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Guerre d'Italia, Carlo V, Riforma Protestante, Appunti di Storia

Appunti sulle guerre d'Italia, Carlo V, Riforma Protestante (Erasmo da Rotterdam, Martin Lutero), Calvinismo, Anglicanesimo, Controriforma

Tipologia: Appunti

2023/2024

In vendita dal 03/04/2024

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Scarica Guerre d'Italia, Carlo V, Riforma Protestante e più Appunti in PDF di Storia solo su Docsity! Guerre d’Italia Intorno alla fine del ‘400, la Penisola italiana diventò oggetto di grande interesse delle potenze europee, sia per la sua posizione strategica sia per le tante bellezze che la caratterizzavano. Nonostante la sua ricca cultura e il suo ruolo di primo piano nell'economia europea, l'Italia dell'età moderna era politicamente frammentata e priva di un potere centralizzato, al contrario delle grandi monarchie nazionali che stavano emergendo in Europa. Le potenze dominanti dell'epoca, come la Francia e la Spagna, videro l'Italia come un terreno perfetto per estendere la propria influenza e accumulare ricchezza e potere. L'Italia invece assunse un ruolo relativamente passivo durante queste guerre, diventando il teatro delle lotte tra le potenze straniere. Prima fase (1494 - 1512) La prima fase delle guerre d’Italia è segnata dall’iniziativa espansionistica del sovrano di Francia, Carlo VIII di Valois che aveva l’obiettivo di riconquistare il regno di Napoli, che un tempo era stato sotto il dominio della dinastia francese degli Angioini. Nonostante le corone di Napoli e di Sicilia fossero state in precedenza unite, in questa situazione parliamo soltanto del regno di Napoli perché Alfonso I, prima di morire, aveva diviso nuovamente i due territori, lasciando a suo fratello Giovanni II la Sicilia e la Sardegna e il regno di Napoli a suo figlio Ferrante. Nel 1494, Carlo VIII reclamò come di sua proprietà il regno di Napoli preparandosi ad una spedizione armata con 30.000 uomini. Prima di iniziare lo scontro però, fece una mossa diplomatica, assicurandosi l’alleanza con il sovrano del ducato di Milano, Ludovico il Moro, per riuscire ad attraversare la parte settentrionale della Penisola senza problemi. Attraversò quindi le alpi nello stesso anno, e raggiunse la Toscana, che superò senza ostacoli: arrivato a Firenze, infatti, Piero dei Medici concesse la resa incondizionata della città, offrendogli per di più Pisa e Livorno. Superato il centro Italia, Carlo VIII arrivò a Napoli nel febbraio del 1495, dove, a seguito di vari scontri, l’esercito aragonese venne sconfitto da quello francese mentre il re Ferrante si rifugiava in Sicilia. Il successo di questa spedizione militare mise in “allerta” gli altri stati italiani: la Repubblica di Venezia fu la prima a preoccuparsi, allarmando anche gli altri sovrani. Si venne a formare così una coalizione antifrancese alla quale si unirono Venezia, il papa Alessandro VI, il re di Spagna Ferdinando d’Aragona, l’imperatore tedesco e, sorprendentemente, Ludovico il Moro, ex alleato francese. Nel 1495 con la battaglia di Fornovo, nei pressi di Parma, Carlo VIII viene sconfitto e il Regno di Napoli torna in mano aragonese. Nel 1498 Carlo muore lasciando il trono a Luigi XII che fin da subito proseguì l’impresa del predecessore. Dopo essersi garantito la neutralità degli Asburgo, egli si accordò con Venezia per la spartizione del Ducato di Milano che venne conquistato nel 1499. A questo punto, il re di Spagna cercò di evitare lo scontro armato tra le due potenze, e propose al re di Francia un accordo segreto con il quale si sarebbero spartiti i territori italiani, mostrandosi perfino disponibile a cedere il regno di Napoli. Gli spagnoli però non rispettarono l’accordo perché l’esercito