Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Global Marketing Management (Marketing communication e management), Schemi e mappe concettuali di Marketing

Appunti e sintesi dei materiali di Riboldazzi e Bisio

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2020/2021

In vendita dal 23/01/2022

massimo-risso
massimo-risso 🇮🇹

4

(6)

26 documenti

1 / 79

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Global Marketing Management (Marketing communication e management) e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Marketing solo su Docsity! MARKETING COMUNICATION GOVERNANCE E COMUNICAZIONE: Concetti chiave: 1. Governance: definizione OCSE: insieme di relazioni (non è un insieme di tecniche o strumenti), tra gli amministratori che governano l’impresa e gli stakeholder interni ed esterni; quindi la governance è certamente orientata al mercato, ma anche all’interno dell’impresa. 2. Stakeholder: due definizioni a distanza di 10 anni:
 - Freeman 1984: individui, gruppi o organizzazioni che possono influenzare o essere influenzati dal raggiungimento degli obbiettivi di un’organizzazione (ovviamente ci sono stakeholder più o meno forti, e quindi più o meno influenzabili/influenti); ovvero i portatori d’interesse, ma anche interlocutori, in quanto c’è una relazione/comunicazione tra impresa e stakeholder.
 - Freeman 1994: soggetti che partecipano al processo condiviso di creazione del valore; quindi se ben gestiti possono aiutare l’impresa a creare valore anche per gli shareholder, e quindi avere meno costi per raggiungere risultati migliori (sono soggetti attivi che possono lavorare con l’impresa, creando vantaggi per loro stessi, ma anche per l’impresa). 3. Accountability: Pezzani 2003: capacità di un’impresa di rendere il conto del proprio operato, non solo dal punto di vista contabile, quindi anche dal punto di vista sociale, ambientale e delle relazioni che l’impresa riesce a generare con il proprio mercato (accezione ampia per il mercato). MODELLO GOVERNANCE: Il modello di governance vuole identificare quali sono gli stakeholder d’impresa come categorie generali, e collocarli all’interno di una serie limitata di relazioni di governance. Es. hotel di lusso: La mappa degli stakeholder è importante ed è già uno strumento di comunicazione verso l’interno e verso l’esterno. Questa rappresentazione risulta minimalista, ma è interessante capire che gli stakeholder interni in questo caso sono due, mentre in altri casi potrebbero essercene altri; la rappresentazione dell’elenco degli stakeholder è una comunicazione non priva di contenuto, in quanto individua gli interlocutori. Sono presenti 4 attori fondamentali nel modello: 1. CDA: non è uno stakeholder, ma è il responsabile della governance (gestisce per l’impresa le relazioni con gli altri stakeholder); 2. Soci: stakeholder particolari, in quanto sono anche shareholder perché portatori di capitale; di governo interno. 3. Management (e tutto il personale): stakeholder; di governo interno. 4. Altri soggetti: di governo esterno; fra cui troviamo i vari stakeholder che possono essere collocati in una serie di aggregati ben definiti. 1 Per quanto riguarda soci e management (quindi relazioni di governo interno): • La relazione di governance che si genera tra l’impresa ed i stakeholder interni, è una relazione di governo interno (quindi anche senza mercato esterno, l’impresa ha già degli interlocutori importanti all’interno, a cui deve dire gli obbiettivi e dare riscontri sui risultati). 
 Per quanto riguarda gli altri soggetti (quindi relazioni di governo esterno): • Un blocco di relazioni e categorie di stakeholder significativi, si possono identificare analizzando l’impresa dal punto di vista dell’acquisizione delle risorse in senso lato; quindi fornitori di beni/servizi e finanziatori (di altro tipo oltre ai soci), sono soggetti con cui l’impresa deve entrare in relazione per essere attrattiva e per selezionare i migliori fornitori ai migliori prezzi (selezione a monte dei fornitori), allo stesso modo è molto utile comunicare con i finanziatori per accedere al mercato del capitale in modo più semplificato e a costi migliori. • Il modello input-output necessita di fare entrare in relazione l’impresa con i clienti, attraverso una relazione di governance sui risultati, perché è corretto che l’impresa comunichi i sui risultati, buoni o cattivi che siano. • Un altro elemento di relazione è il network privato-privato, cioè l’impresa privata verso altri soggetti privati (ad esempio la cooperazione competitiva mandando, nel caso di overboking, i propri clienti in altri hotel di lusso, oppure le agenzie di viaggio che sono convenzionate). • Un ulteriore elemento è il network pubblico-privato, ovvero le relazioni dell’impresa con soggetti pubblici, come regione (finanziamenti) o provincia, che possono influenzare notevolmente la vita di un’impresa. Intorno a queste 5 relazioni si possono collocare tutti gli stakeholder dell’impresa; in particolare uno stakeholder singolarmente, può collocarsi da più punti di vista nelle relazioni (es. dipendente comunale che usufruisce anche dei servizi comunali), quindi bisogna capire il singolo attore ed analizzarlo da più punti di vista. Ogni relazione di governance: • Richiede un confronto su interessi prevalenti, prerogative decisionali e sull’importanza degli stakeholder, quindi è molto importante che il management e il responsabile della governance dell’impresa risecano a capire se uno stakeholder è forte/debole, quali sono i suoi interessi e quali sono le decisioni che vorrebbe prendere su cose che interessano anche all’impresa; è necessario avere chiara la mappa degli stakeholder e quindi effettuare una programmazione. • Fa sorgere una necessità di accountability, e quindi rendicontare cosa fa l’impresa per garantire un’informativa corretta agli stakeholder. • Va supportata con strumenti che favoriscono l’inclusione, quindi si tratta di avere strumenti di comunicazione e di ingaggio (engagement) degli stakeholder, che sostengono questo tipo di relazioni. Relazioni biunivoche di governo interno: • Tra CDA e soci si ha una relazione biunivoca, dove i soci demandano poteri di amministrazione aspettandosi dei dividendi (in questo caso l’interesse prevalente del socio è avere dei dividendi). • Tra CDA e il management si ha una relazione biunivoca, dove il management concede il proprio lavoro in cambio di una retribuzione. Relazioni biunivoche di governo esterno: • Sulle risorse:
 - Tra CDA e i fornitori di capitale di prestito, si ha una relazione dove i fornitori concedono dei mezzi finanziari in cambio di interessi e commissioni.
 - Tra CDA e i fornitori di beni/servizi, si ha una relazione dove i fornitori contendono beni/servizi in cambio del pagamento di un corrispettivo. • Sui risultati:
 - Tra CDA e clienti, si ha una relazione dove i clienti si aspettano dei prodotti/servizi dall’impresa in cambio di un prezzo consono. • Per quanto riguarda le relazioni di network privato-privato e di network pubblico-privato, risulta meno immediato costruire questi scambi; bisogna indagare in maniera più specifica perché questi stakeholder sono molti e presentano aspettative molto differenti, infatti si generano scambi che dipendono dalla singola categoria degli stakeholder. 2 PESATURA DEGLI STAKEHOLDER: Grazie alla mappatura si può notare che gli stakeholder sono differenti e che possono essere suddivisi in categorie generali o specifiche (quindi si va ad analizzarli staticamente); la pesatura dei singoli stakeholder, invece, serve per considerare la caratura degli stakeholder stessi. La mappa degli stakeholder permette di rappresentarli e di considerare il loro posizionamento, quindi deve far emergere (sorta di elemento biunivoco): • Il livello di interesse verso l’attività dell’impresa; • La capacità di influire e/o condizionare l’attività dell’impresa. Ci possono essere combinazioni molto diverse; quindi risulta necessario che la mappa non si limiti ad una rappresentazione fotografica dell’insieme degli attori della governance, ma che aiuti anche a capire la caratura degli stessi. Gli stakeholder vanno pesati per: • Influenza: occorre coinvolgere gli stakeholder che sono in grado di influenzare in modo significativo le decisioni dell’impresa nell’ambito di azione considerato; quindi si adotta il criterio della rilevanza per mappare gli stakeholder. • Interesse: occorre coinvolgere gli stakeholder sui quali le attività dell’impresa esercitano un forte impatto, anche se non hanno un’influenza significativa sulle decisioni della stessa; quindi si adotta il criterio dell’inclusione. Matrice influenza-interesse: Si vanno a collocare gli stakeholder dopo averli rappresentati sul modello di governance; si hanno 4 combinazioni in base ai livelli incrociati di influenza e interesse. • Stakeholder essenziali: vanno coinvolti attraverso correte relazioni di governance. • Stakeholder appetibili: stakeholder non molto interessati, ma che hanno una forte influenza sull’impresa, e che quindi possono essere anche “dannosi” per la stessa; risulta opportuno coinvolgerli per minimizzare i rischi e/o per cogliere opportunità significative. • Stakeholder deboli: sul piano etico e sul piano d’immagine risulta doveroso coinvolgerli. • Altri: sono stakeholder che al momento sono inutili da coinvolgere, anche se non è del tutto giusto non considerarli in quanto possono evolversi nel tempo. Grazie a questa matrice si va ad arricchire la mappatura statica con la pesatura dei diversi stakeholder, quindi si va ad aggiungere la dinamicità. La matrice si compone di 7 item: Fattori di influenza (5): • Numerosità: numero di soggetti appartenenti alla categoria individuata; l’alto numero può risultare un indice di forza (es. tassisti), ma non è detto che il basso numero indichi un basso potere (es. pochi fornitori esistenti), inoltre anche un alto numero non sempre è accompagnato da un forte potere (es. micro-azionisti). 5 • Rappresentatività: capacità di essere portatori di interesse riconosciuti all’interno della collettività di riferimento (es. sindacato molto forte). • Risorse attuali e potenziali: risorse che gli stakeholder possono mettere a disposizione per l’attuazione degli obbiettivi (es. contribuiti a fondo perduto dello Stato). • Conoscenze e competenze specifiche: possesso di conoscenze e competenze rilevanti ai fini dell’attuazione delle politiche e degli obbiettivi (es. impresa con operai molto specializzati). • Collocazione strategica: collocazione nel processo di attuazione delle strategie o dei servizi erogati (es. controllo della catena di fornitura di servizi, posizione di immediato contatto con l’utenza e l’opinione pubblica). Fattori di interesse (2): • Incidenza: incidenza delle strategie o dei servizi oggetto di rendicontazione sulla sfera di azione e sulle finalità perseguite dalla categoria individuata (es. impresa che vuole localizzare la produzione presso un territorio, risulta un interesse per gli attori di quel territorio). • Iniziative di pressione: attuazione, da parte della categoria individuata, di iniziative di pressione secondo diverse modalità (sensibilizzazione, mobilitazione, protesta, …), per promuover e rivendicare i propri interessi o comunque per favorire una propria partecipazione al processo decisionale (più un soggetto è interessato, più effettuerà azioni per promuovere o rivendicare i propri interessi e più vorrà partecipare al processo decisionale). Esempio: hotel di lusso: Dopodiché si associano dei punteggi per arrivare ad una misura aritmetica con cui si potrà arrivare al posizionamento sulla matrice, attuando quindi una ponderazione; attenzione che, come è già stato detto, non significa che se un valore è B, allora sarà un valore numerico basso (es. basso numero di fornitori esistenti ma con un forte potere). Le ultime 3 colonne sono rispettivamente: 1. Il totale dei 5 fattori di influenza; 2. Il totale dei 2 fattori di interesse; 3. Il totale dei 7 fattori. Analizzando nello specifico: i soci (di controllo) risultato soggetti influenti ed interessati, avendo un alto punteggio di influenza e di interesse; i finanziatori, invece, hanno un buon livello di interesse, ma un livello più basso di influenza. 6 Questa misurazione quantitativa porta alla costruzione della matrice influenza-interesse: Definito il livello di influenza e di interesse degli stakeholder, è possibile evidenziare i loro temi materiali, cioè i temi importanti per gli stakeholder: In sintesi, ci troviamo di fronte solo a stakeholder di 2 tipi: • Alta influenza e alto interesse (stakeholder essenziali); • Bassa influenza e alto interesse (stakeholder deboli); Bisogna gestire le relazioni di governance con entrambe le tipologie di stakeholder: • Gli stakeholder essenziali vanno necessariamente coinvolti per favorire una efficace relazione di governance; • Gli stakeholder deboli è utile coinvolgerli per evitare eventuali danni d’immagine all’impresa (oltre che per motivi di etica d’impresa). Avere individuato i temi materiali è utile per: • Comprendere le esigenze degli stakeholder; • Definire sistemi informativi adeguati a gestire i contenuti materiali, garantendo informazioni agli stakeholder (in quanto se non so a cosa sono interessati, farà fatica a costruire sitemi informativi atti a dare le giuste risposte agli stakeholder); • Predisporre canali e strumenti di comunicazione efficaci. GOVERNANCE E STAKEHOLDER MANAGEMENT: STAKEHOLDER MANAGEMENT: Meloni 2006: “Processo di gestione efficace degli stakeholder, basato sulla capacità di ascolto di questi ultimi, con stabili canali di comunicazione”; i canali non devono essere un momento estemporaneo per cui si entra in relazione, ma devono essere stabili. 7 3. Partecipazione: si tratta anche questa di una reazione a due vie; si basa su una partnership tra organizzazione e stakeholder, nella quale gli stakeholder intervengono attivamente nella definizione del processo di partecipazione e del contenuto dei temi da affrontare (a differenza della consultazione). Questa tipologia di stakeholder engagement caratterizza tutti i percorsi inclusivi regolati da uno standard di engagement, e quindi da regole fissate da soggetti terzi. Quando bisogna costruire un rapporto da zero, questo risulta il livello di engagement migliore, sempre considerando che la responsabilità finale sulle scelte adottate rimane comunque in capo all’organizzazione. Livelli di stakeholder engagement e strumenti di comunicazione: • Informazione: pubblicazioni cartacee, pubblicazione informazioni su sito internet, house organ (periodico pubblicitario), convegni di presentazione, promozione sui mass media, newsletter. • Consultazione: questionari, incontri con categorie di stakeholder specifiche, forum online, interviste a campione. • Partecipazione: strumenti a supporto di percorsi inclusivi regolati da standard di engagement dettati da soggetti terzi che regolano la relazione fra impresa e stakeholder. CARTA DEI SERVIZI: Si tratta di un documento in cui un’impresa o un ente pubblico che erogano servizi definiscono gli standard del servizio erogato, e quindi chiariscono all’utente che cosa si deve aspettare dai servizi dell’impresa (es. standard IKEA). QUADRO NORMATIVO: Unione Europea: ha subito capito l’importanza di queste tematiche e le ha trattate con: • Libro verde sui servizi di interesse generale (2003): principi di riferimento per l’erogazione dei servizi di interesse generale (riflessione). • Libro bianco sui sevizi di interesse generale (2004): strategie UE per la promozione dei servizi di interesse generale. Italia: ci sono molte norme che impattano sul settore pubblico e privato, ma nonostante tutta questa spinta normativa in Italia questo strumento è ancora poco adottato e non creato secondo gli standard corretti. • DPCM 27/01/1994: principi sull’erogazione dei servizi pubblici, strumenti e tutela degli utenti. • Legge 273/95 art. 2: adozione delle carte dei servizi e schemi generali di riferimento. • Lg. 281/98 e D.Lgs. 206/05: disciplina per tutela consumatori e utenti; codice del consumo. • D.Lgs. 286/99 art. 11 (modificato da art. 28 D.Lgs. 150/09): qualità dei servizi pubblici e delle carte dei servizi; abrogazione art. 2 legge 11/07/1995 n. 273. • DPCM 23/03/2004: rilevazione della qualità percepita dai cittadini. • DPCM 19/12/2006: per una pubblica amministrazione di qualità. • “Memorandum” 18/01/2007: memorandum d’intesa su lavoro pubblico e riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche. • Art. 1 c. 461 Lg. 244/07: adozione delle carte della qualità dei servizi. • Delibera CIVIT n. 88/10: linee guida per la definizione degli standard di qualità. • Delibera CIVIT n. 3/12: linee guida per miglioramento strumenti per la qualità dei servizi pubblici. • Art. 32 D.Lgs. 33/13: pubblicazione della carta dei servizi o del documento contenente gli standard di qualità dei servizi pubblici. STATO DELL’ARTE: La ricerca di “Cittadinanza attiva” ha realizzato una banca dati di 400 carte dei servizi negli ambiti del trasporto, dell’energia, della PA, delle telecomunicazioni, delle assicurazioni, delle poste, dei servizi bancari e dei servizi stradali; in particolare si nota che in termini percentuali i più importanti sono quelli del trasporto, dell’energia e della PA, che insieme risultano il 94,40% delle carte analizzate. Da questa ricerca è emerso che: • Strumento di tutela ancora poco conosciuto dai cittadini e dagli operatori (più grave). • Scarso coinvolgimento dei cittadini e delle loro associazioni di tutela nella fase di stesura. 10 • Scarso coordinamento tra la singola carta dei servizi e gli indirizzi di sviluppo ed evoluzione della stessa organizzazione cui essa fanno riferimento; nella carta dei servizi ci sono scritte delle cose che non sono in linea con gli indirizzi strategici dell’impresa (spesso non si ha chiaro ciò che vuole fare il top manager). • Scarsa accessibilità, reperibilità e comprensibilità delle carte redatte. • Le carte si presentano ancora, eccetto in casi particolarmente significativi, come un’operazione di facciata (quasi una comunicazione pubblicitaria). FINALITÀ, STRUTTURA E CONTENUTO: Strumento inserito all’intero del processo di relazione sistematica che si instaura tra l’ente o l’azienda che eroga il servizio e l’utente (il fine è il processo di relazione), nell’ambito del quale: • Soggetto erogatore: 
 - Illustra le finalità (a che bisogno risponde il servizio che l’impresa eroga), le caratteristiche (del servizio), le modalità di accesso ai servizi e di compartecipazione ai costi da parte dell’utenza (parziale per il servizio pubblico o assoluta per il privato).
 - Garantisce il rispetto di alcuni standard di qualità relativi ai servizi erogati; quindi c’è un commitment, che in alcuni settori può portare a dei rimborsi per l’utente.
 - Prevede forme di tutela per gli utenti che ricevono prestazioni non coerenti con gli standard di qualità dichiarati. • Utente può:
 - Partecipare all’individuazione degli standard di qualità attraverso le associazioni dei consumatori che possono “sedersi al tavolo” con le imprese.
 - Conoscerli e verificarne il rispetto.
