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Guide e consigli
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Gnatologia e Patologie parodontali, Schemi e mappe concettuali di Odontoiatria

Riassunto ordinato molto utile sulla lezione riguardante la Gnatologia e le malattie del parodonto

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2021/2022

In vendita dal 10/07/2022

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Scarica Gnatologia e Patologie parodontali e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Odontoiatria solo su Docsity! Riassunto Lezione Ferilli – Gnatologia e Patologie parodontali La gnatologia studia le patologie a livello dei muscoli masticatori (disordini extracapsulari) e a livello dell’ATM( disordini intracapsulari) Disordini extracapsulari Rapido ripasso dei muscoli masticatori: • Massetere, un muscolo rettangolare che origina dall’arco zigomatico e si estende posteriormente, ponendosi lateralmente al ramo della mandibola e andandosi a inserire sull’angolo mandibolare. Esso ha due porzioni, una superficiale, una profonda. Quando le fibre masseterine si contraggono la mandibola si solleva e i denti vengono metti in contatto. Dato l’andamento più obliquo delle fibre del massetere superficiale, si ha anche protrusione della mandibola. • Temporale, un grande muscolo a forma di ventaglio, costituito da tre capi (anteriore, medio e posteriore), la cui attivazione è spesso mista e muove la mandibola in base a quali fibre si stanno contraendo. Queste fibre originano dalla fossa temporale e vanno a inserirsi sul processo coronoide della mandibola. Fibre anteriori sono verticali e sollevano la mandibola, le fibre medie hanno un orientamento obliquo, le posteriori quasi orizzontali. In generale possiamo definire il temporale un elevatore della mandibola. • Lo pterigoideo mediale (interno), origina dalla fossa pterigoidea e si estende verso il basso, posteriormente e verso l’esterno e va a inserirsi sull’angolo mandibolare, come il massetere. Infatti, lo pterigoideo mediale e il massetere formano insieme la fionda pterigoideo- masseterina: la contemporanea contrazione di entrambi i muscoli determina elevazione della mandibola con denti a contatto. • Lo pterigoideo laterale inferiore, origina dalla superficie esterna della lamina pterigoidea laterale e si estende posteriormente, verso l’alto e lateralmente fino a inserirsi sul collo del condilo. L’attivazione di questo muscolo provoca abbassamento della mandibola e protrusione del condilo. • Lo pterigoideo laterale superiore, più piccolo dell’inferiore, origina dalla superficie infratemporale della grande alla dello sfenoide e si estende orizzontalmente sulla capsula, sul disco e sul collo del condilo. Questo muscolo è particolarmente attivo quando i denti vengono a stretto contatto tra loro. • Muscolo digastrico: ventre posteriore e ventre anteriore. Il ventre posteriore va dal solco digastrico, mediale al processo mastoideo del temporale e decorre anteriormente fino al tendine intermedio dell’osso ioide. Il ventre anteriore origina dalla superficie linguale della mandibola, e decorre verso il basso posteriormente inserendosi sul termine intermedio dell’osso ioide. Nei disturbi muscolari si hanno due categorie: • IA si ha dolore (mialgia) ma senza limitazione nell’apertura della mandibola • IB si ha mialgia con limitazione nell’apertura. Il pz limiterà i suoi movimenti e non attivando il muscolo, non ne favorisce la circolazione sanguigna. Essendo la causa di origine muscolare, il dolore è presente anche a riposo. La mialgia è correlata al rilascio di sostanze algogene (bradichinine, PG) quando il muscolo si contrae. Per fare diagnosi differenziale tra un disordine intracapsulare da uno extracapsulare basta chiedere al pz se a mandibola ferma avverte dolore : Se il dolore è presente è probabile che si tratti di un problema di origine muscolare, altrimenti il pz non avvertirà dolore perché l’articolazione è ferma. Si può fare diagnosi anche attraverso l’apertura forzata attraverso due dita poggiate sulle arcate: 1. Se attraverso la forzatura la mandibola si apre, il dolore è di origine muscolare 2. Se durante la