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Introduzione alla Valenza Sintattica dei Verbi: dalla Frase Semplice alla Frase Complessa, Dispense di Didattica Pedagogica

SintassiLinguistica GeneraleSemantica

La valenza sintattica dei verbi, spiegando come i verbi si dividono in gruppi in base al numero e al tipo di argomenti richiesti. Viene inoltre discusso il concetto di alternanza argomentale e la struttura tematica della frase. esempi e consigli pratici per capire il funzionamento dei verbi nella lingua.

Cosa imparerai

  • Che cosa significa la valenza sintattica dei verbi?
  • Come i verbi si dividono in gruppi in base al numero di argomenti richiesti?
  • Come i verbi intrattengono una relazione tematica con i propri argomenti?
  • Che cos'è l'alternanza argomentale?
  • Come si analizza la struttura di una frase complessa?

Tipologia: Dispense

2020/2021

Caricato il 31/01/2022

angelo-gialanella
angelo-gialanella 🇮🇹

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Scarica Introduzione alla Valenza Sintattica dei Verbi: dalla Frase Semplice alla Frase Complessa e più Dispense in PDF di Didattica Pedagogica solo su Docsity! 13 < Guida alla grammatica valenziale di Paola Baratter Premessa Fin dagli anni ’80, a partire dalla scuola media, si è cercato di introdurre nella didattica dell’italiano il modello valenziale, ottenendo un modesto successo editoriale, sia per la difficoltà da parte di docenti e studenti di misurarsi con metodologie e terminologie nuove, sia per i dubbi sull’opportunità di adottare un nuovo modello in un determinato segmento dell’ordinamento scolastico, laddove negli ordini inferiori e/o superiori prevaleva il modello tradizionale. Tuttavia nel corso di questi tre decenni sono comparsi altri testi scolastici, spesso opera di studiosi illustri, destinati a diversi ordini di scuola, che riproponevano il modello valenziale, a segnalare una richiesta costante, anche se minoritaria, da parte degli insegnanti. Il presente contributo vuole integrare un testo già presente da anni nel biennio della scuola superiore e si rivolge a quei docenti che avvertono una certa insoddisfazione nei confronti del modello tradizionale e che, di conseguenza, sono interessati a misurarsi anche nella prassi didattica con il modello valenziale, ma non osano adottare un testo che lo segua in modo esclusivo, sia per le difficoltà sopra esposte, sia perché, in un periodo caratterizzato da una certa rigidità nelle adozioni e dalla pratica sempre più diffusa delle adozioni collettive, non vogliono imporre la loro scelta anche a colleghi che possono non condividerla. L’obiettivo è quindi fornire ai docenti elementi utili per integrare i contenuti e le modalità della propria attività didattica, lasciandoli liberi di scegliere in funzione anche del contesto in cui si trovano a operare. Il docente potrà prendere per esempio consapevolezza teorica di alcune procedure didattiche entrate da tempo nella pratica didattica, come la centralità del predicato nell’analisi di una frase oppure l’adozione di rappresentazioni grafiche per visualizzare la struttura della frase semplice e di quella complessa. Un altro spunto interessante può essere costituito dall’attenzione verso l’aspetto semantico nella riflessione sulla sintassi, volta a individuare, all’interno degli elementi di una frase, una gerarchia di funzioni che trova il suo fondamento sul piano semantico. Il modello valenziale può fornire anche soluzioni interessanti nel presentare un modello di classificazione più ampio e astratto, che consente di cogliere analogie inedite e di sottrarsi a una casistica troppo specifica e a volte sterile. Questo avviene per esempio nella ricerca di una corrispondenza costante e puntuale fra funzioni logiche e proposizioni: applicando alla frase complessa il modello della frase semplice, risulta superata la tradizionale separazione fra analisi logica della frase e del periodo. Come usare questa guida Questa guida vuole costituire un primo approccio all’insegnamento della grammatica valenziale. Dopo aver tracciato un breve inquadramento storico relativo all’insegna- mento della grammatica e alla nascita del modello a livello teorico, nel secondo capitolo vengono presentati i principi di base del modello, applicato dapprima alla frase semplice e 013-076_valenziale.indd 13 05/02/19 17.10 > 14 quindi esteso al periodo. Ogni spiegazione è accompagnata da frasi esemplificative, contrassegnate da un asterisco (*) quando grammaticalmente inaccettabili (come, per esempio, *Luca ride la barzelletta). Seguono alcune proposte di consolidamento dei contenuti di base del modello valenziale, le cui soluzioni sono riportate in appendice. Nel terzo capitolo vengono prospettate possibili applicazioni didattiche del modello, suggerendo anche in questo caso attività da svolgere con gli alunni. Il capitolo conclusivo presenta le ragioni che possono indurre alla scelta di adottare didatticamente tale modello, ma anche le eventuali criticità che potrebbero insorgere. Concludono la guida un glossario e un apparato di risorse bibliografiche e sitografiche. La teoria valenziale può avvalersi da alcuni anni di un prezioso strumento, costituito dal DISC, Dizionario di Italiano di Francesco Sabatini e Vittorio Coletti, le cui edizioni che si sono succedute nel tempo hanno portato a una sistemazione progressiva della materia. Per questo lavoro ci siamo avvalsi dell’ultima edizione (Sansoni, 2012). 1 La riflessione linguistica a scuola Prima di addentrarci nella spiegazione dei principi di base del modello valenziale può essere utile fare un breve accenno a come si è evoluto nel corso del tempo l’insegnamento della grammatica e su quale sia il senso di fare, oggi, educazione linguistica a scuola. L’adozione, anche parziale, di questo modello è infatti, come vedremo, strettamente correlata con una specifica visione dell’educazione linguistica e dei suoi scopi. Con la nascita dell’Italia unita e con l’estensione a tutta la nazione dell’obbligo di istruzione ci si era posti come obiettivo della scuola in generale, e dell’insegnamento dell’italiano in particolare, quello di fornire a tutti un’alfabetizzazione di base. Sappiamo che nella pratica la legge venne per lo più disattesa; la scuola ha continuato per lungo tempo ad essere un’istituzione rivolta a un’élite, finalizzata a impartire agli studenti che avrebbero proseguito gli studi gli elementi di base della grammatica italiana. Per questa ristrettissima fetta della popolazione, infatti, essa era funzionale all’apprendimento del latino e del greco, discipline ritenute indispensabili per intraprendere l’iter scolastico necessario per ottenere una professione prestigiosa dal punto di vista sociale e culturale. L’insegnamento della grammatica era caratterizzato da un approccio fortemente normativo e valutativo-sanzionatorio, finalizzato cioè a condannare ogni produzione linguistica che si scostasse dalla norma, e aveva i suoi cardini nell’analisi grammaticale e nell’analisi logica della frase e del periodo. I manuali scolastici erano quindi improntati su una concezione normativa della grammatica, intesa come un insieme di regole che il parlante deve padroneggiare per usare la lingua in maniera corretta: da qui tutta una serie di esercizi di tipo mnemonico finalizzati ad addestrare lo studente. I primi segnali di cambiamento nella didattica dell’italiano si ebbero a partire dagli anni Sessanta quando, con la nascita della scuola media unificata, cominciò a farsi sentire la necessità di offrire un insegnamento linguistico di base che permettesse a tutti di inserirsi a pieno titolo nella società. La diffusa dialettofonia, l’imposizione di un modello letterario di lingua e, soprattutto, l’illusione di poter insegnare italiano attraverso l’esposizione esplicita delle sue regole furono i fattori che decretarono il fallimento di un insegnamento linguistico che non era in grado di soddisfare la scolarizzazione di massa. Sulla base di questa nascente consapevolezza nacquero le esperienze educative di alcuni maestri di provincia come don Lorenzo Milani, Bruno Ciari, Mario Lodi e parallelamente cominciò a svilupparsi un dibattito che coinvolse docenti, educatori e linguisti. 013-076_valenziale.indd 14 05/02/19 17.10 17 < Da questo punto di vista la lingua può essere vista, d’accordo con Sabatini, come il primo oggetto culturale (un prodotto culturale della specie umana), cioè il primo elemento perché già almeno in parte posseduto - su cui si può cominciare a riflettere per acquisire capacità di pensiero che poi potranno essere trasposte in altri ambiti di studio e di vita. Uno dei compiti fondamentali della scuola dovrebbe quindi consistere, come afferma Lo Duca, nell’“innestare una conoscenza di livello superiore (consapevole e verbalizzabile) su una preesistente conoscenza di livello inferiore”.3 Questa premessa serve a spiegare perché l’approccio valenziale può costituire un modello di insegnamento che sia veramente formativo per gli studenti. Esso infatti non si pone come obiettivo primario quello di trasmettere un sistema normativo che dica che cosa si possa o non si possa scrivere, ma di indurre lo studente a osservare la lingua per comprenderne le regolarità e le irregolarità, per verbalizzarne le caratteristiche, per acquisire un sistema di lettura e interpretazione valido anche per altri campi dell’esperienza. Il modello valenziale, che analizza la frase a partire dal verbo, portatore non solo di significato ma anche di informazioni relative alla struttura sintattica della frase, permette allo studente di partire dalle proprie competenze per giungere a un livello superiore di conoscenza. Tradizionalmente l’analisi della frase prendeva in esame prima di tutto il soggetto per poi passare al verbo che predica qualcosa di esso, secondo una progressione lineare che però non tiene conto di come funziona veramente la frase. Questo invece è possibile se il punto di partenza dell’analisi è il verbo, unico elemento che fornisce informazioni sulla struttura della frase in rapporto al suo significato. Il verbo veicola informazioni relative - al significato; - alla persona, al tempo, al modo, all’aspetto, alla prospettiva (diatesi) di ciò di cui si parla; - alla costruzione sintattica della frase. La prospettiva valenziale permette quindi di integrare la semantica e la sintassi. Partire dal verbo, che viene posto al centro della frase, significa assumere una nuova prospettiva: al centro non c’è più il soggetto - che fa, vede, sente - ma un’azione, un evento, un fenomeno, un modo d’essere, un processo mentale, uno stato d’animo che richiede - a livello sintattico e semantico - un soggetto che lo compie, lo prova o lo subisce; e tutti gli altri elementi necessari sono correlati a quell’azione, evento, sentimento. Considerare la frase da questo punto di vista impone allo studente la necessità di mettere in discussione le proprie conoscenze, sottoponendole a un procedimento costante di verifica. In sostanza lo induce ad acquisire conoscenze applicando alla lingua il metodo scientifico secondo le quattro fasi principali che lo caratterizzano: - l’osservazione di un fenomeno; - la formulazione di un’ipotesi; - la verifica dell’ipotesi sulla base di dati; - la validazione dell’ipotesi o, eventualmente, il suo rigetto, con la necessità di formulare una nuova ipotesi. Facendo proprio un processo mentale di questo tipo lo studente acquisisce innanzitutto un metodo e, in secondo luogo, uno strumento che gli permette di analizzare la realtà linguistica in cui è immerso. La lingua, infatti, è in continua evoluzione. L’italiano che parliamo oggi presenta delle diversità da quello parlato in passato: alcuni elementi cam- 3. M.G. Lo Duca, Esperimenti grammaticali. Riflessioni e proposte sull’insegnamento della grammatica dell’italiano, Roma, Carocci, 2004. 