 - Ottenere forme di risarcimento in caso di mancato rispetto degli standard dichiarati. Nella definizione della carta dei servizi, emerge ancora una volta la relazione di governance tra soggetto erogatore ed utente. Finalità: 1. Comunicazione:
 - Informazione e criteri di accesso ai servizi;
 - Partecipazione degli utenti alla verifica degli standard;
 - Segnalazioni e proposte di miglioramento. 11 2. Valutazione e miglioramento:
 - Modalità di definizione di indicatori e standard;
 - Valutazione dei risultati e verifica degli standard;
 - Obbiettivi di miglioramento;
 - Raccordo con il sistema di programmazione e controllo. 3. Tutela:
 - Adozione degli standard di qualità;
 - Procedure di reclamo/ricorso;
 - Modalità di risarcimento/rimborso. Cambio di prospettiva: Tramite un’analisi effettuata su più carte dei servizi dal professore, si è notato che molto spesso le carte avevano un approccio autoreferenziale: per prima cosa raccontano come è fatta l’organizzazione, poi raccontano i servizi che eroga ed infine spiegano a quale tipo di utente è utile il servizio; quindi l’utente per poter cercare cosa può soddisfare i propri bisogni deve analizzare tutti i servizi dell’impresa. Bisogna quindi avere un cambio di prospettiva e passare ad un approccio orientato all’utente: la carta dei servizi deve prima specificare il segmento di utenza di cui si sta parlando, poi deve dire quali bisogni pensa che abbia quel segmento, ed infine deve dire quali servizi eroga (lasciando quasi in secondo piano chi all’interno dell’impresa eroga i servizi). Es. Carta dei servizi del Consorzio Alba-Langhe-Roero: mappa di accesso ai servizi: • Viene organizzata la carta con i vari capitoli che si chiamano come gli utenti per facilitare il processo di ricerca. • Evidenziano i bisogni del singolo utente. • Solo alla fine vengono elencati i servizi per il singolo utente. La mappa di accesso ai servizi: 1. E’ uno strumento di orientamento per l’utente; 2. Rappresenta la struttura base della Guida e della Carta dei servizi; 3. E’ il punto di riferimento per il raccordo con il budget d’impresa. 12 COMUNICARE GLI STANDARD DEI SERVIZI: CONCETTO DI INDICATORE: Per indicatore si intende una grandezza, indistintamente un valore assoluto (es. n° clienti che usufruiscono dell’assistenza post vendita), o un rapporto (es. grado puntualità interventi di assistenza post vendita: n° interventi ultime 24h / totale n° interventi), espressa sotto forma di numero volto a favorire una rappresentazione di un fenomeno relativo alla gestione aziendale e meritevole d’attenzione da parte degli stakeholder interni o esterni; quindi gli indicatori danno informazioni atte a sostenere la relazione di governance con gli stakeholder. 
 Caratteristiche che devono avere: • Validità tecnica: avere una capacità intrinseca ed effettiva di misurare ciò che l’indicatore si propone; non sempre risulta facile, anche perché molte volte l’indicatore è manipolato e quindi dare delle informazioni non corrette (es. % occupati dopo corso, se per occupati intendo anche quelli che studiano ancora allora avrò un numero più alto rispetto a considerare solo chi lavora). • Tempestività: deve essere in grado di fornire rilevazioni in tempi coerenti con la necessità di valutazione e decisione (es. sapere il giorno stesso o il giorno dopo l’errore dell’assistenza). • Legittimazione: condivisione tra gli stakeholder del sistema di indicatori proposto (magari partecipando alla costruzione dell’indicatore); un fattore essenziale della capacità informativa del sistema degli indicatori è la sua attitudine a rendere possibile il confronto tra l’impresa e i propri stakeholder. TIPOLOGIE DI INDICATORI: Si hanno 4 tipologie di indicatori, i primi due costituiscono il profilo circa l’efficacia (quantità e qualità), il terzo legato all’efficienza ed il quarto chiede all’esterno un feedback; sono tutti indicatori a cui può essere affidato uno standard del servizio. • Quantità: capacità di copertura dei volumi di domanda dell’utenza in relazione agli output di servizio erogati (es. erogo solo 700 servizi quando potrei erogarne 1000, quindi il 70%). • Qualità: rapporto obbiettivo e risultato:
 - Accessibilità: disponibilità e diffusione di un insieme definito di indicatori che consentono, a qualsisia potenziale fruitore, di individuare agevolmente e in modo chiaro il luogo in cui il servizio o la prestazione possono essere richiesti, nonché le modalità per fruirne direttamente e nel minor tempo (servizi non riconoscibili sono uno spreco di costi e possono farmi perdere degli utenti in favore della concorrenza).
 - Qualità tecnica: livello di applicazione delle conoscenze scientifiche, abilità professionali e tecnologie disponibili, che permettono al servizio di essere di buon livello.
 - Tempestività: tempo che intercorre dal momento della richiesta al momento all’erogazione del servizio o della prestazione (dovrebbe essere inserito fra l’efficienza, ma ci sono molti servizi dove la tempestività è una caratteristica fondamentale qualitativa). • Efficienza: rapporto costo e risultato:
 - Tecnica: capacità dell’organizzazione di combinare gli input impiegati nel processo erogati in maniera efficiente, nel senso di ottenere un output il più vicino possibile a quello potenziale; minore è il gap tra output effettivamente prodotto e output efficiente, maggiore è il livello di efficienza tecnica (riesco ad individuare gli sprechi).
 - Economica: capacità dell’organizzazione di minimizzare i costi di erogazione (l’efficienza tecnica potrebbe essere misurata anche in assenza di controllo dettagliato dei costi, mentre quella economica ha bisogno della contabilità analitica). • Soddisfazione utenza: misurazione del grado di qualità percepita dall’utenza ed il suo livello di soddisfazione rispetto alle attese. Carta d’identità degli indicatori: per ciascun indicatore può essere utile costruire una sorta di carta d’identità con le caratteristiche generali (denominazione, formula, finalità e performance positiva), con la dimensione di performance misurata (dimensione e sotto-dimensione di performance es. qualità - tempestività ), e con la rilevazione e la validazione (dati necessari per la rilevazione, fonti di riferimento e responsabile della rilevazione). 15 STANDARD E TARGET DEI SERVIZI: Standard: rappresentano i livelli di quantità e qualità delle prestazioni erogate che l’impresa fissa e si impegna a garantire agli utenti; la definizione dello standard presuppone l’individuazione di: 1. Un indicatore di riferimento; 2. Un valore programmato che rappresenta il livello di quantità/qualità da rispettare ogni volta che il servizio viene erogato. Gli standard possono essere: entrambi elementi di grande rilievo: • Generale: forniscono un valore rilevabile dall’impresa e non dal singolo utente (es. tempo medio garantito restituzione prodotto in riparazione); • Specifico: forniscono un valore rilevabile dall’utente (es. tempo massimo garantito restituzione prodotto in riparazione). Lo standard specifico aiuta l’utente a capire se la sua esperienza d’acquisto è andata a buon fine nei termini attesi, ma ciò non basta, infatti, serve capire come è andato il servizio nella sua totalità; quindi per un’impresa è importante evitare che l’utente assolutizzi il giudizio della propria esperienza (es. il mio treno è in ritardo, allora lo sono tutti); il passaparola (soprattutto con i social), infatti può essere molto negativo per l’impresa, e per combattere ciò sono utili gli standard generali, anche se molto spesso le imprese non spiegano agli utenti come sono andati (ciò ovviamente risulta positivo per le imprese che vanno male), ciò è un errore perché l’utente dovrebbe avere un bilanciamento fra i due standard. Target: mentre lo standard è una promessa all’utente, il target è il valore atteso per l’indicatore analizzato, in base al quale si ritiene soddisfacente il livello di performance, dati il contesto di riferimento, le priorità e gli obbiettivi dell’impresa e le risorse disponibili; può essere uguale o migliore dello standard. Non è per forza necessario comunicarlo all’utente, infatti mentre lo standard è un valore promesso all’utente che si aspetterò tale, un target può avere una doppia funzionalità, premiare il personale e sperimentare il miglioramento dello standard senza specificarlo all’esterno (es. provare a rimanere sotto un tot di ore per qualche mese, e poi farlo diventare standard). Lo standard specifico è un indicatore direttamente monitoratile dall’utente (attenzione che lo standard generale non lo è), mentre il target è un fatto interno all’impresa. COMUNICAZIONE DI CORPORATE SOCIAL RESPONSABILITY - CSR: CSR E STRUMENTI DI COMUNICAZIONE: La sostenibilità tocca 3 elementi: sociale, ambientale ed economico; viene definita nel rapporto Brundtland dell’ONU nel 1987 come: “uno sviluppo che risponda alle necessità del presente, senza comprometter la capacità delle generazioni future di soddisfare le proprie esigenze”. Facendo un parallelismo con l’economia aziendale, viene in mente il concetto delle 3E, dove per efficienza ed efficacia intendono il raggiungimento degli obbiettivi minimizzando gli sprechi, e dove per economicità si intende il perdurare nel tempo senza aiuti patologici di terze economie (quindi anche per l’economia aziendale si ragiona in termini di sostenibilità). La commissione UE nel Libro Verde 2001 definisce la CSR come: • “L’integrazione su base volontaria delle preoccupazioni sociali ed ecologiche delle imprese nelle loro operazioni commerciali e nei loro rapporti con le parti interessate”.
 Questa sembrerebbe una definizione un pò debole, in quanto l’integrazione è su base volontaria e non obbligatoria (cosa che in parte c’è ovviamente); ma questa volontarietà serve all’impresa per creare un’aspettativa positiva verso gli stakeholder, facendo di più rispetto a ciò che la legge chiede espressamente.
 Se dopo aver dichiarato la sostenibilità, non facesse quanto detto, avrebbe un doppio difetto agli occhi egli stakeholder, una parte dovuta all’insostenibilità su base volontaria e l’altra dovuta all’insostenibilità su base obbligatorie; quindi se ci fosse solo l’obbligo di legge, la sostenibilità non sarebbe così importante (perdita di immagine più bassa). • “Essere socialmente responsabili significa non solo soddisfare pienamente gli obblighi giuridici applicabili, ma anche andare al di là investendo di più nel capitale umano, nell’ambiente e nei rapporti con le parti interessate”. 16 Data la definizione, la CSR si può leggere in modo sdoppiato: • Dimensione interna: si lavora molto sulla dimensione delle risorse umane in chiave di: 
 - Gestione risorse umane: non avendo sempre una forza contrattuale molto significativa (es. lavoratori in un paese in via di sviluppo); ovviamente, chi lavora positivamente su questo ambito, è opportuno che lo comunichi ai mercati.
 - Salute e sicurezza sul lavoro: vale lo stesso discorso delle risorse umane (es. reazione delle imprese al Coronavirus).
 - Effetti su ambiente e risorse naturali: quanto è stato fatto nei processi produttivi per ottimizzarli, in modo da evitare danni per l’ambiente (es. evitare sprechi o emissioni); quindi lavorando anche all’interno per il fattore ambientale.
 - Adattamento alle trasformazioni aziendali: rispettare le risorse umane (es. le diverse culture nel processo di fusione). • Dimensione esterna:
 - Comunità locali: lavorando sul territorio è importante permettere lo sviluppo di queste.
 - Partnership commerciali, fornitori e consumatori: quindi essendo coerenti per quanto riguarda tutta la filiera (es. attrezzature acquisite da un’altra azienda sostenibile).
 - Diritti dell’uomo: tema centrale quando si opera in paesi dove questi non sono garantiti.
 - Preoccupazioni ecologiche a livello planetario: a livello di impresa, ma anche di sistema- paese (es. prezzo ecologico Cina).
 • Tutti questi elementi generano costi che vanno correttamente comunicati all’esterno per associare un rendimento positivo per l’impresa (generando un vantaggio competitivo). • L’impresa ha la necessita di imparare a misurarsi con tensioni socio-ambientali su scala globale, che portano ad individuare nella CSR un corporate intangible asset critico per il proprio successo, in quanto dà un vantaggio competitivo intangibile molto significativo, permettendo di migliorare l’immagine dell’impresa (essendo temi molto sensibili oggigiorno). Punti di forza: • Favorisce la coesione con gli stakeholder (fa da ombrello agli altri vantaggi). • Favorisce un ambiente di lavoro più sicuro e motivante (che può portare a dei recuperi in termini di efficienza). • Consente di usufruire di vantaggi fiscali. • Proteggere da azioni di boicottaggio (evitando gli scandali che possono emergere). • Crea nuove opportunità di mercato (attrae consumatori sensibili ai temi della responsabilità sociale d’impresa e da la possibilità di ampliare la propria gamma di servizi). • Contribuisce ad aumentare il valore per gli azionisti. • Favorisce una più efficiente gestione delle risorse naturali. • Contribuisce a creare e rafforzare la reputazione. Se in ottica di shareholder view (orientamento ai soli azionisti), si usa il conto economico come strumento di rendicontazione e di evidenziazione del risultato economico d’impresa, usando come metafora la one bottom line (risultato economico); si passa ad una visione differente, dove si utilizza la cosiddetta triple bottom line (risultato economico che deve accompagnare, risultato sociale e risuolato ambientale), per affrontare la stakeholder view. • Bilancio d’esercizio: svolge la funzione di accountability con riferimento alla situazione economica, finanziaria e patrimoniale; viene redatto secondo principi contabili di legge e professionali (es. Ordine commercialisti). 17 • Integrazione con i sistemi gestionali: questo documento non può essere scollegato o non supportato da sistemi informativi che alimentano già altri strumenti; quindi i sistemi vanno integrati con questo rendiconto di sostenibilità, altrimenti perde di credibilità. • Coinvolgimento degli stakeholder: viene richiesto espressamente di evidenziare i gruppi di stakeholder con i quali l’azienda intrattiene attività di coinvolgimento (engagement). • Struttura del bilancio: è definita e va seguita pedissequamente per garantire una facilitazione per l’impresa, ed una comparabilità e leggibilità per gli altri attori. • Autovalutazione interna: è prevista un’autodichiarazione del livello di applicazione delle linee guida per informare gli stakeholder sul livello di utilizzo dello standard, e quindi per garantire ai soggetti terzi il livello di applicazione dello standard (non necessaria verifica esterna). • Verifica esterna: prevista, ma non sono definite linee guida specifiche di revisione (lacuna). • Certificazione esterna: l’azienda può richiedere a GRI una verifica sull’autodichiarazione effettuata. PRINCIPI DEL REPORT DI SOSTENIBILITÀ: Principi - Definizione del contenuto del report: • Materialità: le informazioni contenute in un report devono riferirsi agli argomenti e agli indicatori che riflettono gli impatti significativamente economici, ambientali e sociali, o che potrebbero influenzare in modo sostanziale le valutazioni e le decisioni degli stakeholder; quindi deve mettere in evidenza gli impatti di ciò che è stato fatto. • Inclusività degli stakeholder: l’organizzazione dovrà identificare i propri stakeholder e spiegare nel report in che modo ha risposta alle loro aspettative e ai loro interessi; pone le basi per una relazione con gli stakeholder che si fondi su temi importanti e con i numeri a sostegno (prospettiva diversa da quella dell’accountability 1000 dove si dice come ingaggiare gli stakeholder in chiave di processo, mentre il GRI dice che per ingaggiare gli stakeholder devono esserci dei numeri che sostengono la relazione). • Contesto di sostenibilità: il report deve presentare la performance rispetto al concetto più ampio di sostenibilità, quindi le informazioni economico, sociali e ambientali devono essere equilibrate (senza concentrarsi solo su una). • Completezza: la trattazione degli argomenti e degli indicatori materiali, così come la definizione del perimetro del report (es. se un’impresa è un gruppo, il report si estende o meno a tutte le imprese), devono essere sufficienti a riflettere gli impatti economici, ambientali e sociali significativi e a permettere agli stakeholder di valutare le performance dell’organizzazione nel periodo di rendicontazione. Principi - Garanzia della qualità del report: • Equilibrio: deve riflettere gli aspetti positivi e negativi della performance di un’organizzazione al fine di permettere una valutazione ragionata della performance nel suo complesso, altrimenti diverrebbe una sorta di advertising dell’impresa. • Chiarezza: le informazioni devono essere presentate in modo comprensibile ed accessibile agli stakeholder che utilizzano il report (conoscenza ragionevole dell’organizzazione e delle sue attività; in termini di linguaggio e di contenuto). • Accuratezza: le informazioni incluse nel report dovranno essere sufficientemente accurate e dettagliate affinché gli stakeholder possano valutare la performance dell’organizzazione (dati, tecniche di misurazione, margini di errore, pressano dai stime e dati quantitativi). • Tempestività: il reporting avviene a cadenza regolare (non estemporaneo) e gli stakeholder sono informati tempestivamente per prendere decisioni fondate (report trimestrali strumento ideale per mantenere l’informazione costante e tempestiva). • Comparabilità: gli argomenti e le informazioni devono essere scelti, preparati e comunicati in modo coerente; è necessario che le informazioni incluse nel report siano presentate in modo tale da permettere agli stakeholder di analizzare i cambiamenti della performance dell’organizzazione nel corso del tempo e da permettere l’analisi comparativa rispetto ad altre organizzazioni (quindi comparabilità nel tempo e nello spazio). • Affidabilità: le informazioni e i processi utilizzati per redigere il report devono essere raccolti, registrati, preparati, analizzati e comunicati in modo tale da poter essere oggetto di esame e da definire la qualità e la rilevanza delle informazioni. 20 STANDARD AccountAbility 1000: Stakeholder engagement: impegno di un’organizzazione a far proprio il principio dell’inclusività, il che significa riconoscere agli stakeholder il diritto ad essere ascoltati ed accettare l’impegno a dare loro conto della propria attività e scelte. Finalità dello stakeholder engagement: • Obbligo: rispondere a norme di legge che tutelano il diritto alla partecipazione degli stakeholder nella definizione delle decisioni aziendali; l’impresa è reattiva rispetto allo stimolo normativo. • Apprendimento: questa relazione con gli stakeholder permette di:
 - Identificare i bisogni, le aspettative e le percezioni degli stakeholder, rispetto alle azioni e i risultati dell’impresa;
 - Comprendere le sfide e le opportunità identificate dagli stakeholder;
 - Individuare le aree di rilevanza per gli stakeholder. • Innovazione: ottenere, dalla conoscenza approfondita degli stakeholder, informazioni che diano sostanza alle strategie e guidino i processi operativi verso l’eccellenza; si lavora in un’ottica di co-creation con gli stakeholder, grazie al quale l’impresa può affiancare alla sua R&S anche tutte una serie di idee che vengono dall’ambiente esterno (facendo risparmiare). • Performance: sviluppare e definire indicatori di performance che consentano agli stakeholder di valutare i risultati conseguiti dall’organizzazione (es. balance core-card). Definizione AA1000: chiamato anche AA1000 Stakeholder Engagement Standard, rappresenta un framework per il miglioramento della qualità di progettazione, implementazione (parte attuativa), validazione, comunicazione (non si comunicano solo i risultati, ma anche l’engagement degli stakeholder) e verifica dello stakeholder engagement. E’ applicabile alle più diverse tipologie di coinvolgimento interno ed esterno (oltre ad usarlo per il bilancio di sostenibilità insieme allo standard GRI): • Coinvolgimenti funzionali (es. customer care); • Coinvolgimenti su tematiche specifiche (es. diritti umani); • Coinvolgimenti trasversali a tutta l’organizzazione (es. reporting e verifica dei risultati). Principi guida AA1000: 1. Inclusività (chi coinvolgere): le persone vogliono avere un ruolo nelle decisioni che impattano su di loro. 2. Materialità (su quali temi): le organizzazioni devono identificare ed essere chiare sui temi che contano. 3. Rispondenza (come coinvolgere): le organizzazioni dovrebbero agire in modo trasparente sulle questioni materiali. FASI STAKEHOLDER ENGAGEMENT: a. Progettare; b. Realizzare; c. Ripensare. Progettare: 1. Mappare gli stakeholder: significa andare a prendere il modello di governance con le sue 5 relazioni, ed in seguito andando a collocare gli stakeholder generali/specifici nella matrice influenza/interesse. 2. Definire gli obbiettivi del coinvolgimento: potrei agire in risposta ad uno stimolo esterno, potrei avere un’ascolto attivo rispetto agli stakeholder, oppure lavorare a tuttotondo in una logica di inclusione complessiva (obbiettivo più ampio possibile). 3. Definire i temi del coinvolgimento: vuol dire andare a declinare i temi materiali; occorre dare priorità alle tematiche rilevanti seguendo il principio della materialità, utilizzando la teoria della maturità sociale delle tematiche, che aiuta i comunicatori a capire a che punto la tematica è “calda”, in particolare si hanno 4 fasi:
 - Latente: molte comunità di attivisti e ONG sono consapevoli della tematica, ma la tematica è largamente ignorata dalla comunità imprenditoriale.; ciò comporta che sia difficilmente 21 sviluppata all’interno del bilancio di sostenibilità.
