvolto nello sviluppo di una tecnologia, e contribuisce ad influenzare il modo in cui la tecnologia viene interpretata. LA TECNOSCIENZA E L’ACTOR NETWORK THEORY Teoria dell’attore: prospettiva teorica. È stata sviluppata negli anni Ottanta (Callon, Latour e Law), con l’obiettivo di comprendere i processi di ricostruzione di fatti scientifici e di sviluppo degli artefatti tecnologici. L’ANT prende in considerazione l’analisi semiotica, la filosofia strutturalista e l’interazionismo simbolico. Si caratterizza per dare peculiarità al ruolo attivo, all’interno dei processi sociali svolti dagli oggetti e dagli artefatti tecnici, definiti come attori non umani o attanti. Uno dei concetti che caratterizza l’ANT è quello di tecnoscienza, con il quale si intende sottolineare i principali temi degli STS, ovvero scienza e tecnologia, sono due facce della stessa medaglia. La tecnoscienza elimina la distinzione concettuale tra le scoperte e i fattori scientifici e la creazione di strumenti e artefatti tecnologici. L’ANT non rappresenta un metodo standardizzato e la mancanza di ortodossia ha fatto sì che questo approccio sia stato interpretato e utilizzato secondo una vasta gamma di diverse modalità diventando un riferimento per sottolineare la natura relazionale dei fenomeni tecno-scientifici così come il ruolo degli oggetti e degli artefatti nel dare una forma a tali processi. Uno dei concetti più ricorrenti nelle analisi dell’ANT è quello di: -simmetria generalizzata: afferma che nelle descrizioni dei principi eterogenei che conducono all’emergere di un’idea, di una conoscenza o di una tecnologia, gli esseri umani e gli attori non umani devono essere considerati ugualmente capaci di avere conseguenze sugli esiti dei processi considerati. La base teorica di questa proposta è he se per un verso gli individui hanno un certo ruolo nel dare forma alle conoscenze scientifiche o alle tecnologie, per un altro gli attori non umani contribuiscono in modo diretto alla costruzione della rete di relazioni all’interno di cui tali conoscenze si sviluppano e si consolidano. INTERDISCIPLINARITÀ E ISTITUZIONALIZZAZIONE DEGLI STS A partire dagli anni Novanta gli STS si sono sviluppati come un ambito di studio autonomo. Vale la pena sottolineare due aspetti più generali e trasversali dell’evoluzione degli STS ovvero: -interdisciplinarità: che ha contraddistinto questo ambito di studio fin dai suoi primi passi -istituzionalizzazione: come campo di studi all’interno di università e centri di ricerca. Gli STS nascono come esito di un serrato dibattito tra sociologia, filosofia e storia della scienza. Inoltre, la naturale tendenza degli STS a trasformare il lavoro svolto in altre discipline nei propri oggetti di studio ha aperto nuovi canali di interazione tra differenti ambiti disciplinari. Infine, nel corso del tempo la vocazione interdisciplinare degli STS ha permesso di integrare di volta in volta dentro il rispettivo quadro teorico stimoli e prospettive di ulteriori ambiti di studio come l’antropologia, la semiotica e la critica femminista ecc.…La collocazione degli STS nel panorama scientifico contemporaneo è caratterizzata da elementi derivanti dalle varietà dei sistemi scientifici nazionali in cui i ricercatori sono inseriti. Gli STS non sono ancora una disciplina pienamente riconosciuta e fanno fatica a trovare un proprio spazio autonomo all’interno dei rispettivi sistemi accademici. In Italia ancora sta prendendo piede in ambito accademico, le ragioni di tale ritardo sono molteplici, ma vale la pena segnalare la storica debolezza della sociologia della scienza in Italia, così come la rigidità del sistema accademico italiano. SCIENZIATI, LABORATORI E COMUNICAZIONE PUBBLICA SULLA SCIENZA Gli studi di laboratorio hanno dato un contributo decisivo agli STS. Fin da subito è risultato evidente che quanto avviene all’interno dei laboratori può essere pienamente compreso solo analizzando la rete degli attori eterogenei che si estende anche al di fuori delle loro mura e che rende la costruzione delle conoscenze scientifiche come un’impresa collettiva ramificata nell’intera società. La comunicazione pubblica della tecnoscienza si può quindi intendere come parte integrante della ricerca scientifica, cosicché la stessa distinzione tra il dentro e il fuori dal laboratorio risulta fuorviante a meno di non considerarla come qualcosa che deve essere spiegato piuttosto che assunta come data per scontata. LA SCIENZA IN AZIONE E LA SCIENZA PRONTA PER L’USO La tecnoscienza è una componente essenziale della società, allora diventa decisivo cercare di capire in che modo vengono realizzate le conoscenze scientifiche e le innovazioni tecnologiche. La conoscenza scientifica viene dai laboratori di ricerca ed è quindi li che dovremmo focalizzare l’attenzione. Gli STS hanno infatti preferito andare a vedere da vicino come si lavora nei laboratori. Entrare nei laboratori significa cercare di osservare la ricerca scientifica durante il processo della sua realizzazione così da seguire non solo le attività che vengono svolte al loro interno ma anche quell’insieme di pratiche, abitudini, comportamenti per antonomasia che vengono svolti nei laboratori ma anche le attività apparentemente più marginali. Bisogna pensare alla scienza come un Giano Bifronte, l’antica divinità bifronte che rappresenta: - da un lato la scienza in azione: mostra il processo di costruzione delle conoscenze scientifiche - dall’altro la scienza pronta per l’uso: quell’insieme di fatti scientifici, concetti, protocolli d’azione e strumenti che vengono quotidianamente utilizzati dandoli per scontato Subito dopo è necessario comprendere che il carattere eminentemente sociale della scienza si può cogliere con maggiore profondità osservando soprattutto il fattore dinamico, la scienza mentre accade, non la sua versione convalidata. Per gli STS è importante cercare di problematizzare ciò che nei laboratori viene dato per scontato, poiché sono interessati a capire attraverso quale processo sia stato possibile arrivare ad una conoscenza accertata come scientifica, a partire da una situazione in cui non era affatto chiaro quali caratteristiche l’avrebbero poi resa tale e come avremmo potuto riconoscerla qualora ce la fossimo trovata davanti. STUDIARE I LABORATORI Cosa significa studiare i laboratori di ricerca? Osservando i laboratori da vicino emerge che da quell’insieme di elementi eterogenei di cui si alimenta la scienza in azione. Di conseguenza le distinzioni tra che da lontano apparivano così chiare e che di conseguenza orientano la nostra la nostra comune interpretazione della conoscenza scientifica non funzionano più molto bene: analizzando la scienza in azione nei laboratori sfumano le linee di demarcazione fra interno ed esterno, fra dati oggettivi e interpretazioni soggettive, tra fattori sociali e metodo scientifico, fra logica dell’azione razionale e scelte dettate dall’emozione, fra contesto della scoperta e contesto della giustificazione. È in questo modo che la conoscenza scientifica può rivelare il suo carattere sociale. LA SCIENZA NEI LABORATORI L’idea di fondo proposta dagli sts per lo studio dell’innovazione consiste in un approccio che privilegia una dimensione collettiva all’interno del quale trovano uguale spazio i vari attori sociali e gli oggetti tecnologici, cercando di evitare sia i limiti del determinismo tecnologico, sia quello sociale. L’innovazione viene considerata controversa, nelle sue relazioni con i media e con la vita quotidiana. L’INNOVAZIONE NOTA A TUTTI, EPPURE POCO COMPRESA La concezione più diffusa dell’innovazione è quella lineare: prima avviene una scoperta scientifica, che poi trova applicazione in un nuovo artefatto tecnologico, che poi si diffonde nella società. Il cambiamento che produce può essere interpretato sia in termini positivi che negativi, in questi ultimi, individuando nell’innovazione la causa dei problemi non di rado descritti in modo catastrofico. Prendiamo per esempio il caso del web e troveremo facilmente chi lo descriverà come portatore di un’innovazione che ci renderà migliori e chi attribuisce al web delle trasformazioni negative. Tuttavia, nonostante le posizioni differenti, il web rimane comunque all’interno di una concezione lineare fondata su una chiara distinzione tra innovatori e società, dove i primi sono sempre più avanti e la seconda rimane condannata ad un faticoso inseguimento. All’interno di questa visione è stato definito il concetto di ritardo culturale, formalizzato dal sociologo Ogburn verso la fine degli anni ’50, profondamente radicato nel nostro comune sentire. Gli sts hanno messo in discussione la concezione lineare dell’innovazione, partendo dalla constatazione di non dover assumere come punto di partenza analitico la separazione tra scienza, tecnologia e società, di mettere gli inventori da una parte e gli utilizzatori dall’altra. Guardare all’innovazione della prospettiva degli STS ha inoltre messo in evidenza la necessità di cercare un modello esplicativo che fosse in grado di rendere conto tanto del cambiamento quanto della stabilità, ovvero applicando anche allo studio dell’innovazione il principio di simmetria. Dunque, l’innovazione è frutto di un lungo processo fatto di piccoli avanzamenti, di deviazioni e svolte decisive che non si possono individuare e comprendere se non guardando all’insieme di attori che ne hanno preso parte. In questo modo l’innovazione diventa parte di una sperimentazione collettiva . quindi gli STS propongono una concezione coevolutiva dell’innovazione, che corrisponde ad un cambiamento sociotecnico all’interno del quale si trovano attori individuali e collettivi, norme, oggetti tecnologici, conoscenze scientifiche, competenze e conoscenze non codificabili. LA COSTRUZIONE SOCIALE DELLA TECNOLOGIA Bijker formalizza il modello SCOT attraverso l’analisi di tre casi di studio sull’innovazione tecno-scientifica. Come quest’ultima anche le conoscenze, i modelli, e