013-076_valenziale.indd 17 05/02/19 17.10 > 18 biano molto velocemente (pensiamo al lessico, con i neologismi di breve o lunga vita che compaiono ogni anno), altri con maggiore lentezza (per esempio le costruzioni sintattiche). In più, mentre la lingua scritta è certamente più stabile, quella parlata presenta differenze da luogo a luogo e subisce cambiamenti più numerosi e repentini. L’educazione linguistica non può ovviamente inseguire l’ultima moda nel campo del dire, ma deve fornire elementi per comprendere anche questi mutamenti. Se la lingua parlata è il fine ultimo di un’analisi linguistica completa, che normalmente verrà raggiunto solo da coloro che fanno della lingua il proprio oggetto di studio, una descrizione dell’italiano standard è l’obiettivo che ogni testo di grammatica dovrebbe perseguire, almeno per i fenomeni principali che lo costituiscono. Tuttavia, poiché non esiste una descrizione sistematica della lingua che ne spieghi in maniera esauriente e soddisfacente tutti i fenomeni, non avrebbe senso - e sarebbe uno sforzo inutile - sposare un modello descrittivo piuttosto che un altro facendo piazza pulita del modello tradizionale. Quello che invece si può fare è trovare nei diversi modelli descrittivi elementi utili che integrino (con riflessioni, per esempio, sulla dimensione pragmatica della lingua o con considerazioni sociolinguistiche), approfondiscano e qualche volta rivedano criticamente alcuni contenuti o affermazioni. Le nuove modalità di apprendimento rendono fondamentale un insegnamento che presupponga un coinvolgimento attivo degli studenti. Gli strumenti didattici dovrebbero essere agili e finalizzati agli aspetti grammaticali essenziali per far sì che l’alunno acquisisca un sistema di osservazione della lingua su cui sarà possibile innestare progressivamente conoscenze di tipo analitico. Permane, senza dubbio, l’importanza di studiare la propria lingua per l’apprendimento di altre lingue, sia classiche sia straniere. Per esempio, la capacità di individuare il verbo (e nello specifico il modo, il tempo e l’aspetto) e riconoscerne la struttura argomentativa costituisce un elemento di sicuro aiuto per l’apprendimento di altre lingue; e chiaramente questo risultato è migliore se i modelli teorici di riferimento e i termini grammaticali impiegati sono gli stessi. > Le origini del modello valenziale Con il termine “classe di parole” si intende un insieme di parole che condividono una o più peculiarità nel comportamento morfologico o sintattico. Per esempio, possiamo affermare che amare e leggere appartengono alla classe dei verbi, in quanto entrambe possono essere coniugate per esprimere il tempo (amai, lessi), il modo (amerei, leggerei) e la persona (amo, leggo). Il numero di classi di parole varia da lingua a lingua; per l’italiano se ne individuano tradizionalmente nove: nomi, verbi, aggettivi, articoli, pronomi, avverbi, preposizioni, congiunzioni e interiezioni. Ogni classe di parole può essere definita in modo indipendente a livello morfologico, sintattico e semantico, anche se l’appartenenza di una parola a una classe in genere si manifesta contemporaneamente a più livelli. Come è noto, infatti, esistono delle notevoli corrispondenze tra le proprietà formali delle parole e il loro significato. È su questa base che tradizionalmente si definisce un verbo come una parola che rappresenta un’azione o un evento, mentre di un nome si dice che è una parola che rappresenta una persona, un luogo, una cosa astratta e concreta. In realtà sappiamo che queste convergenze da sole non sono sufficienti per ascrivere le parole a una classe piuttosto che a un’altra (si pensi per esempio ai deverbali come “attesa”, “vittoria”, “dormita” che vengono giustamente categorizzati come nomi, anche se rappresentano degli eventi). Gli studi di sintassi strutturale hanno messo in luce il fatto che alcune classi di parole - in particolare i verbi, ma anche i nomi, gli aggettivi e gli avverbi (anche se per questi ultimi gli 013-076_valenziale.indd 18 05/02/19 17.10 19 < studi sono ancora relativamente scarsi) - richiedono, in relazione al significato che assumono, una tipologia di costruzione sintattica specifica. È noto che all’interno di ciascuna classe di parole è possibile fare sottocategorizzazioni. Per quanto riguarda i verbi, in base al criterio semantico essi possono essere classificati: - come verbi di moto (andare, attraversare), di maniera (strofinare, tagliuzzare), di dire (dire, affermare), di percezione (vedere, ascoltare), di misura (costare, pesare) ecc.; - in base al loro aspetto, distinguendo i verbi di stato (rimanere, possedere), puntuali (scoppiare, arrivare), durativi (lavorare, dormire). Se invece coniughiamo il criterio semantico con quello sintattico, i verbi possono essere classificati secondo la loro valenza, ossia in base al numero, al tipo e al ruolo tematico assegnato dal verbo, a seconda del suo significato, agli elementi che a esso si legano. Il modello valenziale prende le mosse dagli studi condotti da un linguista francese, Lucien Tesnière (1893-1954), confluiti nell’opera intitolata Èlements de Syntaxe structurale4, pubblicata postuma nel 1959, che può essere vista come la prima organica sistemazione del modello grammaticale basato sulle valenze. Il termine “valenziale” è stato introdotto in linguistica per la prima volta proprio da Tesnière, che l’ha mutuato dalla chimica dove per valenza si intende la capacità di combinazione di un elemento che si esprime numericamente sulla base del numero di atomi di idrogeno in grado di combinarsi con un suo atomo: Si può allora paragonare il verbo a una specie di atomo munito di uncini, che può esercitare la sua attrazione su un numero più o meno elevato di attanti, a seconda che esso possieda un numero più o meno elevato di uncini per mantenerli nella sua dipendenza. Il numero di uncini che un verbo presenta, e di conseguenza il numero di attanti che esso può reggere, costituisce ciò che chiameremo la valenza del verbo5. Come diciamo che l’idrogeno ha valenza 2, posiamo dire che un verbo è bivalente, ossia si completa, andando così a formare una frase, con due elementi. È per esempio il caso del verbo aprire, che per costituire una frase necessita di un soggetto (qualcuno o qualcosa che apre) e di un oggetto (qualcosa che viene aperto). Gli elementi che vengono richiesti necessariamente dal verbo sono detti anche argo- menti ed è per questo motivo che il modello valenziale è chiamato anche argomentale. Per spiegare il modello, Tesnière ha introdotto una metafora, quella della rappresentazione teatrale. Secondo il linguista francese il verbo rappresenterebbe un piccolo dramma che richiede un certo numero di attori per essere rappresentato: Il nodo verbale, che si trova al centro della maggior parte delle nostre lingue europee, è del tutto equivalente a un piccolo dramma. Come un dramma infatti esso comporta obbligatoriamente un processo e, il più delle volte, degli attori e delle circostanze. Tra- sferiti dal piano della realtà drammatica a quello della sintassi strutturale, il processo, gli attori e le circostanze diventano rispettivamente il verbo, gli attanti e i circostanti.6 Tesnière si sofferma quindi sui diversi ruoli che il verbo attribuisce agli altri elementi della frase: Il verbo esprime il processo. Per esempio, nella frase Alfredo picchia Bernardo, il processo è espresso dal verbo picchia. Gli attanti sono sempre sostantivi o loro equivalenti; si può quindi 4. La prima edizione italiana è del 2001 (Rosemberg & Sellier), a cura di Germano Proverbio e Anna Trocini Cerrina. 5. L. Tesnière, Elementi di sintassi strutturale, Torino, Rosenberg&Sellier, 2001, p. 157. 6. Ivi, p. 73. 013-076_valenziale.indd 19 05/02/19 17.10 > 22 Si noti che una buona parte dei verbi monovalenti è costituita dai verbi che indicano i versi degli animali, come muggire, frinire, tubare, barrire. Spesso anche i ‘versi’ umani sono espressi da verbi monovalenti: tossire, starnutire, russare, sbadigliare. - bivalenti, se necessitano di due argomenti. I verbi tipici di questa categoria sono quelli che richiedono, oltre al soggetto, un argomento oggetto diretto, cioè i verbi tradizionalmente denominati transitivi, come mangiare, cantare, leggere, tagliare, mescolare, sporcare. Torneremo più avanti (cfr. $ L’alternanza argomentale) su alcuni di questi verbi che presentano una doppia costruzione, in quanto possono essere usati anche senza esplicitare l’argomento oggetto, rimandando così a un oggetto indefinito o generico (Marta legge). Luca mangia una mela. Giovanna beve un’aranciata. Marta legge un libro. Troviamo però anche verbi intransitivi. Oltre a rimanere, è il caso per esempio di ver- bi come giovare, piacere, andare (nel significato di “dirigersi verso un luogo”). Il gelato piace a Gianni. Carlo è andato al cinema. - trivalenti, i quali per completare il senso della frase hanno bisogno oltre che di un soggetto, di altri due elementi. Di norma questi verbi richiedono, oltre al soggetto, un oggetto diretto (il complemento oggetto) e uno indiretto e sono verbi di dire e di dare, come dare, dire, raccontare, regalare, scrivere, spedire. Andrea ha scritto una lettera a Laura. Giovanni ha raccontato una favola a Sara. Alcuni possono però richiedere oltre al soggetto due argomenti entrambi indiretti, come il verbo andare nel significato di “muoversi da un luogo a un altro”: Sono andato da casa all’ufficio. - tetravalenti, se richiedono quattro argomenti8. Si tratta nello specifico di quel ristretto gruppo di verbi che indicano un’azione di trasferimento: trasferire, travasare, tradurre. Cinzia ha trasferito la sua residenza da Milano a Mantova. Emilio ha travasato il vino dalla damigiana alle bottiglie. Alessandra ha tradotto la versione dal greco al latino. N.B. La valenza del verbo è relativa al numero di elementi necessari per costruire una frase dotata di significato minimo, ma completo. Data la frase: Lucio ha riso di gusto per la barzelletta di Marco. per individuare la valenza del verbo è necessario concentrarsi su di esso e chiedersi quanti elementi sono necessari per completarlo. Poiché il verbo ridere può costituire una frase anche con il solo argomento soggetto (Lucio ha riso) esso è monovalente. Tutti gli altri elementi che compaiono nella frase (le espressioni di gusto e per la barzelletta di Marco) sono accessori e non vanno quindi presi in considerazione nel computo della valenza. 8. Questa categoria non è riconosciuta da tutti gli studiosi, poiché alcuni ritengono che uno degli argomenti sia in qualche modo implicitamente compreso nel significato del verbo e quindi non sia necessario esplicitarlo. 