 - Emergente: emerge quando inizia ad esserci una consapevolezza politica ed un’attenzione da parete dei media e dell’opinione pubblica; in questa fase bisogna trovare informazioni (perché la tematica non può essere sviluppata senza dei dati di fondo), ma queste sono ancora scarse; le imprese leader sperimentano approcci per affrontare la tematica.
 - Consolidata: emergono pratiche d’impresa sulla tematica che possono essere trasferite; chiaramente emergono iniziative volontarie ad ampio spettro baso sulle Issue rilevanti; si riconosce una crescente necessità di regolamentazione.
 - Istituzionalizzata: si definiscono standard, leggi e nome d’impresa; così le pratiche diventano una parte normale di un modello di eccellenza d’impresa. 4. Definire modalità e strumenti del coinvolgimento:
 - Informazione: pubblicazioni cartacee, pubblicazione informazioni su sito internet, house organ (periodico pubblicitario), convegni di presentazione, promozione sui mass media, newsletter.
 - Consultazione: questionari, incontri con categorie di stakeholder specifiche, forum online, interviste a campione.
 - Partecipazione: strumenti a supporto di percorsi inclusivi regolati da standard di engagement dettati da soggetti terzi che regolano la relazione fra impresa e stakeholder. Realizzare: realizzare iniziative integrate di coinvolgimento è essenziale, infatti tutte queste iniziative devono essere sinergiche e “parlarsi”; chiaramente tutto questo porta a costruire e rafforzare le capacità organizzative (facendo si che competenze e risorse degli stakeholder siano enfatizzate); inoltre ciò porta l’impresa a comprendere meglio questioni, opportunità e rischi (quindi a gestire meglio il feedback in chiave di apprendimento). Ripensare: va letto secondo due punti di vista: • In chiave di merito: utilizzando i risultati dello stakeholder engagement per definire gli obbiettivi e le strategie dell’impresa. • In chiave di metodo: bisogna comunicare i risultati dello stakeholder engagement agli stakeholder, valutare la qualità dei processi di stakeholder engagement attivati, e valutare ed eventualmente ridefinire la mappa degli stakeholder e le finalità allo stakeholder engagement. Es. Gruppo HERA: ancor prima di parlare dei risultati in termini economici, sociali e ambientali, il Gruppo HERA parla dello stakeholder engagement, enfatizzando il metodo di rapporto con i portatori d’interesse. Nel capitolo 2 si ha il Dialogo con gli stakeholder, dove si enfatizzano i RAB (tavoli di lavoro di engagement organizzati provincia per provincia), per non dimenticare la comunità locale e facilitarne la comunicazione, essendo diventata un gruppo nazionale. Inoltre viene esposta una tabella con una segmentazione a due livelli degli stakeholder (es. lavoratori —> dipendenti, non dipendenti e rappresentanze sindacali), con gli argomenti chiave e con le principali iniziative di ascolto e coinvolgimento. UNICREDIT - BILANCIO INTEGRATO: Guida alla lettura: questo bilancio inizia con una nota metodologica che aiuta il lettore a capire qual’è la ratio, la finalità e come muoversi all’interno del documento. • Inizialmente viene esposto un obbligo normativo (forse non è un inizio ideale) e si mostra la volontà di tenere coesi gli aspetti di natura economica, sociale e patrimoniale; quindi una visione triple bottom line fa capire meglio il business di UniCredit rispetto al solo bilancio tradizionale. • Inoltre viene affermato che il bilancio è stato approvato dal CDA e da una funzione specifica che presidia il tema della sostenibilità non estemporaneamente. • Le linee guida adottate sono quelle del GRI (in particolare si specifica una sezione dedicata a cosa si è usato del GRI). • Viene subito detto che dentro al bilancio si hanno le informazioni materiali (informazioni importanti per gli stakeholder), correlate dai relativi indicatori che riflettono gli impatti economici, ambientali e sociali. • Viene specificato che ci sarà un confronto rispetto all’anno precedente per mostrare il trend, inoltre viene anche specificato il perimetro di rendicontazione di questo bilancio. 22 • Si ha la possibilità di raggiungere un target molto specifico (arrivare ad una persona in un esatto momento), a differenza del marketing analogico; • Capacità di convertire in lead o clienti; • La questione della misurabilità. COMPONENTI DEL DIGITAL MARKETING: Esistono varie componenti che creano il marketing digitale e che devono essere gestite tutte nello stesso momento; di seguito si mostra un’ecosistema degli elementi che devono essere utilizzati da parte delle imprese: • Buon senso: che poi condiziona tutti gli altri; bisogna restare professionali (non farsi prendere dall’aspetto emotivo), e gestire una relazione di feedback immediati; in particolare, bisogna agire in modo adeguato e non istintivo, di fatto occorre programmare bene ciò che apparentemente può sembrare frutto di improvvisazione (es. in negativo, il dialogo social dell’INPS). • Interazione: rappresenta una delle colonne portanti del mondo difilate; la forza degli strumenti digitali consiste nel trasformare nell’immediato, i flussi di comunicazione a una via (es. spot in tv, dove l’utente è passivo e anzi potrebbe anche non essere attento), in flussi a due vie (es. sponsorizzata su Instagram).
 La comunicazione digitale fa si che l’impresa possa comunicare agli utenti e che ci possa essere un feedback immediato; allo stesso modo però, la relazione non è solamente one-to-one (fra impresa e utente), ma può tranquillamente essere tra l’impresa ed una moltitudine di altri utenti (es. post su Instagram, parla con tutti i followers); inoltre bisogna considerare che gli utenti comunicano tra loro (es. commenti sotto un post su Instagram).
 • Strumenti: il marketing digitale ha alla base una quantità di strumenti enorme; un insieme di applicativi, software, piattaforme e servizi utili a contattare una certa audience profilata al fine di metterli in relazione con l’impresa e veicolare un messaggio (l’obbiettivo è incontrare una certa persona in un certo momento).
 - Social network: un reticolo di persone unite tra loro da interessi di vara natura, che decidono di costruire una community, intorno agli interessi che hanno da condividere; questo aspetto è insito nella persona umana da sempre, quindi vale sia per il digitale sia per l’analogico.
 - Social media: rappresenta l’adattamento digitale del social network; un gruppo di applicazioni basate sul web e costruire sui paradigmi del web 2.0 che permettono lo scambio e la creazione di contenuti generati dagli utenti (Kaplan).
 Risulta importante distinguere:
 - SEO Search Engine Optimisation: insieme di strategie e pratiche volte ad aumentare la visibilità di un sito internet, migliorandone la posizione nelle classifiche dei motori di ricerca, nei risultati non a pagamento, detti risultati puri o organici (principalmente dipende da quanto bene si è in grado di capire l’algoritmo di Google, e quindi saper generare traffico); quindi consiste nel gestire bene il proprio sito e i propri social in modo he svettino all’interno dei motori di ricerca, altrimenti non si avrà modo di sopravvivere.
 - SEM Search Engine Marketing: disciplina più ampia che incorpora la SEO; comprende sia i risultati di ricerca a pagamento (es. tramite Google Ads), che i risultati organici di ricerca (SEO); questa ovviamente dipende dal budget (più denaro, maggiore è la possibilità di essere visti).
 - DEM Direct Mail Marketing: strumento che ti permette di comunicare in modo personalizzato con il tuo potenziale cliente raggiungendolo direttamente nella sua casella di posta elettronica; è una forma di comunicazione puramente commerciale avente l’obbiettivo di promuovere un prodotto, un servizio o un evento.
 • Target: la comunicazione aziendale si è sempre posta come obbiettivo il raggiugnere un certo target profilato; il digital marketing ha offerto possibilità di affinare le tecniche di profilazione, portando alla definizione di target estremamente specifici. • Conversione: esprime il completamento con successo di un processo volto a indurre l’utente a compiere una determinata azione, ad esempio, l’acquisto di un prodotto, la sottoscrizione di una newsletter, il download di un documento, ecc…; capacità di convertire le persone che sono potenzialmente interessate ad un certo prodotto, a lead, cioè persone che manifestano un certo interesse verso il prodotto (es. call to action, clicca qui per altre info). 25 • Misurazione: ogni azione di marketing digitale è fortemente misurabile; è possibile prendere decisioni sulla base di una grande mole di dati, misurare accuratamente i feedback e correggerete immediatamente la comunicazione (es. Google Analytics). FUNNEL: Questo concetto è molto utilizzato dalle imprese, perché non ha senso pescare nel mercato con la rete e recuperare qualsiasi contatto come se fosse valido e senza nessuna distinzione; quindi si tratta di una corretta selezione dei clienti per l’impresa. Il funnel è un imbuto, ovvero una riduzione continua di un flusso di informazioni. Audience: questo concetto nasce prima del marketing digitale (es. dati Auditel), e rappresenta il numero di persone raggiunte da un media in un certo arco temporale.
 L’impresa nel marketing digitale sa quante persone hanno ascoltato la pubblicità, quante hanno sentito parlare dell’impresa e quante non sono ancora state raggiunte; nella televisione la pubblicità arriva più volte alla stessa persona, mentre, sui social media posso garantire che ogni euro di spesa, sia legato ad un numero nuovo di persone che vedono la pubblicità (ciò per un certo periodo). Bisogna distinguere: • Lead: soggetto, fisico o giuridico, che manifesta un interesse verso un prodotto, brand o impresa; quindi, è colui che in parte è già stato convertito (es. ha lasciato un commento). • Potenziale cliente: è un leader che ha una certa probabilità di acquistare il prodotto; quindi, ha un intenzione d’acquisito ma non è convinta (es. cerca online delle informazioni, ma non ha ancora effettuato l’acquisto). • Potenziale minaccia: lead che con una certa probabilità criticheranno l’impresa; quindi, persone che “non supportano” l’impresa. Il funnel è un modello che descrive il passaggio da un certo numero di lead a un numero, più contenuto, di clienti grazie alle attività di marketing. Questo sostituisce ed integra molti studi sulla consumer behaviour. A monte del funnel si ha il numero di persone che ha sentito parlare dell’impresa (notorietà), mentre a valle, ci sono persone che hanno una certa immagine positiva dell’impresa (immagine); quindi, la reputazione cambia; tutto il percorso che c’è in mezzo è il coinvolgimento. Si hanno una serie di livelli: • Consapevolezza: si tratta di ampliare il numero di persone che conoscono l’impresa, in particolare, nei confronti di persone che potrebbero diventare alla lunga miei clienti.
 - Lead generation: sono azioni di digital marketing che hanno come obbiettivo creare notorietà e intesse verso un certo brand (es. utenti che seguono pagina Instagram). • Coinvolgimento e Scoperta: si vuole aumentare l’interazione dell’utente (es. persone che commentano continuamente in una pagina); questo risulta un elemento fondamentale, perché ci vuole un certa continuità per convogliare l’attenzione prolungata delle persone.
 - Lead nurturing (community): sono azioni di digital marketing volte a coltivare la relazione con i lead, rafforzando l’immagine e garantendo continuità nel rapporto; rappresenta il punto del funnel dove si inserisce la community (es. tifosi che parlano della squadra sulla pagina). 26 • Acquisto e Retention: parte meno numerosa dal punto di vista delle persone; il momento dell’acquisto è delicato, inoltre la retention, ovvero la capacità dell’impresa di mantenere il cliente già acquisito attraverso gli strumenti digitali, risulta fondamentale. Il punto fondamentale è che una persona che esce dal funnel avendo acquistato un prodotto, deve rientrarvi dal punto precedente, ovvero dalla community, affinché si ritorni nuovamente all’acquisto. Targeting: rappresenta un processo che, a partire dagli obbiettivi di marketing e attraverso una fase preliminare di analisi e segmentazione della domanda, consente di individuare i target verso i quali orientare il marketing mix. Sostanzialmente consente di capire cosa dire e a chi; quindi serve per conoscere gli interessi, cosa vuole (desideri) e i gli elementi che lo fanno soffrire (pains); dopo aver individuato questi elementi, allora si potrà costruire la pubblicità. GDPR - NUOVO REGOLAMENTO EUROPEO SULLA PRIVACY: Si tratta di un argomento che ha una natura giuridica, ma che importa anche a chi si occupa di marketing, soprattuto per quanta riguarda la gestione dei dati; infatti risulta importante evitare di commettere errori, in quanto il garante della privacy arriva a combinare multe salate a chi viola la privacy (danno economico, ed ovviamente anche il danno d’immagine). PROTEGGERE I DATI PER PROTEGGERE LE PERSONE: • Data breach Facebook: Dublino apre un dossier su Facebook, con una possibile multa di 1,63 miliardi di dollari; infatti, Facebook risulta nel mirino dei regolatori Privacy irlandesi, in quanto responsabili del controllo della piattaforma in Europa (la sede è a Dublino). Dopo che l’azienda social ha rivelato (a fine settembre), un data breach che ha colpito 50 milioni di account, di cui 5 appartenenti a utenti europei, l’autorità di protezione dati di Dublino, apre un dossier per capre se le misure di salvaguardia messe in atto siano conformi al GDPR entrato in vigore a maggio. • Data breach settore sanitario: secondo il Data Breach Investigations 2018 di Verizon che ha analizzato 53000 incidenti e 2216 violazioni in 65 paesi, in una gli attacchi informatici “a ricatto” contro il settore sanitario sono passati dal 17% al 24%; il 56% dei quali, è causato da personale che lavora all’interno. • Oggi i dati possono diffondersi così rapidamente ed a costo zero; infatti, il grado di penetrazione dell’uso del mobile è del 67%, dell’uso dei social è del 49% e dell’uso di internet è del 59% (trend in costante crescita); inoltre su 60 milioni di italiani, il 58% usa i social, l’82% usa internet e ci sono 80 milioni di contratti mobile; considerando le piattaforme di messaggistica nel mondo, si nota che queste coprono ogni angolo. Sentenza 17278/2018 della Corte Suprema di Cassazione: “Nulla impedisce al gestore del sito (…), in un caso come quello in questione, concernente un servizio né infungibile, né irrinunciabile, di negare il servizio offerto a chi non si presti a ricevere messaggi promozionali, ma ciò che gli è interdetto, è utilizzare i dati personali per somministrare/far somministrare informazioni pubblicitarie a colui che non abbia effettivamente manifestato la volontà di riceverli. Quindi l’ordinamento non vieta lo scambio di dati personali, ma esige tuttavia che tale scambio sia frutto di un consenso pieno ed in nessun modo coartato”. Se il servizio è gratis, allora il prodotto sei tu (cioè l’utente): usiamo tutti i servizi digitali “gratis” che negli ultimi anni ci hanno cambiato la vita in meglio; googliamo gratis qualsiasi cosa, anche le mappe che ci tracciano con puntualità per consentirci la scelta migliore. Inoltre, cerchiamo gli hotspot pubblici nei locali per utilizzare gratis la rete wifi, invece che la connessione dati a pagamento, oppure usiamo gratis WhatsApp (attenzione che Facebook ha acquisito WhatsApp per 19 miliardi di dollari quando ancora non faceva utili, ma nel mentre ha acquisito un app con 1,5 miliardi di persone ed i loro dati). Art. 1 GDPR: 1. Il presente regolamento stabilisce norme relative alla protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali e alla libera circolazione di tali dati; attenzione che il GPR ha un impatto per quanto riguarda i paesi UE. 27 PRIVACY - FOCUS OPERATIVO: DOMANDE DA PORSI: • Chi? Quali sono i soggetti abilitati a trattare i dati personali? Sono chiari ruoli e responsabilità? Bisogna avere un’organigramma privacy ed assegnare le giuste responsabilità, perché è necessario capire chi ha sbagliato o ha agito correttamente, nel caso di controlli del Garante. • Cosa? Quali dati vengono raccolti e trattati dalla mia organizzazione? Non è possibile non sapere quali dati tratta l’impresa. • Perché? Per quali finalità raccolgo i dati? Quale è la base giuridica che rende lecito il loro trattamento? Non si può non esplicitare la finalità del trattamento, quindi bisogna esplicitare la base giuridica per la quale tratto i dati. • Come? Quali sono i trattamenti che effettuo? Ci sono trattamenti particolari (es. profilazione, trattamenti automatizzati)? Quali misure di sicurezza adotto? • Dove? Dove vengono trattati e conservati i dati? Ci sono dati che tratto fuori dall’UE? • Quando? Per quanto tempo conservo i dati trattati? La durata del trattamento è adeguata alla finalità per cui tratto i dati? Focus sul “Chi?”: organigramma privacy: ogni impresa deve averne uno e deve essere stato fatto/formalizzato entro il 25/05/2018 (data di esecuzione del GDPR). Es:
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 • L’amministratore unico è il titolare del trattamento dei dati personali. • Il direttore generale, i dirigenti e i dipendenti, sono incaricati del trattamento, ovviamente con diversi livelli gerarchici, responsabilità ed ampiezza d’azione del trattamento; ovviamente non devono essere incaricati formalmente, ma per iscritto e con chiarezza. • Ci sono anche dei responsabili esterni del trattamento, ad esempio quando si compra da una software house il pacchetto applicativo sul bilancio, i manutentori del software vedendo i dati interni, saranno corresponsabili (quindi il titolare del trattamento dovrà darle indicazioni per evitare di essere corresponsabile di eventuali errori esterni), oppure quando si usa MailUp, cioè un pacchetto di gestione dei dati per gestire mailing list. • Un particolare soggetto è l’amministratore di sistema, cioè chi gestisce il sistema informatico ed ha accesso a tutti i dati. • Infine ci sono i soggetti interessati al fatto che l’impresa gestisca correttamente il trattamento dei propri dati personali. Risulta evidente la complessità di gestire e rapportarsi con tutti questi soggetti. Attori: • Titolare del trattamento: è la persona fisica, persona giuridica, la PA o qualsiasi altro ente, associazione o organismo cui competono, anche unitamente ad un altro titolare, le decisioni in ordine alle finalità, alle modalità di trattamento di dati personali e strumenti utilizzati.
