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Conseguenze socio-economiche della Prima Guerra Mondiale: progressi per Stato ed economia, Appunti di Storia Economica

Nella lezione di oggi si esplorerà come la Prima Guerra Mondiale interrompa drasticamente il processo di integrazione economica internazionale iniziato nella seconda metà del 1800. Questa guerra, caratterizzata da una rilevanza economica determinante, porterà all'emergere di nuovi Stati, nuove potenze e nuove ideologie economiche. Lo Stato diventerà pianificatore e programmatore dello sviluppo economico, applicando nuove tecnologie e mettendo a disposizione tutti i fattori di produzione per la produzione militare. La guerra porterà all'interruzione dei rapporti economici, allo sconvolgimento del commercio estero e all'espansione di nuove potenze come l'America, l'Asia e l'America Latina.

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 22/01/2022

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tresha_12 🇮🇹

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Scarica Conseguenze socio-economiche della Prima Guerra Mondiale: progressi per Stato ed economia e più Appunti in PDF di Storia Economica solo su Docsity! GUERRA E PACE, STATO E MERCATO LA DISINTEGRAZIONE DELL’ECONOMIA INTERNAZIONALE • I mutamenti economici fondamentali si verificano nell’arco di lunghi periodi di tempo. • I cambiamenti demografici, delle risorse, della tecnologia e delle istituzioni possono distribuirsi in un periodo di anni, decenni o addirittura secoli. In alcuni casi, pur parlando di rivoluzione, abbiamo detto che comunque è stata una rivoluzione incrementale. • Nelle prime lezioni avevamo citato Fernand Braudel e avevamo detto che, in modo un po’ dispregiativo, egli chiamava la politica con il termine “histoir événementiel” (storia degli avvenimenti) perché era la storia che a lui non interessava. Pero questi mutamenti politici alle volte giocano dei brutti scherzi anche agli storici dell’economia e della società. Possono essere degli acceleratori, che ovviamene non nascono dal nulla, ma hanno intorno un humus che li rende possibili. Questi forti acceleratori sono dei mutamenti che permettono, nell’arco di pochissimo tempo, di distruggere un castello, che era stato costruito e che si pensava solido e che invece in realtà si ritrova ad essere solo un castello di carte. La prima guerra mondiale è il classico esempio di quello che vi stavo cercando di dire, cioè di un’accelerazione legata ad un evento politico - la prima guerra mondiale - che distrugge quell’intricato (ma fragile) sistema di scambi e di divisione internazionale del lavoro che invece si era gradualmente sviluppato nel corso dell’800. Nella lezione di oggi dobbiamo cercare di vedere come quel processo di integrazione dell’economi internazionale che si era avviato durante la seconda metà del ‘800 viene drasticamente interrotto da un cento politico, che è la Prima Guerra Mondiale. Noi abbiamo visto fino ad adesso che tutti i mutamenti economici fondamentali si erano verificati su un arco di tempo relativamente lungo, o comunque medio, cioè alla fine dietro a queste trasformazioni c’era stata una fase di costruzione di medio-lungo periodo. Ora, invece di fronte ad alcuni eventi, che sono eventi improvvisi - che se vogliamo hanno una costruzione nel tempo, ma che si verificano nel tempo effettivamente breve - ci troviamo in una situazione nella quale i mutamenti, anche dal punto di vista fondamentale socio-economico, vengono invece scaturiti da un evento di brevissimo periodo, ma che ha conseguenze molto forti nel medio e nel lungo periodo sulla società e sull’economia che ne è in un certo qual modo collegata. È il caso della Prima Guerra mondiale, a volte questi “histoir événementiel”, cioè questi avvenimenti diventano degli avvenimenti che portano a delle conseguenze molto forti, molto significative, delle conseguenze di lungo periodo. In questo caso specifico la Prima Guerra Mondiale è un evento che rompe quell’intricato ma fragile sistema di scambi e di divisione internazionale del lavoro che si era sviluppato nella seconda metà del ‘800 (e che tra l’altro era il portato di un processo di lungo