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Growth in a time of debt, Tesine universitarie di Politica Economica

Analisi dell'influente articolo di Rogoff e Reinhart "Growth in a time of debt" che avrebbe individuato il 90% del rapporto debito/PIL come soglia critica per la crescita e analisi delle critiche che gli sono state rivolte da più parti.

Tipologia: Tesine universitarie

2012/2013

Caricato il 19/11/2013

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Scarica Growth in a time of debt e più Tesine universitarie in PDF di Politica Economica solo su Docsity! Università degli Studi di Genova Fondazione Edoardo Garrone Master di I livello in “Political Economy” “Growth in a time of debt” Relatore: Candidato: Chiar.mo Professore Filippo Clerici Giovanni Battista Pittaluga Anno Accademico 2012/2013 1 Introduzione Per quanto composto da un’infinità di voci, il bilancio statale può essere semplificato come segue: da un lato lo stato sostiene delle spese per fornire servizi ai cittadini, per mantenere il welfare state, per le spese militari, etc; dall’altra ottiene delle entrate attraverso l’imposizione fiscale (diretta o indiretta). Quando la spesa statale corrisponde esattamente a quanto viene percepito mediante l’imposizione fiscale si parla di pareggio di bilancio; tuttavia, nella realtà sono più frequenti situazioni caratterizzate da squilibri tra entrate e uscite. I governi possono trovarsi di fronte a situazioni straordinarie, come una fase di recessione: in questo caso, diminuendo il reddito che viene sottoposto a tassazione e a parità di spesa, il governo sarà in una situazione di deficit. Quando le entrate correnti, alimentate dal reddito prodotto nell'anno, non sono sufficienti, lo Stato può coprire la spesa pubblica ricorrendo, principalmente, a tre fonti: • Alienazione dei beni patrimoniali: le finanze pubbliche si giovano di un introito immediato, attraverso la vendita a privati di beni patrimoniali appartenenti allo stato, introito che può coprire o ridurre almeno in parte il deficit. • Imposizione di tributi straordinari: un’imposta è straordinaria quando non è ricorrente ma fornisce un’entrata una tantum (come l’imposta straordinaria immobiliare, applicata in Italia nel 1992 o il contributo straordinario per l’Europa del 1996). Un’alternativa assimilabile a un tributo straordinario può essere considerato l’aumento dell’aliquota di un’imposta già esistente, come l’aumento dell’IVA nel 2012. A livello economico l’aumento dell’aliquota impone al contribuente di attingere al proprio patrimonio per far fronte alla maggiore spesa. In questo modo la ricchezza dei privati diminuisce; in particolar modo lo stato attinge non al reddito formato nell’anno di riferimento ma alla ricchezza accumulata. • Ricorso a prestiti pubblici: si tratta di prestiti accesi dallo Stato (o da altri enti pubblici che ne abbiano la facoltà per legge) mediante l'emissione di titoli di credito che vengono offerti alla massa dei risparmiatori e danno luogo alla corresponsione di un interesse. Questi costituiscono il debito pubblico, ovvero il debito di uno Stato nei confronti di altri soggetti: individui, imprese, banche o soggetti stranieri che hanno sottoscritto obbligazioni destinate a coprire il fabbisogno statale. I governi devono decidere quale soluzione adottare, in base a considerazioni economiche e politiche. 2 contrazione del PIL dei paesi) e all’aumento delle spese (a causa dei salvataggi e in alcuni paesi a causa dell’aumento dei tassi di interesse sul debito stesso). In un contesto come quello descritto, è facile capire come il dibattito sulla riduzione del debito pubblica abbia avuto un ruolo centrale nelle discussioni pubbliche, politiche ed accademiche. Grafico 1: Variazione del rapporto tra debito pubblico e PIL dal 2007 al 2009 nel mondo. 5 Debt/GDP 2007=100 100 150 200 250 2009 Iceland 69 Ireland 44 UK 72 Spain 42 US 175.1 84 Crisis country average (increase of 75%) 62 Norway Australia 22 China 9 Thailand 21 Mexico 29 Malaysia 25 Greece 47 Canada 119 Austria 47 Chile 0 German, Japan 4 Brazil 182 46 Korea 32 India AI Average for others 120 (increase of 20%) 49 Notes: Unless otherwise noted these figures are for central government debt deflated by consumer prices. Sources: Prices and nominal GDP from International Monetary Fund, Wor/d Economic Outlook. For a complete listing of sources for government debt, see Reinhart and Rogoff (2009b). Fonti: Fondo Monetario Internazionale, World Economic Outlook 2010 Ed è proprio in questo contesto, nel Gennaio del 2010, che due rinomati economisti americani, Carmen Reinhart e Kenneth Rogoff, pubblicano un articolo destinato a far discutere: “Growth in a time of debt”1. L’articolo “The ideas of economists and political philosophers both when they are right and when they are wrong are more powerful than is commonly understood...” (J.M. Keynes) Reinhart e Rogoffutlizzano, nel