le teorie non sono mai riconducibili ad un’unica persona e ad una singola circostanza. Il modello SCOT costituisce il primo tentativo di superare i limiti degli approcci fondati sulla concezione lineare. Vale quindi la pena riprendere i principi che lo stesso Bijker dice di voler seguire: -una buona comprensione sociologica dell’innovazione deve metterci nella condizione di spiegare non solo la nascita di nuovi artefatti ma anche la loro permanenza nel contesto delle relazioni sociali -Il buon funzionamento di un artefatto non deve essere considerato solo come l’ovvia ragione del suo successo ma deve esserne spiegata la sua efficacia; quindi, come afferma lo stesso Bijker “l’efficacia degli artefatti deve essere posta come explanandum non come explanans -l’analisi dell’innovazione assume la società come un tessuto unico e quindi non può considerare l’esistenza di fattori scientifici, tecnici, sociali e culturali come elementi nettamente distinti a priori. -la ricostruzione dei processi che portano all’innovazione le strategie degli attori coinvolti con le strutture che ne vincolano l’azione.si deve cioè poter passare dal punto di vista di un attore a quello di un altro, tenendo conto che agiscono in all’interno di un contesto che non gli lascia mai liberi di agire totalmente come vorrebbero. Per tradurre questi principi in un modello analitico dell’innovazione, Bijker utilizza dei concetti chiave: Gruppo sociale pertinente: ne fanno parte tutti coloro che condividono un’interpretazione simile di un artefatto. Di conseguenza avremo differenti interpretazioni di uno stesso artefatto. Ciascuna interpretazione è poi legata ad una pratica. Individuando il nesso che lega un problema d’uso ad una soluzione saremo in grado di identificare il relativo GPS -Le interazioni tra gli attori dei vari GPS si si organizzano all’interno di un quadro tecnologico che mette a disposizione gli scopi, le idee e gli strumenti necessari per per agire con un artefatto. GPS e quadri tecnologici si formano insieme, l’uno in funzione dell’altro. Pur essendoci una certa sovrapposizione tra i quadri tecnologici e i GPS , ciascun qt manterrà alcune specificità che lo differenziano dagli altri. IL CONTRIBUTO DELL’ACTOR NETWORK THEORY Al pari della conoscenza scientifica, anche gli oggetti tecnologici possono essere considerati da due punti di vista: da un lato si presentano come scatole nere, dall’altro lato come entità non del tutto formate e dunque dal futuro incerto. Privilegiare il punto di vista degli artefatti in via di costruzione diventa la prima indicazione metodologica per lo studio dell’innovazione proveniente dall’ANT. solo da questa prospettiva sarà possibile individuare i vari aspetti di cui dovremmo tener conto per comprendere tanto il successo quanto il fallimento dell’innovazione, senza ricorrere alle spiegazioni del determinismo tecnologico. Per l’ANT l’attore è ciò che fa qualcosa e allo stesso fa fare qualcosa, cioè genera una reazione all’interno di un contesto di interazione. Quindi all’interno di qualsiasi network interagiscono attori umani e non umani e al pari degli attori umani anche quelli non umani hanno possibilità di agency. L’idea di riconoscere l’importanza dell’agency degli artefatti comporta due importanti conseguenze per l’analisi dell’innovazione. Diventa innanzitutto più facile riconoscere il ruolo degli oggetti e della tecnologia nelle relazioni sociali. Inoltre, si apre la possibilità di superare il determinismo tecnologico senza essere costretti a cadere in quello sociale. L’innovazione, dunque, corrisponde ad un processo che mentre modella l’artefatto in via di costruzione crea anche le condizioni per il suo stabile inserimento nel contesto delle relazioni sociali, ovvero del network entro cui l’artefatto viene riconosciuto, utilizzato e fatto funzionare. In linea con il concetto di agency e con la sua attribuzione ad attori umani e non umani, la risposta di ANT sarà che le reti sono il prodotto di un progetto negoziato e condiviso da parte degli attori., quindi sarà l’effetto emergente di una progressiva composizione di motivazioni e interessi diversi che finiscono per convergere fino a stabilizzarsi. Come si formano le reti, nuovi attori e nuovi artefatti che ne fanno parte? il principale meccanismo individuato dall’ANT è indicato con il concetto di traduzione: il cui significato fa leva sulla duplice accezione che della parola utilizzata per definirlo. Da un lato, infatti, i due attori si connettono traducendo i propri interessi in qualcosa di comprensibile all’altro e le traduzioni necessarie alla costruzione dei network, come quelle in lingua che non sono mai fedeli all’originale, comportano un parziale tradimento dell’idea, degli interessi e del progetto originario. Dall’altro lato la traduzione implica uno spostamento, per andare incontro all’altro. Un altro aspetto da considerare è che le catene di associazione sono spesso così ampie e articolate da consentire di agire a distanza, cosicché da un punto della rete è possibile intervenire in un altro: -elementi mobili immutabili: rappresentano ciò che accade in vari punti della rete, permettono di poter mettere assieme fenomeni ed elementi che prima erano incommensurabili. NATURALIZZAZIONE SCENARI SOCIOTECNICI E CONTROVERSIE INNOVAZIONE E VITA QUOTIDIANA: IL SUCCESSO CHE PORTA ALL’OBLIO Quando l’innovazione ha successo scompare poiché rientra nel panorama dato per scontato della vita quotidiana. Schutz, Berger e Lukman hanno definito la vita quotidiana come l’ambito della nostra esperienza circoscritto da quel particolare atteggiamento di sospensione del dubbio nei confronti di ciò che chiamiamo realtà. Se qualcosa si presenta come nuovo dobbiamo quindi trovargli una sistemazione, fargli posto nella routine modificandola almeno un po’, se questo non sarà possibile il nuovo non avrà vita facile e il suo destino sarà segnato. Se l’innovazione riesce a stabilirsi in una rete di interazioni e di attori sufficientemente ampia ed articolata allora lo stesso processo la farà progressivamente uscire dalla categoria delle novità per inserirla in quella del dato per scontato. L’innovazione che ha successo si neutralizza nel senso che viene percepita come una normale componente della nostra vita quotidiana, inoltre avviene anche addomesticata alle nostre abitudini ed esigenze. MASS MEDIA E SCENARI SOCIOTECNICI I mass media svolgono una parte molto più importante, perché da un lato costituiscono uno spazio all’interno di cui gli attori entrano in relazione rispetto all’innovazione. Quindi modificano il nuovo artefatto, sia per renderlo interessante secondo i loro criteri di valutazione, sia per proporlo come rilevante all’attenzione del loro pubblico. Il contributo dei media ai processi d’innovazione però non deve essere sopravvalutato. I media propongono in continuazione cornici interpretative (frames) che possono orientare il modo in cui gli attori percepiscono e quindi inseriscono nel contesto delle loro pratiche e i nuovi artefatti. Questi prendono parte alla costruzione e alla diffusione degli scenari sociotecnici, vale a dire quelle rappresentazioni del futuro all’interno delle quali il nuovo artefatto trova una collocazione che ne legittima la realizzazione, mostrando quali problemi risolve o quali soddisfa. In questa prospettiva è importante sottolineare due aspetti analizzati dalla sociologia delle promesse e delle aspettative sociotecniche. Da un lato le attese alimentate dagli scenari sociotecnici proiettati nel futuro agiscono sul presente mobilitando risorse, atteggiamenti e comportamenti a sostegno dell’innovazione che si sta costruendo, e dall’altro si tali scenari sono oggetto di una contesa tra i vari attori che cercano di imporre quelli a loro più favorevoli. È in questo senso che è stato introdotto il concetto di contested futures utile per ricordare che non è corretto, sociologicamente, parlare di futuro al singolare: i futuri in quanto orizzonti del possibile, sono tanti, anche se solo uno si invererà nel nostro presente. INNOVAZIONE E CONTROVERSIE PUBBLICHE Il processo che porta alla formazione di una nuova rete di attori è intrinsecamente controverso, poiché ne favorisce alcuni e ne penalizza altri. L’innovazione ha sempre un costo. Trattandosi di un processo di transizione da un mondo noto e stabilizzato ad un contesto nuovo e dunque sconosciuto, l’innovazione si Questa ulteriore transizione produce alcune conseguenze per la comunità scientifica, in particolare accademica, che si trova collocata in una posizione pressoché opposta a quella occupata nel modello lineare. Gli scienziati diventano uno degli attori di un sistema in cui la conoscenza e la sua produzione sono socialmente distribuite. Per la scienza accademica questo cambiamento si traduce nel suo allineamento con lo sviluppo economico e il suo ruolo attivo in quest’ambito differisce da quanto precedentemente ipotizzato nel modello lineare. in conclusione, possiamo affermare che queste successive transizioni a partire dal modello lineare delle politiche della scienza, hanno significato una radicale rivisitazione del ruolo della comunità scientifica, in particolare accademica, nell’innovazione e nella produzione di conoscenza: da luogo per eccellenza della ricerca fondamentale, non diretta a fini pratici e disinteressata, la scienza viene chiamata a produrre una conoscenza socialmente robusta. PERCHÉ È IMPORTANTE LA PARTECIPAZIONE DEL PUBBLICO ALLE DECISIONI SULLA SCIENZA E LA TECNOLOGIA? Con l’introduzione di un approccio sistemico all’innovazione, gli scienziati e in particolare quelli che operano nelle università e nei centri pubblici di ricerca, diventano solo uno fra i diversi attori sociali in campo, per esempio in un processo a tripla elica dell’innovazione che oltre all’università comprende governi e industrie. L’insieme di queste trasformazioni ha finito per sollecitare la progettazione e l’attuazione di strategie di coinvolgimento di una