013-076_valenziale.indd 22 05/02/19 17.10 23 < > 2.2 I ruoli sintattici Oltre che in relazione al numero degli elementi necessari, i verbi si suddividono anche a seconda dei tipi di argomento che richiedono: soggetto (S), oggetto diretto (O), oggetto indiretto ([prep.] + O). Il rapporto tra il verbo e i suoi argomenti oggetto (diretti e indiretti), escludendo quindi l’argomento soggetto, è detto reggenza. Vengono quindi individuate sette categorie di verbi che richiedono rispettivamente: 1. nessun argomento; tale categoria corrisponde a quella dei verbi zerovalenti; Nevica. V 2. un solo argomento, che coincide con il soggetto. Rientrano in questa categoria tutti i verbi monovalenti; Luca dorme. S - V 3. un argomento soggetto e un argomento oggetto diretto; Lorenzo assaggia la torta. S - V - O 4. un argomento soggetto e un argomento oggetto indiretto; Marco torna a casa. S - V - [prep.] O 5. un argomento soggetto e due argomenti, di cui uno diretto e uno indiretto; Emilio regala un libro a Francesco. S - V - O - [prep.] O 6. un argomento soggetto e due argomenti indiretti; Il corteo va da Piazza Garibaldi a Corso del Popolo. S - V - [prep.] O - [prep.] O 7. un argomento soggetto, un argomento diretto e due argomenti indiretti. Appartengono a questa categoria tutti i verbi tetravalenti. Giovanni travasa il vino dalla damigiana alla bottiglia. S - V - O - [prep.] O - [prep.] O La riflessione sulla tipologia argomentale dei verbi rende conto dell’impossibilità di alcune costruzioni, come far seguire un argomento oggetto a un verbo monovalente: *Luca ride la barzelletta. Allo stesso modo non è possibile far seguire un oggetto diretto a un verbo bivalente del tipo S - V - [prep.] O come piacere: *La cioccolata piace Luca. Come si vedrà, costruzioni di questo tipo sono possibili in casi particolari. Per i verbi zerovalenti, per esempio, è possibile prevedere un argomento soggetto quando vengono usati in senso figurato. Piovono soldi. Piovvero soldi dal cielo. Allo stesso modo per i verbi intransitivi esiste la possibilità di esplicitare l’argomento oggetto interno in espressioni del tipo: Dormire sonni tranquilli Vivere una vita intensa. 013-076_valenziale.indd 23 05/02/19 17.10 > 24 > 2.3 Le restrizioni sulla selezione degli argomenti e i ruoli tematici Oltre a richiedere un certo numero e tipo di argomenti, i verbi pongono delle restrizioni sulla selezione del tipo semantico di argomenti con i quali possono combinarsi. Per esempio verbi come parlare, urlare, pentirsi richiedono un argomento soggetto umano; vivere e morire, un soggetto umano o animale. Allo stesso modo il verbo regalare richiede un argomento oggetto diretto inanimato (la cosa che viene regalata) e un argomento oggetto indiretto umano o comunque a esso correlato: Ha regalato la sua casa al Comune. Gli argomenti selezionati semanticamente dal verbo non riguardano solo i tratti ± umani, ma anche il numero. Un verbo come circondare richiede un soggetto plurale o avente comunque semantica plurale, per cui è possibile dire: I lupi circondarono la preda o La siepe circonda la casa. ma non: *Il lupo circondò la preda o *L’albero circonda la casa. Allo stesso modo un verbo come disperdere seleziona un argomento semanticamente plurale. Si possono disperdere i soldati, si può disperdere una folla, ma non una persona9. A partire da considerazioni di tipo semantico, alcuni studiosi hanno preso in esame la struttura tematica della frase, specificando la relazione tematica che il verbo intrattiene con i propri argomenti e identificando i ruoli tematici che gli argomenti possono assumere rispetto all’evento che il verbo descrive. I principali ruoli tematici che gli argomenti possono assumere sono i seguenti: 1. agente (colui che intenzionalmente dà inizio e controlla l’evento) 2. paziente (l’entità che subisce le conseguenze dell’evento) 3. strumento (l’entità inanimata che è la causa fisica di quanto accade) 4. tema (l’entità coinvolta in maniera non attiva nell’evento) 5. esperiente (l’entità che sperimenta l’evento) 6. beneficiario (l’entità che trae beneficio dall’evento) 7. destinatario/meta (l’entità verso la quale è indirizzato l’evento) 8. destinazione (luogo o condizione verso cui è proiettato l’evento) 9. Oppure possiamo pensare a quei verbi reciproci che, come collaborare o incontrarsi, richiedono un soggetto plurale: Luca e Laura collaborano. / Silvia e Matteo si sono incontrati. In realtà questi verbi reciproci hanno una particolarità: la quasi totalità di essi ammette una doppia costruzione, senza all’apparenza cambiare significato. Oltre alla costruzione pronominale vista sopra, contemplano infatti la possibilità di un soggetto singolare, purché questo abbia un elemento corrispondente come oggetto indiretto, di norma introdotto dalla preposizione con, che sia simmetrico al soggetto e quindi con questo intercambiabile: Luca e Laura collaborano. / Luca collabora con Laura. / Laura collabora con Luca. Senza soggetto plurale o, se singolare, senza argomento simmetrico, questi verbi non possono costituire frasi grammaticali: *Luca collabora. / *Luca si incontra. /*Luca si confronta. Evidentemente attivano scene mentali in cui sono necessariamente presenti almeno due attori, per dirla con Tesnière. Alcuni di questi verbi ammettono un oggetto indiretto sottinteso. Per esempio possiamo dire: Luca e Laura si sposano. Ma anche: Luca si sposa o Laura si sposa. Il fatto che l’argomento sia sottinteso diventa chiaro nel momento in cui si provi a inserire un riferimento all’unicità del soggetto implicato: *Luca si sposa da solo. Senza cambiare all’apparenza significato, si è detto. In realtà, quando questi verbi esprimono una partecipazione volontaria o comunque un’azione che possa essere fatta da una direzione a un’altra (urtarsi), il fatto che il soggetto sia uno dei due implica che tale azione volontaria parta da questo. Affermare Luca e Laura si abbracciano è diverso che dire Luca abbraccia Laura, che a sua volta è diverso da Laura abbraccia Luca. Esiste un’altra categoria di verbi reciproci che si comporta in maniera analoga, selezionando però, invece che il soggetto, un oggetto plurale. È per esempio il caso del verbo collegare: Il tram collega il centro e la periferia. Il tram collega tutti i quartieri. Anche in questo caso i verbi ammettono una costruzione con argomento indiretto simmetrico rispetto a quello diretto: Il tram collega il centro con la periferia. / Il tram collega la periferia con il centro. E non è possibile omettere uno degli oggetti plurali: *Il tram collega il centro. 013-076_valenziale.indd 24 05/02/19 17.10 27 < Davide va in montagna. Il fiume va al mare. La lettera va al direttore. - è trivalente quando significa “coprire un tragitto”: L’Eurocity 56 va da Verona a Innsbruck. Notiamo inoltre che andare costituisce sintagma verbale con alcuni avverbi: andare su, giù, fuori, via e assume la funzione di predicato copulativo in frasi come: Gianni è andato soldato. Gianni va pazzo per i dolci. Lo stesso, seppur in maniera meno articolata, vale per altri verbi. Passare, per esempio, è - monovalente nel senso di “trascorrere”: La vita passa. - bivalente col significato di “superare qualcuno o qualcosa”: Luca ha passato l’esame. - trivalente nell’accezione di “dare qualcosa a qualcuno”: Luca ha passato la staffetta a Marco. Ci sono verbi bivalenti, come per esempio salire o protestare, che pur non modificando in maniera consistente il proprio significato, presentano una doppia struttura: si comportano cioè sia come verbi transitivi che intransitivi, riducendo in questo secondo caso la loro valenza: Laura sale le scale. La marea sale. La banca ha protestato l’assegno. Gli insegnanti protestano. Altri verbi, pur mantenendo invariata la valenza, possono cambiare il tipo di argomento richiesto e accettare quindi tanto un argomento oggetto diretto che uno indiretto. Così, per esempio, si comporta il verbo piegare. Laura piega la camicia. La strada piega verso destra. Un ulteriore caso degno di attenzione è quello di verbi diversi con significato simile che però richiedono strutture sintattiche diverse, soprattutto quando uno dei due è ad alta diffusione e l’altro no. Riflettere su tali particolarità può essere molto utile per evitare errori nella scelta della preposizione corretta. Si pensi alle coppie riguardare/ inerire o pertenere/concernere Queste mansioni riguardano il suo ruolo. Queste mansioni ineriscono al suo ruolo. La domanda concerne l’argomento. La domanda pertiene all’argomento. Un caso interessante di cambiamento della valenza del verbo è quello relativo all’uso figurato che alcuni verbi possono assumere. Si pensi ai verbi atmosferici, che abbiamo già visto, classificandoli come zerovalenti. Quando però il verbo piovere assume il significato di ‘cadere dall’alto’, la sua valenza cambia e diventa un verbo monovalente o bivalente: Piovono coriandoli. Le critiche piovono sul governo. 013-076_valenziale.indd 27 05/02/19 17.10 > 28 I testi letterari, in particolare quelli poetici, presentano spesso casi di questo tipo. Vediamo alcuni esempi riferiti ancora al verbo piovere: …e piove in petto una dolcezza inquieta. (Eugenio Montale, I limoni) …in mezzo al nuvolone scuro che pioveva cenere… (Giovanni Verga, I galantuomini) Bevon le nubi dal mare con pendule trombe, ed il sole / piove sprazzi di riso torbido sovra i poggi. (Giosue Carducci, Pe ’l Chiarone da Civitavecchia. Leggendo il marlowe) Un caso particolare di alternanza argomentale è quella dei verbi transitivi che possono essere usati senza l’esplicitazione dell’argomento oggetto, cambiando così valenza. Alcuni verbi a cui si è già accennato - come mangiare, leggere, bere, cantare - sembrano attivare scene mentali diverse a seconda che venga esplicitato o meno l’oggetto. Quando l’oggetto manca è come se si facesse riferimento a un oggetto indefinito, generico (tanto che qualche linguista ha parlato di oggetto nullo indefinito). Si prenda il caso del verbo mangiare, che abbiamo identificato come bivalente: Luca mangia una mela. Se però ci limitassimo a scrivere: Luca mangia. la frase sarebbe ugualmente completa. In tale caso, però, l’accento non cade sulla cosa che viene mangiata, ma sull’atto stesso del mangiare e il verbo assume l’accezione generica di “nutrirsi”, “alimentarsi”. A riprova di ciò si vedano i seguenti esempi, da cui risulta evidente che tali verbi non sottintendono un oggetto specifico: - Hai bevuto il caffè? - *Sì, ho bevuto. Ho letto tutto il giorno. Ma *Ho riletto tutto il giorno. Nel secondo esempio, se è possibile “leggere” genericamente, l’atto del rileggere presuppone sempre la presenza di un oggetto definito. Tali costruzioni, che permettono di omettere l’oggetto di specifici verbi transitivi, non portano però a un medesimo esito semantico, che è legato invece al significato proprio del verbo. Se affermare che Luca mangia può significare che Luca è una persona che si nutre normalmente, dire che Luca beve può indicare che fa uso smodato di alcolici; analogamente la frase Luca scrive può indicare che Luca lo faccia di professione. Proposta di esercizio 8. A seconda del significato che assume, ciascuno dei seguenti verbi può richiedere un numero diverso di argomenti. Per ognuno di essi, inventare due frasi corrispondenti. a. abbagliare b. crescere c. rimproverare d. risparmiare e. fuggire > 2.5 La frase minima e gli elementi extra-nucleari La grammatica tradizionale affermava che una frase è composta dal soggetto e dal verbo. Da quanto detto finora è chiaro che una definizione di questo tipo è per lo meno limitativa; essa infatti non permette di rendere conto dell’agrammaticalità di frasi come: *Il cane prende. *Luca rincorre. *Laura regala. 