loro articolo, un ampia gamma di dati sul debito di una pluralità di paesi per cercare una relazione sistematica tra debito, crescita e inflazione. Il risultato principale è che, mentre la relazione sembra relativamente debole per livelli “normali” di debito (ossia inferiori al 90%), i tassi mediani di crescita per i paesi che hanno un debito pubblico superiore al 90% del PIL sono più bassi di un circa un punto percentuale rispetto agli altri paesi; se si prendono in considerazione i livelli medi, il quadro risulta ancora peggiore. Tale risultato riguarda sia i paesi avanzati che i paesi i paesi emergenti, anche se per quest’ultimi esiste anche una correlazione tra alto debito e elevata inflazione, mentre per i paesi sviluppati non esiste. Debito Pubblico Il “debito pubblico” si riferisce al debito lordo del governo; non comprende i debiti derivanti dalle garanzie governative. Il “debito pubblico domestico” si riferisce al debito del governo che ricade sotto la giurisdizione nazionale. Il “debito pubblico estero totale” include i debiti esteri di tutti i rami del governo e il debito privato contratto da enti privati nazionali, ma soggetto ad una giurisdizione estera. Il perché della relazione tra debito e crescita Rogoff e Reinhart sostengono che l’effetto non-lineare del debito sulla crescita sia da ricondurre alla risposta, anch’essa non- lineare, del mercato dei tassi di interesse quando un paese raggiunge il limite di debito tollerabile. Un aumento improvviso del tasso di interesse impone dolorosi aggiustamenti nella forma di aumenti di tasse o riduzione della spesa pubblica e, in casi estremi, il default. L’inflazione inattesa può essere utilizzata per ridurre il servizio del debito; tuttavia questa strategia 7 1 Carmen Reinhart è professoressa di Sistemi finanziari internazionali alla Harvard Kennedy School e rientra regolarmente nella classifica dei 50 economisti più influenti secondo la rivista “Blommberg”. Kenneth Rogoff è professore di economia alla Harvard University ed è stato anche capo economista del Fondo Monetario Internazionale. Crisi finanziarie I due autori, riprendendo alcuni lavori passati, i due economisti di Harvard sottolineano due effetti molto importanti delle crisi finanziarie2: - in media, dopo una crisi finanziaria, il debito pubblico aumento nei successivi tre anni del 80%; questo è dovuto ai salvataggi in alcuni paesi, all’adozione di pacchetti di stimolo dell’economia e al marcato declino del gettito fiscale, che inevitabilmente segue ad una crisi. - il debito privato, d’altra parte, tende a diminuire in conseguenza di una crisi. Se crescente indebitamento favorisce e alimenta la fase di boom del ciclo, il deleveraging peggiora la recessione dopo la crisi. Conclusioni Individuata la relazione tra debito oltre il 90% e una crescita bassa, non rimane che chiedersi le ragioni di questo fenomeno. Nell’elaborato si riconduce questo ad un fenomeno di “intolleranza del debito”: ogni paese avrebbe una proprio soglia di sopportabilità per il debito (determinata dalla propria storia e della struttura economica). Una volta superata questa soglia ci sarebbe un aumento del premio al rischio, costringendo I paesi molto indebitati ad affrontare trade-off gravosi. Anche governi intenzionati a mantenere fede al pagamento del debito, sono costretti ad adottare manovre restrittive che per apparire credibili all’estero e per ridurre il premio al rischio. Le reazioni e il successo “…The influence of the economist that mainly matters is an influence over laymen: politicians, journalists, civil servants and the public generally. There is no reason why a man who has made a distinctive contribution to economic science should be omnicompetent on all problems of society – as the press tends to treat him till in the end he may himself be persuaded to believe…” (F.A. Hayek) “Growth in a time of debt” è stato aspramente criticato da più parti, già a partire dalla sua pubblicazione. L’accusa principale che i detrattori portavano era che l’articolo fosse soltanto un’elaborata giustificazione per le politiche di austerità che in quel periodo venivano implementate, o quantomeno proposte, dai governi di molti paesi. In pratica, Reinhart e Rogoff venivano considerati come i difensori dell’austerità, dei saggi che i politici potevano invocare come protettori 10 2 In particolare il riferimento è a Reinhart e Rogoff, 2009, “This time is different: eight centuries of financial folly”, Princeton, NJ: Princeton University press, e al paper Rogoff e Reinhart, anno, “The aftermath of financial crisis” American Economic Review 99 (2). ideologici. I due economisti, essendo già conosciuti ed apprezzati a livello internazionale, avevano la necessaria fama e il necessario carisma per essere citati dai policymakers di tutto il mondo. L’articolo veniva citato, ad esempio, dal Commissario europeo per gli Affari Economici e Monetari, OlliRehn (che in un discorso faceva riferimento alla soglia del 90% come “widelyacknowledged” ) e dal deputato repubblicano Paul Ryan. “…understand if we don't take meaningful steps to rein in our debt, it could damage our markets, increase the cost of borrowing, and jeopardize our recovery – all of which would have an even worse effect on our job growth and family incomes… Rather than fight the same tired battles that have dominated Washington for decades, it's time to try something new. Let's invest in our people without leaving them a mountain of debt. Let's meet our responsibility to the citizens who sent us here. Let's try common sense. A novel concept… To do that, we have to recognize that we face more than a deficit of dollars right now. We face a deficit of trust…” Al contrario di quanto si possa pensare, questo discorso non è stato tenuto da un qualche fanatico sostenitore dell’austerità: queste parole sono tratte dal discorso sullo stato dell’Unione di Barack Obama al Congresso nel Gennaio del 2010, ovvero prima della pubblicazione dell’articolo di Reinhart e Rogoff. Per quanto possa essere stato influente l’articolo dei due economisti di Harvard, la ragione principale dell’accento posto nei dibattiti pubblici sul debito dei paesi, va ricercata nella fase di recessione e di crisi economica conseguente. Si è visto come il debito pubblico, a seguito della crisi finanziaria del 2007-2008, sia aumentato drasticamente in quasi tutti i paesi. E’ ovvio, quindi, che questo abbia destato timori tra i politici e gli accademici. Sembra quindi fuorviante accusare il lavoro di Reinhart e Rogoff di aver fornito lo fondamenta ideologiche per le politiche di austerità. I politici utilizzano le idee degli economisti come gli ubriachi utilizzano i lampioni: non per farsi luce ma appoggiarsi. Le politiche di austerità e rigore non sono quindi imputabili a “Growth in a time of debt”, ma vanno ricondotte alla situazione economica mondiale. “Does High public debt consistently stifle economic growth? A critique of Reinhart and Rogoff” La vera sfida al lavoro di Reinhart e Rogoff non sarebbe però arrivata prima dell’Aprile del 2013, ovvero quando è uscito il paper “Does High public debt consistently stifle economicgrowth? A critique of Reinhart and Rogoff”. Questo articolo era scritto da un dottorando dell’Università del Massachussetts, Amherst, Thomas Herdon, in collaborazione con due professori di economia, 11 MichealAsh e Robert Pollin.. Il lavoro si pone come obiettivo di riproporre i calcoli del duo di Harvard ed è proprio rifacendo i calcoli che vengono individuati alcuni errori che modificano in maniera consistente i risultati e mettono in dubbio la relazione tra alto debito e crescita. Il primo errore: esclusione selettiva di dati disponibili In generale gli autori accettano i calcoli e i dati che Reinhart e Rogoff utilizzano nel loro studio e non criticano la decisione di non utilizzare alcuni dati non certi o di difficile verificabilità sul debito o sulla crescita di alcuni paesi in alcuni anni. Tuttavia essi criticano l’esclusione selettiva di alcuni dati disponibili: in particolare gli economisti di Harvard non hanno inserito nel gruppo con il debito elevato i dati relativi a 14 rilevazioni annuali di tre paesi. Il problema è che queste rilevazioni riguardano l’Australia (1946-1950), la Nuova Zelanda (1946-1949) e il Canada (1946-1950), ovvero paesi che in quegli anni associavano una crescita elevata ad un debito pubblico molto elevato. L’esclusione di questi dati è responsabile di una riduzione percentuale del -0,3% nella crescita del PIL per la categoria di paesi con debito superiore al 90%. Il secondo errore: errore in un codice nel foglio di lavoro di Excel Un secondo errore nella formula di un foglio di lavoro porta ad escludere dai calcoli i dati di cinque paesi: Australia, Austria, Belgio, Canada e Danimarca. Se la prima inesattezza è imputabile ad una decisione degli autori, il secondo sbaglio è figlio di una svista nell’inserimento delle formule e non deriva quindi dall’intenzione di alterare l’esito dell’analisi di una specifica categoria: i paesi non considerati sono, infatti, ordinati alfabeticamente e quindi in maniera casuale rispetto alle variabili economiche. Il mancato inserimento si riflette perciò sui risultati di ben tre categorie di paesi per debito: la crescita dei paesi con debito superiore al 90% viene sottostimata dello 0,3%, quella del gruppo con debito pubblico inferiore al 30% viene sovrastimata dello 0,1% e per la categoria di debito tra il 30% ed il 60% l’errore causa una crescita media inferiore dello 0,2%. Il terzo errore: un metodo di calcolo non convenzionale Herdon, Ash e Pollin accusano Reinhart e Rogoff di aver utilizzato un metodo per calcolare la crescita media dei paesi, non convenzionale ed inusuale. I due studiosi di Harvard assegnano infatti 12
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