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Grammatica spiegazione, Appunti di Linguistica

Grammatica, grammatica spiegazione semplificata… come insegnare la grammatica

Tipologia: Appunti

2021/2022

Caricato il 14/05/2023

soukaina-lahlou
soukaina-lahlou 🇮🇹

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3 documenti

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Scarica Grammatica spiegazione e più Appunti in PDF di Linguistica solo su Docsity! Frase, periodo, testo + le parti del discorso. 4 Ame g frase Definizioni tradizionali: 1) La frase è la combinazione coerente di parole di senso compiuto. 2) La frase è l’espressione di giudizio. 3) La frase è la struttura grammaticale che contiene obbligatoriamente un verbo di modo finito. Controesempi: 1) Combinazione parole: vocativi (tu!, Pietro!), interiezioni (ahi!), imperativi( mangia!, parla!) + frasi dipendenti 2) Si applica solo alle frasi dichiarative ( NO dipendenti, interrogative, imperative) 3) Non in tutte le lingue è necessario il verbo.. In russo per dire Giuseppe è studente, dicono Giuseppe studente Distinzione tra ENUNCIATO, «PROPOSIZIONE» E FRASE : la prima si riferisce pragmatico-comunicativa- la seconda alla semantica e il terzo alla sintassi. Cosa qual è la proprietà che distingue la frase dalle altre combinazioni di parole? la presenza di una « struttura predicativa» cioè combinazione di soggetto-predicato, rapporto dev’essere di interdipendenza : es La casa è bianca/ La casa bianca. è bianca, soggetto sottointeso. La casa bianca, rapporto è di dipendenza unilaterale ( bianca possiamo ometterlo) la presenza del verbo è uno dei modi possibili di realizzazione della struttura predicativa. Linguistica moderna: introduzione concetti come PRAGMATICA-SINTASSI-SEMANTICA 1) pragmatica, 2) semantica 3) sintassi Tipi di frasi subordinate D i s t i n g u i a m o t r a « f r a s i a r g o m e n t a l i » e « f r a s i - m a r g i n e » F r a s i a r g o m e n t a l i : s o g g e t t i v e e o g g e t t i v e - L e f r a s i i n t e r r o g a t i v e i n d i r e t t e ? ( t e r z o t i p o d i f r a s e a r g o m . ) A r g o m e n t a t i v e , o f r a s e a s é . ( P r a n d i ) l e f r a s i a r g o m e n t a l i r e a l i z z a n o u n a r e l a z i o n e g r a m m a t i c a l e m e n t r e l e f r a s i - m a r g i n e r e a l i z z a n o u n a r e l a z i o n e c o n c e t t u a l e . L e f r a s i a r g . H a n n o s e m p r e l a s t e s s a e s p r e s s i o n e f o r m a l e Ad esempio: la frase argomentale retta dal verbo cercare è introdotta dalla preposizione di Ho cercato di fare questo.. Non può essere sostituita da ho cercato a fare questo.. Sono le particolari proprietà del verbo a determinare la forma della frase argomentale. Frasi-margine vs qui le farsi margini realizzano una relazione concettuale+ può esprimersi in diversi modi Ad esempio: la relazione di causa-effetto - Il muro della vigna è crollato perché è piovuto per una settimana. - Dopo che è piovuto per una settimana, il muro è crollato. - È piovuto per una settimana e il muro della vigna è crollato… la stessa espressione formale può corrispondere a due relazioni concettuali diversi. I modificatori del nome sono le frasi relative ( o attributive) si distinguono in: - Restrittive e appositive ( gli uomini che sono pii vs gli uomini, che sono stati creati da Dio. Le frasi relative non sono mai obbligatorie perciò costituiscono dei margini del nome. (ho regalato i miei libri che erano inutili) Esistono anche frasi dipendenti modificatrici del nome che sono obbligatorie: queste sono le «completive nominali» nomi come: - idea, fatto, affermazione, ecc., richiedono di essere seguiti da una frase dipendente. Distinzione tra FRASI RELATIVE VS « COMPLETIVE NOMINALI» Criterio per distinguerle dalle relative: basato sul concetto valenza Esempio: l’idea che Gianni abbia detto questo è strana. ( che è un semplice indicatore di subordinazione, una congiunzione subordinante- completiva nominale) L’idea che Gianni ha esposto è