più ampia serie di attori sociali nella discussione e definizione delle politiche pubbliche e dell’innovazione. Il coinvolgimento degli utilizzatori di conoscenza scientifica o di artefatti tecnologici viene considerato come un modo per migliorare i processi di innovazione, non solo perché contribuisce all’accettazione e quindi alla diffusione di prodotti e servizi innovativi, ma anche perché permette agli ideatori e ai produttori di accedere alla conoscenza, quella tacita, che hanno gli utenti e consente di introdurre le soluzioni tecniche che meglio si adattano ai contesti di utilizzo. La maggior partecipazione del pubblico e degli stakeholders risponde infine a nuovi ed ambiziosi obiettivi di ridefinizione delle relazioni tra scienza e tecnologia. Le istituzioni considerano queste iniziative partecipative come parte di una strategia di promozione della cittadinanza e della partecipazione democratica. Questa democratizzazione dell’innovazione coinvolge i cittadini, utenti, consumatori e il loro gruppi organizzati nella produzione di conoscenza. Questi metodi di sperimentazione collettiva come, ad esempio, la community research o la biologia amatoriale. Per il decisore pubblico questa attenzione alla partecipazione, si è tradotta nella sponsorizzazione di numerose iniziative partecipative, tanto da far parlare di un’istituzionalizzazione della partecipazione pubblica nella scienza. Un esempio di questa istituzionalizzazione è l’approccio della ricerca e innovazione responsabile sviluppato nell’ambito dell’unione europea. In questo approccio il coinvolgimento degli attori sociali e dei cittadini nelle decisioni su scienza, tecnologia e innovazione cessa di essere l’obiettivo di specifiche iniziative e programmi di partecipazione per divenire un principio generale delle politiche della ricerca. Tramite questo approccio si vuole orientare l’attività di ricerca verso il raggiungimento di obiettivi sociali stabiliti in modo collaborativo e partecipato ARTEFATTI E MATERIALITÀ MATERIALITÀ E ARTEFATTI PER L’ANT E PER GLI ALTRI APPROCCI STS La scoperta del ruolo svolto dagli oggetti nel determinare il funzionamento di situazioni sociotecniche ha richiesto agli STS uno sforzo particolare per ripensare ai concetti di artefatto, materialità e capacità di agire. Inizialmente il ruolo svolto dagli oggetti materiali nella produzione e stabilizzazione di conoscenze e fatti tecno-scientifici è stato tematizzato dai primi lavori appartenenti all’approccio dell’actor network theory noto anche come sociologia della traduzione. La sociologia della conoscenza scientifica aveva già messo in luce che le verità della scienza possono affermarsi solo grazie ad alleanze di tipo sociale tra scienziati, gruppi di ricerca e istituzioni scientifiche. Conoscenze e fatti tecno-scientifici non sono liberamente disponibili all’indagine accurata dell’osservatore ma sono i risultati di un’attività intensa di reti di attori sociali che si alleano intorno al programma di affermare certe conoscenze e determinare certi fatti. Tali reti o alleanze non sono stabili, ma vanno stabilizzate in un continuo lavoro di manutenzione, anche perché quando le reti si sciolgono, le conoscenze e i fatti che esse sostengono vengono abbandonate. Nella sociologia della traduzione, una rete di questo tipo è chiamata precisamente attore-ree: un’entità che agisce come un unico attore pur essendo strutturata come una rete di attori. se una rete funziona efficacemente, giunge di solito a stabilizzare conoscenze e fatti tecno-scientifici a tal punto che questi ci appaiono come oggettivi e indipendenti da chi li ha creati. Ai fini del funzionamento efficace di un attore-rete non è rilevante che tutti gli attori che ne fanno parte siano dotati di intenzionalità e volontà, due concetti di cui gli STS generalmente fanno a meno, ma basta che essi contribuiscano agli effetti che producono al raggiungimento degli obiettivi. L’ANT ha richiamato l’attenzione su due idee fondamentali:  I fatti tecno-scientifici non sono dati, ma costruiti  Nella loro costruzione un ruolo centrale spetta agli attori non umani Non si può comprendere il significato di un artefatto prescindendo dagli interessi, dalla cultura, dall’azione dei gruppi sociali pertinenti. È importante sottolineare la differenza tra oggetti intesi come mediatori, e intermediari stilata da Latour:  Mediatore: quando un attore sociale da un contributo allo svolgimento delle azioni che non è riducibile alla mera trasmissione passiva di un contributo altrui. Sono dotati di una propria agency  Intermediario: è una presenza passiva e inerte nella catena di azione. Quando descriviamo un artefatto indichiamo quali possibilità, concessioni, divieti ed obblighi esso rende possibili, e come sulla base di questi, le competenze e azioni vengono ridistribuite all’interno di una data situazione. La descrizione di artefatto consente di analizzare il suo contributo all’azione e consiste nella descrizione del suo script o programma di azione. Un ruolo particolare nella descrizione dei fatti va dato ai cosiddetti oggetti liminari, cioè quegli oggetti che si collocano al confine tra due o più mondi sociali e ne consentono la coabitazione. Svolgono un ruolo importante nel creare e conservare l’accordo tra mondi sociali differenti. Gli artefatti svolgono un ruolo centrale nello svolgimento delle pratiche sociali, che sono forme di azione con caratteristiche particolari. Hanno la capacità di incorporare pratiche sociali e stabilizzarle dato che sono capaci di costringere le azioni degli individui ad allinearsi alle condizioni poste dalla pratica. Ciò significa che le funzioni degli oggetti non possono essere pienamente progettate dall’ingegnere o dal designer, nemmeno nel caso degli artefatti tecnologici, poiché la loro azione nel mondo non è stabile e può variare con il variare delle pratiche in cui sono inseriti. Il concetto di attante per indicare l’entità che agisce e produce effetti sulle altre entità, Latour ha introdotto il concetto di attante in un nuovo significato: indica qualunque entità che agisca, indipendentemente dal suo statuto ontologico, dalla misura della scala e dalle sue caratteristiche specifiche IL RUOLO DELLA MATERIALITÀ NELLA VITA QUOTIDIANA Knorr-Cetina ha definito la società in cui viviamo come la società della conoscenza post-sociale, in cui ogni ambito della nostra vita è caratterizzato da tecniche che hanno origine nelle pratiche tecno-scientifiche. Ciò vuol dire che i ricercatori che studiano il mondo contemporaneo si trovano in situazioni simili a quelle in cui si trovarono i primi etnografi di laboratorio scientifici, situazioni in cui gli artefatti sono endemici e partecipano al dispiegarsi delle azioni e alla costruzione di sapere. La rilevanza di questa riflessione dipende da tre fattori: 1. Originalità: perché i metodi e le cornici rappresentativi degli STS permettono di rendere conto di aspetti e fenomeni relativi ad artefatti e materialità precedentemente trascurati nelle scienze sociali 2. Adeguatezza: perché tenere in considerazione il ruolo di artefatti e materialità consente di avere maggiore sensibilità per cogliere l’articolazione delle pratiche sociali che scandiscono il nostro quotidiano e consente di rendere empiricamente conto di dinamiche sociali complesse che permettono di comprendere il locale con il globale, la struttura con l’agency individuale. 3. Efficacia: perché il nuovo approccio rende possibile il superamento di alcuni limiti epistemologici e metodologici delle scienze sociali dovuti alla mancata attenzione per le mediazioni operate da artefatti e materialità. L’approccio STS si si applica alle sfere d’azione dell’economia e dell’arte.  Economia: la ricerca attorno alle pratiche economiche ha visto spesso economisti e sociologi contrapporsi sulla teoria dell’homo oeconomicus: secondo la quale il comportamento umano è la conseguenza di un calcolo razionale per ottimizzare i propri interessi L’approccio ANT all’economia sviluppato da Callon vede nella scienza economica una pratica performativa, i cui modelli servono per creare, regolare e gestire dei mercati, più che per descrivere le dinamiche. Gli effetti performativi non sono automatici, ma dipendono dalla costruzione di complessi di agencement, che nel caso di pratiche economiche riguardano, oltre agli umani, progetti di calcolo, utensili e oggetti tecnici.  Pratiche artistiche: la sociologia dell’arte si è distinta da altri tipi di ricerca sulla produzione e ricezione estetica per essersi focalizzata su ciò che c’è intorno alle opere e alla loro fruizione. Ha assunto che tale intorno crei le condizioni, per l’emergere di opere, artisti e pubblico e quindi ne offre la spiegazione. A questa impostazione il sociologo della musica Hennion oppone un approccio fondato sul concetto dell’ANT di mediazione. Esso permette di esaminare l’opera e la sua fruizione descrivendo nel dettaglio i gesti e i corpi ecc.