periodo) ARGOMENTI DISCUSSI OGGI: LA PRIMA GUERRA MONDIALE • Perché dopo un secolo è ancora rilevante parlare della Prima Guerra mondiale? • Caratteristiche di fondo della Grande Guerra. Non ci occuperemo di identificare i fenomeni, le battaglie e le fasi della guerra; ma ci occuperemo di identificare le caratteristiche socioeconomiche di questa Grande Guerra. • Il dopoguerra: l’età dell’insicurezza. Ci occuperemo quindi di analizzare quali sono le conseguenze che la guerra porta con sé e quindi quel traghettamento dell’economia internazionale verso l’età dell’insicurezza. Quest’età dell’insicurezza ce la porteremo dietro perché nasce ed è una conseguenza della Prima Guerra mondiale, ma sarà poi un tema che so consoliderà e ritornerà in tutto il periodo fra le due guerre mondiali. Si può dire che da questa sostanziale età dell’insicurezza si uscirà solo con la fine del secondo conflitto mondiale. PERCHÈ È ANCORA RILEVANTE? • È stata la prima guerra globale. Fatti salve forse per alcune altre guerre: alcuni hanno chiamato la guerra dei sette anni una guerra globale. Ma effettivamente la prima guerra mondiale è la prima guerra globale, cioè la prima guerra combattuta globalmente da soldati di ogni nazionalità. • È la prima guerra moderna dal punto di vista economico e tecnologico. Cioè è una guerra nella quale, seppure nelle altre guerre la rilevanza economica era importante, la nuova tecnologia, che si stava sviluppando nell’industria, viene applicata e diventa determinante per definire le sorti del conflitto. Quindi gli aspetti economici, intesi come aspetti di economia della logistica militare, diventano sempre più rilevanti. • È rilevante perché con la prima guerra mondiale entrerà in gioco, in modo sempre più preponderante lo Stato e la sua azione di pianificazione economica. Noi abbiamo già visto che nel corso del secondo ‘800 lo Stato diventi importante. Abbiamo visto che Gueschinmton parla di Stato come fattore sostitutivo per l’industrializzazione di molti paesi. Abbiamo visto quindi che lo Stato incomincia a giocare un ruolo diverso e sempre più importante dal punto di vista del coordinamento economico, però qui facciamo un salto di qualità: lo Stato diventa pianificatore, programmatore dello sviluppo economico, o quantomeno di un determinato aspetto economico. Ci si rende conto che lo Stato può fare delle cose che fino a quel momento non aveva fatto. Non vuol dire che poi dopo la fine del conflitto si continui con la pianificazione statale dell’economia, ma ci si rende conto che lo Stato ha una potenza che non si era mai scoperta fino a quel momento e quindi, in un certo qual modo, si incomincia a mettere in gioco un’idea anche di politica economica differente. • È rilevante perché porta cambiamenti geopolitici importanti: - Finiscono vecchi imperi: scompare l’impero austroungarico, finisce l’impero Ottomano - Nascono dei nuovi Stati, con tutto quello che questo comporta sia in termini dell’organizzazione dello Stato, sia in termini di revisione degli assetti economici di questi Stati. È anche il momento in cui emergono nuove potenze, soprattuto l’America, qui intesa come Stati Uniti, anche se anche il Sud America ha dei vantaggi importanti dal primo conflitto mondiale e il Giappone. • È importante perché con lo scoppio della prima guerra mondiale emerge un nuovo esperimento di politica economica: non solo il liberismo, non solo il capitalismo, ma incomincia ad essere messo in pratica una nuova ideologia economica, che è l’esperimento comunista, che viene applicata appunto nella Russia, prima zarista e poi dopo la rivoluzione di febbraio e dopo la rivoluzione di ottobre, l’unione delle repubbliche socialiste e sovietiche (URSS). • È un evento rilevante perché pone fine alla “prima globalizzazione”. Ed è un evento determinante perché da un forte impulso alla nascita della società di massa. Le masse ora diventano una parte sempre più importante della società, non perché prima non lo fossero ma adesso incominciano ad avere una propria rappresentazione politica, veicolata dai partiti di massa he determinerà le politiche economiche. • Se ricordate quando avevamo visto il trilemma dell’economia aperta e