strana ( è anche la realizzazione del secondo argomento di esporre il complemento oggettivo. Un pronome relativo- relativa restrittiva.)a La coordinazione e la sintassi del periodo quali parole chiamare con congiunzione quali con avverbio? - Casi indiscussi e, o, ma ( hanno in comune con le coordinate subordinanti: compaiono sempre in prima posizione rispetto all’elemento che introducono) + né e correlativa sia…sia. - Sostituire e con inoltre, e non può essere spostato a differenza di inoltre che può stare sia prima che dopo, ciò ci dovrebbe far capire che c’è una differenza sintattiche tra e ed inoltre. Lo stesso vale per ma e però. [libertà sintattica] IN BASE AL CRITERIO DELLA COLLOCAZIONE SONO QUESTE LE VERE CONGIUNZIONI COORDINATE. Possiamo aggiungere le forme composte con e (eppure, ebbene) e con o(oppure, ovvero, ossia) - Come possiamo definire le altre parole? Tuttavia, però, quindi, infatti, perciò, dunque..? POSSIAMO CONSIDERLE AVVERI, e notare che esistono AVVERBI IN FUNZIONE ANAFORICA, indicano qualcosa che è stato nominato nel testo.(chiamati anche pronominali, perché hanno la stessa funzione anaforica dei pronomi) C o o r d i n a z i o n e è u n f e n o m e n o s i n t a t t i c o t r a s v e r s a l e r i s p e t t o a l l ’ a n a l i s i s i n t a t t i c a . È i l f e n o m e n o c h e u n i f i c a d u e o p i ù c o s t i t u e n t i d i q u a l s i a s i e s t e n s i o n e . - R i g u a r d a i s i n t a g m i - I s i n g o l i e l e m e n t i c o m e a g g e t t i v i , n o m i o v e r b i . - A n c h e d u e d e t e r m i n a n t i ( v o r r e i s a p e r e q u a n t e e q u a l i g a r e h a v i n t o ) - S o t t o i l l i v e l l o d e l l a p a r o l a : a b b i n a n d o d u e p r e f i s s i ( n e l t r a t t a m e n t o p r e e p o s t o p e r a t o r i o è s c o n s i g l i a t o l ’ u s o d e i s e g u e n t i f a r m a c i ) C o o r d i n a z i o n e e a v v e r b i a n a f o r i c i S e r i a n n i n o t a c h e « a n c h e , p u r e o n e m m e n o » p o s s o n o c o n s i d e r a r s i c o n g i u n z i o n i m a c ’ è c h i l i c l a s s i f i c a c o m e a v v e r b i … c o s ì : c o n g i u n z i o n e c o o r d . I n L o D u c a e a v v e r b i o i n S e r i a n n i Oltre il periodo: il testo Linguistica testuale distingue due proprietà del testo: - Coesione: non si riferisce alla struttura ma sono proprietà del testo in quanto tale - Coerenza Alla base di tali relazioni sta l’anafora testuale: si verifica quando, per interpretare in modo compiuto un punto del testo bisogna risalire a uno precedente detta « antecedente» dell’anafora. Anafore: - nominali, pronominali, avverbiali o elissi. Capsula anaforica: ha come antecedente l’intera frase o anche una porzione di testo. Esiste anche un rinvio in avanti detto «catafora» L’elissi quando il soggetto viene omesso e il lettore deve ricavarlo da un precedente sintagma espresso, che non sempre ha la funzione di soggetto. La catena anaforica, in cui più anafore di diverso tipo rinviano a uno stesso referente. Determinanti e pronomi Determinanti e pronomi: la posizione dei det. ( articoli e aggettivi determinanti) è obbligatoria: a inizio del sintagma nominale, prima del nome e di eventuali aggettivi prenominali. Sono forme incompatibili fra loro: cioè non possono stare una di seguito all’altra. Vi sono forme dette « prearticoli» da Shwarze che possono precedere il nucleo dei determinanti: come tutto, entrambi, tutte e tre ( tutto questo pane, entrambe gli altri libri..) i det. Hanno un ruolo centrale nella costruzione di un testo: attribuiscono a un nome la «capacità di riferimento» Gli articoli: det- inde-partitivo. Usando l’articolo det. Si intende l’oggetto designato noto al destinatario. ( oggetto già nominato, presente nel contesto, inequivocabile o qualcosa di uso abituale: la macchina, il sole.. l’articolo indet. Oggetto che entra per la prima volta nel testo… partitivo plurale per nomi numerabili non noti, quello singolare sostanza non numerabile che quindi non ha un plurale, per