forzatura si ha proprio un blocco, il dolore sarà di origine intracapsulare. Abbiamo 5 tipi di disturbi funzionali: 1. Co-contrazione protettiva 2. Dolore muscolare locale 3. Dolore miofasciale (trigger point) 4. Miospasmo (mai cronici, sempre acuti) indotto dal SNC 5. Mialgia cronica mediata centralmente In un paziente sano, la normale funzione può essere alterata da un trauma, dal bruxismo, che mettono continuamente in moto i muscoli masticatori. Il muscolo reagisce con la co-contrazione protettiva, col passare dei giorni il pz avverte dolore, ma comunque è una situazione che si risolve con FANS, antidolorifici e la fisioterapia orale. In alcuni casi non si ha risoluzione, la co-contrazione persevera, e si ha mialgia, disordini regionali anche ai muscoli del collo, perciò si sviluppano dei trigger point, ovvero delle benderelle di tessuto muscolare ispessito che ,se stimolate, provocano dolore. L’approccio è multidisciplinare, perché a volte arriva un pz con un byte prescritto dal dentista, ma in realtà è presente una problematica anche alla muscolatura cervicale, e ovviamente il byte non risolve questa problematica. La mialgia cronica mediata centralmente è un disordine muscolare cronico e continuo che deriva da una sorgente nocicettiva presente a livello muscolare ma origina nel SNC: a monte vi è quindi una mialgia che si protrae nel tempo e determina impulsi dolorosi al SNC, il quale poi determina l’instaurarsi della cronicità. Per questo è importante fare diagnosi differenziale tra dolore articolare e muscolare. Disordini intracapsulari Si dividono in: • Dislocazioni del disco ( gruppo II ), con e senza riduzione, con e senza limitazione di apertura • Artralgia, artriti e artrosi (gruppo III). Le artriti principali sono l’artrite giovanile idiopatica e artriti correlate a patologie sistemiche : questi pazienti vengono trattati anche dal reumatologo, poiché è molto difficile che un paziente con artrite sistemica abbiamo dolore solo all’ATM. Anatomia ATM L’ATM è una diartrosi, poiché vi è la cavità glenoidea del temporale con l’eminenza articolare e il condilo della mandibola con cui si articolano -> 2 condili; è un ginglimo, per il movimento a cerniera consentito; è artrodiale, perché vi è un movimento di scorrimento. Tra i due capi articolari troviamo un disco (non menisco, perché non è fisso all’interno dell’articolazione, ma vi sono dei legamenti che lo mantengono, ma non lo fissano), costituito da tessuto connettivo fibroso denso privo di vasi e nervi; è un disco biconcavo, più sottile al centro e ispessito sia posteriormente che anteriormente. Il disco divide la cavità articolare in due parti, ognuna della quali con una cavità sinoviale, dunque le due porzioni non sono comunicanti tra loro: ➢ Cavità articolare inferiore, tra condilo e disco ➢ Cavità articolare superiore, tra disco e cavità glenoidea ricopre la radice; la sua ampiezza corrisponde alla quantità di gengiva che ricopre la parte di smalto, quindi fino alla giunzione amelo-cementizia. Fibre connettivali della gengiva libera: La forma della gengiva interdentale (o libera marginale) segue la forma degli elementi radicolari e forma le papille interdentali, ovvero questi triangoli di gengiva rosa che si formano tra un elemento dentario e l’altro. Inoltre, la forma della gengiva interdentale è determinata dai rapporti di contatto fra i denti, dall’ampiezza delle loro superfici approssimali(prossimali?) e dal decorso della giunzione smalto-cemento; essa ha una forma piramidale in corrispondenza dei denti anteriori ed è più piatta a livello degli elementi dentari posteriori. Nel momento in cui viene estratto un elemento dentario, quindi viene rimosso sia il dente sia il legamento parodontale, la cortex alveolaris si riassorbe e si riassorbe tutta la porzione di osso la cui funzione era quella di supportare il dente; infatti, negli anziani oppure in un giovane che ha perso qualche elemento dentario, l’osso si riassorbe in quella sede e sarà difficile mettere un impianto. Il legamento parodontale viene sostituito dalle fibre che si trovano tra il cemento e la cortex alveolaris ed hanno un andamento orizzontale oppure obliquo. La gengivite è una