013-076_valenziale.indd 28 05/02/19 17.10 29 < Sulla scorta di quanto affermato nei paragrafi precedenti definiamo come frase minima o nucleare (perché costituita dal nucleo) un’espressione minima di senso compiuto. Tale frase è composta dal verbo e da tutti gli argomenti (che variano numericamente da zero a quattro) necessariamente richiesti dal verbo10. Chiameremo margini tutti gli elementi che sono accessori e non fanno quindi parte della frase minima. I margini possono essere esterni dell’intero processo, ossia riguardare la frase nella sua interezza, o interni alla frase. Definiamo margini interni tutti quegli elementi accessori che si legano direttamente al nucleo (e perciò sono denominati anche circostanti del nucleo11), aggiungendo informazioni al verbo o ai suoi argomenti: La madre scrisse accuratamente una lettera. La zia di Michela ha preparato una torta al cioccolato. Nel primo caso l’avverbio specifica come è stata scritta la lettera. Nel secondo i due circostanti di Michela e al cioccolato specificano gli argomenti soggetto e oggetto del verbo preparare. Se li togliamo otteniamo le due frasi minime: La madre scrisse una lettera. La zia ha preparato una torta. Tutti gli elementi che espandono il significato della frase, oltre il nucleo e i suoi circostanti, aggiungendo informazioni o circostanze accessorie, sono detti margini esterni o espansioni o elementi extra-nucleari (o, ancora, circostanziali). Si tratta di elementi che rivestono importanza per la completezza dell’informazione, ma che non sono indispensabili per la costruzione di frasi ben formate: La settimana scorsa sono andato al cinema. Ai giardini Luca ha visto uno scoiattolo. Con grande calma ho risposto a tutte le domande. Una caratteristica degli elementi extra-nucleari è quella di muoversi abbastanza liberamente all’interno della frase ponendosi in posizione iniziale o finale o, talvolta, centrale. Prendiamo una frase contenente elementi extra-nucleari che forniscano informazioni aggiuntive su tempo, luogo e modo: La settimana scorsa, ai giardini, con immensa gioia ho rivisto il mio amico Carlo. Proviamo ora a cambiare l’ordine degli elementi extra-nucleari: quello che otteniamo è l’enfatizzazione di un elemento piuttosto che di un altro, ma la frase rimane ben formata. La settimana scorsa, con immensa gioia, Gianni ha rivisto Carlo ai giardini. Con immensa gioia, la settimana scorsa, Gianni ha rivisto Carlo ai giardini. Ai giardini, la settimana scorsa, Gianni ha rivisto Carlo con immensa gioia. Si noti che lo stesso non può essere fatto con i circostanti del nucleo, soprattutto quelli che riguardano gli argomenti; se modifichiamo l’ordine degli elementi rischiamo di ottenere un capovolgimento completo del significato di rendere la frase agrammaticale, a meno di non usare la punteggiatura in maniera espressiva, enfatizzando un argomento (cfr. § Punteggiatura, modello valenziale e comprensione del testo): La zia ha preparato una torta di Michela. * Al cioccolato la zia ha preparato una torta. 10. Questo ovviamente vale per la frase propriamente detta. Nella realtà della comunicazione (enunciato) non sempre è necessario che tutti gli argomenti siano esplicitati, anche se nel conteggio delle valenze essi devono essere contemplati. Alcuni linguisti istituiscono una distinzione tra semantica (valenze o attanti del verbo) e sintassi (argomenti del predicato). Salvi e Vanelli (2004, pp. 20-21) scrivono: “Terremo distinti terminologicamente gli attanti, che sono i partecipanti dell’evento descritto dal verbo, e gli argo- menti, che ne sono la realizzazione sintattica; mentre gli attanti si situano al livello della interpretazione semantica della costruzione, gli argomenti si situano al livello della costruzione sintattica”. 11. Mentre alcuni studiosi si limitano a distinguere gli elementi nucleari e quelli extra-nucleari, adottiamo qui la tripartizione (nucleo, circostanti del nucleo, espansioni) operata da Sabatini, che ci sembra quella maggiormente in grado di rendere conto con maggiore chiarezza di alcuni fenomeni linguistici, affiancando però la terminologia scelta da Michele Prandi. 013-076_valenziale.indd 29 05/02/19 17.10 > 32 > 2.6 La rappresentazione grafica della frase semplice La frase scritta assume un ordine lineare che non tiene conto della sua struttura profonda. Rappresentare graficamente la frase favorisce una comprensione più efficace dei rapporti grammaticali e concettuali tra i diversi elementi che la costituiscono. Poter affrontare la frase non solamente nel suo consueto sviluppo sequenziale, ma come un insieme di rapporti tra parti, costituisce uno strumento efficace per affrancarsi da schematismi precostituiti e affrontare la struttura della frase in maniera nuova, permettendo di trovare sul piano empirico risposte a questioni grammaticali che tradizionalmente ottenevano spiegazioni di tipo teorico. La modalità grafica diviene quindi notevolmente vantaggiosa per la comprensione e per il riconoscimento di categorie. La frase può essere rappresentata graficamente secondo due modalità principali: quella per ellissi concentriche e quella ad albero o a stemma, con numerose possibili varianti. La rappresentazione della frase per ellissi concentriche è stata adottata principalmente da Francesco Sabatini, autore assieme a Vittorio Coletti del primo dizionario valenziale italiano, il DISC. Essa è utile soprattutto nel primo momento di scoperta della frase, non più come una sequenza fissa di parole, ma come un sistema ordinato dal punto di vista sintattico. Riconosciuta la centralità del predicato e degli elementi che costituiscono la frase nucleare - rappresentata iconicamente dalla centralità spaziale - è immediatamente percepibile il ruolo rivestito dagli altri elementi. Al centro dello schema è posto il verbo; all’interno della sua ellissi trovano posto anche gli argomenti necessariamente richiesti da esso, a cui sono legati da linee. Nell’esempio sotto riportato (Figura 1) al centro è il verbo regalare, da cui si diramano i tre argomenti necessari: il soggetto (Piero), l’oggetto diretto (un libro) e l’oggetto indiretto (a Carla). A un secondo livello troviamo quelli che Sabatini chiama i “circostanti del nucleo”, ossia quegli elementi che completano il significato degli argomenti necessari a cui sono collegati con una linea: di fumetti precisa il genere di libro, mentre sua figlia specifica chi è Carla. L’ellissi più esterna è invece quella in cui troviamo gli elementi extra-nucleari o “espansioni”, privi di un legame sintattico univoco con gli altri elementi della frase (ogni anno, per la sua biblioteca, all’inizio della scuola). Come si è detto, infatti, gli elementi di questa area sono più mobili rispetto agli altri, possono cioè essere spostati abbastanza liberamente all’interno della frase. Ogni anno per la sua biblioteca Piero REGALA a Carla sua figlia un libro all’inizio di fumetti della scuola Figura 1. La rappresentazione per ellissi concentriche. 013-076_valenziale.indd 32 05/02/19 17.10 33 < Leggere la frase o vederla raffigurata nella rappresentazione grafica per ellissi concentriche significa passare da una prospettiva lineare a una strutturale in cui emergono immediatamente le gerarchie - e quindi le funzioni dei vari elementi. Quando l’obiettivo è quello di entrare nello specifico dei legami tra le parole e le frasi, la modalità rappresentativa ad albero o a stemma è però la più adatta. Le proposte di rappresentazione ad albero della frase sono molteplici e differiscono per le scelte di visualizzazione degli elementi, come per esempio l’uso del carattere maiuscolo per il verbo, la differenziazioni di colore per i diversi tipi di argomento, l’uso di frecce di diverso tipo per indicare gli elementi necessari e quelli facoltativi (nel nostro caso indichiamo con la freccia a doppia punta gli argomenti necessari, con la freccia singola quelli facoltativi), la posizione della preposizione (unita all’argomento o, come quella che abbiamo adottato, lungo la freccia), la modalità di rappresentazione degli elementi extra-nucleari. Qui ci limitiamo a illustrare la modalità più schematica, che può essere adattata da ciascun insegnante secondo le necessità specifiche, ferma restando la necessità di distinguere elementi necessari e facoltativi. Nell’esempio di Figura 2, il verbo è al centro dello schema. Da esso si diramano gli argomenti necessari, ai quali a propria volta si collegano le informazioni che li specificano con maggior precisione. A lato della frase nucleare, proprio perché si riferiscono a essa nella sua completezza, troviamo gli elementi extra-nucleari. REGALA sua figlia a Ogni anno all’inizio della scuola Piero un libro Carla per la biblioteca di fumetti Figura 2. La rappresentazione ad albero. Già Tesnière nella sua trattazione aveva rappresentato graficamente la frase, facendo però uso di un tipo di stemma molto analitico: Il mio vecchio amico canta questa canzone molto bella. canta amico canzone il mio vecchio questa bella molto 013-076_valenziale.indd 33 05/02/13 17.10 > 34 Tali stemmi sono solo apparentemente simili alle rappresentazioni ad albero della struttura sintagmatica della frase di matrice chomskiana, che avrebbero raffigurato la frase in questo modo: F SN SV Art SN V SN Det SN Det SN Agg N N SA Avv Agg Il mio vecchio amico canta questa canzone molto bella Tra le differenze ne emerge una sostanziale, ossia il fatto che quest’ultima mantenga l’ordine lineare della frase. Vediamo ora come attraverso la rappresentazione ad albero si possa raffigurare la struttura argomentativa individuata in base alla tipologia di argomenti richiesti: 1. nessun argomento: Nevica. NEVICA 2. un solo argomento, quello soggetto: Luca dorme. DORME Luca 3. un argomento soggetto e un argomento oggetto diretto: Lorenzo assaggia la torta. ASSAGGIA Lorenzo la torta 4. un argomento soggetto e un argomento oggetto indiretto: Marco torna a casa. TORNA a Marco casa 013-076_valenziale.indd 34 05/02/19 17.10 37 < Esempio con legami e circostanti del nucleo (la soluzione potrebbe essere Michela, sorella di Lucia, regala a Sara una scatola di cioccolatini). Esempio con legami, circostanti del nucleo ed elementi extra-nucleari (la soluzione potrebbe essere Ogni settimana, da due anni, Michela pulisce l’automobile di suo padre). Questo stesso esercizio può essere svolto a un livello più complesso con il grafico ad albero. In questo caso potrebbe essere utile procedere per gradi, togliendo un elemento per volta e chiedendo di integrarlo. Per esempio, partendo dalla rappresentazione grafica della frase Laura scrive una lettera, possiamo togliere alternativamente il verbo (e la frase può quindi diventare: Laura legge / trova / ha perso una lettera), l’argomento soggetto (e la frase può essere completata Andrea / Marco / Giovanna scrive una lettera) o il complemento diretto (dando luogo a possibili alternative come Laura scrive un libro / una frase / un esercizio). SCRIVE LEGGE TROVA HA PERSO Laura una lettera Andrea un libro Marco una frase Giovanna un esercizio Solo in un secondo momento verranno forniti schemi completamente svuotati, con l’indicazione dei soli legami e dell’eventuale presenza di elementi extra-nucleari. La presenza di argomenti oggetto indiretti, per i quali verrà indicata la preposizione, indurrà lo studente a fare un ulteriore sforzo di selezione per individuare l’argomento mancante. L’esempio seguente, pur selezionando un argomento indiretto preceduto dalla preposizio- 