quantità imprecisata: delle dei… gli aggettivi dimostrativi quello e questo si usano in alternativa all’arti. determinativo e aggiungono un’indicazione deittica ( vicino/lontano) nello scritto uso anaforico, si può trattare di distanza temporale o nel testo. Determinanti in uso pronominale tutti i det. Possono assumere valore pronominale, quando possono invece introdurre un sintagma nominale vengono a costituirlo da soli. Si può definire pronome una parola che costituisce un sintagma nominale, o la testa di esso, il quale non ha altro significato di quello di indicare dove trovare un riferimento. Il riferimento può essere deittico o anaforico. Il referente può essere un nome o una parte testuale più ampia. I possessivi: i possessivi hanno caratteristiche peculiari sia come determinanti che in uso pronominale. Sono dotati della categoria di persona come i pronomi personali, sono legati da una relazione anaforica con il possessore e da un accordo di genere e numero con il nome che indica la cosa posseduta. Come determinanti si collocano dopo un articolo, un dimostrativo o uno degli indefiniti ogni, ciascuno, nessuno. Non stanno in posizione iniziale nel sintagma nominale, fatta eccezione per alcune formule fisse come mio padre, mio marito ecc, C’è un insieme numeroso di espressioni in cui il possessivo si colloca dopo il nome testa (a casa nostra, ai fatti suoi). Un’altra peculiarità è che possono essere usati come predicato nominale (questo libro è suo) e che non hanno una forma diversa per l’uso pronominale. Quanto all’uso pronominale, lo si ha con il possessivo preceduto dall’articolo determinativo. I possessivi hanno in italiano uno statuto incerto tra il determinante-pronome e l’aggettivo. I pronomi personali: I pronomi personali oltre a essere diversi per le sei persone, nonché per il genere alla terza persona, sono le sole parole italiane che conservano una traccia di flessione di caso: hanno forme diverse per il soggetto e per le altre funzioni sintattiche (io/me-mi tu/te-ti) e quest’ultime si presentano in una doppia serie di forme, toniche o atone (pronomi liberi o clitici). Così abbiamo le forme libere me, te, noi, voi e le forme clitiche mi, ti, ci, vi; mentre i clitici di terza persona hanno forme per l’accusativo (lo/la/li/le) e per il dativo (gli/le/loro). I clitici (=atoni/COD) si collocano obbligatoriamente prima del verbo da cui dipendono, se di modo finito (lo ho visto, gli ho telefonato) e dopo il verbo all’infinito, participio o gerundio (vedendolo, chiamarlo). Queste parole sono da includere tra i pronomi perché acquistano riferimento per deissi o per anafora. I pronomi di prima e di seconda persona sono sempre deittici (l’identificazione dipende solo dalla situazione di comunicazione). I pronomi di terza persona sono quasi sempre anaforici. Oltre che intricato, il sistema dei pronomi personali è ricco di doppioni e usi oscillanti. Ad esempio, la questione dell’uso in funzione di soggetto di lui, lei, loro invece di egli, ella, essi. Tra i fattori che contribuiscono alla prevalenza dell’uso di lui, ci sono le notevoli restrizioni dell’uso di egli. Questo pronome non si usa in isolamento (*Chi è? Egli), non si usa come predicato nominale (*Il migliore è egli), non si usa in posizione postverbale (*è arrivato egli), non si usa quando il pronome è coordinato a un altro soggetto (Egli e Carlo); in posizione focalizzata da un avverbio spesso non può essere usato (*solo egli). Per il femminile, inoltre, ella è quasi scomparso. Nei registri più formali, come la prosa scientifica o giuridica, prevale ancora egli. Nelle situazioni tra il formale e l’informale spesso si ricorre all’ellissi del soggetto. Un altro punto di instabilità del sistema è il pronome clitico dativo (gli, le, loro). Loro è una forma poco maneggevole perché non è atono e di norma non si premette al verbo di modo finito, tanto meno si unisce a un infinito o gerundio (*dirloro). Questo può spiegare perché sia spesso sostituito da gli. Il pronome determinativo (pronom défini) Il pronome