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Guida allo studio della storia medievale di Paolo Cammarosano, Sintesi del corso di Storia Medievale

Il documento contiene solamente alcuni dei capitoli del libro di Cammarosano

Tipologia: Sintesi del corso

2017/2018

Caricato il 06/10/2018

carolina.rigo
carolina.rigo 🇮🇹

4.6

(166)

19 documenti

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Scarica Guida allo studio della storia medievale di Paolo Cammarosano e più Sintesi del corso in PDF di Storia Medievale solo su Docsity! Guida allo studio della storia medievale PAOLO CAMMAROSANO LE FONTI La storia è una scienza indiretta perché lo storico non studia l’oggetto della sua ricerca ma le fonti che gli consentono di conoscere quell’oggetto. Fonte è ogni prodotto della vita passata degli uomini che è rimasto a noi. Se l’oggetto della nostra ricerca è un periodo vicino a noi e le fonti sono state scritte da personaggi che hanno vissuto quei fatti siamo in presenza anche di un prodotto storiografico (la testimonianza personale da un lato e l’elaborazione storiografica dall’altro). Lo studioso che si approccia alle fonti le filtra attraverso i propri sentimenti, le opinioni, i pregiudizi e le passioni che gli sono state trasmette, rispetto a questo dato di fatto ineluttabile l’unica cosa che può fare è mantenere una certa razionalità di esposizione e dichiarare sempre le fonti o le opinioni storiografiche alle quali ha fatto riferimento. Dalla fine dell’Ottocento si è ritenuto che l’attenzione storica dovesse rivolgersi ad ogni esperienza umana e da quel momento è venuta in pieno risalto la grande varietà ed eterogeneità delle fonti. Nel corso del tempo sono stati vari i tentativi di operare delle classificazioni, un criterio che ha avuto parecchio peso faceva riferimento al carattere intenzionale o meno delle fonti: ad esempio la differenza tra una cronaca creata con l’intenzione di trasmettere ai posteri e una scrittura notarile con mera funzione pratica. Tuttavia il confine tra le due pratiche può essere sottile in certi casi. La classificazione in base al carattere della scrittura dal canto suo rischia di limitare l’intera conoscenza storica alla somma delle fonti materiali e scritte, tralasciando l’immenso peso del silenzio e delle fonti che non sono identificabili fisicamente. PARAMETRI CLASSIFICATORI: Dimensione del tempo - Durata: • Fonti puntuali, come un contratto scritto in qualche ora • Fonti di lungo periodo, come un paesaggio agrario - Ritmo e modalità dei tempi di formazione: una narrazione può essere stata scritta “in una sola volta”, essere il risultato di blocchi intervallati oppure avere una forma diaristica. Questo parametro è tanto più rilevante quanto è maggiore la durata di formazione. • Fonti di lungo periodo continue: forme mentali come la lingua e i paesaggi rurali. • Fonti di lungo periodo discontinue, che presentano l’esito di fasi successive e caratterizzate da fasi di intervallo: paesaggi urbani e le loro componenti (chiese, edifici religiosi, urbani, strutture insediative ed edilizie), archivi, biblioteche, musei. Occorre afferrare lo svolgimento urbanistico adottando un procedimento regressivo, a partire dai maggiori interventi dell’età industriale fino ad arrivare alle alterazioni recate nel Sei e Settecento da iniziative di principi, sovrani, enti ecclesiastici, individuando gli strati medievali e ipotizzando come scomparvero edifici e segmenti urbanistici medievali nel corso del tempo. • Fonti di lungo periodo e di formazione continua: credenze religiose, atteggiamenti mentali e comportamenti della vita quotidiana. Si tratta di processi che giungono fino a noi e nei quali siamo coinvolti. L’atteggiamento che in genere si tiene nei confronti di queste fonti è di tipo antiquario, si tendono a cogliere le differenze e poco ci si sofferma sulle possibili analogie e similitudini. Oltre alla fonte in sé uno storico deve tenere conto dell’insieme dei fattori culturali che hanno confluito su quella testimonianza, ciascuno dei quali ha avuto tempi di formazione propri. Dimensione dello spazio - Geografia della fonte: • Collocazione originaria e luogo di conservazione attuale. È importante avere una percezione del complesso dei diversi momenti della vita di una fonte, anche perché la custodia solitamente è il risultato di un meccanismo di alterazione che la distacca dall’ambiente in cui ha preso forma (reperti archeologici, monumenti iconografici fonti figurative e documenti scritti). La collocazione aveva una destinazione pubblica, privata o era a disposizione di un piccolo gruppo di fruitori? • Fatti culturali di provenienza più o meno lontana, percorsi di risonanza e diffusione (ambito artistico e letterario). 