malattia che interessa la gengiva ed è reversibile. All’E.O. la gengiva appare rossa e quando si va con una sonda all’interno del solco sanguina. Quando la gengivite si protrae nel tempo, supportata dalla placca infarcita di batteri, pian piano l’osso, che riveste l’alveolo internamente, subisce un danno, per cui si riassorbe e si creano delle tasche paradontali tra la superficie dell’elemento dentario e la gengiva che lo ricopre. Queste tasche sono tanto profonde quanto è avanzata la malattia parodontale. Strumento fondamentale per l’E.O. è la sonda e quella approvata dall’OMS ha la parte terminale tondeggiante, in modo che non possa creare danni una volta inserita nella tasca. Per ogni elemento dentario si sondano 3 punti vestibolari sia palatalmente sia vestibolarmente. La sonda arcuata, invece, si utilizza per sondare la forcazione presente tra le radici dell’elemento dentario e ci permette di capire quanto la distruzione paradontale è andata verso il centro del processo alveolare. Il Full Mouth Plaque Score (FMPS) è un indice percentuale che consente la valutazione della quantità di placca presente all’interno del cavo orale del paziente. [numero totale dei siti con placca/numero totale dei siti (numero denti x6) x100]. Una bocca sana ha un FMPS di <20%, sopra il quale il paradontologo non opera, perché il pz non è in grado di mantenere una buona igiene orale e quindi si avrebbe una recidiva. Quando si instaura un processo infiammatorio a carico della gengiva libera marginale, in quanto è presente il solco in cui si vanno ad immettere batteri e placche, si determina un margine rosso in quanto la gengiva si infiamma e con il tempo si retrae, scoprendo porzioni di radice dell’elemento dentario Un altro indice è il Full Mouth Bleeding Score (FMBS) in cui vengono valutati i siti che sanguinano [numero totale di siti con sanguinamento al sondaggio/numero totale dei siti ( numero dei dentix6) x100]. Si parla di: • Gengivite, quando una o più unità gengivali intorno ad un elemento dentario sanguinano al sondaggio, però non vi è perdita del tessuto di sostegno, cioè la quantità di cemento, legamento parodontale e osso sono intatte. • Parodontite lieve, quando vi è sanguinamento al sondaggio e vi è una perdita uniforme orizzontale del tessuto di sostegno che non supera 1/3 della lunghezza della radice. Quando invece si crea una tasca a il riassorbimento è di tipo verticale perché l’osso intorno all’elemento dentario è sano ed è mantenuto ad un livello buono, tranne nel punto in cui si crea la tasca. • Parodontite grave, quando vi è sanguinamento e perdita orizzontale di più di 1/3 della lunghezza della radice • Parodontite complicata, quando vi è un difetto osseo angolare (tasca infraossea, cratere osseo interdentale) o con forcazioni di grado II o III (ovvero i punti in cui la corona si divide in più radici) La causa più comune di malattia parodontale è la placca, altri soggetti invece sono più sensibili e presentano altri fattori di rischio come il fumo ed in questo caso si ha una parodontite aggressiva. Più il paziente non ha una buona igiene orale, più aumenta il rischio di gengivite che se non trattata evolve in una malattia parodontale cronica, per cui nel corso del tempo si ha il riassorbimento dei tessuti di sostegno dell’elemento dentario. La placca induce o può esacerbare la severità delle lesioni, cioè non vi è gengivite se non vi è placca. Se il paziente lava benissimo gli elementi dentari e vi è quantità zero di placca non può insorgere la gengivite. Se invece il paziente presenta fattori di rischio per la gengivite (prende ad esempio dei farmaci), la gengivite è sempre avviata dalla placca (quindi c’è sempre alla base un paziente che non lava bene gli elementi dentari) però non è più correlata alla quantità di placca, quindi la progressione più o meno rapida è determinata da altri fattori di rischio. L’accumulo di placca sull’elemento dentario determina infiammazione ed, in seguito a fenomeni di precipitazione di sali, può evolvere verso il tartaro, una sostanza più dura che non può essere eliminata dal pz attraverso lo spazzolamento ma è necessaria la detartarasi mediante l’utilizzo di strumenti