 - Spettano tutte le decisioni in merito al trattamento dei dati personali da lui effettuati;
 - Ricadono tutte le responsabilità delle proprie decisioni e le eventuali conseguenze negative nel caso in cui le decisioni prese non rispettino quanto è previsto dalla normativa. 30 • Incaricati del trattamento: il titolare può prevedere, sotto la propria responsabilità e nell’ambito del proprio assetto organizzativo, che specifici compiti e funzioni connessi al trattamento di dati personali siano attributi a persone fisiche, espressamente designate, che operano sotto la loro autorità. • Data protection officer DPO: la funzione primaria del responsabile protezione dati è quella di controllare l’operato del titolare e assisterlo ogniqualvolta debba prendere delle decisioni che abbiano come oggetto il trattamento dei dati. In particolare:
 - Informa e fornisce consulenza;
 - Sorveglia l’osservanza del GDPR (cercando di prevenire errori);
 - Fornisce, se richiesto, un parere sulla valutazione d’impatto sulla protezione dei dati;
 - Coopera e funge da punto di contatto con il Garante Privacy. • Responsabile esterno del trattamento: è una persona fisica o giuridica che tratta dati personali per conto del titolare del trattamento; è il soggetto a cui vengono esternalizzati dal titolare una serie di trattamenti. Ha l’obbligo di impegnarsi quindi a trattare i dati seguendo le istruzioni documentate dal titolare, garantendone la riservatezza, adottando tutte le misure di sicurezza adeguate, tenendo a disposizione del titolare tutti i dati trattati e dando evidenza che i trattamenti vengano effettuati secondo i suoi dettami, permettendo eventuali ispezioni, effettuate direttamente dal titolare o da terzi su suoi incarico. • Amministratore di sistema: figure professionali (interne o esterne), che si occupano della gestione e manutenzione di un sistema informatico; tali soggetti pur non essendo preposti ordinariamente a trattare dati personali, nelle loro consuete attività sono, in molti casi, concretamente responsabili di specifiche fasi lavorative che possono comportare elevate criticità rispetto alla protezione dei dati. • Soggetti interessati: è una figura fisica identificata o identificabile attraverso i dati personali che vengono trattati, quindi è interessato al fatto che i dati vengano trattati correttamente. ACQUISTO E CESSIONE DI BANCHE DATI: Definizione banca dati (Direttiva 96/9/CE): raccolta di opere, dati o altri elementi, indipendenti sistematicamente o metodicamente disposti, ed eventualmente accessibili grazie a mezzi elettronici o in altro modo. Acquisto/cessione di banche dati: • Consenso: nel caso di acquisto di banche dati da parte di un titolare del trattamento dati per finalità di marketing (es. proposte commerciali tramite chiamata telefonica); il soggetto acquirente deve verificare a campione che l’interessato abbia acconsentito effettivamente alla comunicazione dei propri dati anche per tale finalità.
 Viene espressamente precisato il principio della necessità di un consenso distinto e specifico per le attività di profilazione e marketing. • Informativa: nel caso di cessione di banche dati da un titolare ad un atro ed in presenza di un’informativa che considera espressamente “la comunicazione dei dati terzi per finalità di marketing”, il titolare destinatario di tali dati deve rendere, a sua volta, la propria informativa preventiva e completa; quindi nel caso di “passaggio di mani” c’è una grande attenzione, in particolare il legislatore cerca di spingere al massimo comportamenti virtuosi, cercando di evitare comportamenti come scaricare su altri la colpa. • Responsabilità dell’acquirente: l’azienda che per attività di telemarketing acquisisce da società specializzate banche dati con numeri telefonici, deve accertarsi che gli abbonati abbiano espresso il loro consenso a ricevere telefonate pubblicitarie; la responsabilità sull’uso illecito dei dati potrebbe ricadere non solo sulla società che li ha venduti, ma anche sulla società che li ha acquistati. Es: Consodata SPA: • Estrae dati personali da elenchi telefonici precedentemente pubblicati. • L’informativa Consodata non indica tutti gli elementi richiesti dal Codice per poter cedere i dati ad altri soggetti (non indica con chiarezza i soggetti quali sono i destinatari dei dati, i soggetti che possono venirne a conoscenza, l’ambito di diffusione dei dati). • Cede ad alcune società le banche dati che verranno utilizzate per finalità di marketing. 31 • Alcuni soggetti, negli anni, ricevono comunicazioni commerciali da queste società, e così effettuano una segnalazione al Garante. • Provvedimento inibitorio Garante: vieta alla società di effettuare altri trattamenti di ulteriori dati personali provenienti da elenchi telefonici utilizzati senza idonea informativa e senza consenso; inoltre vieta anche alle società che hanno acquistato questi dati (Sky, Wind, Tiscali,…), e agli altri soggetti che hanno ricevuto i dati senza consenso, di utilizzare i dati personali per svolgere attività promozionali e pubblicitarie. 
 Es: Wind Tre SPA: il garante ha ordinato a Wind Tre SPA il pagamento di una sanzione da 600000 euro per gravi violazioni della normativa sulla privacy nel corso di attività di marketing telefonico, anche tramite sms. L’azienda aveva usato, senza consenso, i dati dei clienti a fini promozionali, e li aveva comunicati alla rete dei partner commerciali. L’illecito deriva da: • Mancata verifica delle liste di chi non desidera essere contatto a scopi pubblicitari; • Sistematica e prolungata comunicazione illecita di dati della clientela a terzi, cioè appunto ai partner commerciali. La società aveva erroneamente qualificato la maggior parte dei punti vendita come titolare autonomi (in questo caso avrebbero dovuto muoversi loro per costruire le informative e tutto il resto), anziché come responsabili del trattamento, incorrendo in un'illecita comunicazione. PROFILAZIONE ONLINE: Definizione: attività di analisi ed elaborazione di informazioni relative a utenti o clienti, al fine di suddividere in “profili”, ovvero in gruppi omogenei per comportamenti o caratteristiche sempre più specifiche (più invasivo della semplice segmentazione, per i dettagli e la velocità); l’obbiettivo è quello di prevenire l’identificazione inequivoca del singolo utente. La profilazione serve per: • Migliorare l’offera dell’impresa: perché permette di:
 - Offrire servizi su misura per i benefici specifici dell’utente (permette di colpire al centro).
 - Migliorare l’efficacia/efficienza degli strumenti di comunicazione (es. spot personalizzati).
 - Monitorare e tracciare il comportamento degli utenti per individuare i bisogni. • In ottica di prodotto consente la vendita dei profili a società terze, interessate a migliorare la propria offerta. Garante per la protezione dei dati personali: linee guida in materia di trattamento dei dati personali per la profilazione online (si rischiano sanzioni ingenti se non si seguono): • Obbiettivi:
 - Regole chiare e armonizzate sulla profilazione;
 - Maggiore tutela per gli utenti. • Consenso: qualsiasi attività di profilazione potrà essere effettuata esclusivamente con il consenso libero (non forzato), specifico (fatto dal singolo utente), separato (da eventuali altri consensi) e informato (per poter prendere una decisione consapevole) dell’utente, eccezion fatta per i casi in cui essa è resa necessaria per fornire il servizio (es. antivirus); gli utenti devono poter scegliere se consentire o meno la profilazione, mantenendo sempre il diritto di revoca. • Informativa: deve essere chiara (anche graficamente), completa (deve dare tutte le informazioni necessarie), esaustiva e resa ben visibile già dalla prima pagina del sito. • Conservazione: si devono definire i tempi certi di conservazione dei dati, proporzionati alle specifiche finalità perseguite. • Obbligo di notifica al garante: nell’esempio si mostra una sanzione significativa su un’azienda non di grandi dimensioni, multata perché operava per conto della casa madre acquisendo dati personali con un sito web collegato al marchio della casa madre; all’azienda viene imputato di essere titolare del trattamento dei dati (responsabile direttamente), e di svolgere l’attività di profilazione senza averne la facoltà, in particolare perché non adempiente all’obbligo di notificazione all’autorità garante (necessario perché si utilizzano dati personali).
 L’omessa notificazione comporta, ai sensi dell’art. 163 del Codice Privacy, una sanzione da 20000€ fino a 120000€. 32 Tutto ciò comporta una serie di reazione fra cui: alcuni testimonial famosi che minacciano di interrompere la collaborazione, in Sudafrica si ha una serie di raid di protesta (atti di vandalismo negli store), e LeBron James pubblica la foto del ragazzino modificandola ed affiancando la scritta “re del mondo” (riscuotendo molto successo sui social). Il brand ha scelto di non pubblicare alcun post per qualche giorno sui social, al fine di dare il maggior risalto possibile al proprio comunicato di scuse: • Il messaggio prende forma da parte dei dipendenti (per generare empatia e per la rabbia di alcuni di questi); questi affermano di pentirsi e di aver commesso un errore (senza alibi). • Viene specificato che investigheranno sull’accaduto. • Di seguito si scusano ulteriormente senza andare a cercare alibi. • Inoltre l’impresa afferma “vi stiamo ascoltando” in modo da far capire che ascolta i vari stakeholder, ed infine richiamano i loro obbiettivi di unione fra popoli. Il crisis communication team si è impegnato a rispondere ai moltissimi commenti sotto le foto, sempre in maniera garbata e ammettendo le proprie responsabilità. VW: questo gruppo al proprio interno presenta un’ampia serie di brand importanti, quindi si tratta di un player molto importante, occupando 40% del mercato europeo ed asiatico. La società viene accusata di aver violato il Clear Air Act (normativa che fissa la disciplina sulla qualità dell’aria negli USA): utilizzava un software illecito in certi veicoli diesel che identificava quando il veicolo fosse sottoposto ai test delle emissioni, in modo da controllarle e ridurle. Gli effetti di questa crisi comportano: crollo del titolo in borsa, ritiro di 11 milioni di veicoli dotati del software, dimissioni dell’AD, arresto del responsabile USA, e costi per 15 miliardi. L’AD nega tutto e riduce l’accadimento, affermando che l’organizzazione è estranea e che la colpa è di pochi (non di VW); tale affermazione ovviamente risulta poco credibile. Inoltre c’è stato un mancato coordinamento della gestione dei social a livello globale: silenzio di una settimana nei profili USA fino alle dimissioni dell’AD, mentre negli altri account globali si continuavano a pubblicare post informando passivamente senza andare a rispondere agli utenti. Italo: la società offre la possibilità di acquistare biglietti con delle convenzioni che hanno validità con un certo limite di tempo, in base ai vari eventi che ci sono; nel periodo del Family Day decide di applicare uno sconto per le tratte verso Roma con un codice “family30”; ovviamente Italo viene tacciato di omofobia, viene boicottato con l’hashtag #boycottitalo e viene affiancato, con varie immagini forti, a treni nazisti. La società, invece di mostrare solamente le varie convenzioni che effettua per altri eventi politici opposti, risponde con un tono “imperativo” dicendo di evitare basse dietrologie politiche dietro le scelte commerciali della società, nonché con un tono “stizzito” spiega che c’è qualcuno che vuole strumentalizzare ogni cosa; la risposta è evidentemente un errore; successivamente Italo si scusa, quindi effettua una retromarcia. JCPenny: l’azienda mette in vendita una teiera; un utente evidenzia la somiglianza di questa con Hitler, così nel giro di poche ore la notizia fa il giro del pianeta. Risulta interessante il fatto che la società risponde sui social con messaggi chiari e concisi, affermando che voleva disegnare una teiera simile ad un pupazzo di neve, e tutto ciò genera un passaparola positivo che genera vendite record per la teiera. BARILLA: Il presidente della multinazionale a La Zanzara dichiara “mai uno spot con famiglie gay, se a qualcuno non va, mangi un’altra pasta”; la notizia si diffonde, nasce il trend #boicottabarilla, e dopo ore di silenzio viene pubblicato sul sito istituzionale un messaggio: • Il presidente si scusa con tutti senza ricerca alibi, con gli stakeholder esterni ed interni. • Dopodiché afferma il suo pensiero in materia, dichiarando che le parole uscite non lo riflettono. Si è scelto di inserire le scuse in una sezione del sito poco accessibile dai social network; i primi interventi sui social arrivano dopo (un tweet ed un richiamo al link del comunicato stampa). Questo incidente diventa di portata internazionale: proteste parlamentari italiani, Harvard toglie la pasta Barilla dalla mensa, tutti ne parlano (sui social girano vari meme forti), alcuni clienti 35 chiedono di toglierla dagli scaffali (viene applicato un adesivo con la scritta prodotto omofobo); anche i concorrenti reagiscono, ad esempio Buitoni afferma “c’è posto per tutti”, o Garofalo con delle immagini che richiamano alla famiglia anche non convenzionale. L’azienda con un nuovo comunicato afferma che in Barilla si promuove la diversità, senza andare ad effettuare distinzioni; quindi allarga il discorso inserendo temi sociali ed ambientali; infine chiede scusa a tutti gli stakeholder. Viene caricato un video dove il presidente si scusa, anche se risulta molto freddo, dove il presidente sembra leggere. Risulta evidente che questo tema è esploso in quanto risulta molto sensibile e delicato, inoltre sono stati coinvolti molti distributori e consumatori, dopodiché bisogna considerare che la dichiarazione parte proprio dal presidente dell’azienda (l’azienda non l’ha abbandonato). Soluzioni per contenere la crisi: • Coinvolgimento nel team di crisi di professionisti esperti del tema LGBT (team che si riunisce almeno 4 volte l’anno indipendentemente dalle crisi). • Contenimento della crisi innanzitutto all’interno dell’azienda (es. in alcuni paesi si sono effettuati colloqui one to one con il presidente). • Affermazione di una posizione laica sul tema della famiglia (che però ha scatenato le ire dei conservatori che avevano appoggiato inizialmente l’azienda con #iostoconbarilla). Barilla contrattacca con: • Mappatura di influencer e opinion maker nazionali e internazionali sul tema della diversità e tenuta di incontri di confronto. • Posizionamento strategico di Barilla sui temi della diversità di genere e dell’inclusione sociale (come valori d’impresa). • Politiche del personale e benefit indipendenti da età, stabilità, sesso, razza, orientamento sessuale e religione. • Lancio del Diversity & inclusion board su orientamenti sessuali, parità tra sessi, diritti dei disabili e questioni multiculturali e intergenerazionali. • Adesione al Parks, cioè un’associazione di datori di lavoro che sposano completamente strategie rispettose delle diversità. • Finanziamento della fondazione contro il bullismo verso i ragazzi omosessuali. • Cambiamento del packaging, con iniziative per accogliere le diversità. Dopo tutto ciò, Barilla viene valutata 100/100 gay friendly dalla Human right compaign, cioè un’associazione che stila ogni anno il corporate quality index; inoltre, molti giornali evidenziano il passaggio di Barilla da bersaglio ad azienda modello (sul tema). Leve per uscire dalla crisi di Virginio (direttore comunicazioni e relazioni esterne Barilla): • Lavorare sulla reputazione; • Velocità di reazione (anche se nelle prime ore non c’è stata); • Il fatto di essere molto preparati (quindi avere competenza); • Massimo della trasparenza (l’opacità genera altri problemi). DOLCE & GABBANA: In occasione di una sfilata a Shanghai, D&G ha creato una serie di video che avrebbero dovuto essere divertenti, ma che in realtà hanno offeso la popolazione cinese. Infatti si nota: • Immagine stereotipata della Cina con le musichiate di sottofondo; • Protagonista dei video, la classica svampita orientale che ride senza motivo ed è impacciata. • Video sessista e di cattivo gusto. • Campagna pubblicitaria non adatta al target a cui era indirizzata. • Clienti potenziali, molto benestanti, molto esigenti nelle scelte di acquisto trattati come idioti e lontani anni luce dalla protagonista del video. Conseguenze: • I video sono stati ritirati da Weibo (social orientale). • Gabbana litiga su Instagram con una giornalista (parole molto pesanti). • Influencer, modelle e altri ospiti boicottano la sfilata, che poi viene cancellata dal Governo; 36 • Prodotti dell’azienda vengono tolti dalle più importanti piattaforme di e-commerce cinesi. • L’azienda dichiara che gli account di Gabbana e di D&G sono stati hackerati su Instagram. Infine D&G si scusano con un video; inoltre a 2 anni dal fatto, i due stilisti si raccontano ad un’intervista dichiarando le difficoltà dovute a quella crisi, ma riconoscendo che a livello di vendite non hanno avuto problemi. MARKETING NON CONVENZIONALE: Rappresenta quell’insieme di strategie e strumenti di comunicazione che sfruttano metodi di comunicazione innovativi, differenti dai sistemi classici di comunicazione (attenzione che non vanno a sostituirli, ma vanno ad integrarli); brand e prodotti vengono esposti al pubblico in modo alternativo, per rimediare all’assuefazione della comunicazione tradizionale. L’obbiettivo è quello di rompere gli schemi classici e sorprendere il pubblico, al fine di rendere memorabile il prodotto, il luogo o il brand protagonisti della campagna. Il marketing non convenzionale persegue il passaparola, ovvero word-of-mouth, da sempre