lo/la/li/le è di solito presentato dalle grammatiche come il pronome personale clitico corrispondente al pronome libero lui/lei/loro. A differenza di lui, che si riferisce solo a persone, lo ha un uso più ampio: può riferirsi a un oggetto inanimato e anche fare da capsula anaforica. È stato proposto che il pronome lo non sia altro che l’articolo determinativo in uso pronominale, dunque un pronome determinativo, che dal punto di vista semantico conferisce un carattere definito, noto a ciò che indica, proprio come l’articolo determinativo. Un esempio: - Giovanni cercava una pipa, ma non la ha trovata. (qui la ripresa con la ci indica che Giovanni cercava una pipa specifica, nota a lui, anche se indicata prima con l’articolo indeterminativo perché non è qualcosa di noto al destinatario) - Giovanni cercava una pipa, ma non ne ha trovata nessuna. (qui il pronome indefinito ci lascia intendere che la pipa non era definita nemmeno per il protagonista) Lucien Tesniere inventò nel 1959 in Germania con la pubblicazione di Elements de syntaxs structurale, la grammatica Valenziale. Questo tipo di grammatica vede nel verbo il centro sintattico della frase, la quale non viene più vista come un insieme di parole isolate in sequenza, ma come una struttura, dove le parole sono interconnesse da rapporti di dipendenza reciproca. È un'espressione linguistica pronunciata con un'unica emissione di voce e delimitata dalle Posey, che abbia dunque un significato. Nella grammatica valenziale la frase è una combinazione di parole costruita intorno a un verbo di modo finito, Che non può mai mancare. Secondo l'autore esiste un ordine delle strutture di tipo gerarchico, dato dalle connessioni stabilite dalla mente, In cui una parola regge e l'altra è subordinata (esempio il verbo "parla" regge il nome "Alfredo"). Gli stemmi di Tesniere servono a sviluppare i rapporti gerarchici da cui dipende il significato della frase. Sono grafici che si sviluppano in verticale. Le parole non sono in ordine, ma sono disposte in base alla posizione nella gerarchia della frase. I raggruppamenti intermedi sono i nodi che collegano gli elementi reggenti a quelli non. Il verbo è il nodo centrale. Abbiamo poi gli schemi virtuali, in cui i nodi sono etichettati con simboli alfabetici (O: nome, a: aggettivo, i: verbo, e: avverbio) Da questo punto di vista il verbo viene visto come il centro di un'azione teatrale e le altre parole sono degli attori (o "attanti": agente dell'azione indicata dal verbo). Insieme agli attori possiamo aggiungere i tempi, luoghi, modi… (O "circostanti"). Con il termine nucleo si intende lo statura della frase. Con il termine nodo invece si intende descrivere il rapporto gerarchico tra i costituenti della frase. Dall'insieme di queste caratteristiche viene definita valenza. Inoltre abbiamo i cosiddetti circostanti che comprendono avverbi o espressioni avverbiali Che esplicitano le circostanze dell'evento ma non sono sempre necessari. La valenza corrisponde alla "reggenza" nella grammatica tradizionale: capire quindi quali sono i complementi effettivamente retti dal verbo. Individua inoltre quali sono gli elementi obbligatori o facoltativi all'interno della frase. Egli usa schemi ad albero rovesciato. La relazione che lega il verbo e il soggetto viene definito accordo. Quella tra verbo e oggetti invece il reggenza. Il verbo e i suoi argomenti forma lo statura della frase che si chiama nucleo. Da qui si possono aggiungere elementi facoltativi, ovvero elementi che possono aggiungere e togliere con una certa libertà monovalente: "cadere" richiede un attaccante (chi cade?) Bivalente: "picchiare" richiede due attanti (chi picchia e chi le prende) Trivalente: "regalare" richiede tre attanti (chi da, cosa da, chi riceve) Avalente/zerovalente: senza attanti (piovere) Uno stesso verbo può apparire in due classi diverse a seconda del significato. Questa distinzione corrisponde ai verbi transitivi (bivalenti e trivalenti), in transitivi (monovalenti) e impersonale (avalenti). Il cambiamento del significato di