parlando di Gold Standard avevamo detto che: per le società del ‘800 le questioni di politica economica interne erano subordinate alle questioni di politica economica verso l’esterno, quindi prevalentemente a una politica che era interessata a favorire il grande commercio internazionale. Questa questione tende a ribaltarsi nel corso del ‘900 perché le masse diventano sempre più importanti, le masse incominciano a diventare rilevanti nella decisione delle politiche economiche da adottare. I partiti di massa diventano sempre più importanti perché le organizzazioni sociali acquisiscono un ruolo sempre più rilevante e quindi gioco-forza anche la I principali campi di intervento dello Stato sono: • L’approvvigionamento di materie prime • Il razionamento dei generi alimentari sia per i civili che per i militari • La produzione industriale: fare in modo cioè che sia orientata tutta verso determinati sistemi di produzione • Il governo della finanza: perché la guerra qualcuno la deve pagare, tutto questo sforzo va pagato e per essere pagato c’è bisogno le gli Stati mettano in campo delle scelte finanziarie nuove rispetto a prima. PIANIFICAZIONE ECONOMICA In tutti gli Stati coinvolti nel conflitto, di fatto, vengono istituiti dei dipartimenti o degli uffici responsabili soprattutto della mobilitazione industriale e del potenziamento della produzione bellica. Non è una cosa lasciata al caso. Vengono istituiti dei veri e propri o ministeri o uffici o dipartimenti che sono finalizzati ad organizzare lo sforzo bellico. Lo sforzo bellico va organizzato, se non si è capaci di organizzarlo, non si è in grado di ottenere l’obiettivo e quindi tutto deve essere concentrato e finalizzato allo sforzo bellico. Da questo punto di vista l’esempio più emblematico è la pianificazione attuata in Germania per mezzo del c.d. piano Hindenburg, che si poneva diversi obiettivi che erano strutturati al tentativo di vincere la guerra: - Raddoppiare la produzione industriale: vedete quindi come certi settori vengano gonfiati dalle richieste dello Stato. - Mobilitazione totale del lavoro in funzione dello sforzo bellico: tutto il lavoro e tutta la manodopera disponibile e possibile deve essere messa in funzione dello sforzo bellico. Una delle cose che succede in questo periodo è che molte donne incominciano a lavorare, soprattutto perché gli uomini sono al fronte e la manodopera femminile in moltissime imprese, in questo periodo, cresce a dismisura: questo darà vita ai movimenti femministi che si svilupperanno alla fine del primo conflitto mondiale. Proprio in ragione allo sforzo che le donne avevano messo in campo per far fronte alla guerra, quindi, diciamo che le donne non volevano più ritornare ad una condizione di inferiorità o di limitazione in un’ala della società, ma volevano, invece, ora partecipare da protagoniste ad un contesto sociale, economico e di rinascita differente. Quindi sforzo della mobilitazione del lavoro ai fini della produzione industriale e soprattutto cercare il più possibile di eliminare quelle che potevano essere delle inefficienze e favorire il processo di concentrazione industriale che in un certo modo permettessero di finalizzare tutta le produzione e le risorse verso il sostegno allo sforzo militare. Capite bene che siamo di fronte ad una condizione e ad un ruolo dello Stato mai svolto prima in questi termini. È vero che di guerre ce ne sono state tante fino a questo periodo, ma la portata, la durata e la dimensione che la prima guerra mondiale porta difronte agli Stati è tale che sostanzialmente c’è bisogno di qualcosa di nuovo anche dal punto di vista della mobilitazione. Quindi il ruolo del governo nell’economia crebbe notevolmente: - Diviene il principale acquirente di beni e di servizi, favorendo alcuni settori piuttosto che altri, con poi tutto il problema della riconversione che questo porta. Problema: se io gonfio un settore perché quella richiesta è negata all’esigenza militare, poi è chiaro che diventerà un problema quando quel settore dovrà ritornare in una condizione di produzione civile o di normalità. - Il governo diventa colui che deve controllare che tutto vada finalizzato allo sforzo bellico e che tutta