riconosciuto come la forma più potente di “pubblicità” perché è opera dello stesso pubblico (risulta molto credibile per i consumatori). Questo fenomeno ha due fattori che lo accelerano: • Trendsetter e influencer: sono soggetti che danno vita al processo del word-of-mouth; • Word-of-mouse: anche se il word-of-mouth è considerato una comunicazione verbale, esso è potenziato dal web, diventando sempre più word-of-mouse (detto e-WOM). Ambient communication: Forma di comunicazione aziendale complessa che usa elementi dell’ambiente esterno, incluse tutte le superficie pubbliche disponibili, per divulgare messaggi che stimolino il coinvolgimento del consumatore (deve essere visto come un soggetto da coinvolgere, quindi non passivo). • Questa forma di comunicazione nasce in passato, ad esempio con l’uomo-sandwich, che viene utilizzato per attirare l’attenzione; quindi è una forma di comunicazione che si è evoluta. • E’ diversa dall’outdoor advertising, in quanto nell’ambiente communication c’è l’engagement del consumatore (mentre l’outdoor prevede semplici cartelloni). Strumenti: • Immagini 2D: decorazione di superfici inusuali (modalità sufficientemente statica, es. scale mobili Turkish Airlines oppure Simpson), brand bus/truck (modalità molto dinamica es. zoo oppure il camion che trasporta i Mars); quindi risultano forme a basso costo, e spesso possono essere internalizzate nei costi d’impresa (es. camion di proprietà per trasporto e pubblicità). • Istallazioni 3D: oggetti di dimensioni molto grandi che sono collocati in aree specifiche della città, che vanno a stravolgere il contesto cittadino usuale al fine di sorprendere il consumatore (es. lampioni che “versano” il caffè per pubblicizzare l’apertura del McCaffè; facciata case o divani alle stazioni bus/metro di IKEA; Algida con gli ombrelloni). • Media interattivi: iniziative che inducono il coinvolgimento del consumatore al massimo (es. specchio interattivo di Avon, la cui funzione era quella di motivare e fare complimenti alla donna posta di fronte in quel momento, ovviamente personalizzati). Street communication: Presenta alcuni elementi di vicinanza all’ambient communication, ma si estremizza ancor di più l’inclusività e la partecipazione del potenziale consumatore. Rappresenta un evento che si svolge per strada con dei performer che mettono in atto azioni divertenti e d’intrattenimento, con il coinvolgimento delle persone, al fine di promuovere un certo prodotto o brani, con uno step successivo di diffusione in rete; il flash mob risulta uno strumento della street communication evidente (es. #ballaconTIM della TIM). Stickering communication: Consiste nel fissare adesivi in luoghi pubblici inusuali per promuovere un brand esistente o rendere popolare uno nuovo; il successo di questo tipo di marketing non convenzionale deriva dalla corretta pianificazione dei luoghi (street positioning) in relazione al target (es. strisce pedonali McDonald oppure “maniglie-orologio” di IWC). 37 MARKETING MANAGEMENT ANALISI LETTERATURA: Il linguaggio marketing spesso viene utilizzato in maniera scorretta; di solito si riscontrano 3 accezioni legate a questo termine: 1. Marketing come mezzi di vendita: cioè come advertising, promotion, vendite, ovvero tutti gli strumenti/mezzi utilizzati con l’obbiettivo della conquista dei mercati esistenti. 2. Marketing come strumenti di analisi: cioè quei metodi di previsione/indagine di mercato per sviluppare un quadro previsionale dei bisogna e della domanda. 3. Marketing come architetto della società dei consumi: ossia un “grande seduttore”, perché per vendere occorre creare nuovi bisogni. Definizione di marketing tramite 3 parole, che si ricollegano rispettivamente ai 3 punti precedenti: 1. Azione per la conquista dei mercati; 2. Analisi per la conoscenza dei mercati; 3. Cultura come filosofia di gestione. Partendo da Drucker (1954) e McKitterick (1958), e seguendo Kotler e Keller (2006), ma anche Ambler (2000), si ha una prima definizione del termine, con alcune dimensioni importanti del marketing: A. Orientamento al consumatore per capire i suoi bisogni; B. Integrazione degli sforzi: un condimento tra marketing e altre funzioni aziendali; C. Obbiettivo di profitto. Il concetto fondamentale è seguire i bisogni di un consumatore, coordinando le diverse funzioni aziendali per conseguire un profitto. Marketing operativo: • McCarthy (1960) individua le tecniche attraverso le quali è possibile incontrare e soddisfare i bisogni della domanda, in particolare nascono le 4P (product, price, promotion, place), che qualificano il marketing mix, ovvero 4 leve che portano al risultato. • Boons e Bitner (1981) aggiungono altre 3 leve, facendole diventare le 7P, con riferimento alle imprese di servizi:
 - People: si riferisce alle persone che sono a contatto con il consumatore;
 - Process: si riferisce ai processi coinvolti nell’offerta dei servizi;
 - Physical evidence: cercare di rendere tangibile l’intangibile. A seguito del loro sviluppo, diversi autori criticarono l’approccio operativo al marketing, facendo si che si sviluppasse il marketing strategico. In particolare, alcuni autori, sottolineavano che il contenuto strategico è importante per far fronte alla turbolenza ambientale, in quanto l’approccio operativo è riferibile ad una logica di tipo inside-out, e non ad una logica outside-in che da priorità ai consumatori. Inoltre l’approccio operativo, generalmente, si riferisce al breve periodo, senza considerare la possibilità di instaurare relazioni durature con il consumatore. Altri autori sottolinearono l’importanza dell’interazione nel marketing, e vedono il marketing stesso come un processo interattivo. Altri autori ancora, evidenziano l’importanza di alcuni aspetti strategici del marketing, facendo si che si sviluppò il marketing strategico. Marketing strategico: aspetti che lo caratterizzano: • Analisi dei bisogni: il marketing strategico si basa sull’analisi dei bisogni degli individui. • Valutare l’attrattività del mercato: il suo ruolo è seguire l’evoluzione del mercato, e quindi individuare dei segmenti, prodotti o mercati, sulla base della diversità dei bisogni dei consumatori, e quindi valutarne l’attrattività. • Valutare la competitività: la capacità di soddisfare i prodotti/mercati, dipende ovviamente dalla competitività dell’impresa, che rappresenta la sua capacità di incontrare i bisogni della domanda meglio dei rivali. • Medio/lungo termine: il processo di marketing strategico è generalmente di medio/lungo termine, e serve per definire gli obbiettivi e sviluppare le strategie di impresa. 40 Market-driven management: Data la crescente complessità dei mercati, questa tipologia di marketing, integra in maniera sinergica e dinamica, le due dimensioni: ovvero quella strategica e quella operativa. Ecco allora che emergono le 3 dimensioni di analisi, azione e cultura. Il market-driven management è una filosofia di gestione (cultura), che integra in maniera sinergica e sulla base dei cambiamenti di mercato (e quindi dell’ambiente esterno, quindi si ha un orientamento al mercato), la dimensione strategica del marketing (analisi) e la dimensione operativa (azione). Risulta importante il ragionamento: integrazione/sinergia/dinamicità tra marketing operativo e marketing strategico. Confronto marketing strategico/operativo: • Se si ragiona solo in termini di marketing operativo, si è orientati all’azione, alla conquista del mercato, considerando le sole opportunità esistenti, con mercati/prodotti/ambienti stabili, considerando una gestione di breve termine, e con un’attività di marketing sottoscritta solo a quella determinata funzione. • Se si ragiona in termini di marketing strategico, si è orientati all’analisi del mercato per ricercare nuove opportunità di mercato, quindi nuovi prodotti/mercati, alla luce di un ambiente dinamico e secondo una logica di medio/lungo termine, ovviamente andando a coinvolgere altre funzioni aziendali secondo una logica cross-function. Marketing strategico: • Analisi dei bisogni: la soddisfazione dei bisogni è al centro del concetto di orientamento al mercato, perché ci consente di identificare il profilo del cliente nel mercato di riferimento. Ogni transazione richiede in genere 3 fasi, acquisto, pagamento e utilizzo, quindi l’analisi dei bisogni deve considerare l’ipotetica presenza di diversi soggetti, che sono l’acquirente, il pagante e l’utente; queste figure possono essere soggetti diversi, e quindi ci possono essere diverse situazioni:
 - Utente è anche acquirente e pagante (es. persona che va ad acquistare qualcosa per se e paga con i propri soldi);
 - Utente non è acquirente o pagante (ci sono 3 persone coinvolte, ad esempio un acquisto per un bambino utilizzando il denaro del partner);
 - Utente è acquirente ma non pagante (es. la copertura sanitaria);
 - Utente è pagante ma non acquirenti (es. nel B2B dove ci sono dei manager incaricati all’acquisto).
 Quindi i bisogni vanno considerati con riferimento anche a diversi soggetti, a seconda dei ruoli dei soggetti stessi; questi soggetti e ruoli vanno considerati con riferimento alle diverse fasi che riguardano il processo di acquisto del consumatore (nasce il problema, si ricercano le informazioni, si valutano le possibili soluzioni, si decide l’acquisto ed infine ci sarà un comportamento post-acquisto). • Segmentazione: occorre distinguere fra macro e micro:
 - Macro: identifica i prodotti/mercati; Abell qualifica le dimensioni del mercato di riferimento rispondendo a 3 domande: quali bisogni soddisfare, chi soddisfare e come soddisfare questi bisogni; in pratica le 3 dimensioni sono bisogni, clienti e tecnologie.
 - Micro: l’obbiettivo è l’analisi della diversità dei bisogni dei vari gruppi di clienti all’interno del prodotto/mercato selezionato; si può decidere di segmentare il mercato in base a diverse dimensioni o variabili (es. segmentazione socio-demografica). Una volta segmentato il mercato posso decidere se utilizzare la segmentazione o se rivolgermi al mercato intero di riferimento. Per la valutazione dei segmenti ci si rivolge a dei criteri: devono essere misurabili, identificabili (confini chiari), devono avere un potenziale adeguato e perdurare per un certo periodo. • Analisi attrattività: quindi quanto sono attrattivi i segmenti scelti; è utile ricordare il concetto di domanda primaria: la somma delle quantità acquistate da un dato gruppo di clienti in un luogo ed un periodo specifico, e in un determinato contesto macro-marketing; parte della domanda primaria è costituita dalla domanda relativa all’impresa, che rappresenta la quota di mercato dell’impresa stessa, quindi la domanda primaria di mercato è composta dall’insieme delle imprese che operano all’interno di un mercato. • Analisi competitività: occorre valutare i vantaggi dell’impresa e dei concorrenti per capire i punti di forza/debolezza; concetto di base è il vantaggio competitivo, cioè le caratteristiche e 41 attributi detenuti da un prodotto/offerta che gli conferiscono una superiorità relativa; questo vantaggio può essere interno (di costo, quindi capacità di contenere i costi), o esterno (di differenziazione, cioè fare cose diverse rispetto ai concorrenti). • Sviluppo della strategia. Marketing operativo: • Prodotto: si definisce come paniere di attributi, quindi ogni prodotto è composto da un core (funzione d’uso del prodotto), servizi necessari (tutto ciò che accompagna il prodotto, es. design) e servizi aggiuntivi (elementi distintivi di servizio pre/post vendita). • Distribuzione: tipo di canale e intensità della distribuzione: il canale può essere diretto (senza intermediari, quindi collegamento diretto tra produttore e consumatore), o indiretto (con la presenza di intermediari; può essere lungo o corto, in base ai passaggi di intermediazione); l’intensità di distribuzione può essere di tipo intensivo (l’impresa cerca di creare il maggior numero possibile di punti di vendita per assicurare la massima copertura nell’area di vendita scelta), selettivo (si hanno meno punti di vendita con riferimento ad un’area di vendita ben definita) ed esclusivo (pochi punti vendita per controllare la distribuzione, es. beni di lusso). • Prezzo: in base ai costi, alla domanda o alla concorrenza. • Comunicazione: decisioni circa strumenti/mezzi di comunicazione (es. pubblicità), anche alla luce degli avanzamenti delle tecnologie e in ottica della comunicazione integrata d’impresa. • Sviluppo piano marketing: muovere le leve del marketing in relazione a determinati obbiettivi da raggiungere in un definito tempo sulla base di un budget disponibile. Market-drive management letteratura: Rappresenta l’evoluzione del concetto di marketing, integrando la parte strategica e operativa costantemente sulla base degli stimoli del mercato. • Negli anni ’80 questo concetto si sviluppa in Giappone, con Ohno e Ohmae, i quali specificano la lean production, il just in time e il total quality, cioè aspetti che caratterizzano le imprese market-driven. • In USA vari studiosi sviluppano questo concetto, in particolare Kholi e Jaworski concordano sul fatto che l’orientamento al mercato è essenziale per competere sui mercati globali; sottolineano 3 concetti legati all’orientamento al mercato:
 - Market intelligence generation: le imprese devono prima guardare al mercato e poi cogliere i cambiamenti e le opportunità sul mercato stesso;
 - Market intelligence dissemination: devono diffondere questi a tutta l’organizzazione e alle diverse funzioni aziendali;
 - Responsiveness: devono rispondere rapidamente, magari con una nuova offerta in linea con le opportunità individuate. • Narver e Slater specificano che le imprese, oltre ad un orientamento alla domanda, devono avere un orientamento alla concorrenza e sviluppare un coordinamento interfunzionale. • Day sottolinea che queste imprese hanno maggiori capacità di capire, attrarre e trattenere, consumatori di valore, grazie alla presenza di:
 - Cultura orientata all’esterno;
 - Capacità distintive nel percepire il mercato, mettersi in relazioni con la domanda e definire strategie anticipatrici;
 - Configurazione organizzativa che consente all’azienda di anticipare le condizioni di mercato. • Best sottolinea l’importanza di una cultura guidata dai risultati, quindi sviluppa un insieme di metriche utili a questo proposito. • In Europa, Lambin, sottolinea che l’orientamento al mercato implica che tutte le funzioni d’impresa tengano conto nella propria analisi di tutti gli attori che direttamente/ indirettamente influenzano la decisione d’acquisto del cliente; in particolare si deve avere un orientamento a questi attori: 
 - Clienti;
 - Distributori;
 - Concorrenti;
 - Prescrittori;
 - Ambiente macro-marketing. Questa evoluzione è dovuta alla crescente complessità dei mercati per la globalizzazione, che ha favorito il passaggio da marketing strategico a market-driven management. 42 Gli attori del mercato vengono identificati da Lambin, e vengo rivisitati secondo una versione più approfondita; infatti, data la sempre maggior interdipendenza e complessità dei mercati, nuovi attori devono essere considerati dalle imprese che operano in diversi contesti geografici. Ci sono una serie di domande da porsi in base ai soggetti interessati, in particolare chi sono, le ipotesi di alleanza e la similarità di strategie con la nostra impresa: • Clienti diretti e finali: si deve procedere con un’analisi dei bisogni, considerando che l’impresa assume decisioni anche sulla base dei clienti finali; inoltre sono da considerare i diversi ruoli dell’analisi dei bisogni, in quanto non sempre il cliente diretto potrebbe essere quello finale (es. saponi per hotel, dove il cliente finale è il cliente dell’hotel). • Partner domanda indiretta: soggetti che possono qualificare la domanda potenziale nei vari mercati; Manning e Thorne identificano i seguenti soggetti che risiedono in questa categoria:
 - Integratori: incorporano il prodotto/servizio in un altro prodotto/servizio aumentando il valore del prodotto/servizio;
 - Sindicators: confezionano, raggruppano e rivendono il prodotto/servizio (distribuendolo ad un mercato più ampio);
 - Aggregatori: raggruppato differenti prodotti/servizi che insieme costituiscono un maggiore valore (diversi da integratori);
 - Licenziatari: prendono in licenza un marchio noto in una categoria di prodotto, e lo utilizzano in un’altra categoria correlata o meno;
 - Sottoscrittori: offrono credito, facilitando così lo sviluppo della domanda da un punto di vista finanziario (es. con pagamenti dilazionati);
 - Educatori: offrono conoscenze sul prodotto/servizio. • Distributori: soprattuto nel mercato di beni di largo consumo questi hanno un ruolo fondamentale per la qualificazione della domanda, contribuendo alla determinazione delle quote di mercato dei produttori; occorre collaborare con i distributori che hanno ruoli importanti nei diversi mercati geografici, perché senza il loro supporto l’accesso al mercato è ridotto. • Market facilitators, influenzatori o prescrittori: soggetti che possono facilitare l’incontro tra domanda e offerta (es. compagnie di spedizione); in molti mercati assumono un ruolo dominante perché consigliano prodotti/servizi ai clienti (es. medici nel mercato farmaceutico). • Concorrenti: suddivisi secondo la matrice dei competitors:
 - Diretti: soddisfanno gli stessi bisogni con gli stessi prodotti/servizi;
 - Sostitutivi: soddisfano gli stessi bisogni con prodotti/servizi diversi;
 - Potenziali: presentano similarità nelle tecnologie, ma soddisfano bisogni diversi; forse risultano i più pericolosi, perché avendo competenze e tecnologie forti potrebbero andare a soddisfare i nostri clienti.
 - Minaccia bassa.