…. la musica, forma espressiva, che al di fuori della performance sparisce, lasciando solo gli artefatti materiali attraverso cui è stata prodotta e fruita, è stata un’importante area di scambio tra STS e sociologia dell’arte. GLI UTILIZZATORI INNOVATORI Il riconoscimento dell’importanza del ruolo nell’innovazione sociotecnica ha aperto un ampio spazio di indagine su pratiche che coinvolgono users attivi. Visto il loro ruolo attivo gli utilizzatori sono sempre più in spesso considerati come agenti del cambiamento tecnologico. L’innovazione, perciò, è vista come uno degli esiti possibili dei processi creativi e non predeterminanti che si sviluppano nella sfera dell’uso. Per descrivere questi processi sono stati usati due concetti: Addomesticamento: (Silverstone) descrive il processo attraverso cui le tecnologie della comunicazione vengono introdotte nella vita quotidiana, utilizzando una metafora etologica, come gli animali, devono essere addomesticate cioè rese coerenti con la vita sociale degli esseri umani. L’appropriazione delle tecnologie mediali include allo stesso tempo un lavoro simbolico, in cui le persone creano o trasformano i significati inscritti nella tecnologia, e un lavoro pratico, in cui gli utenti sviluppano comportamenti e usi delle tecnologie coerenti con le proprie routine quotidiane, in linea con una prospettiva caratteristica degli STS. Silverstone identifica 4 fasi attraverso cui si svolge l’addomesticamento: i. Appropriazione: si verifica quando una tecnologia viene acquistata ii. Oggettivazione: una tecnologia viene collocata in un contesto domestico, rivelando così le norme culturali che regolano la vita di ciascuna famiglia iii. Incorporazione: si verifica quando gli oggetti tecnici vengono integrati nell’uso e nelle routine quotidiane iv. Conversione: riguarda il modo in cui un particolare uso delle tecnologie diventa parte dell’identità dei membri della famiglia L’addomesticamento può essere visto come un processo fondamentale nella co-costruzione di società e tecnologia. Appropriazione tecnologica: insieme dei processi di co-costruzione sociotecnica che emergono dall’uso delle tecnologie. Anche questo concetto fonda sull’idea che l’innovazione possa emergere dall’uso, ma a questa visione aggiunge un elemento fondamentale negli STS che riguarda le asimmetrie di potere legate all’innovazione. Si riferisce alla continua circolazione delle tecnologie tra centro e periferia, tra alto e basso, tra gruppi sociali con più o meno potere, da cui emerge un processo idealmente infinito di innovazione, in cui gli users svolgono un ruolo fondamentale. Chiaramente le circostanze in cui gli utilizzatori agiscono come innovatori sono differenziate e comprendono casi in cui essi inventano nuovi oggetti tecnici, casi in cui sviluppano usi innovativi di tecnologie progettate per altre applicazioni, Englash ha elaborato tre teorie analitiche di appropriazione creativa: la reinterpretazione, l’adattamento e la reinvenzione. Tutte forme di innovazione che emergono dall’uso, ma che si differenziano per il diverso ruolo degli utilizzatori, che può essere più o meno attivo. Un’appropriazione più attiva è rappresentata dall’adattamento, che si riferisce ai casi in cui gli utilizzatori modificano sia il significato sia l’uso delle tecnologie. L’adattamento può assumere la forma, ad esempio, della scoperta delle funzioni latenti di una tecnologia, che non erano previste in origine dai progettisti. Il caso più radicale di appropriazione creativa è definito reinvenzione e consiste in una trasformazione complessiva del significato, dell’uso e della struttura fisica di una tecnologia. La reinvenzione viene definita da Englash come la creazione di nuove funzioni attraverso la modifica strutturale della tecnologia. GLI UTILIZZATORI RESISTENTI E I NON UTILIZZATORI Nel tempo l’analisi delle relazioni tra utenti e tecnologie ha iniziato ad arricchirsi di nuove riflessioni sui fenomeni di resistenza all’innovazione da parte degli users. Le prime riflessioni sulla resistenza all’innovazione da parte degli users. Le prime riflessioni sulla resistenza all’innovazione da parte degli utilizzatori sono state sviluppate da economiste e studiosi di marketing che indagavano le pratiche di consumo. In questo contesto, la resistenza era identificata con il rifiuto, da parte di consumatori e utilizzatori potenziali, di adottare nuovi beni e servizi e gli studi di questo tipo erano finalizzati principalmente alla definizione di strategie che permettessero alle imprese di minimizzare il rigetto di nuovi prodotti da parte dei consumatori. La resistenza era concepita in termini negativi, come un’opposizione al consumo: una predisposizione psicologica ostile, dovuta alla percezione di una minaccia che poteva diffondersi tra i consumatori quando l’innovazione confliggeva con le loro abitudini o con il loro sistema di credenze. Essa era interpretata, secondo una visione lineare dell’innovazione, come un ritardo momentaneo nel processo di adozione delle tecnologie. Negli anni novanta questa prospettiva, che interpretava la resistenza dal punto di vista delle imprese dandone una definizione puramente negativa, come deficit nella predisposizione ad adottare l’innovazione da parte degli utilizzatori ritardatari o emarginati. È stato particolarmente significativo il contributo dello psicologo sociale Martin Bauer, che ha evidenziato come la resistenza contribuisca attivamente al cambiamento sociotecnico. Che si presenti in forma attiva o passiva, individuale o collettiva, la resistenza attira l’attenzione sugli aspetti problematici dell’innovazione, incrementa la consapevolezza degli attori in campo, e stimola il riadattamento delle nuove tecnologie contribuendo al processo di innovazione. Questa visione della resistenza come risorsa è stata accolta anche dagli STS, in particolare dagli approcci che adottano l’approccio SCOT. Questi studiosi hanno evidenziato che la resistenza all’innovazione non è un atto individuale ed eroico, ne frutto dell’irrazionalità degli utilizzatori, ma deve invece essere considerata come il risultato dell’interazione tra attori, culture e rappresentazioni differenti all’interno dei processi di cambiamento sociotecnico. Ronald Kline identifica tre forme di resistenza: 1. Scelta di non acquistare o non usare una tecnologia 2. Riguarda i casi in cui gli utilizzatori intraprendono azioni concrete di opposizione allo sviluppo di una tecnologia 3. Uso di una tecnologia per scopi non previsti, diversi da quelli individuati dai produttori. I fenomeni di resistenza sono quindi diversi e possono comprendere forme di non appropriazione così come di appropriazione creativa della tecnologia. Tutte queste forme di resistenza, però sono assimilabili in base ad un elemento comune: sono tutte espressioni della capacità degli users di influenzare attivamente il cambiamento sociotecnico. Gli utenti resistenti che si rifiutano di appropriare certe tecnologie rientrano infatti in una caratteristica più ampia in cui è possibile ricondurre forme di non uso differenti, che possono essere volontarie o involontarie. Thomas e Terranova propongono una tassonomia del non-uso individuando quattro categorie di non utilizzatori: 1. Resistenti: non hanno mai usato una tecnologia su base volontaria, perché contrari per qualche motivo 2. Rigettatori: hanno usato la tecnologia ma l’hanno successivamente e volontariamente abbandonata 3. Esclusi: coloro che non hanno mai usato una tecnologia perché non hanno potuto accedervi 4. Espulsi: coloro che hanno smesso di utilizzare una tecnologia perché forzati a farlo in qualche modo. MANUTENZIONE E RIPARAZIONE DEGLI OGGETTI TECNICI Negli STS questo tema è stato oggetto di analisi a partire dai contributi seminali di Star, Laet e Mol che per prime hanno puntato l’attenzione su sull’importanza di esaminare la vulnerabilità delle reti sociotecniche e il costante lavoro di manutenzione a cui sono sottoposte. Manutenzione e riparazione, oggi al centro di un ampio dibattito e di un nuovo ambito di studi interdisciplinare chiamato, maintenance and repair studies, devono la propria rilevanza, come oggetto di studi di analisi alla loro capacità di generare nuovi modi di pensare la tecnologia, la sua relazione con la società e le sue traiettorie storiche. Le tecnologie, infatti, dopo essere state create e introdotte nella società, vi rimangono e vi circolano per molto tempo. Di conseguenza instaurano relazioni multiple e cangianti con diversi contesti e gruppi sociali, richiedendo agli studiosi di tecnologie di dar conto di ciò che accade lungo tutto il corso di vita. Le tecnologie si deteriorano, smettono di funzionare, e chiedono di essere costantemente riparate. Si tratta di un lavoro di ordinario ma che rimane invisibile quando l’analisi è troppo sbilanciata sul nuovo. Questo lavoro è solitamente lasciato al personale tecnico, ma in molti casi sono gli stessi users ad occuparsene, con una serie di implicazioni rilevanti. Manutenzione e riparazione sono attività attraverso cui continuamente si produce innovazione, spesso grazie agli users. Riparando le tecnologie, gli utilizzatori imparano a conoscerne i principi di costruzione e funzionamento in maniera più profonda e acquisiscono abilità tecniche che permettono di modificare e innovare oggetti tecnici progettati da altri. Un altro spunto di riflessione riguarda il modo in cui le tecnologie divenute obsolete, abbandonate dai loro produttori, sopravvivono grazie agli utilizzatori, quando questi ultimi attribuiscono a tali oggetti una rilevanza tale da giustificare la riorganizzazione della loro distribuzione e il lavoro di riparazione necessario ad estendere il ciclo di vita. Possiamo infine notare che la digitalizzazione ha fatto emergere con forza, importanti questioni relative alla sostenibilità ambientale e alle asimmetrie di potere tra intermediari, consumatori e utilizzatori, che dipendono fortemente dal modo in cui la società gestisce e distribuisce il lavoro di manutenzione e riparazione. Gli STS hanno dato un contributo fondamentale alla comprensione di tali questioni, sia attraverso lo studio etnografico delle pratiche di riparazione, sia proponendo analisi più ampie dei regimi di manutenzione dominanti e delle possibili alternative che potrebbero apportare benefici alla società. INFRASTRUTTURE E STANDARD PROBLEMATTIZZARE LE INFRASTRUTTURE DELL’INFORMAZIONE Tutte le infrastrutture hanno una funzione, esistono per svolgere un’attività. Le infrastrutture dell’informazione sono il risultato dell’incontro fra un artefatto informativo e una qualsiasi attività umana. Le infrastrutture sono oggigiorno di grande attualità grazie allo sviluppo di piattaforme e di reti informatiche, presenti nella vita di tutti i giorni. Negli STS le infrastrutture e gli standard rappresentano temi di indagine cruciali e offrono una visione meno apocalittica rispetto a molte altre che circolano invece nell’ambito delle scienze sociali. In particolare, l’approccio