francese, a seguito di un’epidemia di Sifilide, non aveva più le forze per combattere. Gli spagnoli allora, approfittando della situazione attaccarono e si ripresero il regno di Napoli. La pace venne stabilita l’anno seguente: ai francesi rimase il controllo del Ducato di Milano, mentre agli spagnoli il regno di Napoli. Venezia e Stato della Chiesa La costante presenza di eserciti stranieri in Italia portò allo scoppio di alcuni scontri interni. Venezia, durante i primi anni di guerra, era cresciuta grazie alla stipulazione di diversi accordi. Il problema era che la sua espansione aveva danneggiato lo Stato Pontificio. Al tempo il papa era Giulio II soprannominato il “papa guerriero”, proprio perché era più interessato all’affermazione politica dello Stato della Chiesa che del suo ruolo spirituale (verrà per questo fortemente criticato da Erasmo da Rotterdam nel saggio “Papa Giulio II cacciato dal regno dei cieli”). Giulio II nel 1508, dà vita alla lega di Cambrait, in funzione antiveneziana: questa era sostenuta dall’imperatore tedesco (Massimiliano I), dalla Spagna e dalla Francia. La lega di Cambrait era ovviamente molto più forte di Venezia, che venne sconfitta molto facilmente nella battaglia di Agnadello (una delle più sanguinose delle Guerre d’Italia). Il risultato fu che le ambizioni politiche veneziane vennero pesantemente ridimensionate e lo Stato della Chiesa si riprese i territori che aveva perso precedentemente. I veneziani restituirono autonomamente i territori e il papa ne rimase talmente colpito che sciolse la lega di Cambrait e ne formò una nuova, la Lega Santa, in funzione antifrancese. Entrarono a farne parte il Papa, Venezia e la Spagna. Nella battaglia di Ravenna la Francia venne sconfitta. Luigi XII fu costretto a lasciare Milano, dove Massimiliano Sforza, figlio di Ludovico il Moro, riprese il potere del ducato. Conseguenze a Firenze La conseguenza principale di questa prima fase di guerra si ebbe a Firenze. Nel 1494 Carlo VIII raggiunse la Toscana con l’intento di arrivare poi al regno di Napoli. Qui Piero de Medici, figlio di Lorenzo il Magnifico, gli aprì le porte della città senza nessun problema e anzi gli offrì persino Pisa e Livorno. Questo atteggiamento arrendevole e servile provocò l’ostilità dei fiorentini che cacciarono i de’ Medici e proclamarono la repubblica fiorentina. Questa aveva a capo il frate domenicano Girolamo Savonarola, uomo carismatico e in un certo senso intollerante. Si era distinto per essere un predicatore austero che insisteva molto in una riforma della Chiesa. Egli a Firenze adoperò una serie di provvedimenti a favore del popolo, come l’abolizione delle tasse per i più poveri, ma anche provvedimenti di tipo etico, come le punizioni per i bestemmiatori. Il suo governo viene chiamato anche repubblica dei “piagnoni” perché lui e i suoi seguaci si lamentavano di tutto. La sua repubblica durò per poco. Il frate infatti, nelle sue critiche alla Chiesa non risparmiava nemmeno il papa, che lo scomunicò e lo condannò al rogo. Il potere passò poi a Pier Soderini, un sostenitore dei Medici che rimase al comando fino al 1512, quando il potere ritornò in mano dei Medici. Macchiavelli Niccolò Machiavelli, grande filosofo e politico italiano, ci lascia un’analisi molto lucida sulla situazione in cui l'Italia si trova in questo periodo di scontri. Egli si interroga sul perché l’Italia sia diventata teatro di tali scontri, arrivando ad affermare che la causa principale era la frammentazione politica italiana, che la rendeva una fragile preda per gli Stati Nazionali: singolarmente nessun piccolo stato avrebbe potuto battere gli stati più forti e meglio organizzati. Machiavelli identificava la mancanza di consapevolezza delle circostanze come il motivo principale