 45 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 • Altri attori rilevanti per il settore: ogni settore ha delle proprie peculiarità, con figure che potrebbero avere dei ruoli rilevanti nella qualifica della domanda (es. informatori tecnici nel settore farmaceutico). MARKETING FUORI DAL MERCATO D’ORIGINE: Ad eccezione del domestic marketing, le altre tipologie (export, international, multinational e global), operano fuori dai confini del mercato d’origine. Si hanno 3 domande fondamentali: 1. Quali paesi comprano? 2. Quali paesi producono? 3. In quali aree oggi esistono le migliori opportunità? Analizzando la percentuale di PIL mondiale, si nota che i paesi industrializzati negli ultimi 15/20 anni circa, rappresentano circa il 60% della domanda mondiale; ma si nota anche che nelle previsioni al 2050 stanno crescendo notevolmente le quote di India e Cina (senza considerare i probabili cambiamenti dovuti a questo particolare momento). Soffermandosi sulla domanda mondiale dei prodotti di consumo, si nota che fra i primi 5 mercati mondiali si hanno USA, Giappone, Germania, Francia e UK, mentre fra i primi 5 mercati emergenti si hanno Cina, India, Brasile, Sud Korea e Messico. Fattori che spingono le imprese ad essere presenti sui mercati mondiali: • Emergere di segmenti di mercato globali: la domanda di molti prodotti presenta omogeneità in un numero crescente di mercati (es. lamette da barba). • Differenze nel costo dei fattori produttivi: risulta noto che a seconda delle aree geografiche cambia notevolmente il costo e la qualità. • Il sourcing diffonde capacità e tecnologie: le imprese tendono a dislocare la propria attività a seconda della presenza o meno delle materie prime, concentrandosi spesso in certe zone di approvvigionamento. • Sviluppo della concorrenza globale. • Diversificazione dei rischi: tendenza a diversificare i rischi combinando il lavoro in diverse aree, per essere più protetti in caso di problemi o crisi. • Sviluppo delle telecomunicazioni e dell’information technologies: permettono alle imprese di relazionarsi facilmente a distanza. • Progressi nei trasporti e nelle infrastrutture: hanno permesso una notevole riduzione dei costi di trasporto e di logistica, una migliore conservazione della merce e lo sviluppo di strutture innovative; si sono sviluppati operatori molto specializzati. • Incentivi dei governi ospitanti. • Ritmi di crescita più alti in alcuni mercati. Le imprese devono agire con nuove strategie, modi di gestione e strutture organizzative. Caratteristiche che qualificano queste imprese: • Mercati globali per approvvigionamento e sbocco: in molti settori le imprese si caratterizzano per avere zone di approvvigionamento e sbocco diverse dal punto di vista geografico. 46 • Lean production: approccio che comporta l’aumento della produttività, la riduzione degli sprechi, il miglioramento della qualità e il rafforzamento dell’organizzazione; i principi del Toyota Production System si riferiscono a:
 - Just in time: ogni attività lavorativa deve essere alimentata con le componenti richieste nelle quantità e nei tempi richiesti;
 - Riduzione degli sprechi: cercano di arrivare a zero difetti o tempi d’attesa.
 - Miglioramento continuo: con la qualità del prodotto e qualità del processo.
 - Processo comunicativo da monte a valle.
 - Possibilità di correggere subito gli errori da parte degli operai.
 - Coinvolgimento dei fornitori. • Gestione delle relazioni di network: operando fuori dai mercati d’origine non possono confidare solo sulle proprie risorse o competenze, quindi promuovono molte forme di collaborazione competitiva tramite alleanze strategiche (equity, produzione condivisa, R&S condivisa, marketing cooperativo, licensing, franchising, outsourcing). • Network corporate responsibility e network social responsibility: le imprese più esposte alla globalizzazione prendono sempre più conoscenza delle proprie responsabilità sociali, quindi devono operare con una crescita economica sostenibile, coerente con lo sviluppo della comunità in cui operano (in particolare le imprese stanno molto attente alle 3 dimensioni della responsabilità sociale, cioè economica, sociale e ambientale). • Comunicazione globale e interconnessa: le imprese attuano continui flussi di comunicazione con diversi attori. • Produzione globale: spesso queste imprese adottano sistemi di produzione che si basano sulla localizzazione dinamica degli spazi d’impresa in diversi parti del mondo, adottando parcellizzazione (suddividere i compiti legati ad un ciclo produttivo fra più imprese) e specializzazione delle produzioni (gestire impianti in vari luoghi ognuno con una propria specializzazione). • Global trade: in particolare per i mercati di largo consumo, dove le grande imprese si rivolgono ad una grande domanda e dove il trade (distributore), coordina la supply chain data la sua relazione di vicinanza con la domanda. • Settori ibridi: operano in settori diversificati. • Gestione dei fattori distintivi di concorrenza con un’instabilità continua e pianificata: rompono loro stesse gli equilibri perché continuano ad innovare. BARRIERE: Principali difficoltà che le imprese affrontano per entrare in nuovi mercati: l’uscita dai confini del mercato d’ordine incontra delle barriere che le imprese devono affrontare, fra queste: barriere in generale, variazioni periodiche sui cambi, diversità nella legislazione fiscale, carenza di informazioni, rischi. Le barriere artificiali nascono da deliberate scelte di politica economica dei governi nazionali, e si manifestano come ostacoli finalizzati ad impedire o rendere meno agevole l’ingresso delle imprese straniere, nel territorio doganale di uno stato; in pratica, non esiste nessuno Stato con il quale gli scambi con l’estero sono completamente liberi; si distinguono: • Di carattere tariffario:
 - Dazi doganali: imposte indirette che colpiscono la circolazione di beni da uno Stato nazionale ad un altro, e che vengono accertate e riscosse nel momento in cui la merce entra nel territorio dello Stato per essere destinata al circuito commerciale interno.
 - Dazi anti-dumping: tesi a contrastare le importazioni di merci offerte a prezzi inferiori rispetto al valore normale del bene nel suo paese d’origine cagionando un pregiudizio considerevole alla produzione nazionale (soprattutto in questi anni).
 - Dazi compensativi: volti ad ostacolare le importazioni di beni realizzate da aziende di paesi terzi che beneficiano di sussidi (soprattutto in questi anni).
 - Dazi di salvaguardia: ove per i produttori si accerti l’esistenza di una grave crisi, o di un pericolo di grave crisi, determinata da improvvise alterazioni dei flussi commerciale, la normativa nazionale consente l’applicazione di dazi (di quote) all’importazione (soprattuto in questi anni).
 - Diritti integrativi di confine: un eterogeneo insieme di tributi e di spese imposti dalle autorità 47 quindi la sequenza con cui vengono affrontati questi mercati risulta spesso direttamente collegata alla loro distanza geografica e culturale. • Esperienza: l’esperienza esistente in una certa area geografica ed i conseguenti contatti che si sono instaurati in quell’area; se in quell’area ci sono già altre imprese estere, allora l’impresa può imitare i concorrenti e determinare cosi una sorta di effetto sciame verso determinate destinazioni. Processo di scelta del mercato: si hanno due modalità che hanno il medesimo obbiettivo: • Basata su attrattività e accessibilità del paese (più teorica). • Basata sempre su attrattività e accessibilità del paese, ma con step successivi (più pratica). PRIMA MODALITÀ PER SCEGLIERE IL MERCATO: • Analisi dell’attrattività: viene valutata rispetto alla domanda potenziale, all’espansibilità della domanda primaria e alla compatibilità dell’offerta aziendale. • Analisi dell’accessibilità: viene valutata in base alle barriere naturali, artificiali e concorrenziali. Classificazione dei paesi in base alle opportunità di mercato: • Paesi a elevata priorità: attrattivi e facilmente accessibili; • Paesi da conquistare: pur presentano opportunità, presentano barrire difficili da superare; • Paesi secondari: non presentano significative opportunità, ma che sono facilmente accessibili (interessanti quando si ha un eccesso di risorse); • Paesi da escludere: non presentano opportunità interessanti e sono difficili da accedere. Condizione necessaria per effettuare questa analisi è la presenza di un sistema informativo avanzato, alimentato da fonti primarie e secondarie; un sistema informativo è composto da varie sub dimensioni che devono essere integrate, considerando fonti primarie e secondarie. Tra le fonti secondarie utili si ricorre spesso alla valutazione di dati provenienti da organismi internazionali, pubblici nazionali o privati. ANALISI ATTRATTIVITÀ GENERALE: ACCETTABILITÀ DEI PAESI: • Variabili demografiche:
 - Popolazione e tasso di crescita: il tasso di crescita permette di stimare i cambiamenti demografici che potrebbero influenzare la diffusione di determinati prodotti (es. India dove oltre al tasso in forte crescita, bisogna considerare che i giovani, pur essendo radicati nelle rispettive tradizioni, condividono gusti dei loro coetanei occidentali).
 - Numero famiglie e la loro media: nell’area occidentale è solitamente bassa; inoltre si devono considerare il ruolo all’interno della famiglia.
 - Composizione multiculturale: risulta importante per valutare la possibilità di offrire soluzioni su misura per gruppi etnici di riferimento.
 - Livello istruzione: il percorso scolastico può sviluppare nell’individuo la sensibilità al bello e la 50 capacità critica, quindi modelli di consumo maggiormente orientati alla qualità.
 - Densità della popolazione e dispersione geografica: in quanto se degli abitanti sono sparsi in piccoli centri, ci potrebbero essere problemi ed elevati costi logistici.
 - Tasso urbanizzazione: l’aumento della popolazione che vive in centri urbani può contribuire ad un innalzamento del PIL procapite, e quindi più reddito disponibile per i consumi. • Variabili economiche: 
 - PIL: valore monetario complessivo dei beni/servizi finali realizzati in un paese da operatori economici residenti e non, in un determinato intervallo di tempo, destinati al consumo finale, agli investimenti privati e pubblici e alle esportazioni nette; rappresenta il valore della ricchezza prodotta in un paese, e risulta quindi interessante per la nostra analisi il PIL procapite, cioè la sua distribuzione fra la popolazione e quindi i consumi.
 - Indice di sviluppo umano: valuta la misura della qualità della vita di un paese, come media ponderata di: speranza di vita alla nascita, livello culturale (tasso alfabetizzazione e numero di anni scolastici) e tenore di vita (reddito procapite e potere d’acquisto). • Variabili tecnologiche e produttive:
 - Livello di sviluppo tecnologico: perché un prodotto possa essere utilizzato in un’area geografica, ci devono essere determinate condizioni economico produttive; bisogna ragionare in termini di età anagrafica dei beni, infatti molti paesi oggi sono in condizioni di utilizzare prodotti appartenenti a generazioni tecnologiche e produttive ormai superate altrove (quindi si valuta se un paese è pronto ad utilizzare un prodotto e si valuta la velocità con cui le fasi del ciclo vita del prodotto si susseguono).
 - Complementarietà dei beni: un’impresa può non essere in grado di inserirsi in un mercato perché manca questa tipologia di prodotti. • Altre variabili: fisico-geografiche (clima, risorse naturali, …), socio-culturali (gruppi etnici, religione, frammentazione linguistica, sistema politico, …), priorità assegnata al settore da parte dei governi e i piani di investimento relativi alle infrastrutture. ANALISI ATTRATTIVITÀ SETTORIALE: Analisi attrattività settoriale: si basa sull’analisi della domanda potenziale, che esprime il livello della domanda primaria che si verificherebbe se tutti i soggetti che manifestano il bisogno, acquistassero e utilizzassero il prodotto nella quantità ottimale. La domanda potenziale può quindi essere intesa come la massima capacità del paese di assorbire, in un definito ambito spazio temporale, il prodotto considerato (quindi esprimere il suo grado di attrattività). • Stima della domanda: N x H x Q Stima della domanda per analogia: • Analisi lead-lag (ritardo del paese guida): prevede l’impiego delle serie storiche relative ai dati di vendita di una categoria di prodotto, rilevate in un paese omogeneo a quelli di cui si desidera stimare la domanda potenziale (per caratteristiche macro-micro economiche).
 Si assume che le determinanti della domanda di alcuni prodotti, siano simili in paesi che al momento presentano diversi livelli di sviluppo economico, ma sono caratterizzati da ambienti socio-economico-culturali convergenti nel tempo.
 In sostanza si assume che il livello raggiunto dalla domanda per il prodotto X nel paese A nel periodo 1, sia analogo a quello che il medesimo prodotto avrà nel periodo 2 nel paese B.
 
 (XA1/YA1) = (XB2/YB2)
 
 - XA1: domanda per il prodotto X nel paese A per il periodo 1;
 - YA1: fattore associato con la domanda per il prodotto X nel paese A durante il periodo 1;
 - XB2: domanda per il prodotto X nel paese B durante il periodo 2; data da [(XA1 x YB2) / YA1];
 - YB2: fattore correlato con la domanda del prodotto X nel paese A riferito al paese B per il periodo 2.
 Es. per la Polaroid la Russia negli anni ’90 è stata ritenuta simile al mercato USA degli anni ’60, così è stato possibile, conoscendo l’ammontare delle vendite USA negli anni ’60, stimare la domanda del mercato russo degli anni ’90. 51 • Analisi barometrica: si assume che se in un certo paese esiste una relazione diretta fra la domanda di un prodotto e un definito indicatore, la stessa relazione può essere supposta valida anche in altri paesi.
 
 (XA/YA) = (XB/YB)
 
 - XA: domanda per il prodotto X nel paese A;
 - YA: fattore correlato con la domanda del prodotto X nel paese A;
 - XB: domanda per il prodotto X nel paese B; data da [(XA x YB) / YA];
 - YB: fattore correlato con la domanda del prodotto X nel paese A, esteso per analogia anche al paese B.
 Es. impresa che produce macchine per il caffè che conosce per il paese A il numero di acquirenti industriale ed il tasso di dotazione; se si conosce il numero di acquirenti nel paese B (ritenuto simile a quelli di A), e lo si moltiplica per il tasso di dotazione riscontrato in A, è possibile stimare la domanda potenziale nel paese B. ANALISI ATTRATTIVITÀ PER L’IMPRESA: • Il primo punto da valutare sarebbe l’espansibilità della domanda primaria, che si collega al calcolo dell’analisi della domanda potenziale, dopodiché si passa all’analisi di compatibilità. Analisi di compatibilità: Volta ad appurare in che misura un’offerta aziendale corrisponda alle caratteristiche quali- quantitative della domanda locale, quali siano gli eventuali adattamenti necessari e i riflessi economico-finanziari che ne conseguono, anche alla luce della situazione competitiva esistente nel paese considerato. Si tratta di una valutazione generale d’offerta, e non fatta con riferimento ai diversi specifici prodotti, in quanto siamo ancora ad un’analisi relativa alla scelta dei mercati in cui operare. Quest’analisi può individuare dei segmenti di domanda generali all’interno del paese selezionato, per stabilire la possibilità che l’offerta possa funzionare nel mercato che si sta valutando (compatibilità tra offerta e segmenti di domanda). Rischio paese: queste considerazioni possono essere importanti per valutare l’attrattività: • Rischio economico: possibile andamento delle variabili macroeconomiche (es. PIL, deficit, consumi), che caratterizzano un paese e potrebbero influenzare il valore delle transazioni. • Rischio finanziario: capacità del paese di assicurare il servizio del debito estero, corrispondendo gli interessi e restituendo il capitale nei tempi concordati. • Rischio politico: tensioni interne che si possono verificare all’interno del paese. ANALISI ACCESSIBILITÀ: Per valutare l’accessibilità si considerano: • Ambiente competitivo: che caratterizzano i paesi; l’analisi di accessibilità non può prescindere dall’attenta valutazione di:
 
 - Caratteristiche della domanda: questa assume rilevanza perché ci possono essere delle barriere naturali, in quanto aree distanti presentano ambienti socio-culturali peculiari, quindi l’interazione delle imprese estere con il contesto locale può diventare difficile.
 Alcuni autori hanno sottolineato una diminuzione delle distanze culturali, argomentando che: ci sono contatti sempre più frequenti dovuti all’evoluzione tecnologica, sta avvenendo una omogeneizzazione scolastica e che l’espansione delle imprese multinazionali ha contribuito allo sviluppo di similarità degli stili di vita.
 Altri autori sostengono che gli avanzamenti tecnologici hanno determinato un ampliamento dell’offerta potenziale, rendendo possibili segmentazioni spinte a livello di gruppi circoscritti; inoltre si segnala la crescita della varietà/variabilità dei bisogni della domanda.
 Quindi nonostante alcune forme di omogeneizzazione, la complessità della domanda non va scomparendo, e quindi risulta importante per l’impresa, rilevare le similarità e le differenze di caratteri e comportamenti delle popolazioni.
 52 • Unioni doganali: riduzione o eliminazione sia delle barriere interne (tratto tipico delle aree di libero scambio), sia dalla presenza di tariffe esterne comuni su prodotti importati da pesi terzi, ma non dalla libera circolazione di lavoro e capitali (caratteristica dei mercati comuni) (es. CEE). • Mercati comuni: oltre agli accordi tipici delle unioni doganali, beneficiano al loro interno della libera circolazione di servizi (incluso il lavoro) e capitali (es. Mercosur). • Unioni politiche: nascono per assicurare il miglior raggiungimento possibile degli obbiettivi economici, sociali, monetari perseguiti dai diversi paesi (es. UE). La formazione di questi gruppi di paesi, schiude alle imprese rilevanti opportunità in termini di accesso ai mercati di maggiori dimensioni. 3. ANALISI IN PROFONDITÀ: Per i mercati che presentano situazioni accettabili rispetto all’analisi a tavolino, occorre approfondire ulteriormente l’analisi, valutandone il macro-ambiente per fare emergere determinati aspetti che non sono usciti in precedenza. Ci sono dei sub-ambienti da analizzare, per portare a termine l’analisi sul macro-ambiente (una sorta di premessa): • Ambiente sociale: cambiamenti famiglia, ruolo donna e responsabilità sociali. • Cultura e tradizioni. • Ambiente economico competitivo: inflazione, potere d’acquisto e tassi di cambio. • Tecnologia: effetti sulla società ed effetti sul marketing. • Ambiente politico e legislazione: disciplina sulla concorrenza, protezione del consumatore, disciplina sulla distribuzione e mercato del lavoro. • Ambiente naturale (risorse). • Demografia: sviluppo della popolazione, classi d’età, occupazione e distribuzione geografica. Si effettua così un approfondimento con l’analisi del macro-ambiente oppure con l’analisi PEST (politica, economica, società, tecnologia) con riferimento ai mercati selezionati. Gli elementi fondamentali da analizzare per l’analisi in profondità sono (l’analisi di queste caratteristiche richiama l’attrattività d’impresa della prima modalità di scelta di mercati): • Analisi prodotto/mercato/segmento: 
 - A cosa potrà servire il prodotto nei mercati che si stanno analizzando? Il prodotto può avere usi differenti nei vari mercati.
 - Chi compra il prodotto nei mercati esteri e quali caratteristiche hanno? Il segmento della clientele può essere differente rispetto ad un altro paese.
 - Dove potrebbero comprare il prodotto? Bisogna verificare le abitudini d’acquisto dei vari consumatori.
 - Quando i prodotti potrebbero essere comprati? Si lega alla stagionalità dei prodotti.
 - Quali fattori potrebbero agire sulla redditività di prodotto? Es. prezzo, comunicazione, … • Analisi concorrenza: 
 - Chi potrebbero essere i concorrenti nei mercati selezionati? Bisogna individuali e qualificarli per quote di mercato e principali punti di forza e debolezza.