STS definito ecologico, evidenzia come nessuna infrastruttura o piattaforma possa esistere e mantenersi in attività senza che vi sia una convergenza con altre strutture sociali, tecniche o materiali. Le infrastrutture raggiungono così il loro fine, che è quello di rendere possibili numerose attività, senza la necessità di considerare in modo consapevole i criteri, le scelte IL CONCETTO DI BOUNDARY OBJECT Oggetto liminare= elemento materiale o immateriale caratterizzato allo stesso tempo da robustezza e flessibilità. questo oggetto consente di cooperare nonostante la diversità senza che vi sia completo consenso sul significato e l’importanza dell’oggetto stesso. STANDARD E STANDARDIZZAZIONE Alla base della digitalizzazione e delle infrastrutture dell’informazione si trova quell’enorme processo di raccolta e organizzazione dei dati che rappresenta uno snodo cruciale per il flusso continuo di attività e informazioni nel mondo digitale. I dati hanno spesso origini e forme diverse, ma occorre farli confluire nella stessa struttura informativa, in modo da costituire l’ordito delle infrastrutture e delle piattaforme. I dati si presentano come una relazione tra un oggetto e una sua rappresentazione numerica. Lo strumento fondamentale è rappresentato dalla loro classificazione, cioè dal raggruppamento in classi che ne interpretino le qualità e favoriscano la loro integrazione in data set o in database complessi. La classificazione si esprime sottoforma di standard soprattutto nei metadati, cioè classi di dati che al loro interno contengono una descrizione delle caratteristiche dati intrinseche ed estrinseche e hardware previsti. Benchè la classificazione dei dati abbia una storia molto antica, nei database essa diventa fondamentale soprattutto per garantire l’interoperabilità fra database e sistemi. I metadati sono forme di classificazione che si prestano a diventare standardizzate e favoriscono lo scambio e la circolazione dei dati STANDARD E CLASSIFICAZIONI Standard= classificazione dei dati resa operativa Ogni forma di classificazione può diventare uno standard, cioè diventare operativa come norma o convenzione di riferimento per consentire e organizzare una certa attività di elaborazione e scambio dei dati: gli standard, di conseguenza, non sono altro che un punto di passaggio obbligato di un processo che porta un insieme di classificazioni a diventare forme convenzionali di organizzazione dei dati. Se gli standard non sono altro che classificazioni rese operative, cioè trasformate in convenzioni o norme che regolano i comportamenti relativi all’interconnessione e ai flussi. Secondo Lampland e Star le caratteristiche degli standard sono:  Nidificazione: ogni standard è collegato o innestato su altri standard, in suite esplicite (protocolli) o impliciti attraverso sistemi tecnici che possono riguardare intere nazioni o singole organizzazioni.  Distribuzione: in modo ineguale nei diversi ambienti d’uso, gli standard possono adattarsi bene in alcuni ambienti e costituire un problema in altri  Etiche e valori: essi si codificano, incorporano e e prescrivono in etiche e valori. Insomma, gli standard promuovono l’articolazione di relazioni sociotecniche identiche in luoghi diversi. L’esistenza degli standard contribuisce in modo decisivo alla stabilità di tutti i dispositivi e in particolare delle infrastrutture, consentendo l’aggancio dei dispositivi ad altri dispositivi seguendo regole precise. LO STANDARD COME DISPOSITIVO DI COOPERAZIONE TRA MONDI SOCIALI Lo standard è probabilmente tra tutti i tipi di boundary object quello che rende più stabile la cooperazione tra diversi mondi sociali. Poiché un boundary object permette ad un gruppo di persone diverse di lavorare assieme senza che vi sia necessariamente consenso, spesso si enfatizza l’idea che il boundary object sia interpretabile da ciascun gruppo a modo suo. Ma questo non si limita ad essere dotato di flessibilità interpretativa; altrettanto importante è la sua funzione di cooperazione e incontro con la diversità dei mondi sociali con cui viene a contatto. Lo standard ha dunque la forza dell’autorità che stabilisce nella sua cogenza. La forza dello standard è l’autorità, è l’esito finale di conflitti e negoziazioni tra diversi gruppi sociali e interessi spesso contrastanti. LO STANDARD COME DISPOSITIVO DI INCLUSIONE/ESCLUSIONE La spinta continua alla classificazione e alla standardizzazione, essendo una riduzione della complessità e della diversità crea continuamente categorie residuali. Alla luce della pervasività dei sistemi e dei processi di classificazione, come Bowker e Star notano, diversità ed eterogeneità sono viste come eccezioni. Quindi gli standard e prima ancora la classificazione, sono potenti dispositivi anche di esclusione. Le classificazioni e standard creano orfani, di collocazione, di appartenenza o di categoria, la cui traiettoria finisce nella casella altro, nel territorio del non standard, nella marginalità che è eccezione, quando non devianza dalla norma e dallo standard. Alla luce dell’esclusione che classificazioni e standard producono, diventa allora cruciale riflettere su come preservare la molteplicità dell’ecologia e delle traiettorie di appartenenza a diversi mondi sociali nella progettazione e nell’uso delle infrastrutture, affinché queste non diventino, assemblaggi eccessivamente escludenti e marginalizzanti. AMBIENTE E SOSTENIBILITÀ SCIENZA, TECNICA E QUESTIONE AMBIENTALE Ambiente= qualcosa che sta intorno (a qualcos’altro). Il termine indica pertanto una relazione. Però in questo ambito parlare di ambiente significa in qualche modo evocare la questione ambientale o la crisi ecologica. Qual è il ruolo della tecnoscienza in questa questione? Esso è triplice: 1. Se gli esseri umani da sempre modificano l’ambiente, sono la scienza e la tecnologia moderna ad averne amplificato la portata di tale intervento e dei relativi benefici e lati negativi. 2. Le scienze e gli apparati tecnici di cui essi si avvalgono per approfondire le proprie conoscenze consentono di precisare entità e caratteri della medesima crisi 3. Scienza e tecnologia sono spesso indicate come unica o principale risorsa per rispondervi. SCIENZA E NATURA UN RAPPORTO CONTROVERSO LA FINE DELL’INNOCENZA Un’incrinatura profonda si apre nella coscienza collettiva nell’estate del 1945. L’esplosione delle bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki mostra con drammatica evidenza da un lato la potenza raggiunta dalla tecnoscienza ma anche l’ambivalenza di questa potenza sia creatrice che distruttrice. Gli STS molti anni più tardi si occuparono di approfondire sia la disponibilità del sapere scientifico e degli artefatti tecnologici più disparati, ma anche di quelli moralmente deplorevoli. È la stessa ideazione dei quesiti di ricerca, di disegni sperimentali e di artefatti non è indipendente dal contesto socioculturale in cui gli scienziati si trovano a formarsi e operare, con il suo bagaglio di valori, interessi, preferenze, pregiudizi, diseguaglianze e rapporti di potere. TRENTA GLORIOSI E LA CRISI Nei decenni successivi alla fine della Seconda Guerra mondiale si assiste ad una sorta di doppio movimento. Da una parte il lato oscuro della tecnoscienza si manifesta in molti modi, dagli incidenti industriali e nucleari, all’emersione degli effetti a lungo termine dell’uso massiccio di pesticidi. Allo stesso tempo cresce velocemente la sensibilità popolare verso l’ambiente. Dall’altra, il periodo che va dal dopoguerra all’inizio degli anni Settanta è quello del boom economico, l’industrializzazione accelerata. Periodo in cui corrisponde la “Grande accelerazione”. Questi stessi anni vengono però anche chiamati i trenta gloriosi, poiché al miracolo economico corrisponde lo sviluppo dello stato sociale. In questa cornice, malfunzionamenti, inquinamento e analoghe occorrenze vengono rubricate come effetti imprevisti, incidenti di percorso, spiacevoli ma giustificabili alla luce della cumulatività della conoscenza scientifica e della conoscenza scientifica, tali dunque da non revocarne in discussione fondamenti, scopi e benefici. Critiche e proteste vengono classificate come frutto di diffidenza dovuta ad incomprensioni nei confronti dei saperi più esoterici e apparati tecnici sempre più complicati. Ora però lo spettro dei limiti riemerge violentemente sottoforma di instabilità climatica, degrado biochimico, costi di estrazione crescenti. A ciò si aggiunge nel 1973, una crisi energetica che mostra la fragilità alle perturbazioni esterne del sistema socioeconomico instauratosi nel dopoguerra (fordista). I trenta gloriosi, quindi, terminano in una tempesta perfetta. LA RISPOSTA ALLA CRISI: SOSTENIBILITÀ E MODERNIZZAZIONE ECOLOGICA La risposta alla crisi avrebbe potuto puntare nella direzione auspicata, cioè ad una stabilizzazione del sistema del sistema economico in linea con l’idea di equilibrio sistemico, propugnato dall’ecologia anche tramite un rafforzamento dell’intervento statale. Le cose sono andate diversamente, per ragioni complesse e in parte ancora oggetto di discussioni. La crescita è ripresa, ma l’assetto economico e il suo rapporto con la tecnoscienza sono cambiate radicalmente. Nel modello post-fordista non è più la domanda che determina l’offerta, ma piuttosto il contrario, ciò implica una liberalizzazione dei mercati. Fulcro dell’innovazione sono i settori emergenti delle scienze della vita e dell’informatica. Da oggetto di critiche crescenti la tecnoscienza torna alla ribalta come fonte di soluzioni alla crisi ecologica, la cui stessa configurazione assume valenze diverse, nella misura in cui in una varietà di ambiti disequilibrio e imprevedibilità non sono più considerate eccezioni ma la regola. si tratta di promuovere una modernizzazione ecologica che vede crescita e tutela dell’ambiente come gioco a somma positiva; un’industrializzazione che faccia leva suisul mercato e sull’internalizzazione della salvaguardia ambientale