l’economia del Paese remi nella stessa direzione: commercio, trasporti, prezzi, produzione, approvvigionamenti di materie prime e cibo. Questo mette di fronte agli occhi di tutte le classi il fatto che lo Stato può avere una capacità di influire sull’economia molto rilevante. Lo Stato può avere delle responsabilità di coordinamento economico centrali, rilevanti, con conseguenze importanti. Quindi a guerra finita molti paesi, anche quelli più liberali, lasceranno in un certo qual modo l’idea che la … dovesse essere il faro che guidava la politica economica, per pensare ad un ruolo sempre maggiore di coordinamento dello Stato nell’economia. Come vedremo, non sarà univoca quest’interpretazione, ma è come se la guerra aprisse gli occhi, se desse la possibilità di capire che c’è un nuovo modo di poter utilizzare la politica economica. Uno dei temi principali sui quali lo Stato deve agire fin da subito è quello di pagare la guerra: tutta questa mobilitazione, tutte queste risorse e il fatto che lo Stato diventi il primo acquirente significa che lo Stato deve avere le risorse per pagare questa guerra. Questi beni ovviamente non vengono pagati da nessun altro. Vengono pagati dagli Stati che li richiedono per gli eserciti. E lo Stato dove trova le risorse per poter far fronte a queste spese? Le trova in 3 direzioni: • Aumentare l’imposizione fiscale: questo tipo di intervento, però, si può fare solo fino ad un certo limite, perché è ovvio che una maggiore imposizione fiscale in un momento di guerra è controproducente da tanti punti di vista: - Deprime i consumi delle famiglie (ancor di più di quello che già era stato fatto con i razionamenti) - Spesso bisognerebbe andare a tassare - se si vuole tassare non tanto i consumi ma i redditi - i redditi di quelle industrie che sono fondamentali allo sforzo bellico. Quindi è un po’ controproducente: è come se io andassi a tassare coloro che mi stanno fornendo il sostegno per vincere la guerra, quindi diventa una sorta di controsenso andare ad attuare una politica di questo tipo. La tassazione quindi può essere sviluppata fino ad un certo punto. • A questo punto devo cercare di aumentare le entrate attraverso altri due canali: - Avviare un processo di indebitamento interno e soprattutto estero - Oppure bisogna cercare di aumentare la circolazione monetaria, cioè di stampare banconote: quindi di rompere quel rigido sistema che era Stato il Gold Standard perché non permetteva di fare questa politica e quindi di finanziare la spesa pubblica attraverso le emissioni monetarie. Tutto questo porta ad un’esplosione del debito pubblico dei vari paesi, escludendo i prestiti internazionali, il debito pubblico dei paesi coinvolti va dai 26 miliardi di dollari prima della guerra ai 225 miliardi di dollari nel 1920. Cioè vuol dire che il debito pubblico di questi paesi, durante questi anni di guerra è aumentato di 10 volte. Ovviamente le fonti di finanziamento non sono uguali in tutti i Paesi e quindi di conseguenza anche il livello di inflazione che si crea all’interno dei Paesi, cioè di crescita dei prezzi per la svalutazione monetaria, è diverso. Questo in tutti casi sarà una gravosa eredità da gestire alla fine del conflitto. COME FU PAGATA LA GUERRA? In tutti i principali Paesi (Francia, Germania e Gran Bretagna) la spesa pubblica in percentuale al PIL aumenta e aumenta considerevolmente. Siccome non ci si può indebitare all’infinito verso l’interno e verso l’esterno, buona parte della spesa viene finanziata in larga parte dall’emissione di moneta. Ovviamente gli Stati controllano ere banche di emissione, quindi possono chiedere alle banche di emissione di emettere nuova moneta per pagare sostanzialmente le necessità di guerra, ma questo crea, inevitabilmente, un processo di svalutazione monetaria e quindi di inflazione. Tutti gli Stati coinvolti, ovviamente con dimensioni differenti, devono ricorrere all’emissione monetaria: fatto 100 il livello di moneta circolante nel 1913, negli anni del conflitto tutti gli Stati devono aumentare l’offerta monetaria. Il conflitto finisce nel ’18, ma la cosa interessante è che questo processo non finisce e anzi non tocca il suo livello peggiore con il 