meccanici. Ci sono alcune gengiviti non indotte da placca (partono da una minima quantità di placca, ma protraggono nel tempo a causa di altri fattori) come: (ultime 3 più rare) • Gengiviti indotte da situazioni ormonali (pubertà, ciclo mestruale,gravidanza) • Gengiviti indotte da farmaci (anticonvulsanti, immunosoppressori,calcioantagonisti, contraccettivi) • Gengiviti indotte da patologie sistemiche (diabete,leucemia,HIV) • Gengiviti indotte da fattori ereditari • Gengiviti indotte da malnutrizione • Gengiviti indotte da lesioni ulcerative (gengivite ulcerativa necrotizzante GUNA, tipica di pazienti con HIV) La gengivite è sempre reversibile perché non c’è distruzione del parodonto sottostante, profondo, per cui nel momento in cui il paziente lava bene gli elementi dentari e vengono rimossi placca e tartaro residui, la gengiva torna naturalmente alla sua condizione fisiologica. Mentre in un paziente sano la gengiva è rosa corallo e poi è sempre un po’ correlata alla pigmentazione cutanea, in caso di gengivite appare rossa, globosa, le papille hanno un aspetto irregolare. Oggi si tende a distinguere tra parodontite cronica e aggressiva. Parodontite cronica La parodontite cronica si presenta quasi sempre negli adulti, è molto rara nei soggetti giovani e la quantità di distruzione dei tessuti parodontali è commisurata all’igiene orale e ai livelli di placca, cioè più i pazienti presentano una scarsa igiene orale, più la malattia parodontale avanza. Poi ci sono dei fattori locali predisponenti che determinano quanto velocemente la patologia evolve e sono il fumo, lo stress e i fattori genetici. È classificata come localizzata quando interessa meno del 30% degli elementi dentari, generalizzata quando lo supera. Sebbene la parodontite cronica sia avviata e sostenuta da placca microbica, i fattori di rischio dell’ospite determinano la patogenesi e la progressione della malattia. La progressione è lenta-moderata. Parodontite aggressiva La parodontite aggressiva è una condizione in cui si ha una rapida perdita dei tessuti e una rapida distruzione ossea e quasi sempre vi è familiarità. In questi casi di parodontite aggressiva, la quantità di placca non è coerente con la gravità della distruzione, cioè per una quantità irrisoria di placca si sviluppano distruzioni notevoli. Questi sono pazienti che presentano una quantità elevata di specifici ceppi patogeni come l’Aggregatibacter actinomycetemcomitans e Porphyromonas gingivalis. Vi è una produzione esagerata di prostaglandine E2 e IL-1beta rispetto alla quantità di endotossine batteriche. La parodontite aggressiva è in grado anche di arrestarsi a un certo punto, di solito avviene come se fosse una fase acuta: si presenta, determina una grande distruzione ossea e poi pian piano si stabilizza. La parodontite aggressiva localizzata colpisce il primo molare o gli incisivi e si ha una perdita di attacco interprossimale, cioè una perdita di quantità ossea su almeno due denti permanenti, di cui uno deve essere un primo molare e non coinvolge più di due denti diversi da incisivi e molari. La parodontite aggressiva generalizzata coinvolge più di due elementi dentari oltre ai primi molari e incisivi. Gengivite e parodontite necrotizzanti Nelle forme di gengivite e parodontite necrotizzanti si formano delle ulcerazioni a livello gengivale, senza interessamento dei tessuti parodontali profondi quando si parla di gengivite necrotizzante, o con distruzione dei tessuti ossei sottostanti quando si parla di parodontite necrotizzante, fino ad arrivare ad alcune forme come la stomatite necrotizzante tanto che queste aree di necrosi sono diffuse. Si formano queste aree di ulcerazione con queste pseudomembrane costituite da fibrina, tessuto bianco-giallastro attraverso cui le mucose cercano di guarire. Terapia Parodontale e Igiene Orale In parodontologia si parla di terapia causale per indicare la terapia che va a curare la malattia parodontale presente attraverso terapie non chirurgiche (spazzolamento a casa, rimozione del tartaro con detartrasi, levigature radicolari). Quando queste non sono sufficienti si ricorre alla terapia
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