un verbo può causare il cambiamento di valenza: - perdita di valenza: verbi bivalenti: possono diventare monovalenti (Caterina studia/Caterina studia scienze) -aumento di valenza: un mono valente può diventare bivalente o trivalente. inoltre possiamo classificare i verbi in: • predicativi: significato pieno, capace di predicare. Questi sono tradizionalmente classificati in base alla reggenza: transitivi O in transitivi. Molti verbi transitivi possono diventare in transitivi. Alcuni verbi in transitivi possono diventare transitivi se accompagnati da un oggetto interno che esplicita il significato del verbo (dormire sonni tranquilli). Alcuni verbi predicativo e possono entrare in combinazione con un avverbio. Esempio mettere giù. • non predicati: per poter predicare si appoggiano ad altri verbi (i modali: potere e dovere, stare per, iniziare a…) • Copulativi: sono opposti ai predicati e servono a collegare i due nomi: uno che funziona da soggetto e uno che funziona da elemento predicativo. Esempio: essere è la coppola per eccellenza. Potrebbero sembrare predicativo, ma esse richiedono una costruzione arricchita poiché estendono ai propri argomenti la proprietà di dover essere saturati. Esempio: Enrico è/sembra un bambino. di supporto o ordinativi: sono semanticamente leggeri, il verbo di supporto può modificare la reggenza del verbo ma non sempre si può avere il passivo. • L’imperfetto indicativo: - Della simultaneità nel passato rispetto a un momento nel passato (ieri a quest’ora giocavo a carte, come passa il tempo!) [ tra i tempi passati solo l’imperfetto può svolgere la funzione di tempo della simultaneità] - Di tipo descrittiva ( il perfetto s. fa avanzare la storia, rappresentando gli eventi cruciali, l’imperfetto rappresenta la periferia, il perfetto semplice il centro dell’azione, quindi l’imperfetto rappresenta un intervallo di tempo non precisato. - L’imperfetto indicativo: usi modali --- l’imperfetto di irrealtà (fantasia, sogni, immaginazione…Severino si perse nella lettura, il mondo scomparve ai suoi occhi…) Imperfetto «attenuativo» o di « cortesi»: volevo del formaggio+ volevo dirti che ho avuto finalmente quel posto di cui ti avevo parlato… • Il perfetto composto: rappresenta il passato in rapporto con il presente ( o per il perdurare dell’evento o degli effetti dell’evento) es. dove hai trovato questa roba? Scusami ma non posso venire alla tua festa: mi sono preso l’influenza. non c’è nessuna restrizione sulla lontananza dell’avvenimento rispetto al momento dell’enunciazione. • Il perfetto semplice: indica un processo avvenuto nel passato, privo di legami con il ME e non riattualizzabile. Es venendo qui, vidi G. che andava alla stazione: sarà stato cinque minuti fa. È sempre deittico- colloca l’evento in relazione diretta con il ME. Il futuro semplice: presenta sia usi deittici che no Usi deittici: • Non modali: il futuro indica un MA posteriore al ME • Modali: futuro semplice « dubitativo» farà bello domani? Futuro semplice deontico: sottolinea un’obbligatorietà di una prescrizione, ricorre nei testi giuridici, burocratici e amministrativi: es d’ora innanzi i trasgressori pagheranno il doppio della pena fissata in precedenza. Futuro semplice epistemico: esprimere una deduzione oggettiva del parlante circa la situazione presente: Ora come ora, saranno le 5. ( futuro inferenziale e congetturale) Il futuro inferenziale è usato nelle definizioni, istruzioni… il futuro congetturale si riscontra nelle frasi dubitative. Usi non deittici: • Futuro onnitemporale: principi generali, il ME può essere localizzato in qualunque punto dell’asse temporale. Es le buone azioni non saranno mai dimenticate. + due più due farà sempre quattro. Modalità e modo Con modalità si intende le risorse ling. Per manifestare il modo, cioè l’atteggiamento del parlante rispetto all’enunciato o rispetto all’atto dell’enunciato: I mezzi + tipici sono: modi di avverbi, verbi modali ( potere, dovere e volere) e gli avverbi. Es: arriva il treno. ( si presente un evento senza dire l’atteggiamento