013-076_valenziale.indd 37 05/02/19 17.10 > 38 ne a, può dar luogo a frasi molto diverse, come Maria, sorella di Franco, è andata a Milano o Il gelato alla crema piace a Luca o, ancora, Le vacanze di Natale gioveranno a tutti. > 2.7 Verbi predicativi e verbi copulativi Finora ci siamo occupati dei verbi predicativi, sono portatori di un significato proprio. Sappiamo però che ci sono alcuni verbi che si comportano in maniera diversa: oltre all’argomento soggetto, che tradizionalmente concorda in numero e genere con il verbo, hanno un secondo elemento (un aggettivo o un nome) che indica una caratteristica del soggetto e concorda anch’esso col soggetto. Un esempio tipico è quello del verbo essere: Il computer è rotto. In maniera analoga si comportano anche verbi come sembrare, parere, divenire, diventare, risultare. Tali verbi sono detti copulativi, per indicare la loro funzione di collegamento; essi infatti, hanno un significato proprio piuttosto generico (in particolare il verbo essere), e trasmettono informazioni rispetto al tempo, il modo e l’aspetto. Il significato, invece, viene dato dall’elemento nominale che li accompagna, ed è per questo che si parla di predicato nominale. Il predicato nominale è costituito quindi dalla copula e dall’elemento nominale, ossia dal complemento predicativo del soggetto. Proprio per questa mancanza di significato in sé, al fine dell’identificazione del numero delle valenze i verbi copulativi vengono considerati assieme all’elemento che li completa.12 La rappresentazione grafica rende immediatamente evidente il fatto che copula ed elemento nominale costituiscano un tutt’uno. Il computer è rotto. È rotto il computer 12. In realtà questa scelta fa ancora discutere gli studiosi. Per quanto riguarda il DISC il complemento predicativo dell’oggetto è stato considerato un argomento sé stante fino all’edizione del 2008, a partire dalla quale gli autori hanno trattato i verbi copulativi come monovalenti. 013-076_valenziale.indd 38 05/02/19 17.10 39 < Michele e Gianna sono diventati genitori. SONO DIVENTATI genitori Michele e Gianna La maggior parte dei predicati nominali sono monovalenti, richiedono cioè il solo ar- gomento soggetto, ma esistono predicati nominali zerovalenti e bivalenti. I predicati nominali zerovalenti sono quelli costituiti da forme impersonali come È tardi, È fred- do, per le quali non è pensabile un soggetto, allo stesso modo che per i verbi predicativi atmosferici: È tardi. È tardi I predicati nominali sono bivalenti quando l’elemento nominale del predicato richiede a propria volta un argomento per essere completato. È il caso di aggettivi come incline, partecipe, propenso. Luca è partecipe dell’evento. È partecipe dell’ Luca evento > 2.8 La costruzione passiva dei verbi La forma passiva, come è noto, può riguardare solo quei verbi che alla forma attiva hanno un argomento oggetto diretto. In sostanza, nella forma passiva cambia il rapporto, il tipo di legame che l’argomento intrattiene con il verbo. Quando il verbo è in forma passiva, l’argomento soggetto diventa argomento indiretto preceduto dalla preposizione “da” (quello che è tradizionalmente complemento d’agente se è una persona o complemento di causa efficiente se è una cosa)13; l’argomento oggetto diretto diventa argomento soggetto. Rappresentiamo graficamente la frase; eventualmente è possibile usare i colori per evidenziare i diversi ruoli sintattici: il verbo, l’argomento soggetto, l’argomento oggetto diretto e quello indiretto. 13. Tesnière lo chiama “controsoggetto”, per evidenziare che esso si oppone al soggetto, come il passivo si oppone all’attivo. 013-076_valenziale.indd 39 05/02/19 17.10 > 42 La forma media, invece, così chiamata perché è una forma intermedia tra quella attiva e quella passiva, è tipica di alcuni verbi intransitivi che si presentano esclusivamente accompagnati da un pronome personale atono, pur non avendo valore riflessivo. I più caratteristici sono quelli che indicano uno stato d’animo o una condizione del soggetto: fidarsi, pentirsi, vergognarsi. Luca si è pentito del suo comportamento. Il valore medio riguarda anche altri verbi, sia transitivi che intransitivi, che presenta- no la possibilità di essere accompagnati da un pronome atono, con un conseguente cambiamento più o meno consistente del loro significato e della loro struttura ar- gomentale. In tutti questi casi il pronome non viene considerato un argomento a sé stante: la sua funzione, infatti, è solo quella di intensificare il significato del verbo oppure di farne ricadere gli effetti sul soggetto. Esiste poi una forma media, tipica del linguaggio informale, che indica un coinvol- gimento emotivo del soggetto in ciò che fa. È per esempio il caso di mangiarsi, bersi, godersi: Mi mangio un panino. Laura si è bevuta un caffè. Ci godiamo la scena. Anche andarsene e starsene hanno un maggior valore espressivo rispetto ad andare e stare. Luca è stato sul divano tutto il giorno. Luca se ne è stato sul divano tutto il giorno. La valenza dei verbi pronominali, sia usati in forma riflessiva che media, non tiene ovviamente conto della particella pronominale, che forma un tutt’uno col verbo. Luca si lava. Verbo monovalente. SI LAVA Luca Luca si lava le mani. Verbo bivalente con argomento oggetto diretto. SI LAVA Luca le mani 013-076_valenziale.indd 42 05/02/13 17.10 43 < Luca e Laura si rincorrono. Verbo monovalente. SI RINCORRONO Luca e Laura Luca si fida di Marco. Verbo bivalente con argomento oggetto indiretto. SI FIDA di Luca Marco Proposte di esercizi 12. Usare il metodo grafico per trasformare le seguenti frasi dalla forma attiva a quella passiva e viceversa. La mamma ha lavato i piatti. Il libro è stato comperato da un ragazzo. Luca e Giovanni hanno comperato una villa. La società è stata rilevata da un imprenditore tedesco. Hanno esaurito la merce. 13. Rappresentare graficamente le seguenti frasi. Si scende dalle scale. Si vendono tappeti. Roberta si è seduta sulla poltrona. Marco si è lavato i capelli. > 2.11 Dalla frase semplice al periodo La coordinazione Come è noto, la coordinazione, o paratassi, è il rapporto che lega due o più proposizioni tra loro autonome, ponendole sullo stesso piano, come risulta evidente dalla rappresentazione grafica. Prendo il tuo ombrello ma te lo riporto domani. PRENDO ma RIPORTO domani (Io) il tuo (Io) Io te ombrello (ombrello) 013-076_valenziale.indd 43 05/02/19 17.10 > 44 In realtà le due frasi sono sullo stesso piano dal punto di vista sintattico ma non da quello semantico, tanto che non è possibile invertire l’ordine degli elementi. Tale dicotomia tra sintassi e semantica può riguardare anche la congiunzione apparentemente più semplice, la e. Le due affermazioni contenute in Piove e fa molto freddo. possono essere scambiate senza che ci sia un cambio di significato: Fa molto freddo e piove. Ma non posso fare lo stesso in questo caso: Ceno e vado a dormire. Altrettanto accade con le coordinate disgiuntive, introdotte da o, oppure: Fermati o sparo. non può essere trasformato in Sparo o fermati. La subordinazione Tutte le frasi subordinate ricoprono una funzione sintattica all’interno della frase da cui dipendono. Ciò che le differenzia è l’obbligatorietà della loro presenza dal punto di vista sintattico. Come nella frase abbiamo argomenti obbligatori ed elementi accessori, i margini, (a loro volta suddivisi in circostanti del nucleo ed elementi extra-nucleari), così nel periodo abbiamo subordinate necessarie (le completive, il cui nome deriva dal fatto che sostituiscono un argomento obbligatorio, e le relative predicative) e subordinate accessorie riferite al nucleo (relative attributive) o all’intera frase da cui dipendono (circostanziali15). Secondo il modello valenziale ci sono quindi tre tipi di frasi dipendenti: a. completive (soggettive, oggettive dirette e oggettive indirette); b. relative (attributive e predicative); c. circostanziali (causali, concessive, finali, temporali, ipotetiche, avversative, eccettuative, esclusive, limitative, consecutive e comparative). Attraverso la rappresentazione grafica è possibile rendere evidente la corrispondenza che sussiste tra: - completive e argomenti del verbo; - relative e circostanti del nucleo; - circostanziali e espansioni. Il modello valenziale permette di applicare al periodo il modello della frase in modo economico, visivamente chiaro ed efficace per la comprensione della struttura del periodo. Frase semplice e periodo, definibile come «una struttura di frase che contiene una o più frasi tra i suoi costituenti»1, presentano infatti schemi di rapporti analoghi e dunque l’approccio all’analisi del periodo offre una maggiore facilità nelle fasi di osservazione e di riconoscimento degli elementi fondamentali di un testo. Per questo motivo nella rappresentazione si è scelto di mantenere le stesse modalità già usate per la rappresentazione della frase semplice, impiegando la freccia a doppia punta (già in uso per gli argomenti del nucleo) per le frasi argomentali (soggettive, oggettive dirette e indirette) e per le relative predicative. LE COMPLETIVE Nei paragrafi precedenti abbiamo analizzato la frase, caratterizzata dal verbo e dai suoi argomenti. Per le esemplificazioni degli argomenti abbiamo scelto nomi, pro- nomi e avverbi ma, come abbiamo anticipato, gli argomenti possono essere espressi 15 Scegliamo di usare questo termine molto diffuso per indicare questo tipo di subordinate extra-nucleari, sperando di non ingenerare confusione con il termine ‘circostante’ relativo al nucleo. 013-076_valenziale.indd 44 05/02/19 17.10 47 < Si noti che l’oggetto può essere costituito anche da un discorso diretto: L’imputato dichiarò: “Sono innocente”. DICHIARÒ: L’imputato “SONO INNOCENTE” Rientrano in questa categoria anche le interrogative dirette e indirette e le imperative. Infatti, l’argomento oggetto può essere reso non solo da un discorso diretto, come si è visto sopra, ma anche da un’interrogativa, con i verbi di chiedere e domandare: Marta chiese all’amico: “Mi ascolti?”. Marta chiese all’amico se la ascoltava. Marta chiese all’amico: “Ascoltami!”. Le completive oggettive indirette (chiamate anche oblique) hanno la funzione di oggetto indiretto della frase e riguardano perciò: 1. i bivalenti pronominali, come vergognarsi, pentirsi, preoccuparsi; Cristina si vergogna del ritardo. SI VERGOGNA del Cristina ritardo Cristina si vergogna di essere in ritardo. SI VERGOGNA di Cristina ESSERE IN RITARDO 2. alcuni verbi bivalenti intransitivi come aspirare, puntare, giovare; Giulia aspira alla vittoria. ASPIRA alla Giulia vittoria 013-076_valenziale.indd 47 05/02/19 17.10 > 48 Giulia aspira a vincere. ASPIRA a Giulia VINCERE 3. verbi trivalenti, che indicano una coercizione come obbligare, costringere. Luca ha obbligato sua sorella al silenzio. HA OBBLIGATO al Luca sua sorella silenzio Luca ha obbligato sua sorella a rimanere silenziosa. HA OBBLIGATO a Luca sua sorella RIMANERE RILENZIOSA Le subordinate relative Le frasi relative corrispondono ai circostanti del nucleo e si dividono in: - attributive, se sono accessorie; - predicative, se sono necessarie16. Le relative attributive derivano dalla trasformazione di un’apposizione o di un attributo del nome a cui si riferiscono e, poiché si limitano ad aggiungere informazioni, sono accessorie. Maria, la vincitrice del premio, ha comperato una casa. HA COMPERATO Maria una casa la vincitrice del premio apposizione 16. In virtù del loro essere un elemento necessario, alcuni linguisti annoverano le relative predicative tra le completive. 