1918, ma cresce ancora nei primi anni ’20. Cioè il processo di emissione monetaria per la monetizzazione del debito pubblico diventerà un processo quasi inevitabile un po’ per tutti i paesi, ovviamente con livelli diversi: la Gran Bretagna aumenta la sua offerta monetaria di 4 volte e mezzo, la Francia di 6 volte e mezzo, la Germania da 100 arriva a 3900, l’Italia da 100 arriva a 861. I Paesi in base alla loro condizione economica, in base a se vincono o meno la guerra, in base quindi a tutta una serie di fattori - nel caso tedesco poi vedremo in particolare perché e questo è anche il portato della pace. La differenza di utilizzo di questa leva e dei diversi elementi che si possono utilizzare portano a dei risultati differenti. Quel che è chiaro in tutti.i Paesi è che lo Stato deve aumentare le sue entrate e le sue uscite perché deve pagare la guerra. 3. LE PERDITE ECONOMICHE Le perdite economiche sono ovviamente notevoli, quindi diciamo da un lato c’è sicuramente di guadagna con la guerra - ci sono alcuni settori che fanno grossi affari -, in generale però il saldo tra chi guadagna e le grosse perdite generali per l’economia è nettamente a favore di queste ultime, cioè le perdite economiche sono sicuramente maggiori dei saldi. Perché? Perché anche chi ha un vantaggio economico immediato, alla lunga si troverà in un contesto economico deturpato da questo clima di scontro, che si era creato con la prima guerra mondiale e che sostanzialmente ora va rivisto, riconsiderato e ristrutturato. Le perdite riguardano: • Distruzioni materiali: La guerra porta con sé grosse distruzioni materiali di industrie, di infrastrutture, di strutture civili ma anche economiche, che devono essere ricostruite. I danni tra perdite stimate e spese effettive ammontano a circa 400 miliardi di dollari, quindi un’enormità. Furono distrutti immobili, impianti industriali, macchinari industriali, miniere… tutta quella ricchezza che si era costruita nel corso del tempo, che adesso, sostanzialmente, deve essere ricostruita da capo o di cui si era perso gran parte del potenziale. • Interruzione delle relazioni economiche: cioè tutto quel sistema che era stato costruito e sul quale si era fondata la ricchezza dell’Europa e dell’Occidente nel corso del secondo ‘800 viene sconvolto dal primo conflitto mondiale. E non è detto che quello che c’era prima possa essere rimesso a posto subito dopo la dine della guerra. La cosa più rilevante, nel lungo periodo, è l’interruzione e la disorganizzazione delle normali relazioni economiche tra gli Stati che crea i problemi principali. Non sono solo i danni materiali che si realizzano nell’immediato o con cui ci si trova ad aver a che fare nel dopoguerra. Non è solo un problema di ricostruzione materiale, il problema vero è la ricostruzione di quel tessuto, di quelle relazioni che si erano via via costruite nel corso del ‘800, che di fatto sono state sconvolte dal conflitto e che non è facile riportare in ordine com’era prima. Alcuni Stati belligeranti durante il conflitto avevano imposto controlli sui prezzi, sulla produzione e sulla distribuzione e questo controlli rimangono attivi, in molti paesi, anche dopo la fine del conflitto. Perché? Perché ci si trova in un contesto di crisi economica e la maggior parte degli Stati cerca di salvare il salvabile, continuando a proteggersi, non ripartendo o non cercando fin da subito di ritrovare la via di quella prosperità che era stata ottenuta con l’integrazione. Tutti i paesi si chiudono su sé stessi, mantenendo quei controlli sui commerci, sulla mobilitazione dei capitali che c’erano durante il conflitto. • Questo ovviamente ha un impatto fortissimo sul commercio estero (sconvolgimento), su quell’integrazione commerciale e internazionale, quella globalizzazione che si era creata, che di fatto viene sconvolta dalla guerra e che continua, non solo nel periodo del conflitto, ma anche successivamente. • Parte dei mercati esteri europei vengono persi, a favore di qualcun altro - degli Stati Uniti e del Giappone su tutti o in parte anche dall’America latina. Diciamo che vengono messi in discussione quegli equilibri che si erano creati nel corso del ‘800. Durante il conflitto non solo si perde quell’integrazione che si era creata, ma molti paesi incominciano ad approvvigionarsi in modo diverso rispetto a prima. 