del parlante. La fortuna ti assista. ( esprime un augurio nei confronti di qualcuno) Prendi il bicchiere! ( ordine) • Modalità assertiva ( non si fa rif. All’atteggiamento del parlante, espressa dal modo indicativo) • Modalità epistemica ( si esprime il grado di certezza del p. nei confronti di quanto afferma, espressa da condizionale, congiuntivo, tempi verbali (futuro epistemico),avverbi modali epistemici: Che sia già partito? Sarà uscito da poco. Forse andrò a pranzo con Mario. • Modalità deontica( qualifica come obbligatorio o permesso lo stato di cose su cui verte l’enunciato, è espressa non solo dal modo imperativo e dal congiuntivo esortativo ma anche dal modale dovere, dall’impersonale bisogna, da perifrasi modali ( avere da+ infinito, essere da+ infinito o andare+ participio passato): Prenda il modulo da compilare, per favore! Non fumare in ufficio. In ufficio non si deve fumare. FERRARI/ZAMPESE Dal punto di vista sintattico: possiamo distinguere • Gli avverbi interni alla frase vs quelli esterni Es: Mario ha risposto rapidamente. Vs sinceramente, Mario ha parlato troppo. 1) interno, specifica il modo in cui M. ha risposto, 2) esprime il modo del locutore. Avverbi interni: operano all’interno della frase occupando posizione interna al sintagma V o N Alcuni avverbi possono operare sia internamente che esternamente: Anna abita qui- qui ho incontrato Mario la prima volta. Gli avverbi interni alla frase a) completano il senso del verbo con un’indicazione di modo (prudentemente, gentilmente, dolcemente, ecc.): Si veste elegantemente. Si è comportato male. b) operano come avverbi di grado(estremamente, eccessivamente, enormemente, terribilmente, infinitamente, leggermente, ecc.): La questione è enormemente complessa. È terribilmente minaccioso. c) operano come avverbi di qualità (molto, troppo, più, meno, tanto, poco, ecc.)  costituiscono una sottoclasse degli avverbi di grado, da cui si differenziano perché possono essere modificati solo da avverbi restrittivi e additivi: Ne voglio solo un po’. a) veicolano un significato additivo o restrittivo (anche, pure, addirittura, soltanto, solo, solamente, neanche, neppure, nemmeno) 12. Hanno discusso anche di politica. quantificazione additiva 13. Ha mangiato solamente l’insalata. quantificazione restrittiva 14. Addirittura al preside lo hai detto! quantificazione additiva e scolarità In 14. addirittura produce la seguente inferenza: nell’insieme delle asserzioni alternative (ad esempio, lo hai detto al tuo compagno di banco; lo hai detto ai nostri amici, lo hai detto al professore; ecc.) quella espressa è particolarmente significativa perché meno probabile o più inattesa delle altre. a) hanno valore “rafforzativo”: Mario è proprio bello. Abbiamo parlato proprio di letteratura. Posizione degli avverbi interni alla frase Gli avverbi di modo, di grado e di quantità occupano normalmente una posizione postverbale: 17. Piero lavora velocemente / attentamente / bene / molto. Se dopo il verbo è presente un complemento, l’avverbio può collocarsi in posizione adiacente al verbo oppure può seguire il complemento: 18. Quell’episodio ha colpito profondamente Gianni. Quell’episodio ha colpito Gianni profondamente. 18. Gianni ha seguito attentamente la lezione. Gianni ha seguito la lezione attentamente. Nel caso in cui il verbo sia in una forma composta, l’avverbio può occupare anche la posizione tra ausiliare e participio: 19. Quell’episodio mi ha profondamente colpito. La posizione degli avverbi additivi e restrittivi all’interno della frase è strettamente dipendente dal tipo di costituente ai quali si associano; nella maggior parte dei casi gli avverbi precedono l’elemento su cui operano: 20. Anche Piero ha rispettato la scadenza. 21. La camera è anche luminosa. 22. Ha preso solo dei libri.  Quando operano su un sintagma verbale, gli avverbi in esame si collocano dopo di esso (tempi semplici): 23. Mario studia anche/solo. vs *Mario anche/solo studia.  