013-076_valenziale.indd 48 05/02/19 17.10 Maria, che ha vinto il premio, ha comperato una casa. HA COMPERATO Maria una casa che HA VINTO relativa attributiva [Maria] il premio Le relative predicative corrispondono invece ai circostanti del nucleo necessari, perché servono a identificare la cosa di cui si parla, e infatti sono collegati all’argomento da frecce a doppia punta: Il libro che ho regalato a Michele mi è piaciuto. È PIACIUTO il libro [a me] che HO REGALATO [io] Michele Le subordinate circostanziali Le subordinate circostanziali, dette anche avverbiali o margini17 svolgono nel periodo la stessa funzione che gli elementi extra-nucleari svolgono nella frase. Esse si suddividono in causali, finali, consecutive, temporali, concessive, ipotetiche (o condizionali, comparative, modali, avversative, eccettuative, esclusive e limitative). Al di là della denominazione sono interessanti per come si organizzano rispetto alla frase da cui “dipendono”. Analizziamo graficamente le più significative. Nella seguente rappresentazione grafica ciò che viene tradizionalmente definito complemento di causa si “trasforma” in una subordinata causale. Mario fuggì per la paura. FUGGÌ per la paura Mario complemento di causa 17. Il termine “circostanziale” è tipico di tutti gli approcci linguistici ispirati da Tesnière; il concetto di “frase avverbiale” è quello più diffuso nella terminologia standard internazionale e fa leva sul fatto che le subordinate non completive occupano le stesse posizioni degli avverbi; poiché però ci sono avverbi che fungono da argomenti, alcuni studiosi preferiscono utilizzare il termine “margine”. 013-076_valenziale.indd 49" 05/02/19 17.10 > 52 Le subordinate eccettuative indicano una circostanza che può o potrebbe impedire cioè che viene espresso nella frase da cui dipendono: Luca venderà la sua casa, a meno che non capiti un imprevisto. VENDERÀ a meno che Luca la sua casa NON CAPITI un imprevisto Le subordinate esclusive esprimono l’esclusione di un fatto rispetto a quanto affermato nella frase da cui dipendono. Luca è uscito senza che la mamma gli desse il permesso. È USCITO senza che Luca la mamma DICE gli il permesso Le subordinate limitative esprimono una limitazione rispetto a quanto affermato nella frase da cui dipendono. Secondo quanto dice il navigatore, siamo arrivati. SIAMO ARRIVATI secondo [noi] il navigatore DICE quanto Ci sono infine delle subordinate particolari, che non possono essere definite propriamente dipendenti. Con la frase che dovrebbe essere considerata la reggente si crea infatti un rapporto di interdipendenza, per cui le due frasi dipendono l’una dall’altra. È il caso delle subordinate comparative e consecutive. Le subordinate comparative istituiscono un paragone con quanto affermato nelle frasi da cui dipendono e corrispondono al complemento di paragone: Per te ho fatto più del necessario. HO FATTO [io] per te più del necessario 013-076_valenziale.indd 52 05/02/19 17.10 53 < Per te ho fatto più di quanto fosse necessario. HO FATTO di quanto [io] per te più FOSSE NECESSARIO Le subordinate consecutive si comportano in maniera analoga alle comparative. Esse possono essere implicite o esplicite, ma la loro struttura non cambia: Mario ha lavorato talmente tanto da ammalarsi. HA LAVORATO da Mario talmente tanto AMMALARSI Mario Subordinata consecutiva implicita Ha lavorato talmente tanto che si è ammalato. HA LAVORATO che Mario talmente tanto SI È AMMALATO Mario Subordinata consecutiva esplicita In queste rappresentazioni, per rendere evidente il rapporto che esiste tra la frase semplice e la frase complessa abbiamo usato la medesima modalità grafica. Come già per i complementi della frase, anche per le subordinate propriamente dette si è fatto uso della parentesi graffa, mettendo così in risalto la loro estrema mobilità, la possibilità cioè di occupare varie posizioni nella frase. Si noti che la mobilità: - per le completive e le relative è negata; - per le subordinate propriamente dette è permessa, con l’unica indicazione che quando abbiamo a che fare con le comparative e consecutive, che abbiamo appunto definito interdipendenti, è negata. In realtà, a seconda di ciò che ci preme mettere in evidenza possiamo pensare di usare anche altre modalità grafiche, se queste ci sembrano più funzionali per rendere visibili, per esempio, i rapporti di dipendenza che si instaurano fra i tre verbi. Si veda la seguente rappresentazione che, pur mantenendo la convenzione delle frecce a punta singola per gli argomenti e per relative e completive e la parentesi graffa per le circostanziali, semplifica la struttura in modo da rendere immediatamente visibili i rapporti di subordinazione. 013-076_valenziale.indd 53 05/02/19 17.10 > 54 Aldo, che lavora in banca da anni, ha confidato al suo capo che è molto preoccupato per l’andamento delle borse poiché è molto sensibile al mercato. Aldo ha confidato al suo capo poiché è molto che è molto preoccupato per sensibile al mercato l’andamento delle borse che lavora in banca da anni relativa completiva circostanziale attributiva oggettiva I gradi della subordinazione Attraverso la rappresentazione grafica è possibile rendere immediatamente evidenti i gradi della subordinazione. Dopo che avrai studiato potrai andare in palestra per allenarti. POTRAI ANDARE per [tu] in palestra ALLENARTI dopo che [tu] AVRAI STUDIATO [tu] principale subordinata di 1° grado subordinata di 1° grado circostanziale finale circostanziale temporale Luca mi ha detto che non parteciperà al concorso a cui si era iscritto. HA DETTO che Luca mi principale NON PARTECIPERÀ Luca alla gara subordinata di 1° grado a cui SI ERA ISCRITTO Luca subordinata di 2° grado completiva oggettiva diretta relativa predicativa 013-076_valenziale.indd 54 05/02/19 17.10 57 < Allo stesso modo si procederà per identificare soggetti complessi, come quelli costituiti da un’intera frase: È meglio che Luca faccia i compiti. È meglio FACCIA che Luca i compiti Proposte di esercizi 1. Identificare il soggetto (che può essere nominale o frasale) col metodo grafico. a. Il diritto di voto è inviolabile. b. Camminare fa bene alla salute. c. A Leonardo non piace essere bocciato. d. Hanno venduto tutte le magliette. e. Il perché non è stato compreso da nessuno. > 3.2 Predicato verbale e predicato nominale: il caso del verbo essere Distinguere tra predicato nominale e predicato verbale è un’operazione non sempre facile per gli studenti. Secondo la definizione tradizionale il predicato verbale è costituito da un verbo predicativo, cioè da un verbo che è dotato di significato compiuto ed è in grado anche da solo di fornire un’informazione. Il predicato nominale, invece, è costituito da una voce del verbo essere e da una parte nominale. Quest’ultima è per lo più costituita da un nome o da un aggettivo in funzione predicativa, ma può essere una qualunque parte del discorso in funzione di nome; essa può indicare l’identità (Enrico è un giornalista), la qualità (Voi siete gentili) o la condizione del soggetto (Laura è stanca). Ci sono studenti che imparano la regola a memoria, sanno individuare senza troppe difficoltà sostantivi e aggettivi nonché eventuali preposizioni e giungono così al riconoscimento del tipo di predicato; ce ne sono altri, invece, che sono ostacolati non solo nel distinguere le diverse parti del discorso, quanto nell’applicare la complessa procedura che solo alla fine porterà all’identificazione della funzione sintattica: dopo aver individuato il predicato e avere escluso che il verbo essere sia un ausiliare - e per fare questo bisogna verificare che non sia seguito da un altro verbo - o che abbia un significato proprio (esistere, trovarsi, appartenere), si guarda da cosa è seguito; si verifica se è un aggettivo o un sostantivo o eventualmente un verbo e, quindi, se è preceduto o meno da una preposizione. Non deve stupire che alcuni alunni, per le ragioni più diverse, possano inciampare in uno tra i tanti passaggi preliminari. Se una frase come Laura è stanca di norma non crea difficoltà, sono in molti a confondersi di fronte alla frase Enrico è un giornalista. Quando poi il verbo essere assume un significato pieno (Luca è in casa; Il libro è di Ugo), le difficoltà possono diventare per qualcuno insormontabili. L’idea è che la modalità grafica, come ogni rappresentazione descrittiva, possa sem- 013-076_valenziale.indd 57 05/02/19 17.11 > 58 plificare tanto la procedura quanto il riconoscimento vero e proprio, perché induce a riflettere sul significato del verbo e, di conseguenza, sulla sua struttura argomentativa. È SIETE È un giornalista gentili stanca Enrico Voi Laura È È in di Enrico casa il libro Ugo Proposte di esercizi 2. Completare i seguenti schemi. A. SONO di B. SARANNO C. ERA sul > 3.3. La violazione della struttura argomentale Il modello valenziale si rivela utile anche per l’autocorrezione. Una volta che ci si abitua a visualizzare i legami necessari che ciascun verbo richiede, risulta automatico controllare che le frasi siano ben formate, cioè complete di tutti gli elementi. Si è visto che ogni verbo, a esclusione di quelli impersonali, richiede un numero di argomenti obbligatori, che va da uno a quattro, per costituire una frase ben formata. Chiamiamo saturazione la situazione in cui ciascun argomento richiesto necessariamente dal verbo è presente. Non basta infatti che un elemento sia immediatamente recuperabile dal contesto linguistico o extra-linguistico perché lo si possa omettere; non posso dire: *Luca ha comperato dei cioccolatini e ha regalati a Lucia. anche se è evidente che ciò che Luca ha regalato a Lucia sono dei cioccolatini. In una situazione comunicativa reale, in cui mittente e destinatario si trovano nello stesso luogo e nello stesso momento, la saturazione può avvenire a livello pragmatico. Se Luca, gettando una palla a Marco, dice: “Prendi”, è chiaro che il significato è prendi la palla. Ma in un testo scritto, caratterizzato appunto dal fatto che emittente e destinatario non condividono la stessa situazione comunicativa, le informazioni devo- 013-076_valenziale.indd 58 05/02/19 17.11 59 < no poter essere tutte ritrovate dentro il testo. Spesso gli studenti commettono errori di mancata saturazione dei verbi. L’abitudine a pensare il verbo oltre che dal punto di vista del suo significato anche da quello della struttura sintattica che richiede aiuta non solo a evitare questo tipo di errori nella scrittura, ma anche a individuarli con maggiore facilità nella fase di revisione di un testo. Un tipico errore di saturazione è il seguente: I due ragazzi raggiunsero Matteo e cominciarono a picchiarlo. Laura, che aveva assistito, corse immediatamente a chiamare aiuto. Il verbo assistere, nel significato di vedere qualcosa, è un verbo bivalente che richiede, oltre al soggetto, un argomento che espliciti a che cosa si assiste. In questo caso avrebbe potuto essere alla scena. Si noti che il verbo assistere può avere due costruzioni, a seconda del significato che assume: assistere + complemento indiretto con preposizione a = assistere a qualcosa assistere + complemento diretto = assistere (prendersi cura di) qualcuno Si veda quest’altro esempio: Ieri ho provato a pensare a quello che è successo. Ho ripensato mille volte ma non sono riuscita a ricordare nulla. In