1 • Conoscenza dell’evoluzione delle forme morfologiche, vegetative, agrarie e insediative, dello spazio territoriale che si sta analizzando, nel loro andamento cronologico complessivo. Nello studio di un insediamento alto-medievale di un villaggio confluiscono specialisti differenti, il gruppo di lavoro archeologico si occupa delle analisi geografiche di superficie, delle valutazione dei reperti, delle tecniche costruttive in legno o in muratura, degli esami dei reperti ossei, analizza le fonti documentarie e studia monete e gioielli e così via. Analisi archeologiche di questo genere mettono insieme strutture ed oggetti che si trovano ancora o in parte nel loro territorio originario. Le forme della scrittura L’approccio alle fonti scritte deve essere di tipo archeologico, ovvero, deve tener conto della frammentarietà degli elementi superstiti da un complesso originariamente ben più vasto. Frammentarietà sotto diversi punti di vista: - Testi superstiti di un insieme di altri testi eguali, scritture simili: un singolo atto di compravendita proveniente da un monastero che sicuramente ha intrattenuto altre relazioni commerciali. - Testi superstiti di un processo di scritture: un contratto notarile prevedeva la redazione della minuta, della mundum, la registrazione in forma abbreviata sul quaderno dei notaio etc. - Testimone superstite di procedimenti nei quali presero parte gesti, riti e parole. La maggior parte dei documenti scritti rappresenta una forma di verbalizzazione di volontà ed atti espressi oralmente. Il carattere intrinsecamente lacunoso delle fonti ci offre l’opportunità di superare una “tipologia delle fonti” in vista di una “tipologia dei procedimenti” che ne descriva l’articolazione, la complessità, le opportunità di conservazione nel tempo etc. Inoltre dobbiamo considerare che la maggioranza degli atti umani passava e passa per manifestazioni differenti dalla scrittura: il rapporto feudale non fu messo per iscritto fino al sec. XI. Queste lacune possono essere strutturali (originarie) o incidentali. La produzione delle scritture dipende innanzitutto dal numero e dalla varietà dei rapporti sociali per i quali in una determinata epoca si richiede il ricorso alla forma scritta. La richiesta può essere formale e provenire dall’autorità, che esige la messa per iscritto di rapporti civili per assicurarne la tutela pubblica, o sottoforma di richiesta spontanea e informale della società (cultura, poesia, religione). Soprattutto in campo giudiziario durante il medioevo si assiste ad una progressiva emarginazione di riti orali e gestuali (come il giuramento e il duello) che vengono sostituiti dalla scrittura. L’aumento delle richieste sociali di scrittura determinò anche un incremento di alfabetizzazione, attiva e passiva, e la conseguente crescita di istituzioni scolastiche. Nonostante si trattò di un processo plurisecolare l’impulso decisivo nell’uso della scrittura e dell’alfabetizzazione si verificò tra XII e XIII secolo, seppur con grandi difficoltà a causa della dissimmetria tra lingua parlata e scritta. Ad eccezione della breve parentesi della civiltà gotica e dell’Inghilterra anglosassone in tutti paesi d’Europa era consuetudine sociale scrivere in latino e in greco e parlare in volgare. Ancora nel 300 i notai che riportavano i verbali delle sessioni giudiziarie o dei consigli comunali traducevano in forma latina e il riconoscimento delle lingue volgari nella scrittura ebbe luogo in tempi diversi e inizialmente si fece spazio nei testi privi di valore giuridico e pubblico. La fisionomia delle fonti giunte sino a noi dipende dalle modalità di custodia iniziale e di trasmissione alla posterità: - Materialità del supporto Nel corso dell'alto-medioevo si passò all’uso della pergamena (membrana), più resistente del precedente papiro. Anticamente i testi scritti venivano conservati in un rotolo (volumen), con l’avvento della pergamena la forma arrotolata si continuò ad utilizzare solo per i pezzi singoli scritti su una sola facciata (diplomi) mentre le scritture estese venivano organizzate in quaderni, ripiegate in quattro di un folium di pergamena e poi legate in un codex. I codici venivano disposti sugli scaffali mentre le pergamene sciolte e quelle arrotolate sistemati in casse e armadi. Nei monasteri in particolare, e dal XII secolo anche in altre sedi di custodia, si instaurò la pratica di trascrivere i contratti e i diplomi in un codice chiamato cartulario per renderne più agevole la consultazione. Dal Duecento le scritture in quaderno e codice divennero sempre più preponderanti anche in seguito all’evoluzione del notariato (registri poi depositati nel collegio notarile della città). Dal XIII secolo emerse lentamente un nuovo supporto, la carta (bambasia), utilizzata inizialmente per scritture più modeste e ancora verso la fine del medioevo per testi letterati e giuridici e atti di maggior peso veniva impiegata la pergamena. Anche la diffusione dell’uso della carta cambiò la fisionomia della documentazione di natura archivistica, pubblica e privata (registri cartacei). 2
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