In presenza di tempi composti gli avverbi indagati si pongono fra l’ausiliare e il participio: 24. Giovanni ha anche/solo organizzato la festa. vs *Giovanni anche/solo ha organizzato la festa.  I principali avverbi di luogo e di tempo sono espressioni deittiche  Con il termine di ‘deissi’ si designa la proprietà di una parte dei segni linguistici di indicare, o far riferimento a, cose o elementi presenti nella situazione extralinguistica e in particolare nello spazio o nel tempo in cui essa si situa, in maniera tale che l’interpretazione specifica di ciò a cui il segno si riferisce dipende interamente dalla situazione di enunciazione.  Espressioni deittiche di tipo spaziale  designano lo spazio a partire dalla posizione del parlante al momento dell’atto di enunciazione. Espressioni deittiche di tipo temporale  misurano il tempo a partire dal momento dell’enunciazione. 28. Puoi appendere lì il tuo cappotto. 29. La settimana scorsa ho avuto molti impegni. b) Avverbi valutativi  esprimono un giudizio del parlante relativamente allo stato di cose descritto ((s)fortunatamente, purtroppo, paradossalmente, inspiegabilmente, stranamente, ecc.); essi sono parafrasabili con essere + nome / aggettivo + frase subordinata: 49. Purtroppo / Per fortuna, lui non c’è. (È un peccato / una fortuna che lui non ci sia) 50. Stranamente / Paradossalmente, una minoranza può contare più di una maggioranza. (È strano / paradossale che una minoranza possa contare più di una maggioranza) c) Avverbi di dominio  indicano il dominio entro il quale una definizione, un’affermazione, ecc. è valida; essi sono parafrasabili con da un punto di vista + aggettivo: 51. Politicamente, mi sembra un errore. (Da un punto di vista politico, mi sembra un errore) 52. Teoricamente hai ragione tu. (Da un punto di vista teorico, tu hai ragione) d) avverbi di enunciazione  qualificano il fatto di dire e non ciò che è detto; essi sono parafrasabili con l’espressione detto in modo + aggettivo: 53. Francamente, faccio fatica a crederti. (Detto in modo franco, faccio fatica a crederti) 54. Sinceramente, mi aspettavo di più. (Detto in modo sincero, mi aspettavo di più) e) Avverbi di soggetto  danno un giudizio sul comportamento del soggetto in relazione all’azione descritta dalla frase; essi sono parafrasabili con agendo / comportandosi in modo + aggettivo: 55. Intelligentemente, Michela non ha reagito alla provocazione. (Comportandosi in modo intelligente, Michela non ha reagito alla provocazione) 56. Prudentemente, non avevo aderito alla richiesta. (Agendo prudentemente, non avevo aderito alla richiesta) Avverbi frasali e negazione 57. Carlo non ha dormito bene / molto / tranquillamente 58. Purtroppo / Probabilmente / Saggiamente Carlo non è partito stamattina.  In 57. gli avverbi sono dentro la portata della negazione  il contenuto dell’avverbio viene negato. Si presuppone che Carlo abbia dormito e si asserisce che non ha dormito non bene, non molto, non tranquillamente.  In 58. gli avverbi sono fuori dalla portata della negazione, la quale si riferisce al solo predicato della frase: la negazione infatti riguarda la partenza di Carlo (che non è avvenuta) e non si estende all’avverbio, la cui interpretazione rimane positiva, come nella frase assertiva corrispondente. Avverbi connettivi  Connettivi semantici  esprimono le relazioni logiche che intercorrono fra gli eventi descritti nel testo (però, tuttavia)  Connettivi pragmatici  con funzioni metatestuali: relazioni di dispositio  riguardano la collocazioni delle frasi all’interno del testo (innanzitutto, in secondo luogo, ecc.)  relazioni di composizione testuale  riguardano la maniera in cui lo scrivente organizza il pensiero e al sua comunicazione all’interno del testo (allora, dunque, in realtà, ecc.).  con funzioni interattive: esprimono il punto di vista del parlante sull’interazione comunicativa (allora, dunque, esattamente, ecc). Connettivi semantici: però, tuttavia, solo Gli avverbi in esame introducono un contrasto di tipo controaspettativo fra due eventi (p e q): 59. Mario mangia molto; tuttavia è magro come uno stuzzicadenti. 