4. CONSEGUENZE In tutta questa situazione, cioè in questo contesto problematico - di grandi distruzione, di grande disoccupazione, di problemi di riconversione, di un commercio internazionale che tende a faticare a rinascere, di un nazionalismo economico dei vari paesi - si innesta la conferenza di pace e quindi la fine del conflitto, nel tentativo di tornare ad una normalità. Sappiamo bene che è stato l’intervento statunitense nel 1917 a modificare le sorti della guerra e che alla fine nel novembre del 1918 Austria e Germania devono firmare l’armistizio. La cosa che ci interessa focalizzare è che alla fine del conflitto c’è un trattato di pace, il “Trattato di Versailles”, che viene firmato appunto nella reggia di Versailles a Parigi nel 1919 e che pone fine al conflitto. Il Trattato di Versailles fa una scelta politica precisa e cioè vuole punire quella nazione che si reputava essere la causa del conflitto mondiale e cioè la Germania. Più che l’Austria-Ungheria, che tra l’altro si smembra in questo periodo, il vero obiettivo delle potenze vincitrici, e in particolare della Francia, è punire la Germania. Questo perché la competizione tra Francia e Germania era stata alta nel continente europeo già nel ‘800, ricordiamo che la Germania nasce dopo che la Prussia - cioè il principale Stato tedesco - ha vinto la guerra contro la Francia e gli ha portato via l’Alsazia e la Lorena, due regioni di fondamentale importanza. Lo scontro tra Francia e Germania - cioè una delle ragioni scatenanti del primo conflitto mondiale - continua anche dopo il conflitto nella conferenza di pace. Nella conferenza di pace si impongono delle punitive e onerose sanzioni alla Germania che, di fatto, non faranno altro che alimentare uno dei problemi principali per un tentativo di ritorno alla normalità nel primo dopoguerra che è la crescita del nazionalismo economico da un lato e i problemi monetari e finanziari su cui si arrovellerà tutto il problema della ricostruzione e che in parte cercheremo di affrontare in questa ultima parte della lezione. L’ETÀ DELL’INSICUREZZA La conferenza di Parigi pone molti problemi sul tavolo. Il primo problema che si pone con la Conferenza di Parigi, al di là di quest’aspetto che abbiamo detto, è che gli Stati Uniti, di fatto, dimostrano e chiariscono che non vogliono assumersi la responsabilità di nuova potenza mondiale che di fatto si era determinata gioco-forza, nel corso del primo conflitto. Gli Stati Uniti avevano avuto una fase di espansione economica importante durante l’avvio della seconda rivoluzione industriale. Sono il Paese insieme alla Germania che cresce di più nel corso del secondo ‘800: crescono rapidamente, diventano sempre più importanti. Durante il conflitto riescono ad acquistare e ad acquisire il controllo di mercati e di aree che prima erano prettamente sotto l’egemonia europea. Di fatto, alla fine del conflitto mondiale gli Stati Uniti sono diventati la nuova potenza mondiale. Una nuova potenza mondiale che però non vuole assumersi la nuova responsabilità di leadership. Non vogliono assolutamente prendersi la responsabilità di essere il nuovo centro del sistema economico mondiale. Vogliono ritornare a richiudersi nella propria idea di preminenza degli interessi americani, per usare l’espressione di Trump vogliono tornare al loro “America First” e non vogliono quindi intervenire nelle questioni europee. Sono entrati nelle questioni europee per risolvere i loro problemi di guerra ma adesso non ci vogliono più stare e quindi proprio per questa ragione non ratificano il trattato di pace e per di più decidono di non aderire alla società delle nazioni, cioè quell’organo di cooperazione internazionale che viene costruito dalle potenze europee per cercar dei arginare i problemi di conflitto che avevano portato allo scoppio della prima guerra mondiale. Il primo smacco vero della conferenza di Parigi sono gli Stati Uniti che dichiarano di fatto e dimostrano non ratificando il trattato che non vogliono assumersi il ruolo di potenza internazionale. Il secondo