questo caso l’errore consiste nel trattare un verbo iterativo (ripensare) come se non lo fosse. Come si è detto, alcuni verbi, come anche pensare, possono essere usati senza l’argomento diretto; nel caso di ripensare non è però possibile fare riferimento a un oggetto indefinito, perché è possibile ripensare solo ciò che si è già pensato. Talvolta la saturazione viene soddisfatta ma in maniera errata, portando a quelli che sono definiti ‘errori di reggenza’. Spesso dietro ad essi si nasconde una padronanza limitata del significato delle parole, che vengono confuse con altre simili, spesso ad alta diffusione, e di cui ne riprendono erroneamente la struttura. Prendiamo per esempio la coppia influenzare/influire, che in alcuni contesti posso essere usati come sinonimi. Entrambi bivalenti, richiedono un argomento oggetto diretto, il primo, e indiretto il secondo. Influenzare qualcuno o qualcosa: Giorgio ha influenzato la scelta di Michele. Influire su qualcuno o qualcosa: Giorgio ha influito sulla scelta di Michele. Altri esempi analoghi riguardano le coppie riguardare/inerire e pertenere /concernere: Queste mansioni riguardano il suo ruolo. / Queste mansioni ineriscono il suo ruolo. La domanda concerne l’argomento. / La domanda pertiene all’argomento. Riflettere su tali particolarità può essere molto utile agli studenti per evitare errori nella scelta della preposizione corretta. Come si è anticipato, si può parlare di struttura argomentale anche per i nomi e gli aggettivi, anche se su queste classi di parole non abbiamo una letteratura ampia come per i verbi. Vediamo un esempio. Il verbo leggere è un verbo normalmente bivalente (richiede una persona che legge e una cosa che viene letta), ma che come molti verbi transitivi accetta una costruzione assoluta con oggetto nullo indefinito (Luca sta leggendo). Il sostantivo derivato – lettura – si comporta allo stesso modo. Possiamo usarlo infatti in forma assoluta, per intendere l’azione del leggere in generale: La lettura è un ottimo passatempo. Ma se facciamo riferimento a un oggetto specifico, dobbiamo saturarlo, per cui non è possibile dire: L’ultimo romanzo di Ammaniti è bellissimo. *Consiglio la lettura a tutti. ma è necessario invece dire: Consiglio la lettura dell’ultimo romanzo di Ammaniti a tutti. o più semplicemente: Ne consiglio la lettura a tutti. Altri nomi che richiedono di essere “saturati” sono cambiamento, chiusura, collegamento, consultazione, partenza, tolleranza. 013-076_valenziale.indd 59 05/02/19 17.11 > 62 rimento delle prove Invalsi (28 febbraio 2011), che esplicita i contenuti oggetto di rilevazione delle prove, si specifica: Nella valutazione delle conoscenze e delle competenze grammaticali, non si può ignorare il fatto che esiste una pluralità di modelli teorici a cui si fa riferimento per la descrizione delle lingue (per l’italiano, fra gli altri: Renzi-Salvi-Cardinaletti 2001, Prandi 2006, Serianni 2006, Schwarze 2009) e di conseguenza per l’insegnamento della grammatica (si vedano per esempio, per la grammatica valenziale, i numerosi lavori di Sabatini in stampa). Questa pluralità di proposte comporta anche la man- canza di una terminologia unitaria. Non essendo tuttavia compito dell’INVALSI indicare un modello da privilegiare rispetto ad altri, si è scelto nella formulazione delle domande di fare riferimento, in linea di massima, ai contenuti più condivisi e alla terminologia nota alla maggior parte degli insegnanti e degli studenti [...]. Tra i contenuti condivisi vi è il concetto di frase minima, definita alla nota 11: Per frase minima si intende una frase costituita dal verbo e da tutti gli “argomenti” richiesti dal suo significato, esempio: “Piove”; “Il gatto dorme”; “Il papà compra il giornale”; “Mio cugino abita a Cagliari”; “La zia ha regalato la bicicletta al nipo- te”. La frase semplice è costituita da un solo verbo/predicato e da complementi di vario tipo, esempio “Mio zio guarda da sempre la televisione in poltrona”. Riportiamo alcuni quesiti delle ultime rilevazioni nazionali somministrate a conclusione del primo ciclo di istruzione e durante il secondo anno della scuola secondaria di secondo grado, proponendo una risoluzione basata sul modello valenziale. Si farà spesso uso della modalità grafica con la convinzione che, se in occasione del test non ci sarà il tempo per rappresentare graficamente tutte le situazioni dubbie, la continua pratica può comunque indurre un’abitudine di pensiero che potrà risultare molto utile in casi come questi. Esempio 1. C3. In quale delle seguenti frasi c’è un verbo passivo? A. Non sono per nulla soddisfatto della gara. B. Questa estate non sono andato al mare. C. Quest’anno non sono cresciuto molto. D. Non sono sempre aiutato dai miei genitori. (Secondaria I grado 2008-2009) Per rispondere al quesito è necessario isolare primariamente in ogni frase il verbo e verificare che alla forma attiva possa reggere un argomento diretto: I quattro verbi identificati nelle frasi, posti all’infinito, sono: a. essere soddisfatto; b. andare; c. crescere; d. aiutare. L’identificazione del primo verbo può risultare difficile per lo studente, e lasciamolo dunque in sospeso. Il verbo andare è bivalente, ma non ammette un oggetto diretto (non è possibile *andare la montagna); crescere è un verbo monovalente e quindi il suo unico argomento è quello soggetto (Piero cresce). Invece il verbo aiutare regge certamente un oggetto diretto (Io aiuto la mamma). Resta da chiarire la prima frase in cui sono presenti il verbo essere e un altro termine che potrebbe esserlo (soddisfatto). Proviamo a rappresentarla graficamente: 013-076_valenziale.indd 62 05/02/19 17.11 63 < Non sono per nulla soddisfatto della gara. NON SONO per nulla soddisfatto [io] della gara A questo punto dovrebbe essere chiaro che si tratta di un predicato nominale, costituito da una copula (sono) e da un aggettivo deverbale (soddisfatto). Pertanto, avendo così escluso anche la frase A., la risposta corretta è D. Esempio 2. E8. Quale funzione logico-sintattica (ad esempio: soggetto, complemento di specificazio- ne, ecc.) svolgono le parole sottolineate nelle due frasi seguenti? Scrivilo nello spazio accanto a ognuna. A. Ai bambini fa bene l’aria di mare. B. Ti ho visto ieri alla fermata dell’autobus. (Secondaria II grado 2010/2011) Per rispondere alla domanda è necessario come sempre cercare il verbo in ogni frase. Nella prima è fare bene, costruito come il sinonimo giovare (es. Il sole giova a tutti) che spesso dà luogo a una struttura frasale con il soggetto posposto, come nel quesito del test. Partendo dal verbo e cercando di volta in volta gli argomenti soggetto e oggetto, la risposta corretta (“soggetto”) è immediata: l’unica altra espressione presente (Ai bambini) non potrebbe essere il soggetto innanzitutto perché è plurale, mentre il verbo è singolare, e poi perché è preceduta da una preposizione, eventualità impossibile per il soggetto. La seconda frase è invece costituita dal verbo bivalente vedere e dai suoi due argomenti: il soggetto sottinteso e l’oggetto diretto. HO VISTO ieri alla fermata dell’autobus [io] ti Esempio 3. C5. In quale dei seguenti periodi c’è una frase subordinata oggettiva? A. Carlo mi assicurò che non avrebbe riferito a nessuno le mie parole. B. Per sapere quando partirà l’aereo, guarda il monitor che dà gli orari. C. Vieni, così ti presento gli amici che ti volevano conoscere. D. È strano che tu preferisca viaggiare in macchina da solo invece che in treno con me. (Secondaria II grado 2010-2011) Sappiamo che la subordinata oggettiva svolge nel periodo lo stesso ruolo che l’argo- mento oggetto svolge nella frase. È quindi necessario trovare un complemento oggetto costituito, invece che da un nome, da una frase. Le frasi presenti in B e C vengono subito escluse, perché gli argomenti oggetto espressi sono tutti nominali. Rimane il dubbio tra A., dove troviamo il verbo assicurare, che è trivalente, con un argomento 013-076_valenziale.indd 63 05/02/19 17.11 > 64 diretto (qualcuno assicura qualcosa a qualcun altro) e D., dove abbiamo il predicato nominale (è strano) con un argomento frasale, che non può che essere il soggetto: D. È strano che tu preferisca viaggiare in macchina da solo invece che in treno con me. È STRANO che PREFERISCA tu viaggiare invece che in macchina in treno con me da solo La rappresentazione grafica della prima frase è invece la seguente: A. Carlo mi assicurò che non avrebbe riferito a nessuno le mie parole. ASSICURÒ che Carlo mi NON AVREBBE RIFERITO Carlo le mie a nessuno parole Il confronto tra le due rappresentazioni mostra chiaramente che, mentre nel primo caso ci troviamo di fronte a una subordinata soggettiva, che satura cioè l’argomento soggetto della frase, nel secondo caso invece la subordinata è oggettiva, satura cioè l’argomento oggetto. Esempio 4. Sia nell’anno scolastico 2011/2012 che in quello precedente, è stato chiesto agli stu- denti della scuola secondaria di secondo grado di rappresentare graficamente una frase: F6. Nel seguente periodo (frase complessa) sono state separate le proposizioni. “Era molto tempo \ che non lo vedevo \ e avevo paura \ di non riconoscere il ragazzo \ che era stato il mio migliore amico”. Riscrivi le proposizioni nello schema, una per ogni casella, tenendo conto dei rapporti di coordinazione e di subordinazione (una casella è già stata riempita). che non lo vedevo (Secondaria II grado 2011/2012) 013-076_valenziale.indd 64 05/02/19 17.11 67 < zione al suo sviluppo cognitivo. Si è detto che per capire il funzionamento della lingua è necessario studiare la frase propriamente detta. Una volta acquisita una certa dimestichezza col modello sarà però possibile analizzare con altra consapevolezza la lingua di un testo complesso, rilevando attraverso una modalità contrastiva le scelte linguistiche di un autore letterario o le peculiarità della lingua parlata che si può avvalere di una specifica situazione comunicativa e di diverse varietà della lingua. Bisogna poi tenere conto di un altro elemento, ossia la possibilità di conciliare l’a- dozione di questo modello con una modalità didattica più tradizionale. Nulla impe- disce che una volta definiti gli argomenti obbligatori e accessori del verbo si possa decidere di procedere a un livello maggiormente analitico, definendo per esempio i tipi di argomento più diffusi, la cui denominazione potrebbe tornare utile per l’apprendimento di altre lingue, antiche e moderne. Riflettere sulla struttura argo- mentativa di un verbo può essere d’aiuto quando dobbiamo tradurre un concetto in una lingua straniera. Quando traduciamo non è infatti sufficiente trovare un termine corrispondente nella lingua d’arrivo, ma è necessario adattarne anche la struttura argomentale. Tra gli errori più frequenti nelle traduzioni ci sono proprio quelli sin- tattici, dato che la struttura argomentale di un verbo con lo stesso significato può cambiare da lingua a lingua. Per esempio il verbo italiano piacere ha uno struttura argomentale che richiede un soggetto, che viene spesso posposto, e un argomento preposizionale: a Michele piace il gelato; in inglese, come in altre lingue, l’argomento oggetto è invece diretto: Michele likes ice cream. A questo proposito risulta stimolante la possibilità di coinvolgere in riflessioni di natura linguistica anche gli studenti di madrelingua non italiana che possono così contribuire a evidenziare, contrastivamente, strutture