della debolezza. I signori italiani, convinti di poter governare solo attraverso la diplomazia, si appoggiavano a alleanze fragili e mutevoli, che dipendevano di Roma, e ci dimostra che la dimensione politica è sempre prevalente rispetto a quella ideologica e spirituale. Conclusione Mostrata un’ennesima volta la superiorità militare dell’imperatore, venne segnata la conclusione definitiva delle guerre d'Italia nel 1529 con la pace di Cambrai, nota anche come la Pace delle Due Dame, perché stipulata attraverso la mediazione di due donne, ovvero la madre di Francesco I, Luisa di Savoia, e per conto di Carlo V la zia, Margherita d’Asburgo. Con questa pace si riconosce il predominio di Carlo sul territorio italiano: egli possedeva come dominio diretto il regno di Napoli, il regno di Sardegna, il regno di Sicilia e il Ducato di Milano. Nei territori in cui egli non aveva un controllo diretto, aveva degli alleati: per questo si parla di egemonia spagnola. Inoltre, la Francia si impegnò a rinunciare a pretese sull’Italia. La pace venne celebrata con l’incoronazione di Carlo da papa Clemente VII come re d’Italia nel 1530. Ci saranno poi ulteriori tentativi di Francesco I di riprendere le ostilità ma l’unico risultato fu che il rapporto di pace venne ribadito nel 1544 con la pace di Crepy. Riforma protestante Uno dei problemi principali nel progetto di Carlo V di realizzare un impero cattolico era rappresentato dalla riforma protestante. Tra la fine del Quattrocento e l’inizio del Cinquecento, la corruzione della Chiesa romana provocò forti critiche. La predicazione del monaco tedesco Martin Lutero raccolse e diede forza alle richieste di rinnovamento e portò perfino alla separazione da Roma. Erasmo da Rotterdam Erasmo da Rotterdam era un grande pensatore e filologo. Egli, come riconobbe lo stesso Lutero, fu il primo a definire i presupposti teorici della riforma protestante sostenendo la necessità di un rinnovamento radicale della coscienza cristiana attraverso il ritorno alle fonti del cristianesimo. Egli nacque tra il 1466 e il 1469, fu ufficialmente un uomo di chiesa ma soprattutto un teologo intellettuale. Erasmo ricevette la sua istruzione presso un convento, in quanto al tempo condurre una vita ecclesiastica era l’unico modo per istruirsi. Dopo aver preso i voti, egli inizia il suo percorso formativo attraverso una serie di viaggi che lo portano in Inghilterra, in Italia e nelle Fiandre. È importante citarlo nella scena della riforma protestante in quanto promuoveva la conoscenza del messaggio evangelico, il quale ci permette di non confondere il messaggio cristiano con quella serie di prescrizioni volute dalla chiesa che sono più superficiali, per esempio il non mangiare la carne nel venerdì di quaresima. Inoltre, Erasmo è considerato il padre della tolleranza religiosa, in quanto è convinto che possa esserci un dialogo fra le fedi diverse, visto che, in fondo, la fede si basa su pochi elementi essenziali, detti fondamenti della chiesa, come la trinità o l’incarnazione di Cristo in Gesù. Dunque, anche se nascevano delle chiese diverse i principi centrali erano gli stessi; il problema stava proprio nel fatto che la Chiesa ormai si basava3 solamente sui dettagli differenti. Nel 1509 scrisse “l’Elogio della follia” dove, utilizzando l’arma del sarcasmo, denuncia tutti i comportamenti sbagliati del clero, senza risparmiare nessuno, nemmeno il papa. Nell’opera introduce un tema molto importante per la riforma protestante, ovvero il confronto diretto tra uomo e Dio, il quale passa attraverso la lettura delle sacre scritture in prima persona, non attraverso la mediazione di una terza parte. L’invenzione della stampa ha di gran lunga facilitato la diffusione dei testi sacri e per questo si dice che la riforma protestante è figlia di Gutenberg. Le indulgenze Un grande motivo di scandalo nel Cinquecento è rappresentato dalla discussione sulle indulgenze: esse venivano conferite a coloro che avevano svolto opere buone nel corso della loro vita e prevedevano una cancellazione delle pene da scontare in Purgatorio. Quello che venne criticato non era l’esistenza di questa possibilità, ma il fatto che essa venisse concessa solo a chi offriva denaro alla Chiesa, indipendentemente dalle loro azioni. In particolar modo, nel 1514 papa Leone X, sfruttò questa “vendita” delle indulgenze per portare avanti la costruzione della basilica di San Pietro, anche se non tutti i guadagni vennero utilizzati per la realizzazione di quest’opera. La vendita si espanse in tutta Europa: il papa assegnava a diversi uomini di chiesa un cosiddetto appalto, per vendere per suo conto le indulgenze nei diversi Paesi. In Germania prese l’appalto Albert Hohenzollern, esponente della nobiltà tedesca, che ambiva al vescovato di Magonza sperando di diventare poi uno dei sette grandi elettori, una posizione vantaggiosa e proficua. Sperava che con le indulgenze si sarebbe arricchito abbastanza per riuscire a comprare la posizione da lui tanto desiderata. L'appalto assegnato ad Albert prevedeva una cifra d’acquisto, ovvero un importo fisso da dare al papa. Tutti i profitti aggiuntivi sarebbero rimasti nelle tasche di chi aveva l’appalto. Per ottenere la somma da dare al papa, Albert chiese un prestito. Successivamente, avrebbe utilizzato i guadagni derivanti dalle indulgenze per ripagare gradualmente il debito e, contemporaneamente, per ottenere un profitto personale più alto. Questo a dimostrazione del fatto che la questione delle indulgenze non era più una questione spirituale ma una economica per il bene del singolo. Martin Lutero Tra i critici del comportamento di Albert Hohenzollern troviamo Martin Lutero, personaggio principale della riforma protestante. Egli nacque nel 1483 e fu istruito con un insegnamento incentrato sulla teologia agostiniana, che si interrogava sull’origine del male: il male secondo Sant’Agostino era radicato dentro ciascuno di noi, infatti come poteva Dio, essere perfetto, creare il male? Sebbene Lutero avesse scelto di vivere al più alto livello di perfezione cristiana e si attenesse rigorosamente ai precetti evangelici della povertà, della castità e dell’obbedienza, egli avvertiva il problema del peccato e della colpa con una forte urgenza. Era convinto che l’uomo, al di là dei meriti personali, può ottenere la salvezza eterna solo attraverso la fede. La radicale corruzione dell’uomo impediva che qualunque merito personale potesse renderlo degno agli occhi di Dio: la salvezza poteva giungere al peccatore solamente per grazia divina. Lutero ebbe l’occasione di illustrare questa ideologia, in quanto fu professore di teologia all’università di Wittenberg, al centro della Sassonia. Il duca di Sassonia, Federico il Saggio, insieme ad altri principi, ebbe un ruolo centrale nella riforma protestante, in quanto non solo protegge Lutero, ma vieta anche la vendita delle indulgenze nel suo ducato: egli era preoccupato che la ricchezza della Germania sarebbe finita nelle mani del Papa e della Chiesa, e lui non aveva alcuna intenzione di finanziare nessuno dei due. (Dunque le motivazioni erano solo economiche, non spirituali) Tornando a Lutero, egli espresse la sua indignazione per le indulgenze anche durante le sue lezioni universitarie, elaborando un documento che comprendeva 95 tesi. Si dice che esse fossero state appese da Lutero nella cattedrale di Wittenberg, ma in realtà si tratta di una falsa informazione, perché egli creò quel documento per esprimere la sua voce all’interno di un contesto accademico, non di certo per creare una discussione pubblica in piazza, inoltre, esse erano scritte in latino, quindi, quasi nessuno sarebbe stato in grado di leggerle e capirle; d’altronde, nemmeno lui si immaginava che da quel documento accademico sarebbe nata una nuova Chiesa separata da Roma. Gli elementi principali della teologia luterana che erano evidenziati nelle 95 tesi avevano una forte impostazione di tipo agostiniano. Lutero era convinto che l’uomo per natura tendesse verso il male ed il peccato. Il messaggio lanciato da Leone X era per Lutero sbagliatissimo, perché non si poteva evitare questo destino semplicemente pagando. Per lui la nostra anima è predestinata al suo futuro di salvezza o dannazione indipendentemente dalle nostre azioni, perché il suo destino è stato già scelto da Dio e il massimo che gli uomini possono fare è sperare che egli li grazi. Una conseguenza di questa teoria è il ridimensionamento del libero arbitrio, perché, in quanto la volontà dell’uomo non conta nulla, non è possibile essere gli artefici del nostro destino. Questo pensiero viene espresso nel saggio del 1525 “De servo arbitrio”, scritto in risposta diretta ad Erasmo che un anno prima aveva composto il saggio “De libero Arbitrio” che era una sorta di risposta generica alla teoria di Lutero: Erasmo, pur concordando su alcuni punti, sosteneva che i meriti dell’uomo dovevano essere riconosciuti. Lutero, inoltre, nelle sue tesi, afferma l’esistenza di un filo diretto tra uomo e Dio, che si realizza attraverso la sola lettura in prima persona dei testi sacri, senza la mediazione della Chiesa. Il libero esame delle scritture viene definita nella teologia luterana come “sacerdozio universale”, nel senso che ciascuno di noi può essere sacerdote, può confrontarsi con le scritture sacre. Proprio per questo Lutero si opera a tradurre la Bibbia dal Latino al tedesco, per una maggiore disponibilità di lettura dei testi ai fedeli. Infine, Lutero insiste sulla necessità di ritorno al vangelo come luogo dove è presente la volontà di Dio e per questo motivo criticherà la versione presentata dalla Chiesa dei sette sacramenti, anziché solo due, quali il battesimo e l’eucarestia. ciao ciao Reazione della Chiesa e di Carlo V La reazione del papa alle 95 tesi non fu immediata, principalmente perché Lutero in un primo momento non voleva fondare una nuova Chiesa, solo aprire una discussione sull’argomento. La reazione effettiva ci fu qualche anno più tardi, nel 1520, con la bolla papale Exsurge Domine, in cui Leone X minacciò di scomunica Lutero, se egli non avesse ritratto le proprie tesi. Quest'ultimo non la prese tanto bene, e sapendo che ora i principi tedeschi lo appoggiavano, appena riceve la bolla, la brucia in pubblica piazza. Allora, nel 1521, il papa scomunica Lutero, ed è questo il momento in cui interviene sulla scena Carlo V, che fino ad allora era rimasto in disparte, siccome si accorse che la predicazione di Lutero stava causando disordine all’interno dell’Impero. Cerca inizialmente di riportare ordine convocando nel 1521 l’assemblea di Worms, chiedendo nuovamente a Lutero di ritirare le sue tesi, ma l’atteggiamento del monaco non cambia e allora l’imperatore si vede costretto ad emanare l’editto di Worms, che comportava l’esilio di Lutero dai territori del regno. A questo punto compare la figura di Federico di Sassonia, che lo ospita nel suo castello in Turingia. Guerre dei contadini Nel frattempo, in Germania, le idee di Lutero si diffondono rapidamente, anche negli strati più bassi della popolazione. Infatti, i contadini tedeschi interpretarono la visione di Lutero come un invito alla rivolta in quanto essa negava l’esistenza della gerarchia ecclesiastica.
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