problema grosso sono le forti e pesanti condizioni imposte alla Germania: - La Germania viene privata di parte del territorio nazionale e coloniale. Qui c’è soprattutto la spinta della Francia che vuole punire la Germania per essere stata la causa dello scoppio della Guerra. - La Germania deve cedere parte della produzioni e delle sue strutture militari, ma anche produttive fondamentali: la marina da guerra, le munizioni, le locomotive… cioè viene private di buona parte della sua ricchezza. Anche se l’aspetto più umiliante di tutta questa cosa è sicuramente l’articolo 231, con il quale alla Germania veniva riconosciuta la responsabilità della guerra e le fu imposto il pagamento delle riparazioni proibitive. Questa cosa crea fin da subito uno scontro forte: per esempio, non solo gli Stati Uniti che in un certo qual modo si sfilano dalla cosa, ma anche all’interno dei Paesi europei questa cosa non viene percepita in modo positivo da tutti. Keynes per esempio, consigliere inglese che era seduto alla conferenza di pace, si scaglia contro questa scelta, è assolutamente contrario a questa politica. Egli disse che imporre delle clausole troppo proibitive alla Germania diventerà un boomerang per i Paesi europei e sarà un’arma a doppio taglio che si ritorcerà contro lo stesso tentativo di ricostituire una pace. Inoltre affermò che se si voleva tornare alla prosperità economica precedente bisognava costruire una prospettiva di pace differente. E infatti Keynes abbandonerà la conferenza di pace e dopo la rettifica del Trattato di Versailles anche da parte inglese deciderà di scrivere “le conseguenze economiche della pace”, in cui appunto spiega alcune scelte politiche scritte in quel trattato provochino poi l’instabilità economica che si realizza successivamente. IL NEOMERCANTILISMO • Cosa viene poi imposto appunto e quali sono le conseguenze che questo trattato comporta? Sono conseguenze che portano a far sì che i paesi non escano dal conflitto con uno spirito di cooperazione e non escano dal conflitto con il tentativo di costruire qualcosa attraverso la cooperazione, ma al contrario i Paesi escono dal conflitto avendo in mente un’idea di neomercantilismo, cioè di ritorno ad un processo di autosufficienza economica. • Un po’ tutti gli Stati non smantellano i trattati o le limitazioni al commercio internazionale che erano state introdotte durante la guerra, tutti i Paesi, Inghilterra compresa, fanno in modo che non vengano ricostituiti quei processi di libero scambio che c’erano stati prima. Ricordate che l’Inghilterra è stato l’unico paese, durante la fase di ritorno al protezionismo, dopo la grande depressione ottocentesca, che era rimasto fedele al liberoscambismo. In questo contesto, invece, anche l’Inghilterra mantiene i dazi che aveva introdotto durante il conflitto mondiale e in diversi trattati bilaterali addirittura viene cancellata la famosa clausola della nazione più favorita - che era stata quella clausola introdotta nel Trattato di Chevalier che aveva favorito il libero scambio. Quindi diciamo che anche la stessa Inghilterra, che era il paese più liberista e liberale di tutti, adotta politiche di questo tipo. • Tutti i governi decidono di fare fronte a tutti i problemi forti - problemi inflazionistici ed economici che hanno - attraverso politiche di austerità, cioè attraverso politiche di contenimento della spesa e di tagli alla spesa. Questo, ovviamente, aggravando le condizioni di disoccupazione e di conflittualità sociale all’interno dei paesi e quindi alimentando, se vogliamo, quel clima di instabilità e di insurrezione che c’era in vari paesi europei in questo periodo, e quindi alimentando quel rischio di ascesa dei partiti comunisti o comunque dei partiti socialisti. • Molti Stati, a questo punto, pensano che forse il modo per poter tornare alla prosperità precedente sia quello di ristabilire il Gold Standard. In un certo qual modo consideravano il Gold Standard come una sorta di bacchetta magica e, una volta ripristinato, il Gold Standard potevano ritornare a quel processo di integrazione e di prosperità internazionale che c’era stato in precedenza. Ma per ripristinare il Gold Standard, che si ripristina in modo un po’ ibrido ma si ripristina, vanno risolti alcuni problemi di instabilità, che non possono essere nascosti come la polvere sotto il tappeto. Quali sono questi problemi? 1. C’erano forti squilibri sul piano internazionale, squilibri finanziari ovviamente. Perché c’erano questi forti squilibri? Perché erano il portato della guerra. Innanzitutto in America erano aumentate a dismisura le riserve auree, cioè gli Stati Uniti erano il paese che concentravano la più grande quantità di riserve auree in questo periodo. Perché? Perché durante la guerra avevano rifornito di beni e servizi i propri alleati e perché nel corso della guerra avevano aumentato gli investimenti statunitensi in Europa e questo aveva favorito un forte afflusso di oro negli Stati Uniti. Ma sapete bene che l’oro è l’elemento centrale per il funzionamento del Gold Standard e quindi uno squilibrio così forte non era favorevole al tentativo di ripristinare il vecchio sistema monetario internazionale. 2. Andavano saldati i debiti interalleati, contratti dai paesi dell’Intesa. Gli USA (prevalentemente) e GB erano tendenzialmente dei Paesi creditori; mentre Francia, Italia e Belgio erano dei Paesi debitori. Quindi non c’era solo il problema di pagare i debiti da parte di coloro i quali avevano perso la guerra, ma c‘erano stati degli indebitamenti forti anche tra gli alleati in questo periodo, che andavano in un certo qual modo gestiti e adesso c’era bisogno di saldarli questi crediti. In particolare c’era bisogno di saldarli nei confronti degli USA, perché quelli tra i paesi europei erano per lo più nominali, cioè erano solo sulla carta, si sapeva già che questi debiti non si sarebbero poi pagati. Mentre gli USA rivogliono indietro tutti i dollari che avevano concesso nel corso della guerra e quindi anche gli Stati europei vincitori si trovano fortemente indebitati nei confronti degli USA, in un contesto nel quale hanno già fatto un’espansione monetaria notevole e in cui fanno fatica ad aumentare l’imposizione fiscale, perché l’economia è contratta e in cui ogni tentativo di far qualcosa rischia di aumentare sempre di più l’inflazione, 3. Ma soprattutto c’era il grosso problema della Germania. Alla Germania avevano imposto delle riparazioni di guerra proibitive, che ammontavano a 33 miliardi di dollari (più del doppio del PIL tedesco) e con rate annue proibitive. Alla Germania era stata imposta quindi un enorme fardello che era difficile da gestire. Francia e Inghilterra insistevano per il pagamento dell’indennità, ma la Germania non riusciva a far fronte a questi pagamenti, erano troppo onerosi. Nel 1922, infatti, decide di sospendere i pagamenti perché non ce la fa, le rate sono troppo alte e nel 1923 le truppe francesi e belghe occuparono la Ruhr. Cioè dopo che la Francia ha voluto la Saar, cioè la zona minerale più importante della Germania, adesso occupa addirittura la Ruhr, prendendo il controllo delle miniere e delle ferrovie di quell’area, per ripagarsi dei danni che non vengono in un certo qual modo pagati. La Germania deve quindi cercare di far qualcosa, deve cercare per forza il modo di pagare questi debiti, ma come può farlo? L’unico modo in cui può farlo è emettere moneta, continuare a emettere moneta. Il risultato è l’iperinflazione tedesca, cioè un nuovo marco - il “red mark” - viene inaugurato proprio nel tentativo di far fronte a questi debiti. Ma c’è un’emissione talmente grande di moneta che il marco arriva al punto di non valere più niente: c’è gente che brucia i marchi nella stufa perché costa meno bruciare i soldi che non andare a comprare il combustibile, o ci sono i bambini che giocano con mazzi di banconote, perché la svalutazione è tale che quelle banconote li non valgono più niente. Quindi la situazione è decisamente incasinata ed intricata e tutto questo crea una grandissima instabilità a livello internazionale. GLI EFFETTI DELL’INSTABILITÀ MONETARIA Questa situazione fa si che, sostanzialmente nei primi anni ’20: • La Germania è al collasso economico: non riesce più a pagare i debiti, non riesce più a risollevare la propria economia e c’è una forte instabilità sociale.
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