 - L’analisi va effettuata con riferimento alle imprese locali (conoscono bene le peculiarità della domanda) e a quelle estere (interessanti per capire le strategie d’ingresso, per capire in quali altri paesi sono presenti e quali potrebbero essere le eventuali strategie di risposta). • Distribuzione della domanda: si valuta la distribuzione geografica della domanda e per classi (es. di reddito), per capire se la domanda è concentrata in alcune aree o diffusa in piccoli centri (può comportare grossi sistemi di distribuzione, di marketing e un possibile adattamento del prodotto dovuto alle differenze inter-culturali). • Analisi profilo del consumatore: si analizzano una serie di fattori legati al consumatore, come il potere d’acquisto, che cosa lo spinge all’acquisto e come valuta le offerte di competitors simili (quindi quale attese ha). • Informazioni sui principali fattori del marketing mix: se si conosce il consumatore si possono tracciare le conseguenze sul marketing mix, andando a descrivere gli attributi di prodotto importanti per il consumatore, che tipo di comunicazione viene utilizzata in questi mercati, che tipo di distribuzione viene utilizzata e qual’è l’andamento generale dei prezzi. • Vincoli riguardanti l’accesso al mercato: ad esempio si parla di barriere all’accesso relative alla presenza di un sistema distributivo molto concentrato e quindi poco accessibile. 55 Schema riassuntivo seconda modalità di scelta: ENTRATA NEI NUOVI MERCATI: A questo punto si avranno i mercati scelti, e nel caso fossero più di uno, occorrerà scegliere l’entrata in questi mercati: • Diversificazione: suddividere le risorse aziendali su un ampio ventaglio di paesi; in questo modo si suddivide il rischio su più paesi, evitando che i risultati d’impresa dipendano in misura determinante da uno o pochi paesi simili; si possono sfruttare economie di condivisione, sempre nel rispetto della diversità dei mercati considerati. • Concentrazione: concentrare l’interesse su un numero ridotto di mercati; grazie a questa focalizzazione su pochi mercati (evidentemente simili), si destinano a questi un’offerta abbastanza standardizzata che permette il raggiungimento di economie di scala, scopo e esperienza (si migliorano le abilità e le competenze specifiche concentrandosi su queste aree). Fattori di scelta: • Andamento della funzione vendite: l’andamento delle vendite al crescere dell’investimento delle risorse destinata all’area geografica (definiti come sforzi di marketing):
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 - Curva S: si ha una sorta di resistenza iniziale, seguita da un aumento delle vendite; quindi sarà meglio concentrarsi su pochi mercati, perché per avere successo occorre investire molto fin da subito, dopodiché si potrà sfruttare la posizione con successivi impegni di entità più limitate.
 - Curva concava: si hanno subito vendite importanti con pochi sforzi di marketing, seguite da una resistenza; in questo caso l’impresa sarà indotta ad una politica di diversificazione. 56 • Ritmo di sviluppo del mercato: quanto più ridotto è il tasso di crescita dei singoli paesi, tanto più l’impresa sarà indotta ad operare in un più elevato numero di mercati (diversificandosi per conseguire risultati); e viceversa (pochi paesi con ritmo elevato, meglio concentrarsi). • Stabilità del mercato: più c’è instabilità, più l’impresa tenderà a diversificarsi, frazionando così il rischio. • Vantaggio temporale: vantaggio di tempo che, in caso di innovazione, l’impresa possiede nei confronti dei concorrenti; quando l’intervallo “imitativo” è breve, vi è un orientamento verso la diversificazione, ma quando è lungo, l’orientamento è verso la concentrazione. • Necessità di adattare il prodotto: se servono adattamenti meglio concentrarsi (e viceversa). • Necessità di adattare la comunicazione: stesso ragionamento del punto precedente. • Economia di scala ed esperienza: tanto più sono importanti per l’impresa, tanto più conviene concentrare l’attività in pochi paesi per raggiungere i volumi necessari. • Controllo del mercato: il grado di controllo che l’impresa intende esercitare sui mercati (più è alto, più sarà necessario concentrarsi). • Esperienza precedente: se l’impresa ha esperienza nel vendere all’estero, allora tende a diversificarsi (sentendosi più forte). Seguendo un ragionamento in base ai tempi di sviluppo internazionale (ossia, in termini di tempo con il quale affrontare i diversi paesi): • Approccio sequenziale: l’impresa si posiziona in un determinato paese e cerca di raggiungere il prima possibile le quote di mercato obbiettivo, successivamente considererà un altro paese. • Approccio parallelo: l’impresa si posiziona contemporaneamente nei diversi paesi selezionati. STIMA DELLA DOMANDA: Domanda di mercato corrente (mercato attuale): è il limite cui tende la curva di domanda la cui dinamica dipende dal livello di pressione di marketing esercitata dagli attori di mercato; questa domanda rappresenta quindi una funzione di risposta, per cui il suo livello dipende da fattori esplicativi, detti determinati della domanda, ovvero i fattori di marketing (rappresentati dall’insieme delle attività di marketing effettuate dalle imprese concorrenti), e i fattori di contesto (che sono al di fuori del controllo dell’impresa); ecco perché si dice che: 1. La concorrenza non ha effetto sulla domanda primaria; 2. Per un identico livello di pressione totale di marketing la domanda primaria sarà più forte in fase di prosperità e più debole in fase di recessione. Domanda di mercato massima (mercato potenziale): il mercato potenziale rappresenta il limite superiore del mercato attuale, in quanto si considerano 3 ipotesi: • Tutti gli utilizzatori potenziali sono anche effettivi; • Ciascun utilizzatore usa il prodotto in ogni occasione d’uso; • Ciascun utilizzo del prodotto avviene nella misura o con la frequenza ottimale. 57 • MDI = 4800000 / 12000000 = 40%
 - Domanda mercato corrente = 2000000 x 60% x 4 = 4800000
 - Domanda mercato massima = 2000000 x 100% x 6 = 12000000 • SDI = 3,5% / 9,6% = 36,45%
 - Quota mercato attuale = 60% x 40% x 60% x 30% x 80% = 3,5%
 - Quota mercato potenziale = 65% x 55% x 68% x 48% x 82% = 9,6% MATRICE HARREL-KIEFER: Dopo le 4 fasti di scelta, l’analisi dei mercati si può completare applicando la matrice Harrel- Kiefer, che può dare al management indicazioni sulla pozione che potrebbe occupare l’impresa nei mercati scelti. • I paesi che ricadono nei 3 quadranti in alto a sinistra prospettano le maggiori opportunità per l’impresa, ma richiedono un elevato impegno da parte dell’impresa per poter prima acquisire e poi difendere le posizioni acquisite; la modalità indicata per entrare in questi mercati è la presenza diretta, che risulta più efficace. • I paesi che ricadono nei 3 quadranti in basso a destra prospettano le minori opportunità, quindi nel caso si decidesse di entrate o si fosse già entrati in questi, l’attenzione deve essere ad orientarsi ai flussi di cassa. 60 • I paesi che ricadono nella “diagonale”, richiedono una selezione attenta, in particolare, nei paesi del quadrante in alto a destra si consiglia di entrare con alleanze o joint venture. L’esame della collocazione/posizionamento assunto dai paesi nella matrice, può facilitare l’impresa nella decisione sulla sequenzialità degli ingressi nei vari paesi obbiettivi, dando indicazioni sulle modalità d’entrata. Per calcolare questa, basta utilizzare le modalità di calcolo della matrice General Electric o della matrice Boston Consulting Group, dove l’impresa viene suddivisa in SBU (o linee di prodotto), che vengono collocate nella matrice per essere confrontate e per definire gli obbiettivi strategici per ciascuna (quindi utilizzate per aiutare le imprese che si diversificano). MATRICE BOSTON CONSULTING GROUP: • Attrattività: tasso di crescita del mercato di riferimento; il centro dell’asse è da calcolare (di solito si calcola con la media ponderata dei tassi di crescita dei vari segmenti/mercati). • Competitività: quota di mercato rispetto al concorrente più pericoloso; dove gli estremi sono bassa 0,1, centro 1, alta 10. • Cash cow: raccoglie la liquidità fornita; • Dog: disinvestire o vivere modestamente (non si inseriscono altre risorse); • Question mark: disinvestire o accrescere la quota di mercato; • Star: prodotti leader nel loro mercato in crescita; richiedono mezzi finanziari consistenti per finanziare l’espansione. La matrice si fonda su alcune ipotesi fondamentali: la presenza dell’effetto di esperienza (si presume che venga utilizzata da imprese che riescono a realizzare l’effetto esperienza), e la relazione diretta tra fase di crescita del mercato e bisogno di liquidità (se un mercato è in crescita, le attività che si collocano in quel mercato necessitano di liquidità per crescere). Limiti: • L’ipotesi legata all’effetto esperienza può essere presente solo su certi prodotti-mercati; • Il metodo si basa perlopiù sul vantaggio competitivo interno e non esterno; • Presenza scontata di economie legate alla dimensione; • Le raccomandazioni ricavate sono generiche. Es: il portafoglio di attività della società X è costituito da 3 attività: A, B e C; le vendite della società X e del concorrente principale, e l’evoluzione nei settori sono: 61 Calcolo quote: • A = 1,8/1,2 = 1,5 • B = 3,2/0,8 = 4 • C = 0,5/2,5 = 0,2 Calcolo tasso crescita del mercato: • A = (125-117) / 117 = 0,068 • B = (196-190) / 190 = 0,031 • C = (98-95) / 95 = 0,031 • Tasso di crescita medio = (0,068 + 0,031 + 0,031) / 3 = 0,043 * 0,086 rappresenta il doppio, ma è una scelta soggettiva. * Al posto dei pallini potrebbero esserci dei cerchi più o meno grandi, in relazione all’importanza delle attività; per calcolare il raggio: K(Q/π)^1/2, dove Q volume di vendita e K è una costante arbitraria utilizzata per calibrare le dimensioni del cerchio. MATRICE GENERAL ELECTRIC: Vengono usati più indicatori per stimare l’attrattività e la competitività, rispetto alla matrice Boston consulting group: 62 ESPORTAZIONE DIRETTA: L’impresa vende ad un soggetto che ha sede all’estero; quindi interagisce in prima persona con il mercato straniero. In particolare, l’impresa: 1. Invia periodicamente all’estero i propri venditori; 2. Stipula contratti con agenti sui mercati locali; 3. Tiene i contatti direttamente con gli utilizzatori finali. Le alternative attraverso le quali può realizzarsi l’esportazione diretta possono anche essere: • Costituzione di un’organizzazione di vendita dedicata al mercato locale; • Istituzione di una propria unità organizzativa nel paese prescelto. L’impresa delibera una propria struttura organizzativa nel mercato estero, la quale è solamente un ufficio di rappresentanza; può rappresentare un primo passo verso una presenza più stabile. Confronto esportazione diretta vs indiretta: Alcuni fattori spingere l’impresa ad integrarsi con il sistema economico nel quale vuole vendere: • Necessità di avvicinarsi al cliente per capire cosa vuole; • Fornire gli stessi servizi dei concorrenti locali; • Superare barriere tariffarie; • Limiti alle importazioni di prodotti finiti: molto spesso i governi impongono un certo contenuto locale ai prodotti venduti. TRAFFICO DI PERFEZIONAMENTO PASSIVO (Passive Improvement Trade): Si tratta di un regime di esportazione temporanea; infatti, l’esportazione delle merci avviene al fine della loro reimportazione, dopo che esse hanno subito trasformazioni, lavorazioni o riparazioni. All’atto della reimportazione le merci sono sottoposte al pagamento dei diritti doganali applicabili alle merci reimportante, detraendo da questi diritti doganali quelli che si sarebbero dovuti in caso di importazione sulle merci temporaneamente esportate (calcolati sulla differenza tra il valore doganale determinato prima della lavorazione ed il valore determinato alla reintroduzione). Il perfezionamento passivo riguarda merci unionali temporaneamente esportate fuori dal territorio dell’UE, mentre il perfezionamento attivo, riguarda merci extracomunitarie che vengono introdotte nel territorio doganale comunitario per subire delle lavorazioni ed essere esportate. INSEDIAMENTO PRODUTTIVO ALL’ESTERO: L’impresa decide di collocare un proprio stabilimento nel paese straniero (proprietà esclusiva, quindi è un investimento high equity); questa decisione comporta che, insieme allo stabilimento di produzione, vengano ubicate anche altre attività della catena del valore. 65 Ovviamente si hanno vari svantaggi, tra cui un investimento iniziale elevato e costi d’esercizio elevati; quindi, l’impresa deve considerare la necessità di raggiungere determinati volumi di produzione, al di sotto dei quali non è possibile raggiungere il punto di pareggio. Bisogna considerare, però, che ci possono essere vari vantaggi o motivazioni: • Cogliere opportunità offerte dall’operatore pubblico: possono essere attivati dallo Stato una serie di fattori per attrarre investimenti esteri; questi fattori possono essere impliciti (esistenza di un contesto favorevole, dovuto all’ambiente generale) o espliciti (finanziamenti agevolati, aliquote fiscali o doganali basse, snellimento burocrazia). • Stabilire una presenza diretta nel paese estero, sia al fine di un miglior presidio dello stesso, sia per farvi ingresso ex novo: le imprese vogliono accogliere opportunità generalmente dovute ad una domanda locale forte (es. Ferrero con insediamenti produttivi in America Latina e in Asia).
 Possono decidersi di insediarsi all’estero: 
 - Dopo aver attuato l’esportazione (quindi si ha una sorta di periodo di apprendimento), l’azienda decide di insediarsi in maniera più stabile; a volte questo passaggio è obbligato a causa delle barriere artificiali all’esportazione.
 - Fin da subito all’estero, generalmente quando uno o più clienti importanti per l’azienda sviluppano degli insediamenti all’estero. • Ottenere vantaggi di costo che agevolino la penetrazione in quel mercato: costi della logistica, approvvigionamento delle materie prime e della manodopera.
 Tuttavia, negli ultimi anni molte imprese che avevano considerato l’opportunità dovuta al costo del lavoro basso, hanno deciso di tornare indietro e di dare corso ad operazioni di near-shoring (ricollocando l’attività in paesi prossimi a quello d’origine) e ri-shoring (ritornando del tutto nel paese d’origine); questo perché ci possono essere una serie di ostacoli, come bassa la produttività della manodopera, la scarsa qualità prodotta o le difficoltà nelle capacità di apprendimento dei lavoratori. Modalità: le prime due modalità per alcuni paesi non possono avvenire, in quanto alcuni governi non permettono ad operatori stranieri di avere unità nel paese a proprietà esclusiva (solitamente in mercati particolari, es. Cina o India nel settore della telefonia). • Istituire ex novo un’azienda; • Acquisizione: fasi del processo di acquisizione:
 - Pre-acquisizione;
 - Valutazione e di definizione del prezzo di scambio;
 - Pianificazione (definizione modalità coordinamento e integrazione);
 - Comunicazione (esterna);
 - Implementazione (avvio). • Collaborazione con operatori locali. Confronto ex novo (greenfield) vs acquisizioni: 66 Costituzione ex novo e acquisizione: l’impresa che si va ad instituire all’estero può essere: • Società controllata (subsidiary): è un’entità totalmente distinta dalla struttura originaria, con autonomia giuridica, ma controllata ovviamente dalla casa madre: 
 - Gli incentivi/contributi locali sono in genere usufruibili solo dalla controllata (non dalla filiale);
 - Se l’aliquota d’imposta è inferiore nel paese estero rispetto a quello in cui ha seda la casa madre, è possibile differire la tassazione ritenendo gli utili presso la controllata. • Filiale (branch): è una sorta di sede secondaria priva di autonomia giuridica: 
 - E’ raramente sottoposta a condizioni restrittive in ordine alla residenza dei suoi soci o amministratori (mentre per la controllata ciò avviene); 
 - Le perdite contabili possono essere portate in detrazione degli utili della casa madre;
 - I beni di produzione possono essere liberamente trasferiti dalla casa madre alla branch. Collaborazione con operatori locali: • Contratti di produzione: si fa produrre i propri prodotti ad un’altra azienda che sta all’estero, in base a delle specifiche date al produttore;
 - Vantaggi: il superamento di alcune barriere all’accesso, il costo del lavoro più basso, la possibilità di inserire il cosiddetto “made in”, la presenza di minori costi di trasporto, la flessibilità (durata breve e contratti con più operatori) e la possibilità di trovare operatori con capacità operativa non utilizzata del tutto (quindi che hanno interesse nel saturare la produzione per ottenere benefici di costo).
 - Svantaggi: gli utili non sono gli stessi di quelli che si guadagnerebbero con un insediamento produttivo all’estero “puro”, il produttore può non rispettare gli standard produttivi o acquisire le conoscenze e le tecnologie per gestire direttamente la produzione. • Assemblaggio: può essere una scelta imposta dai governi locali che consentono di vendere prodotti solo se hanno un contenuto minimo di lavoro locale. • Global outsourcing: l’impresa si concentra sulle competenze core, ma affida il resto (o parte) ad altri attori, quindi si va ad esternalizzare il processo produttivo (o parte); ci si affida alla specializzazione dell’operatore estero; vantaggi: flessibilità, raggiungimento di economie di scala e specializzazione, inoltre quando non si hanno le conoscenze si possono trovare dall’operatore specializzato. • Cessione di licenze, know how e brevetti: l’impresa (licenziante) cede all’impresa estera (licenziatario), i diritti legati ai prodotti di sua proprietà in cambio di un compenso; quindi si cede, in cambio di un compenso, lo sfruttamento economico delle tecnologie, del marchio, del brevetto o legati alla proprietà intellettuale. Quindi l’impresa non si impegna direttamente nel mercato estero in attività di produzione, ma continua a raccogliere i benefici dei suoi vantaggi competitivi; inoltre, la licenza può essere ottenuta in cambio di un’altra licenza (cross-licensing). JOINT VENTURE: Possono essere di due tipi: • Non equity: cioè contrattuali, dove non si costituisce una società ma si adopera un contratto di collaborazione per uno specifico progetto; ogni società che vi partecipa mantiene la propria autonomia, quindi sono caratterizzate per un’ampia flessibilità. • Equity: cioè societarie, dove nasce un’impresa congiunta grazie all’accordo fra due o più imprese indipendenti, che mettono in comune risorse e competenze per svolgere un’attività non occasionale, tramite un’impresa con autonomia giuridica.