argomentali specifiche dell’i- taliano. La scelta di adottare il modello valenziale non è scevra da complicazioni. Esiste innan- zitutto il problema della terminologia, che non è unanimemente condivisa, per cui gli stessi fenomeni linguistici vengono denominati in maniera diversa, ingenerando possibili confusioni. Per ovviare parzialmente a questo inconveniente alla fine di questo volume è riportato un piccolo glossario. L’assunzione di una terminologia comune tra gli insegnanti dei diversi ordini e gradi di scuola, magari condivisa con gli insegnanti di lingue straniere, permetterebbe certamente una maggior chiarezza. Un altro problema deriva dallo scollamento tra frase ed enunciato, per cui alcuni fenomeni linguistici che vengono analizzati nella frase non trovano a volte un corrispettivo nell’enunciato. Questa situazione è almeno in parte superabile con una esplicitazione chiara dell’ambito d’uso del modello e con il ricorso al vocabolario in tutti i casi dubbi. Probabilmente, però, la difficoltà più consistente sta nel fatto che non sempre è facile definire con certezza la valenza di un verbo. Tra l’altro esistono alternanze argomentali di cui è necessario tenere conto quando si indica la valenza di un verbo. Abbiamo già visto che alcuni verbi transitivi ammettono un oggetto nullo indefinito (leggere, mangiare, cantare); questa costruzione però non è possibile per tutti i verbi transitivi, ma solo per quelli che sono in grado di sottintendere un oggetto generico, o quei verbi la cui attività può essere intesa come autosufficiente. Non possiamo per esempio dire *Luca ha rincorso poiché rincorrere necessita di un oggetto definito. Ma come spiegare allora l’agrammaticalità di una frase come *Luca ha calcolato? Se è possibile dire Luca beve intendendo che è un bevitore, perché non è possibile dire Luca calcola, per dire che è un calcolatore? In realtà sappiamo che le lingue sono il risultato di stratificazioni successive e che cercare motivazioni razionali a ogni cosa è una strada fallimentare. Senza contare che alcuni verbi che hanno significati simili e struttura sintattica 013-076_valenziale.indd 67 05/02/13 17.11 > 68 uguale possono comportarsi diversamente rispetto ad alcuni fenomeni, come per esempio la possibilità di omettere qualche elemento. Si pensi ai verbi dare e regalare, simili per significato e struttura. Come si è visto, in alcune circostanze il verbo regalare permettere l’omissione dell’argomento preposizionale, il verbo dare no. Mentre una frase come Ha regalato tutti i suoi beni è perfettamente grammaticale, una frase analoga costruita con il verbo dare non lo è: *Ha dato tutti i suoi beni. In quest’ultimo caso è necessario saturare il verbo o con l’argomento preposizionale o con un elemento avverbiale: Ha dato tutti i suoi beni al Comune. / Ha dato via tutti i suoi beni. Ancor più complesso da affrontare è il fatto che se è vero, come si è detto, che gli argomenti nucleari sono obbligatori, mentre quelli extra-nucleari sono facoltativi, ci sono dei casi in cui alcuni elementi obbligatori possono non essere realizzati linguisticamente. Il fatto che non esistano regole precise rispetto a questo, probabilmente dovuta al fatto che gli studi non hanno ancora approfondito a sufficienza la materia, potrebbe ingenerare qualche difficoltà nell’insegnante. A parziale consolazione si può dire che questi casi non sono molto frequenti e che, volendo, si può evitare di affrontarli in classe, scegliendo dei testi che non diano adito a dubbio, anche se il vero spirito con cui dovrebbe essere preso questo modello dovrebbe essere proprio quello della messa in discussione continua della lingua. Ogni dubbio dovrebbe costituire l’occasione per una riflessione insieme agli studenti sulla lingua e sui suoi usi. In ogni caso, di fronte a ogni incertezza, c’è sempre la risorsa del vocabolario. L’idea di base è che l’insegnante possa trarre da queste pagine elementi utili per integrare i contenuti e la modalità della propria attività didattica, in direzione di un insegnamento indirizzato a far riflettere attivamente gli studenti sull’oggetto lingua. Concludendo, il modello valenziale può tornare utile nell’attività didattica, purché venga usato senza esasperazioni teoriche con il fine ultimo di offrire agli studenti una modalità di riflessione sulla lingua, semplificando in qualche caso l’apprendimento e cogliendo analogie con altre lingue di studio. Come si è detto, obiettivo dell’insegnamento della grammatica non dovrebbe essere solo lo sviluppo delle competenze linguistiche, ma più in generale lo sviluppo cognitivo, ossia la capacità di riflettere sulle cose, e la formazione culturale complessiva dell’individuo. Vorremmo chiudere queste riflessioni facendo nostre le parole di Lorenzo Renzi, che nel 1977 aveva scritto: «Spero con questo libro di aver liberato qualche lettore da un oscuro terrore: che esista qualche teoria linguistica moderna che si può insegnare al posto della grammatica tradizionale con risultati miracolosi, e che lui sia il solo a non saperla. Questa nuova grammatica non esiste». 5 Glossario argomento: costituente frasale obbligatorio attante: secondo la terminologia tesneriana, l’attore, l’elemento che partecipa a un evento avverbiale: vd. elementi extra-nucleare circostanti del nucleo: elementi che forniscono informazioni accessorie relative agli argomenti del nucleo completiva: frase corrispondente a un argomento del verbo 013-076_valenziale.indd 68 05/02/19 17.11 69 < elementi extra-nucleari: elementi che forniscono informazioni accessorie espansioni: vd. elementi extra-nucleari espansioni del nome: vd. circostanti del nucleo frase minima: frase costituita dal verbo e da tutti gli argomenti che necessariamente richiede margini: espressioni che espandono un nucleo già completo (comprendono i circostanti del nucleo e gli elementi extra-nucleari) nucleo: frase minima o completa omissione: mancata saturazione di un argomento reggenza: rapporto tra il verbo e i suoi argomenti oggetto (diretti e indiretti) ruolo sintattico: relazione sintattica che il verbo intrattiene con i propri argomenti ruolo tematico: relazione tematica che il verbo intrattiene con i propri argomenti saturazione: completamento della valenza di un verbo struttura argomentale: numero e tipo di argomenti richiesti da un verbo struttura attanziale: vd. struttura argomentale valenza: proprietà che ha il verbo di richiedere un certo numero di argomenti, che varia da zero a quattro 6 Risorse / Bibliografia di approfondimento Riferimenti bibliografici C. Andorno, La grammatica italiana, Milano, Mondadori, 2003. P. Baratter, S. Dallabrida (a cura di), Lingua e grammatica. Teorie e prospettive didattiche, Milano, Franco Angeli, 2009. P. Baratter, S. Dallabrida, Comprendere in profondità i testi letterari: applicazioni del modello valenziale, in La comprensione. Studi linguistici, a cura di S. Baggio et al., Trento, Università degli studi di Trento, 2012. P. Blumenthal, G. Rovere, Wörterbuch der italienischen Verben: Konstruktionen, Bedeutungen, Übersetzungen, Stuttgart, Klett, 1997. C. Camodeca, La grammatica valenziale nella didattica dell’italiano L2. Una sperimentazione, in L. Corrà, W. Paschetto (a cura di), Grammatica a scuola, Milano, Franco Angeli, 2011, pp. 273-283. A. Colobo, «A me mi». Dubbi, errori, correzioni nell’italiano scritto, Milano, Franco Angeli, 2011. A. Colombo, La coordinazione, Roma, Carocci, 2012. A. Colombo (a cura di), Progetto “Alice”. La riflessione sulla lingua. 2. 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Rainer (a cura di), La formazione delle parole in italiano, Tübingen, Max Niemeyer Verlag, 2004, pp. 15-16, 297-298, 319-321, 421-422. 013-076_valenziale.indd 69 05/02/19 17.11 > 72 3. Michele e Giovanni sono a Milano. TEMA LOCATIVO 4. L’avvocato aprì la porta. AGENTE TEMA 5. L’albero è stato danneggiato da un fulmine. PAZIENTE STRUMENTO 8. A seconda del significato che assume, ciascuno dei seguenti verbi può richiedere un numero diverso di argomenti. Per ognuno di essi, inventare due frasi corrispondenti. a. Il sole abbaglia. / Sara ha abbagliato un automobilista. b. Cresce il malumore. / Tiziano e Chiara hanno cresciuto sei figli. c. Il professore rimproverò gli studenti. / Claudio ha rimproverato a Sandro la sua pigrizia. d. Carla ha risparmiato 20 euro. / Il nipote risparmiò alla nonna la brutta notizia. e. Il gatto è fuggito. / Mio fratello fugge i pericoli. 9. Sottolineare i circostanti del nucleo. a. Michela, la sorella di Francesca, abita in un castello medievale. b. Laura ha distribuito caramelle coloratissime ai suoi amici più cari. c. Un architetto famoso ha ristrutturato il Liceo Parini di Milano. d. Il tetto della casa di Marco ha i comignoli rossi. e. Il bambin o con i capelli rossi ha ordinato un gelato al gusto di vaniglia e cioccolato. 10. Sottolineare il nucleo della frase. a. Luca ha trovato una moneta in giardino. b. La cartolina è arrivata ad Amsterdam due giorni fa. c. Onestamente, non mi fido di Giulio. d. Ti sei comportato onestamente. e. Luca ha conosciuto Laura a Milano. 11. Inserire gli elementi extra-nucleari richiesti. a. [quando?] Lunedì Michele andrà da Carlo. b. Luca ha comperato un maglione [dove?] al mercato. c. Giulio protesterà [in che modo?] con rabbia. d. Luca ha conosciuto Laura [dove?] al cinema [quando?] l’11 ottobre. e. Laura gioca a calcio [da quanto tempo?] da tre anni. 12. Usare il metodo grafico per trasformare le seguenti frasi dalla forma attiva a quella passiva. La mamma ha lavato i piatti I piatti sono stati lavati dalla mamma. HA LAVATO SONO STATI LAVATI dalla La mamma I piatti I piatti mamma 013-076_valenziale.indd 72 05/02/19 17.11 73 < Il libro è stato comperato da un ragazzo. Un ragazzo ha comperato il libro. È STATO COMPERATO HA COMPERATO da Il libro un ragazzo Un ragazzo il libro Luca e Giovanni hanno comperato una villa. Una villa è stata comperata da Luca e Giovanni. HANNO COMPERATO È STATA COMPERATA da Luca e Giovanni una villa Una villa Luca e Giovanni La società è stata rilevata da un imprenditore Un imprenditore tedesco ha rilevato la società. tedesco. È STATA RILEVATA HA RILEVATO da La società un imprenditore tedesco Un imprenditore tedesco la società Hanno esaurito la merce. La merce è stata esaurita. HANNO ESAURITO È STATA ESAURITA la merce La merce 13. Rappresentare graficamente le seguenti frasi. Si scende dalle scale. Si vendono tappeti. SI SCENDE SI VENDONO dalle scale tappeti Roberta si è seduta. Marco si è lavato i capelli. SI È SEDUTA SI È LAVATO Roberta Marco i capelli 013-076_valenziale.indd 73 05/02/19 17.11 > 74 14. Rappresentare graficamente le seguenti frasi complesse. Cristina regalò un libro a Roberto per chiedergli scusa. REGALÒ per Cristina un libro a Roberto CHIEDERGLI [a Roberto] scusa Cristina A Maria Teresa piace scrivere. PIACE SCRIVERE a Maria Teresa Se fossi ricco comprerei un castello. COMPREREI se FOSSI RICCO [io] un castello ricco [io] 15. Distinguere tra subordinate completive e subordinate circostanziali. a. Mentre stavo camminando ho incontrato Maria. circostanziale b. Emma mi ha detto: “Torna!” completiva c. Anche se ha perso la scommessa, Andrea è contento circostanziale d. Federico è partito per l’America perché ha vinto una borsa di studio. circostanziale e. Francesca è venuta a trovarmi. completiva 013-076_valenziale.indd 74 05/02/19 17.11
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