nelle strategie d’impresa, trasformandola in opportunità e miglioramento cooperativo. Il fine è soddisfare i bisogni della generazione presente senza compromettere quelli della generazione futura. La seconda è propugnata da chi, come l’economia mainstream, e gran parte delle forze politiche e industriali ritiene che la tecnologia possa rimpiazzare la natura, sia direttamente come quando il principio attivo contenuto in una pianta viene sintetizzato in laboratorio, sia modificando gli organismi in modo da renderli più produttivi. Per cogliere la variazione dei toni con cui il rapporto tra tecnoscienza, ambiente e sostenibilità è stato declinato è sucìfficiente confrontare l’idea originaria di modernizzazione ecologica, tecnologicamente gradualista e politicamente riformista, con quella di ecomodernismo, secondo cui per evitare il collasso economico ed ecologico si deve disaccoppiare società e ambiente grazie ad una accelerazione tecnologica sempre più spinta. DALLA MEDICINA SCIENTIFICA ALLA TECNOSCIENZA BIOMEDICA Gli STS si sono occupati di approfondire anche il tema della BIOMEDICINA: Il neologismo biomedicina denota quindi un campo disciplinare ibrido, dove i confini fra clinica ,scienza, accademia e industria sono definitivamente sfumati. Gli studiosi STS sono dunque interessati a comprendere le relazioni tra la biomedicina e i diversi contesti culturali, politici ed economici con particolare attenzione alle dinamiche tra le pratiche locali e i processi globali di produzione e circolazione di conoscenze e tecnologie. TECNOSCIENZE E PROCESSI DI BIOMEDICALIZZAZIONE: LO SGUARDO STS ALLA BIOMEDICINA Il lavoro dei professionisti della salute (medici di famiglia, scienziati impegnati nei centri di ricerca biomedica, personale paramedico o medici specialisti) viene realizzato oggi, in misura crescente, all'interno di ambienti ad alta intensità tecnologica. In questi contesti, gli apparati tecnici contribuiscono a definire anche le relazioni tra i professionisti e gli utenti dei sistemi sanitari. Così facendo, non solo la malattia ma la salute stessa è diventata oggetto di attenzione tecnologica, al fine di ottimizzare il benessere globale della persona. A tal proposito, i test genetici diretti al consumatore (promossi anche attraverso spot pubblicitari televisivi o sui social) possono offrirci informazioni sulle nostre specificità genetiche e orientarci verso stili di vita più idonei. Al fine di comprendere questa esposizione della biomedicina ai processi di innovazione tecno-scientifico, gli STS si sono impegnati nell'indagine delle attività di cura e della ricerca scientifica congiuntamente, con l'obiettivo di portare alla luce le interazioni tra i soggetti, le organizzazioni, le tecnologie e le conoscenze scientifiche da cui emergono nuove opzioni facente parte dell'esperienza quotidiana, individuale e collettiva LA TEORIA DELLA BIOMEDICALIZZAZIONE Adele Clarke et al. La teoria propone un apparato concettuale capace di descrivere la crescente ibridazione delle attività di cura con saperi e strumenti attinenti ad altre scienze. Fattori chiave: 1. La trasformazione dell'organizzazione politico-economica della biomedicina: la crescente tendenza verso la mercificazione della salute e la privatizzazione dei sistemi sanitari; un ruolo più significativo è stato assunto dalle compagnie assicurative nella vendita di programmi di protezione sanitaria e dalle istituzioni private nel finanziare la ricerca; 2. Lo sviluppo di una biomedicina preventiva, basata su modelli di rischio e pratiche di auto-sorveglianza: i cittadini stessi sono diventati attori impegnati nel monitoraggio del proprio stato di salute quotidiano (tramite applicazioni di self-tracking o sensori indossabili); 3. la crescente onnipresenza della tecnoscienza anche negli spazi della medicina, ha prodotto come conseguenza una molecolarizzazione della biomedicina: ciò permette di leggere e interpretare le funzioni vitali in termini di meccanismi di codifica e trascrizione del DNA; 4. La complessificazione delle forme di produzione, condivisione e consumo di conoscenza biomedica: i media non sono più solamente fonti per acquisire informazioni, ma identificano veri e propri spazi di discussione. Ad oggi, infatti, le informazioni sulla salute e sulla malattia circolano sempre di più attraverso contesti mediali (internet, social network e pubblicità). 5.la trasformazione dei corpi attraverso strumenti, conoscenze e interventi volti non solo a curare, ma anche a migliorare o "ottimizzare" gli stili di vita (doping in ambito sportivo). Questi cinque processi stanno riconfigurando gli assunti epistemici, le procedure sociotecniche e le relazioni sociali fra professionisti e utenti dei sistemi sanitari, introducendo profondi cambiamenti nelle relazioni fra biomedicina, salute e società LA COSTRUZIONE DELLA TECNOSCIENZA BIOMEDICA TRE FILONI DI RICERCA: 1. Costruzione della cura tra i laboratori e la clinica: questo filone si basa sui processi di produzione di nuove conoscenze biomediche , osservano il modo in cui i saperi esperti e i dispositivi tecnologici vengono generati e trasformati attraverso reti di relazioni che coinvolgono il mondo clinico e i laboratori di ricerca .Le pratiche scientifiche e mediche che hanno luogo in laboratori e in ospedali conducono alla identificazione di " oggetti" biologici chiamati da P. Keating e A. Cambrosio entità biocliniche Tali oggetti sono in grado di cambiare la vita quotidiana del soggetto e la sua identità , definita identità tecnoscientifica dei pazienti; il mutamento di quest’ultima dipende non solo dall'entità bioclinica ma anche dal cambiamento del confini tra attività di cura e ricerca scientifica , socialmente e storicamente situati . 2. Tecnoscienza biomedica nel quotidiano: studio del modo in cui la tecnoscienza biomedica riesce a trasformare i corsi di vita quotidiana delle persone. Le tecnologie mediche contemporanee non si limitano più ad operare rigidamente all'interno della polarità salute malattia, ma anche nel garantire ai pazienti il miglior futuro possibil. 3. Tecnoscienza biomedica nei media: un terzo filone di ricerca si occupa di come i media diventino luogo di discussione e costruzione della tecnoscienza biomedica. Essi svolgono un ruolo fondamentale non solo nella disseminazione di conoscenza, ma anche nella costruzione di complessi scenari di salute. LE PROTESI BIONICHE Possono essere considerate delle entità biocliniche che vanno a definire l’identità tecnoscientifica del soggetto. Le protesi infatti oltre a permettere al soggetto di svolgere attività quotidiane, lo aiutano anche a riconcettualizzare l’immagine del proprio corpo ATTIVISMO DEI PAZIENTI, SALUTE DIGITALE E N UOVA BIOECONOMIA. La biomedicina è il risultato di una rete di relazioni distribuite nello spazio e nel tempo. I cittadini, i pazienti, i media e le tecnologie hanno un ruolo centrale nella coproduzione delle forme e delle pratiche della cura e del benessere. Possiamo evidenziare tre temi chiave che negli ultimi decenni hanno impegnato gli studiosi della tecnoscienza biomedica, ovvero: 1. il ruolo delle associazioni dei pazienti nella ricerca biomedica; 2. le nuove configurazioni della salute digitale 3. il rapporto tra biomedicina e processi economici. IL RUOLO DELLE ASSOCIAZIONI DEI PAZIENTI NELLA RICERCA BIOMEDICA Negli ultimi anni, i cittadini si sono mobilitati sempre di più nel tentativo di democratizzare le decisioni riguardanti gli sviluppi della tecnoscienza. In ambito biomedico, la riduzione dell'asimmetria tra esperti e cittadini, insieme alla possibilità di accedere più facilmente a informazioni e conoscenze attraverso i nuovi media, ha stimolato la partecipazione attiva di gruppi informali e associazioni di pazienti alla ricerca scientifica. Una delle più importanti indagini realizzate a questo proposito è stata condotta da Steven Epstein, che ha analizzato il modo in cui negli Stati Uniti gruppi di attivisti hanno partecipato ai dibattiti sulle cause dell’AIDS. Con la sua ricerca Epstein ha potuto dimostrare che nel corso dello sviluppo della ricerca scientifica sull’AIDS, le competenze dei pazienti hanno avuto un ruolo cruciale per rinnovare in maniera più efficace le metodologie usate negli studi clinici dei farmaci. Vololona Rabeharisoa ha proposto una tipizzazione delle forme di mobilitazione delle associazioni dei pazienti, ognuna delle quali si caratterizza per delle specifiche relazioni di potere tra pazienti e i professionisti della salute. Il primo prende il nome di “modello ausiliario” perché circoscrive una forma di partecipazione in cui le organizzazioni dei pazienti agiscono in modo subordinato rispetto alle istituzioni mediche. Il secondo prende il nome di “modello emancipatorio” dove si evidenzia ancor più il protagonismo dei pazienti. L’ultimo è il “modello collaborativo” dove i pazienti sono i promotori della ricerca. LE NUOVE CONFIGURAZIONI DELLA SALUTE DIGITALE. Il crescente utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione a supporto della cura identifica l'ambito della «salute digitale». Le ricerche in questo campo hanno mostrato come internet e i nuovi media abbiano cambiato gli equilibri all'interno della tecnoscienza biomedica, permettendo ai pazienti non solo di accedere a un numero crescente di informazioni sulla salute, ma di produrle e condividerle in prima persona. Un'attenzione crescente è stata posta sulla cosiddetta medicina di precisione. Si tratta di un ambito finalizzato allo sviluppo di approcci terapeutici personalizzati sulla base di fattori genetici, ambientali e di stile di vita, dove gli individui possono impegnarsi in intense attività di automonitoraggio del proprio stato di salute, raccogliendo dati su tablet o smartphone. Barbara Prainsack ha ravvisato in tali pratiche delle forme di «lavoro invisibile» e non remunerato. Inoltre, Tempini ha osservato anche l'emergere di problemi legati alla qualità dei dati inseriti che possono seriamente compromettere l'affidabilità delle analisi condotte dagli scienziati. Nel complesso, ciò che si osserva è una crescente «dataficazione» della salute, ovvero il crescente monitoraggio di un insieme di aspetti della vita quotidiana che ora possono essere usati per scopi di ricerca. LA BIOMEDICINA COME VALORE ECONOMICO La tecnoscienza biomedica è caratterizzata in modo sempre più significativo da processi di «finanziarizzazione»: la ricerca scientifica è infatti strettamente legata a forme di proprietà intellettuale e sviluppo di brevetti commercializzabili. La crescente mercificazione della salute, insieme alla finanziarizzazione della biomedicina, configura quello che è stato definito biocapitalismo, nell'ambito del quale si osserva la crescente conversione in merce di dati medici con l'obiettivo di estrarne valore economico. All'interno del dibattito sul biocapitalismo, il principale ambito di indagine verte sul cosiddetto lavoro clinico, ovvero quell'insieme di attività e processi che alimentano l'industria e la ricerca biotecnologica, e in cui sono implicitamente coinvolte le persone hanno a che fare con la biomedicina. Il L’Information and Communications Technology (ICT) è vista come un’opportunità per lo sviluppo di pratiche di eguaglianza capaci di abbattere le gerarchie di potere che definivano ruoli e competenze di genere tradizionali. In particolare, gli STS vedono web e tecnologie come strumenti di scardinamento dell’ordine di genere che hanno trasformato le pratiche sociomateriali che definivano i confini tra sfera privata, domestica e lavorativa (diffusione del telefono e della messagistica istantanea). Le pratiche attraverso cui si realizza questo processo di ri-articolazione delle sfere pubblica e privata sono differenziate per genere. Lo sviluppo della robotica mette in luce che le pratiche di genere possono essere riprodotte, rafforzate o messe in discussione attraverso l’introduzione di nuovi dispositivi nei sistemi sociotecnici preesistenti. La robotica è intelligenza artificiale assemblata con dispositivi di rilevazione sensoriale, di manipolazione e di mobilità spaziale. Gli STS mostrano che la progettazione dei robot (quasi-umani o post-umani) come umanoidi è iscritta nella riduzione della fisicità a in-corporazione. Le pratiche attuali di recepimento della robotica nei sistemi sociotecnici rivelano il bisogno di inserire i nuovi dispositivi tecnologici in strutture sociali e culturali predisposte alla loro accettazione, attraverso il rafforzamento di stereotipi e gerarchie, tra cui di genere. Le disruptive technologies, cioè tecnologie che ci si aspetta producano effetti dirompenti su pratiche e sistemi sociali stabilizzati, possono favorire la ri-attivazione di valori e pratiche di stampo patriarcale, per diventare strumento di politiche sociali conservatrici. La prospettiva STS sul reciproco coinvolgimento o entanglement soggetto/oggetto, nella relazione tra progettista/robot come oggetto di studio/produttore di agency evidenzia il ruolo del testimone modesto come esterno al «teatro sperimentale», spettatore passivo, neutrale, disincarnato e privo di connotazione di genere e di posizionamento sociale. L'auto invisibilità e la trasparenza che caratterizza il testimone modesto rappresenta il cuore della critica dei feminist STS alla concezione della oggettività e universalità della scienza. TECNOLOGIE MEDIALI E RETI DIGITALI Lo studio dei media come oggetti autonomi si è sviluppato solo nel secondo dopoguerra, grazie soprattutto al lavoro di Marshall McLuhan (media studies), la cui idea centrale è racchiusa nella nota frase “il medium è il messaggio”. sottolinea che la rilevanza dei media nella società non riguarda solo i contenuti che vengono veicolati, ma anche le caratteristiche delle tecnologie mediali in quanto contribuiscono a dare forma ai contenuti e a costruire l'esperienza dei pubblici. Fa una distinzione, che spiega la tendenza verso un essenzialismo tecnologico, cioè l’idea secondo la quale le tecnologie mediali contengono caratteristiche date, dalle quali si possono dedurre le conseguenze che tali media hanno sulla società, tra:  Media caldi: stampa e radio  Media freddi: televisione e fumetti Gli STS rifiutano l'idea che i media possiedono un'essenza che li definisce a priori, sostenendo invece che le conseguenze delle tecnologie mediali sono il risultato di un processo che coinvolge gli aspetti tecnici, i contesti sociali e le pratiche concrete con cui le tecnologie vengono utilizzate dai pubblici. Un’altra prospettiva allo studio dei media si è sviluppata in Inghilterra e in Europa attorno ai cultural studies (oggetto di studio: ruolo della cultura all'interno delle società) che si focalizzano sugli usi concreti dei media da parte dei pubblici, per sottolineare la differenziazione presente all'interno di questa categoria. È solo a partire dal nuovo millennio, con la diffusione di nuove tecnologie digitali (rete Internet, smartphone), che gli studiosi di tecnologie iniziano a considerare i media come un tema cruciale. Gli STS adottano una definizione di media più attenta ai processi di progettazione e utilizzo concreto dei dispositivi mediali. Media= insieme di artefatti e oggetti, associati a determinati contesti sociali e collegati a pratiche e attività concrete che riguardano sia la produzione che l'utilizzo delle tecnologie mediali, coinvolgendo così anche le organizzazioni, i gruppi e le istituzioni rilevanti per il loro funzionamento.  Un primo contributo fornito dagli STS allo studio dei media riguarda lo studio dei processi di innovazione delle tecnologie mediali, della loro storia e degli elementi in gioco in questo processo. Gli STS considerano le tecnologie come il risultato di processi storico-sociali e criticano la visione lineare dell’innovazione e la tendenza a interpretazioni caratterizzate da un determinismo tecnologico. Sulla base di una visione deterministica, le reti digitali sono state spesso descritte come una nuova tecnologia in grado di rivoluzionare in positivo l'organizzazione della società e di migliorare la vita delle persone.  Lisa Gitelman, storica dei media, ha messo in discussione le forme lineari di ricostruzione dell'evoluzione dei media e ha evidenziato che la ricostruzione storica dei media non deve consistere solo nel mettere in fila una serie di innovazioni tecnologiche e connetterle al contesto, ma anche nel domandarsi come, all'interno di una società, si attribuiscono significati culturali a determinate tecnologie mediali e come questi significati mutino nel tempo.  -Decostruzione delle narrative delle tecnologie vincenti= tema centrale negli STS nei confronti della storia dei media, cioè tendenza a raccontare l'evoluzione dei media come una storia lineare e coerente, in cui strumenti tecnologici più avanzati ed efficienti sostituiscono vecchi media meno funzionali e produttivi.  Teoria dell'addomesticamento dei media: (Roger Silverstone) evidenzia che quando gli oggetti tecnologici sono introdotti nei contesti di vita quotidiana assumono significati e valori diversi da quelli immaginati dai produttori, dipendendo dalle caratteristiche culturali e sociali di tali contesti. Questo studio sottolinea che il lavoro di appropriazione delle tecnologie mediali include un lavoro simbolico, per cui le persone creano o trasformano i significati inscritti nella tecnologia, e un lavoro pratico, grazie al quale gli utenti sviluppano un uso delle tecnologie coerente con le loro routine. Silverstone mostra che i media presentano una doppia articolazione nel contesto sociale, cioè devono essere studiati sia per i messaggi che veicolano che per la loro forma tecnica, il loro utilizzo e i significati che acquisiscono all'interno dei contesti in cui vengono concretamente utilizzati. Da questo punto di vista, i pubblici dei media sono allo stesso tempo fruitori di contenuti e utenti di tecnologie mediali.  users studies: che si occupa di sottolineare il ruolo attivo degli utilizzatori delle tecnologie all'interno dei processi di innovazione ed è diventato un ambito di convergenza tra STS e media studies, in particolare su tre fronti: 1. addomesticamento delle nuove tecnologie mediali (es. diversi utilizzi delle tecnologie musicali) 2. ruolo degli utenti come agenti di cambiamento (es. hacking dove funzionamento della tecnologia viene sovvertito/capovolto dagli utilizzatori) 3. forme di resistenza nei confronti delle nuove tecnologie (es. ritorno o permanenza di tecnologie mediali superate come i vinili e le polaroid)  Ruolo delle tecnologie come oggetti materiali: la materialità dei media consiste nel pensare dei tecnologie mediali come artefatti concreti, dotati di particolare caratteristiche fisiche e funzioni tecniche, progettati in un certo modo e utilizzati concretamente dagli users a partire da questi vincoli materiali. Considerare dimensione materiale delle tecnologie mediali significa riconoscere che si tratta di oggetti definiti da caratteristiche tecniche, che tali caratteristiche sono progettate per funzionare in un certo modo e che, conseguentemente, i media hanno il potere di determinarne i possibili usi. L’interesse degli STS nei confronti delle tecnologie mediali è nato a partire dalla diffusione della rete internet come componente basilare della vita quotidiana a partire dalla fine degli anni Novanta. Una prospettiva di studio importante per lo studio delle reti digitali è stata quella incentrata sul concetto di infrastruttura, uno strumento teorico che ha messo in luce il fatto che le tecnologie mediali non sono oggetti isolati, ma devono essere considerati all'interno di una rete di relazioni materiali e sociali. Negli ultimi anni gli studiosi dei media hanno iniziato a utilizzare una prospettiva infrastrutturale per studiare le tecnologie mediali. Pensare i media come delle infrastrutture permette di sviluppare tre questioni: ▪ importanza dei processi di distribuzione dei contenuti mediali (oltre quelli di produzione e consumo) ▪ ruolo della materialità dei media ▪ contributo degli utilizzatori delle reti digitali (possono incidere sul funzionamento delle tecnologie mediali) Recentemente l'interesse per la dimensione tecnologica della rete internet si è spostato sull'importanza delle piattaforme digitali (servizi online come YouTube, Netflix), mettendo in luce che la circolazione dei contenuti mediali dipende dal funzionamento tecnico di tali infrastrutture, basate anche sull’analisi dei gusti e dei comportamenti degli utenti. Gli STS si occupano di studiare anche i meccanismi delle cosiddette società delle piattaforme, ovvero una società in cui il traffico sociale ed economico è convogliato da un sistema di piattaforme online. I tre principali meccanismi tipici del funzionamento delle piattaforme sono: - dataficazione: capacità delle piattaforme di tradurre le interazioni dell'utente in dati digitali - mercificazione: capacità di trasformare contenuti o attività sul web in valore commerciabile - selezione: capacità di proporre agli utilizzatori scelte predeterminate ALGORITMI DATI E PIATTAFORME  Dati: prodotto di un processo che assembla elementi eterogenei e hanno rilevanza nella società attuale: redendo pubblico ciò che normalmente non lo sarebbe, può provocare potenziali ripercussioni sulla sicurezza. Sono consultabili quasi in modo istantaneo da noi e contemporaneamente anche da altri (accessibilità) che coltivano la nostra stessa passione – e le relative app – attraverso le funzioni di condivisione ovunque si porti in dispositivo o device (mobilità). I dati rilevati dal dispositivo devono essere trasmessi, devono muoversi dallo strumento di rilevazione fino a raggiungere  App: software la cui progettazione prevede la comparsa di operazioni (sinteticità, accessibilità e mobilità) attraverso il dispositivo sui cui è installata grazie all’azione di algoritmi. Permette di avere gli stessi dati, resi in forma tabulare e grafica (sinteticità)in maniera funzionale. La complessità dei dati non risiede solo nelle specificità tecniche, ma anche e soprattutto nelle loro implicazioni sociali. In termini STS, queste implicazioni costituiscono e si rinnovano in una traiettoria coevolutiva di cambiamento sociotecnico che comprende oggetti tecnologici, il loro uso nelle pratiche quotidiane e il loto appoggiarsi a reti infrastrutturali che ne permettono il funzionamento. La forma con cui internet si presenta oggi nasce dallo sviluppo di un protocollo per la trasmissione e ricezione di dati – denominato http. La comunità hacker statunitense ha contribuito a modificare le modalità di trasferimento di dati, anticipando ciò poi è diventato internet. Gli hacker hanno sfruttato alcune suo utilizzo effettivo da parte degli utilizzatori e permette di studiare la tecnologia come pratica sociale. Concentrarsi su questa forma di tecnologia permette di evidenziare il lavoro invisibile degli utilizzatori che permettono a una tecnologia di diventare «usabile» nelle pratiche e nelle organizzazioni. Considerando il lavoro un processo di coordinamento di diversi elementi, gli STS si sono concentrati sui cosiddetti centri di coordinamento*, ovvero situazioni organizzative caratterizzate dalla presenza delle ICT a supporto dell’organizzazione e del coordinamento a distanza (es. le sale di controllo del traffico aereo o ferroviario). In questo modo, si definisce la tecnologia come pratica sociale mettendo in evidenzia che gli oggetti coinvolti nelle attività lavorative acquisiscono identità molteplici a seconda della loro rilevanza per la pratica lavorativa in cui sono inseriti. In realtà, prima dello studio dei centri di coordinamento, John Law aveva definito ingegneria dell’eterogeneo il processo che rende stabile nel tempo e nello spazio l’organizzazione di persone, testi e oggetti. Secondo Law, ciò che è definito «il sociale» è materialmente eterogeneo: discorsi, corpi, testi, macchine, architetture e altri elementi sono implicati nel sociale e nella sua performance. Sostituendo la parola «sociale» con «organizzazione» o «lavoro», in ottica STS, studiare le organizzazioni e il lavoro implica partire dal presupposto che questi siano il risultato dell’azione congiunta di umani, tecnologie e artefatti. Tale visione è anche alla base dell’approccio dell’ANT, il quale ha influenzato particolarmente gli studi organizzativi e del lavoro. L’idea è che l’ordine sociale e le organizzazioni sono costituite da attori umani e non-umani che si associano, si influenzano a vicenda e costruiscono delle reti di azione (action-nets). Lucy Suchman riprende il concetto di ingegneria dell’eterogeno per sottolineare come l’attività dell’organizzare richieda una continua performance di ciò che Latour ha definito allineamento di diversi elementi (tecnici, sociali, politici). Il concetto di ingegneria dell’eterogeneo intende quindi sottolineare che il lavoro di costruzione della tecnologia è anche un lavoro di organizzazione e, viceversa, che i processi organizzativi comprendono l’allineamento di numerosi artefatti. A seguito delle ibridazioni createsi tra STS e sociologia dell’organizzazione e del lavoro, il dibattito si è focalizzato sulla dimensione sociomateriale delle pratiche lavorative e dei processi organizzativi. Il concetto di sociomaterialità sottolinea che il sociale e il materiale sono legati indissolubilmente (materialità e socialità si producono assieme) e che le pratiche organizzative e di lavoro hanno sempre carattere sociomateriale. Questa prospettiva permette di non privilegiare il ruolo degli umani o della tecnologia, ma di vederli come un tutt’uno. La nozione di sociomaterialità sostiene che non esistano entità indipendenti con caratteristiche intrinseche e date a priori. EDUCAZIONE E FORMAZIONE Nella prospettiva della psicologia della cognizione (Olimpo), le tecnologie digitali sono considerate come un’opportunità di ampliamento dei processi di apprendimento e mere componenti aggiuntive al comportamento umano che lo accompagnano e influenzano, ma vengono sempre prima o dopo delle relazioni tra i soli attori umani. Anche nell’ambito della psicologia culturale e degli studi sociologici sui processi educativi la dimensione materiale dell’educazione ha occupato una posizione marginale. Gli approcci sociologici fondamentali in campo formativo sono racchiusi in due visioni che comunque hanno trascurato la dimensione materiale dei processi educativi:  funzionalismo: considera l’educazione come motore dell’integrazione e dell’ordine sociale, attraverso la continua riproduzione dei legami prodotti dai valori, collante dell’esperienza sociale e di quella scolastica  conflittualismo: interpreta l’educazione come un'azione sociale ispirata dal modello razionale, come il frutto di una scelta individuale orientata verso un fine e una spinta verso l’emancipazione essendo capace di attivare processi di mobilità sociale Progressivamente si è diffusa una terza visione, quella comunicativa: riconosce il contributo dei media alla costruzione dei processi educativi e formativi e che considera maggiormente gli oggetti e i dispositivi tecnologici rispetto alle precedenti. Nella prospettiva STS, la dimensione sociale e quella materiale vanno considerate insieme, in quanto le attività quotidiane sono la conseguenza di intrecci tra oggetti, tecnologie ed esseri umani che si assemblano e riassemblano di continuo. Le prime applicazioni dell'approccio STS in campo educativo risalgono all'inizio degli anni 2000, quando viene sviluppato e introdotto il concetto di sociomaterialità da Wanda Orlikowski per mostrare che la materialità è un aspetto fondamentale dell’attività organizzativa. Mette in luce il costante intreccio del sociale e del materiale, inseparabili nella quotidianità dell'azione organizzativa. Il concetto è indicato con un termine che mette le due dimensioni sullo stesso piano e indica la necessità di riconoscere il legame per comprendere le caratteristiche e il funzionamento delle organizzazioni. Focalizzarsi sulla sociomaterialità significa di analizzare i modi in cui le stesse politiche educative vengono progettate e tradotte in pratica come effetti emergenti dall’interazione e unione di attori umani e non umani. Gli oggetti materiali diventano portatori di disposizioni morali, così come di modalità d’azione. PROSPETTIVE FUTURE DELL’APPROCCIO STS IN EDUCAZIONE Un campo di interesse che si svilupperà in ottica futura nella ricerca educativa ispirata dagli STS è quello delle piattaforme digitali. Siccome la didattica si muove in misura crescente all’interno di infrastrutture, è fondamentale comprendere le trasformazioni che questi processi contribuiranno a produrre, come si trasformeranno le pratiche e i processi di apprendimento, quali metodi didattici si considereranno, quali competenze svilupperanno gli studi e come le scuole modificheranno l’organizzazione degli ambienti fisici che contribuiscono ai processi educativi. Un secondo ambito di applicazione degli studi STS potrà riguardare la costruzione di nuove visioni professionali da parte dei docenti. È importante guardare alle trasformazioni in atto nella professione dell’insegnante (come riconfigurano la loro professione), che è spinta a nuovi allineamenti con le tecnologie digitali in tutti i settori disciplinari e alla sperimentazione di nuovi approcci e metodi di apprendimento sempre più basati sulla partica. Un terzo ambito riguarda l’applicazione e l’adattamento del metodo etnografico da utilizzare come pratica formativa per favorire la consapevolezza e la valorizzazione delle relazioni tra gli attori umani e quelli non-umani nel contesto dei processi di apprendimento. Fornire agli insegnanti e agli studenti un punto di vista sociomateriale sui processi educativi in cui sono coinvolti può incoraggiare la formazione di pedagogie pratiche in azione in cui la materialità diventa un alleato della pratica educativa.
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