 Questo processo risulta molto complesso (soprattutto per certe zone, es. scarsa trasparenza delle imprese cinesi, ecco perché solitamente si coinvolge un’impresa terza specializzata, per accompagnare questa fase difficile): per prima bisogna selezionare il partner, andandone a valutare le competenze tecnologiche, organizzative e finanziarie; successivamente si ha la fase di negoziazione che si concretizza nella selezione delle offerte/prodotti e sulle decisioni dei ruoli/conferimenti dei singoli (sulla base della quota del capitale sociale, si avranno joint venture di maggioranza o paritarie, oppure rispetto al grado di coinvolgimento nella gestione della joint venture, dove solitamente ad occuparsi della gestione sarà il partner che avrà gli apporti più critici). 67 transazionali, quei segmenti che presentano tra loro similarità maggiori, di quelle rilevate fra i vari segmenti dello stesso paese; quindi si cercano segmenti transazionali cross-national. MACROSEGMENTAZIONE: Permette di individuare raggruppamenti piuttosto ampi di paesi, ciascuno dei quali è composto da un certo numero di mercati nazionali che, ai fini delle scelte di marketing, possono essere considerati come aree da cui si origina una domanda caratterizzata da rilevanti tratti di omogeneità. Da un punto di vista operativo si possono utilizzare alcuni criteri per individuare i paesi da inserire in un determinato cluster/gruppo: • Variabili geografiche: sono le più tradizionali; si raggruppano i paesi in base alla collocazione geografica, in quanto si dovrebbero avere maggiori similarità; bisogna impiegarlo con molta cautela, in quanto può non essere molto efficace, ecco perché si accorperà spesso alle altre. • Variabili economiche: la più utilizzata è il reddito nazionale loro procapite (paesi a basso reddito, medio-basso, medio-alto e alto), ma ce ne sono ovviamente anche altre (alcune si trovano nell’analisi sull’attrattività); è possibile utilizzare anche indici più complessi (es. indice qualità della vita di Morris). • Variabili culturali: si individuano zone di affinità culturali tra i vari paesi, relativamente agli elementi che qualificano la cultura. 
 Focus cultura: insieme di simboli e valori, i cui significati forniscono una serie di orientamenti ai membri di una società; questi simboli e valori sono appresi (da gruppi di riferimento come la famiglia), interrelati (perché vanno ad intrecciarsi fra di loro) e condivisi (dai membri). Di solito i confini relativi alla cultura sono gli stati, ma ci possono essere molto subculture all’interno di uno stato. Gli elementi che qualificano una cultura (da considerare per segmentare): • Vita materiale: si riferisce alle tecnologie o alle infrastrutture utilizzate dai consumatori per produrre, distribuire e consumare, beni e servizi all’interno di una società. • Linguaggio: l’uso del linguaggio come strumento di comunicazione fra le culture e la diversità del linguaggio fra paesi diversi o all’interno degli stessi paesi (es. Papua Nuova Guinea). • Interazioni sociali: si tratta dei gruppi di riferimento (a cui si vorrebbe o non si vorrebbe appartenere); ci si riferisce al modo attraverso cui i membri di una società si relazionano fra loro. • Estetica: si riferisce all’idea e alla percezione che la cultura ha in termini di bellezza e buon gusto; risultano importanti le percezioni dei colori o delle forme (es. bianco nella cultura latina ha un significato di purezza, mentre nella cultura cinese ha un significato di morte). • Religione: si accorpano i paesi con religioni ed usanze simili (es. festività associate). • Educazione: livello/qualità dell’istruzione che dettaglia la cultura del luogo; questa rappresenta il principale fattore di differenza fra le generazioni. Ovviamente ci possono essere molti altri aspetti, come usi, rituali o simboli, ecc… Indicatori della cultura di Geert Hofstede: • Individualismo: grado con cui le persone, che appartengono ad una cultura, preferiscono agire come singoli o come parte di un gruppo; si distinguono tra società con legami deboli o forti. • Distanza gerarchica: grado con cui si approva l’autorità. • Mascolinità: differenze fra sessi, quindi collettività dove i ruoli sono differenziati o dove sono molto sovrapposti. • Avversione all’incertezza: modo con cui le persone si pongono di fronte all’incertezza. • Orientamento a lungo termine: si dividono fra individui che tendono ad agire in un’ottica di lungo periodo (sacrificando benefici immediati), e culture orientate al breve periodo. MICROSEGMENTAZIONE: Per alcune tipologie di prodotti la macrosegmentazione può essere efficace, ma l’eterogeneità della domanda presente nei singoli mercati, può essere tale che, per sviluppare adeguati programmi di marketing, è necessario considerare i segmenti presenti nei vari paesi ed utilizzare così la microsegmentazione. Si considerano i singoli mercati in cui si articola la domanda presente nei mercati; relativamente a questi segmenti si valuta la possibilità di aggregare in insiemi omogenei transazionali quelli che presenta tra loro similarità maggiori. 70 L’utilizzo di variabili di segmentazione non è sufficiente, ma bisogna considerare altri criteri, con riferimento ai caratteri nazionali, che possono essere combinati tra loro per determinare i segmenti transazionali: • Sociodemografica: si usano variabili come età, sesso, classe professionale, occupazione; in particolare l’età risulta una delle più utilizzate, anche perché i segmenti giovani presentano caratteristiche simili nei diversi paesi (dovuta alla tecnologia). • Benefici ricercati: raggruppando nel medesimo cluster i consumatori con gli stessi benefici; di solito, si individuano gli attributi associati alla categoria/prodotto, poi si valuta l’importanza relativa assegnata a ciascun attributo in relazione ai benefici ricercati, poi si accorparono i clienti con valutazione assimilabili, ed infine si quantificano le dimensioni dei segmenti. • Psicografica: l’impostazione classica tende a valutare i valori individuali (convinzioni sulle scelte di un determinato modello di comportamento), le attività (interessi dei potenziali consumatori) e le opinioni (idee personali). Di solito si utilizzano questionari o indagini (cercando di capire l’accordo o il disaccordo su determinate affermazioni per identificare degli stereotipi dominanti), anche se oggigiorno, con le nuove tecnologie, si possono raccogliere dati più accurati e definire più precisamente come si muove il consumatore all’interno di una singola giornata. A questo punto si procede nell’aggregazione dei segmenti cross-country per individuare dei segmenti transazionali; quindi si aggregano soggetti appartenenti allo stesso segmento nei diversi paesi analizzati (ovviamente, al fine dell’impostazione della politica di marketing, l’impresa si baserà principalmente sul segmento con le dimensioni più rilevanti). POSIZIONAMENTO: Posizionare significa scegliere i vantaggi competitivi rispetto alla concorrenza (quindi come si vuole competere); l’obbiettivo è costruire e ottenere nei mercati una posizione distinta sia per l’impresa sia per i suoi prodotti/servizi. Per avere successo occorre dare ai clienti (del target scelto), più di quanto dà la concorrenza. Soprattuto con riferimento alle imprese che operano in diversi mercati geografici, definire il posizionamento è fondamentale; in particolare deve essere definito in modo: • Chiaro (per quanto riguarda il target e i vantaggi differenziali); • Coerente (deve essere costante per non creare confusione); • Credibile (per i potenziali clienti del target); • Competitivo (i vantaggi differenziali devono dare un’effettiva superiorità rispetto ai rivali). A seconda della segmentazione attivata dall’impresa, è possibile definire: • Posizionamento differenziato: diverso a seconda dei vari paesi in cui si colloca l’offerta; • Posizionamento standardizzato: lo stesso a livello globale. POLITICHE DI PRODOTTO: Riprendendo la definizione di prodotto come paniere di attributi, quindi che ha un core legato alla dimensione funzionale del prodotto, e poi ha attributi necessari e aggiuntivi. L’impresa può decidere di andare all’estero con: • Stesso prodotto del mercato d’origine; • Prodotto adatto ai nuovi mercati; • Prodotto nuovo per il mercato globale. Per definire una politica di prodotto con riferimento ai diversi mercati, è fondamentale considerare che il giudizio della domanda, in merito alla capacità dell’offerta dell’impresa di soddisfare le sue esigenze, può cambiare con riferimento ai diversi paesi; questo perché, il giudizio, con riferimento al mercato d’origine, può essere alterato per diversi fattori che influiscono sul posizionamento percepito nei diversi mercati locali. Questa alterazione viene denominata effetto prisma, che può determinare un effetto: • Trasparente: all’estero il prodotto è percepito in modo analogo al paese d’origine; • Amplificante: all’estero il prodotto è percepito come di livello più elevato; • Riducente: all’estero il prodotto è percepito di livello inferiore. Sulla base di questi effetti, l’impresa può trarre le proprie conclusioni, circa il portare all’estero lo stesso prodotto del mercato d’origine, piuttosto che adattare il prodotto. 71 L’effetto prisma si ricollega al concetto del country of origin effect: l’ipotesi è che i consumatori valutino gli attributi del prodotto, anche sulla base del paese al quale associano l’origine del prodotto stesso. In particolare ci può essere un effetto: • Alone: si riferisce all’individuo che, non disponendo di conoscenze dirette del prodotto, matura un giudizio sulla base dell’immagine del paese. • Sintesi: si riferisce al caso in cui il consumatore, che ha una certa familiarità con la categoria di prodotto proveniente da uno specifico paese (in quanto ha già sperimentato prodotti provenienti da quel paese), matura un giudizio di sintesi nell’immagine del paese (se ha sperimentato diversi prodotti di un paese positivamente, allora darà un’immagine positiva al paese di provenienza). Per analizzare la relazione esistente tra paese d’origine e prodotto, si può usare un costrutto multidimensionale definito da alcuni attributi che qualificano positivamente un paese sotto il profilo produttivo: • Innovatività: in termini di superiorità e avanguardia tecnologica; • Design: in termini di stile, varietà ed eleganza; • Prestigio: in termini di esclusività, status, e reputazione delle marche nazionali; • Workmanship: in termini di affidabilità, durata e qualità dei manufatti nazionali. Bisogna valutare e rilevare l’immagine del paese d’origine con riferimento a questi attributi, in relazione al mercato in cui si intende destinare la propria offerta; quindi occorre valutare la relazione tra l’immagine del paese e gli attributi di prodotto. Rilevanza effetto made-in: • Effetto paese positivo: in questo caso l’impresa dovrebbe esaltare la provenienza geografica del prodotto (es. confezione che richiama la provenienza, nome di marca che richiama o politica di comunicazione mirata); il tutto può giustificare una politica di prezzo premium price. • Effetto paese negativo: l’impresa potrebbe sottolineare aspetti relativi alle prestazioni effettive del prodotto, o scegliere modalità d’ingresso del paese come la collaborazione con operatori locali per togliere l’immagine negativa del paese, oppure ricorre al prestito di una diversa immagine paese (es. Tod’s con un brand name che richiama la Gran Bretagna). • Effetto paese mancato: i punti di forza del paese attengono ad attributi secondari del prodotto, l’impresa potrebbe rendere più evidente gli attributi legati positivamente all’immagine paese. • Effetto paese indifferente o neutralizzato: l’impresa, per quanto possibile, deve cercare di omettere i riferimenti al paese d’origine. STESSO PRODOTTO DEL MERCATO D’ORIGINE: L’impresa diffonde a livello internazionale un prodotto ideato per il mercato d’origine; questa scelta è facilitata dal possesso di alcuni tratti distintivi rispetto ai prodotti locali, che si possono concretizzare in componenti tecnologiche, competitività funzionali o nell’immagine (anche per quanto riguarda la nazionalità della provenienza del prodotto). 72 • Reverse features: attributi che il consumatore non vuole, e di conseguenza la loro presenza causa insoddisfazione (l’eliminazione di questi non comporta l’aumento della soddisfazione, fa solo diminuire l’insoddisfazione). • Indifferent features: la presenza non contribuisce in maniere evidente (positivo e negativo), quindi si possono eliminare per abbassare il costo del prodotto. Step analisi: 1. Identificazione degli attributi: da sottoporre all’analisi, quindi bisogna elencare gli attributi da approfondire (anche nuovi), per capire se sono importanti per il consumatore. 2. Conoscere la risposta alle performance degli attributi: per ogni attributo occorre porre al consumatore la domanda “How do you feel” in positivo e in negativo (es. se i tuoi sci sono/ non sono molto leggeri, come ti senti?). 3. Le risposte alle domande poste in precedenza vengono classificate da 1 a 5 (da “mi piace” a “non mi piace”), sia per la positiva, sia per la negativa; ovviamente per tutti gli attributi. 4. Si procede a compilare la matrice: si inserisce sull’asse delle functional performance la risposta positiva, e nell’asse delle dysfunctional performance la risposta negativa:
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 5. Dopo aver raccolto le risposte si va a vedere come sono stati qualificati in generale:
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 75 6. Infine si vanno ad inserire nella matrice customer satisfaction/dissatisfaction: tutti gli attributi oggetto d’analisi vengono inseriti in questa matrice sulla base dei valori CS e CD:
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 PRODOTTO NUOVO PER IL MERCATO GLOBALE: Si tratta di un prodotto che fin dall’origine è stato ideato per venire incontro alle esigenze delle domanda globale, e che quindi risulta un prodotto standard; richiedono un investimento iniziale maggiore nella fase di sviluppo e progettazione, ma portano ad un contenimento dei costi grazie alle economie di scale e di apprendimento, e al maggior potere contrattuale che hanno queste imprese (verso i fornitori e i distributori). Si usano nuove tecnologie per lo sviluppo di questi. Solitamente questi prodotti hanno un alto contenuto tecnologico (es. prodotti farmaceutici), oppure risultano radicalmente nuovi (es. rasoi usa e getta), ma possono anche essere beni di consumo che si rivolgono alla soddisfazione di segmenti giovani che utilizzano tecnologie. Fasi di sviluppo: 1. Ricerca di nuove idee: si riferisce ad una serie di domande che possono essere d’aiuto:
 - Cosa vuole il compratore? L’impresa deve analizzare gli attributi/bisogni che i consumatori ritengono importanti con riferimento ai diversi paesi, dopodiché deve concentrarsi sui bisogni/ attributi più ricorrenti, considerando anche l’attrattività delle aree stesse (ovviamente le tecnologie, ad esempio la profilazione dell’utente, agevolano questa ricerca).
 - Qual’è lo scenario di fondo delle tendenze di mercato? Quali sono le opportunità che tali tendenze prospettano sui mercati globali? Se emergono tendenze di mercato comuni tra i diversi paesi, queste possono tradursi in opportunità di sviluppo (es. Levi’s con pantaloni creati con materiali ecologici).
 - Quali opportunità per ringiovanire vecchi prodotti? Principalmente andando a riconsiderare i prodotti che in passato hanno avuto successo (es. FIAT 500).
 - Quali opportunità di integrare il product-concept? Cioè integrando il prodotto esistente con degli attributi nuovi. 2. Valutazione della convenienza a lanciare un nuovo prodotto: quindi si procede valutando la dimensione del mercato per il prodotto (la domanda potenziale), i prodotti concorrenti (e quindi i vantaggi e svantaggi rispetto ad i prodotti concorrenti), la struttura di distribuzione disponibile, le capacità di marketing disponibili, la struttura di domanda-costo-prezzi-utili; tutto ciò per capire se si è in grado di conseguire un profitto sufficientemente remunerativo. 3. Alcuni importanti aspetti: 
 - Domanda potenziale;
 - Differenze rispetto ai concorrenti (devono essere rilevanti, capite e credute);
 - Responsabilità civile dei produttori (si tratta del rispetto degli standard di sicurezza);
 - Valutazione dei costi di R&S (dati i costi elevati per la creazione di un prodotto standard). 4. Sviluppo del prodotto: questa produzione si associa ad una divisione internazionale della produzione, con produzione di componenti diverse in vari luoghi (in base alla convenienza). 76 RICERCHE PER IL LANCIO DI NUOVI PRODOTTI: Fasi del processo di sviluppo di nuovi prodotti: 1. Identificazione delle opportunità e generazione delle idee; 2. Sviluppo di concetto (descrizione verbale/grafica delle idee); 3. Design di prodotto (include l’engineering e lo sviluppo di prototipi); 4. Testing di mercato; 5. Lancio. Questi step vengono accompagnati da ricerche di marketing che l’impresa decide di effettuare: Generazione idee: si va ad ascoltare il cliente per tradurre le sue idee in prodotti; si usano metodi di ricerca aperti e flessibili: • Per categorie prodotto esistenti:
 - Focus group: colloqui di gruppo dove si è stimolati a discutere sugli argomenti dell’oggetto di ricerca; da questa interazione possono emergere una serie di idee.
 - Analisi delle esperienze d’uso: interviste in profondità, dove il cliente è invitato a descrivere la propria esperienza, in relazione alla classe di prodotto.
 - Osservazione partecipante: nel luogo tipico in cui la classe di prodotto viene usata.
 - Indagine contestuale: analisi in profondità mentre il cliente utilizza il prodotto (più intrusiva). • Per le motivazioni di acquisto e uso:
 - Analisi mezzi-fini: il problema viene scomposto in sotto-problemi, quindi si parte dalla lista degli ipotetici attributi che il cliente cerca in un prodotto, per arrivare a capire il motivo per cui questi clienti sviluppano questi bisogni (es. portatili leggeri e con batteria per tanti spostamenti): si utilizzano allo scopo, interviste in profondità per favore l’esplicitazione di tali motivazioni. 
 - Metaphor Elicitation Technique: i partecipanti all’intervista devono fornire immagini che devono restituire in senso metaforico, i significati e i valori ricercati nel prodotto. • Concept testing qualitativo: le idee devono essere trasformate in concetti di prodotto; questi concetti vengono generalmente verificati con focus group ed interviste (con test qualitativi), per verificare la compatibilità, l’appropriatezza o l’innovatività percepita dei nuovi concetti. • Concept testing quantitativo: dopo aver scelto i concetti, quelli selezionati vengono tradotti in attributi di prodotto; per la scelta degli attributi si può usare la conjoint analysis (si sviluppano possibili profili di prodotti alternativi, ottenuti da una diversa combinazione di attributi, per sottoporli a valutazione di un campione di rispondenti rappresentativo). Dal concetto al prototipo: si trasformano gli attributi in una serie di caratteristiche tecniche, quindi si crea il design di prodotto, arrivando a realizzare i prototipi.
 House of quality: strumento logico che riesce con efficacia visiva a costituire una sorta di mappa concettuale, attraverso cui realizzare una collaborazione fra risorse umane operanti all’interno delle funzioni marketing, progettazione e produzione. Questo strumento ha un’efficacia visiva molto utile; ci sono una serie di step: 1. Lista di benefici attesi dei clienti nei confronti del prodotto, nonché una loro valutazione in termini di importanza relativa. 77
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved