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La Rivoluzione e l'Esercito Napoleonico: La Transformazione dell'Esercito Francese, Sintesi del corso di Storia

Storia della Rivoluzione FranceseStoria delle guerre napoleonicheStoria militare modernaStoria dell'esercito francese

Come l'Esercito Napoleonico ereditò e perfezionò le forze armate già pronti dai suoi predecessori, innovando radicalmente il reclutamento di ufficiali e soldati. La Rivoluzione portò all'amalgama di regolari con cittadini-soldati, favorendo la metamorfosi di eserciti rivoluzionari in truppe affidabili. La permanenza dei cittadini-soldati nei ranghi degli eserciti per anni contribuì alla combattività e alla acquisizione di competenze belliche. La coscrizione vera e propria fu introdotta solo nel 1799, ma le leve di massa garantirono un vantaggio quantitativo ai francesi. Il merito e il talento presero il posto della nascita come criterio per l'attribuzione di spalline e promozioni. La carriera di Bonaparte fu un'eccezione, ma il merito e il talento permisero a molti giovani ufficiali di raggiungere rapidamente posizioni di comando. L'esercito divenne un ascensore sociale, contribuendo alla sua combattività.

Cosa imparerai

  • Come l'esercito francese divenne un ascensore sociale durante le guerre napoleoniche?

Tipologia: Sintesi del corso

2017/2018

Caricato il 23/03/2018

maio13
maio13 🇮🇹

3.9

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Scarica La Rivoluzione e l'Esercito Napoleonico: La Transformazione dell'Esercito Francese e più Sintesi del corso in PDF di Storia solo su Docsity! GUERRE NAPOLEONICHE a cura di Piero Del Negro Del Negro, Piero. Guerre napoleoniche (Le guerre nella storia) (Italian Edition). Corriere della Sera. Edizione del Kindle. 2016 RCS MediaGroup S.p.A. Divisione Media, Milano L’EREDITÀ E IL POTENZIAMENTO DELL’ESERCITO Bonaparte «ereditò dai suoi predecessori un esercito già pronto e continuò a perfezionarlo e a potenziarlo, fino a che non ottenne la formazione perfetta – i corpi d’armata – con la quale attuare i suoi principi di guerra mobile, a largo raggio». 2 Non si può che sottoscrivere questo giudizio dello storico britannico David Geoffrey Chandler, uno dei massimi studiosi delle Guerre napoleoniche: anzi appare opportuno estenderlo, al di là delle scelte in materia di organica, all’intero quadro militare. La Rivoluzione innovò radicalmente il reclutamento tanto degli ufficiali quanto dei soldati. Anche se le prime battaglie furono combattute da eserciti composti principalmente da professionisti, questi ultimi furono ben presto integrati – e numericamente soverchiati – dalle Guardie nazionali e dagli altri cittadini-soldati mobilitati con le leve di massa del 1793 (sulla carta più di un milione di uomini). L’amalgama dei battaglioni superstiti di regolari con quelli composti da cittadini-soldati all’interno delle mezze-brigate (così furono ribattezzati i reggimenti) fu, in linea generale, un successo. Inoltre la permanenza dei cittadini-soldati nei ranghi degli eserciti lungo parecchi anni favorì la metamorfosi di eserciti rivoluzionari in truppe assai affidabili nella misura in cui avevano conservato motivazioni ideali tali da garantirne la combattività e nello stesso tempo avevano acquisito significative competenze belliche. Si ricorda che la coscrizione vera e propria su base quinquennale, salvo che in tempo di guerra, clausola che di fatto consentiva, in quegli anni di continui conflitti, di trasformare i soldati di leva in professionisti, fu introdotta soltanto nel 1799. Le leve di massa garantirono anche ai francesi, in parecchi casi, un vantaggio quantitativo, che permise spesso di ovviare agli inconvenienti che derivavano dal ridotto addestramento dei quadri e della truppa. Quanto agli ufficiali, la quota parte degli aristocratici diminuì, tra il 1789 e il 1793, da oltre il 90 al 3 per cento: il merito e il talento presero il posto della nascita quale criterio per l’attribuzione delle spalline e per le promozioni, anche se Carnot e poi lo stesso Bonaparte avrebbero sempre continuato ad avere un occhio di riguardo per la componente nobiliare rimasta al servizio della Repubblica. Non è un caso che nel 1814 ben 166 dei 277 generali di Napoleone provenissero da famiglie nobili dell’antico regime, anche se spesso, a partire dallo stesso Bonaparte, si trattava di una nobiltà minore. Il merito e il talento, soprattutto se sommati alle protezioni politiche (vedi il ruolo dei commissari alle armate, importantissimo sotto Robespierre e poi ridimensionato dal Direttorio), permisero a giovani ufficiali, che erano favoriti anche dall’esodo degli aristocratici e dalle epurazioni di generali incapaci e/ o traditori della causa repubblicana, di raggiungere rapidamente posizioni di comando. Sotto questo profilo la fulminante carriera di Bonaparte fu senza dubbio eccezionale (gli fu affidato il comando di un’armata a soli ventisette anni) ma, come attestano, tra gli altri, i casi degli ufficiali Lazare Hoche, Louis Charles Antoine Desaix, Barthélemy Catherine Joubert, Jean-Victor Marie Moreau, Jean-Charles Pichegru, Guillaume Marie-Anne Brune, Jean-Baptiste Jules Bernadotte e Jean- Baptiste Jourdan, tutti arrivati ai vertici prima, talvolta di parecchio, dei quarant’anni, fu anche l’espressione di un fenomeno strutturale. Tra coloro che poterono avvantaggiarsi della temperie rivoluzionaria vi furono non pochi sottufficiali e soldati di carriera: otto dei ventisei marescialli di Napoleone appartenevano, alla vigilia della Rivoluzione, alla bassa forza. L’esercito divenne, come non lo era mai stato in precedenza, un ascensore sociale. Una caratteristica, questa, che contribuì non poco alla sua combattività, che fu accortamente potenziata grazie anche ad un’intensa mobilitazione ideologica delle truppe (tra l’altro con la diffusione di una stampa ad esse dedicata e l’abile utilizzazione di un’oratoria bellica, della quale Bonaparte fu un indiscusso campione) anche quando la stagione giacobina fu definitivamente liquidata e con essa anche il tentativo d’introdurre la democrazia nell’esercito. Fu quindi abbandonata la prassi delle elezioni degli ufficiali da parte di chi ricopriva un grado inferiore a quello in palio e quelle dei consigli di amministrazione – le rappresentanze della “base” in seno alle mezze brigate – e dei giurì di giudizio militari. Oltre ai vantaggi, che discendevano da un reclutamento delle forze armate in base ai principi rivoluzionari cari al Terzo Stato, la Francia repubblicana e, dal 1804, imperiale approfittò di una serie di novità organiche, tattiche e logistiche. Come ha sottolineato Chandler, il corpo d’armata, vale a dire la riunione in un organismo interforze di due o tre divisioni di fanteria e di corpi adeguati delle altre armi (cavalleria, artiglieria, genio), permise delle manovre tattiche e strategiche, che erano di fatto vietate al macchinoso organico dell’antico regime basato sui reggimenti di fanteria. Il corpo d’armata fu una novità introdotta da Bonaparte dopo che aveva conquistato il potere. Ma la costituzione di unità organiche superiori al reggimento era avvenuta già nel 1793, quando era stata reintrodotta nell’esercito francese la divisione, recuperando un tentativo promosso dagli illuministi militari alla Guibert nel corso della Guerra dei Sette anni. Sotto la guida di Carnot e degli scienziati, che furono coinvolti nella mobilitazione militare nazionale, la guerra si caratterizzò sempre di più per le sue innovazioni tecnologiche: vi fu, tra l’altro, l’impiego a fini militari dei palloni aerostatici, un esperimento che Bonaparte, per certi aspetti più tradizionalista dell’ingegnere Carnot, abbandonò. Fu promosso, ancora, un affinamento degli strumenti di esplorazione e d’intelligence allo scopo di raggiungere una conoscenza approfondita del terreno. Fu particolarmente potenziato l’ufficio topografico, che si vide assegnato anche il compito di raccogliere le informazioni statistiche e le memorie storico-militari relative alle aree cartografate. Di conseguenza fu possibile pianificare con un grado maggiore di accuratezza i movimenti delle truppe, le quali furono impiegate nei combattimenti in campo aperto in modo da condurle ad attacchi quanto mai aggressivi, ma senza rischiare di esporle a perdite talmente elevate da comprometterne la coesione e l’efficienza. A tale scopo furono utilizzati gli sciami dei tirailleurs, una fanteria leggera che serviva, ad un tempo, a saggiare in vari settori del fronte la forza e la disposizione delle truppe nemiche, a scompaginarne le file e a mascherare il movimento delle colonne d’assalto, che privilegiavano l’urto – la carica alla baionetta – sul volume di fuoco. Le colonne offrivano il duplice vantaggio di prestare al fuoco nemico un bersaglio ridotto e di provocare con il movimento a ondate il panico nelle file degli avversari, in quanto il fumo prodotto dalla polvere impediva di valutarne la profondità. La preferenza concessa alla colonna va considerata in parte una scelta obbligata, dal momento che la mancanza nei primi eserciti rivoluzionari di truppe addestrate e talvolta anche di armi da fuoco imponeva di ricorrere all’arma bianca, ma obbediva anche ad una direttiva strategica di Carnot: non ci si doveva limitare a conquistare il campo di battaglia, ma bisognava invece incalzare con la massima energia l’esercito nemico in modo da provocarne il collasso e quindi da conseguire una vittoria totale. La tattica aggressiva degli eserciti della Rivoluzione era richiesta anche dalle scelte logistiche. La mobilitazione di centinaia di migliaia di uomini poneva dei problemi enormi. Ricorrere agli strumenti tipici della guerra settecentesca (i depositi di viveri e di materiali nelle fortezze, i convogli, le linee di rifornimento ben presidiate…) non solo era estremamente costoso e richiedeva notevoli capacità organizzative, ma rischiava anche di privare le armate della Repubblica di una delle principali carte che potevano giocare: la mobilità e, quindi, la possibilità di cogliere di sorpresa il nemico. Di qui l’invito di Carnot a conquistare sempre nuovi territori in modo da poter vivere a spese degli Stati occupati. Nelle vittorie francesi giocò un ruolo importante e talvolta anche decisivo l’artiglieria campale: lo testimoniano tra le battaglie del 1792 Valmy, dove fu arrestata la marcia dei prussiani verso Parigi, e tra quelle del 1793 Wattignies, che permise di riconquistare i Paesi Bassi austriaci. L’artiglieria francese era stata notevolmente migliorata dalle riforme introdotte intorno al 1770 da Jean-Baptiste Vacquette de Gribeauval, che aveva ripreso, migliorandole, le innovazioni che avevano assicurato una temporanea primazia alle artiglierie
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