60. Il tuo comportamento non mi è sembrato esemplare. Però ti perdono. 61. Se la sarebbe cavata da solo. Non ne avevo alcun dubbio. Solo, ho voluto risparmiargli quello che potevo.  il conflitto fra p e q è l’esito della smentita di un’aspettativa generata da p; in 59., ad esempio, è magro come uno stuzzicadenti nega ciò che normalmente ci si aspetta da chi mangia molto, cioè che sia piuttosto grasso. Appartengono alla classe dei connettivi pragmatici gli avverbi che a) servono a scandire il testo in parti, esplicitando l’organizzazione e la pianificazione interna del testo: anzitutto/ prima di tutto/per prima cosa; in primo luogo … in secondo luogo … infine ecc.: 62. Contrariamente a ciò che succede per un critico letterario, il giudizio di un critico gastronomico sembra essere imprescindibile. Innanzitutto, l’investimento del cliente è molto maggiore. Poi, il grado di opinabilità assume margini più ristretti. Inoltre, vi sono pubblicazioni in cui chiunque vuole può dare il proprio giudizio. Infine, mentre molti vedono il critico come un artista mancato, pochi fanno lo stesso con i critici gastronomici. Sono rarissimi i casi di esperti che abbiano desiderato di diventare chef, e il loro approccio di puro godimento suscita complicità. b) esprimono il modo in cui il locutore organizza il pensiero e la sua comunicazione all’interno del testo (relazioni di consecuzione, di esemplificazione, di riformulazione, di opposizione, di aggiunta, ecc.) Connettivi pragmatici con funzioni interattive  regolano l’interazione fra i partecipanti all’atto comunicativo. Essi vengono adoperati, ad esempio, per prendere il turno e per richiamare l’attenzione dell’interlocutore.  Sono frequentemente adoperati nel parlato dialogico, in situazione informale, poco controllata.  Presa di turno  servono per stabilire il contatto e prendere la parola (allora, dunque, ma, e): 71. [All’inizio di una discussione in classe] Allora, sapete che il 7 dicembre abbiamo fatto questo consiglio di classe  Accordo e/o conferma indicano l’accordo da parte dell’interlocutore rispetto all’enunciato proferito dal parlante: 72. A: Ce l’abbiamo fatta. B: Già. 73. A: C’è anche Paolo stasera? B: Esattamente. Classificazione proposta da Salvi  Salvi (2013) distingue due classi di avverbi: avverbi “aggettivali” e avverbi “pronominali”. Una parte di quelli che sono tradizionalmente classificati come avverbi (in particolare quelli in -mente) fungono da attributi, modificano cioè altri elementi della struttura frasale, esattamente come gli aggettivi modificano il nome: 74. Corre velocemente vs corsa veloce 75. Probabilmente verrà vs È probabile che verrà 76. Francamente non lo so vs Sono franco quando ti dico che non lo so Avverbi come qui, ora, ecc. sono invece parole dello stesso tipo dei pronomi: come il pronome personale lui serve a esprimere il soggetto o l’oggetto diretto della frase al posto di un sintagma nominale più esplicito come il mio amico o simili, così in una frase come L’ho incontrata qui l’avverbio qui serve a individuare il luogo in cui avviene l’evento al posto di un’espressione più esplicita come in questo punto o simili. Questi avverbi fungono quindi, come i pronomi e i nomi, da argomenti (77., 78.) o circostanziali (79.,80.): 77. Piero abita qui 78. È successo ieri) 79. L’ho incontrata qui 80. L’ho incontrata ieri. Se si analizzano gli avverbi di luogo e di tempo come pronomi, ne consegue che queste parole devono costituire la testa di un sintagma nominale e devono comportarsi quindi come sintagmi nominali, diversamente dagli avverbi che fungono da attributi. Questa ipotesi è confermata dal fatto che gli avverbi in esame possono essere preceduti da preposizione, come i sintagmi nominali e diversamente dagli avverbi attributivi: 81. Viene da qui. 82. È qui da ieri. In alcuni casi possono anche servire come soggetti e oggetti diretti: 83. Qui è piacevole (= ‘questo posto’), 84. Domani sarà un gran giorno (= ‘la giornata di domani’), 85. Aspettiamo domani!
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