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Guida allo studio della storia medievale (di Paolo Cammarosano - Editori Laterza), Sintesi del corso di Storia Medievale

Ecco i riassunti del libro "Guida allo studio della storia medievale (di Paolo Cammarosano - Editori Laterza)". Non si tratta di acquistare il libro ma una incredibile sintesi che a me ha permesso di prendere 28 e che a te farà risparmiare settimane di studio ! Vedrai non te ne pentirai ;)

Tipologia: Sintesi del corso

2015/2016

In vendita dal 28/06/2016

BorjaGion
BorjaGion 🇮🇹

4.3

(98)

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Scarica Guida allo studio della storia medievale (di Paolo Cammarosano - Editori Laterza) e più Sintesi del corso in PDF di Storia Medievale solo su Docsity! Guida allo studio della storia medievale cap 1, pag 1 La guida è strutturata in 4 parti: La prima parte percorre la formazione dell’idea di medioevo dall’età dell’umanesimo al 900’ e illustra i percorsi, i metodi e gli strumenti per la ricerca storica sul medioevo. Il medioevo è un concetto, uno strumento interpretativo e non un’entità effettiva. Un concetto visto come età di mezzo, età di decadenza. Per il medievista conoscere l’età moderna e contemporanea, significa conoscere le interpretazioni date al concetto di medioevo. Il richiamo all’antico c’è nella politica del 200 e 300 (Brunetto Latini incentrò il suo ragionare politico sulla ripresa della retorica ciceroniana). Nel 400 vi fu un richiamo alle forme della scrittura antica(Petrarca con la littera antiqua). Nelle arti il richiamo ai modelli figurativi romani ed ellenistici (Donatello – Brunelleschi - Alberti) modernizzò forme classiche dell’architettura. Si cominciò a studiare la lingua dei testi medio-latini. Dalla metà del 500’ si cominciò a guardare allo studio dei testi medievali e alle loro fonti. Le fonti si dividono in SCRIPTORES:  esposizioni di vicende storiche scritte con il proposito di tramandare notizia dei fatti. Cap 1, pag 2 Le FONTI LEGISLATIVE però contenevano troppi documenti privati e si scelse il sistema dei DIPLOMI per evidenziare quelli autentici. Si rivendicò il predominio della critica razionale dei testi e tra questi Ludovico Antonio Muratori fu denunziatore di falsi e privilegiava le fonti narrative (scriptores). Nell’ambito dell’illuminismo francese e scozzese l’epoca, seguita alla caduta dell’impero romano, venne considerata come il trionfo di una barbarie e di una superstiziosità religiosa, che per secoli avrebbero represso la libertà degli uomini e il loro sviluppo culturale. A cavallo tra 700’ e 800’, fra illuminismo e primo romanticismo, le rovine medievali furono guardate con interesse da architetti, pittori e letterati. Ma l’evento più importante fu l’affermarsi del principio che tutti hanno diritto all’istruzione e che chi aveva esperienza nella ricerca scientifica di una materia avrebbe potuto anche insegnarla. Grazie a questo nesso tra ricerca scientifica e insegnamento fu fondata l’università di Berlino. La tripartizione: antichità-medioevo-età moderna nella visione di Marx diventava la tripartizione fra 3 modi di produzione: schiavistico-feudale-capitalistico. Incentrata sulle classi sociali e sui modi di produzione, l’analisi marxiana riconosceva importante per l’ordine antico: la schiavitù e il lavoro schiavile. Quanti si ispirarono a Marx guardarono alla storia economica e all’affermazione del capitalismo. Furono fatti molti studi sul significato che avevano avuto i secoli medievali nella formazione dell’economia europea. Cap 1, pag 3 Nel clima del positivismo molti studiosi vollero dare alla storia il significato di una scienza alla ricerca della verità, per conoscere tutti gli aspetti del passato umano. Nel XIII° secolo vi fu l’avvento dei Mongoli e la costituzione del dominio di Gengis Khan, anche se inizialmente in occidente, l’eco delle conquiste mongole fu assai debole. Nello scenario europeo e mediterraneo si installarono numerose popolazioni che definiamo in base alla loro lingua. Quindi sulla base di ciò, è possibile delineare 3 raggruppamenti: latino, germanico e slavo. Dai bacini del Dnipro gli slavi si espansero per colonizzare progressivamente nuovi spazi da destinare all’agricoltura sedentaria e all’insediamento dei villaggi. RELIGIONE E POTERE POLITICO Dal punto di vista religioso il medioevo rappresentò innanzitutto una grande opera di distruzione. Distruzione perché altri sistemi religiosi soppiantarono, a più riprese, il paganesimo, ovvero un sistema religioso strettamente aderente alla vita mortale e fondato su un insieme di divinità. A differenza del paganesimo, queste nuove religioni erano tutte accomunate dal fatto di essere religioni monoteiste e dal fatto che si basavano sulla credenza di un destino ultraterreno dipendente dalla fede in Dio e dall’adesione in vita alle leggi che essa dettava. Una delle più importanti fu l’ebraismo, una religione monoteista caratterizzata da un’aspirazione di salvezza come popolo nel suo complesso, e quindi tesa al proselitismo. Cap 2, pag 3 Uno dei movimenti di salvezza emersi entro la religione ebraica fu il cristianesimo; era molto diffuso nella parte orientale dell’impero romano e in moltissime città dell’occidente. La religione cristiana aveva trionfato con la conversione dell’imperatore Costantino. (Punto forte del cristianesimo fu la costituzione di una complessa casta sacerdotale alla quale fu attribuito il ruolo di amministrazione dei sacramenti, e il riconoscimento di un ruolo di intercessione presso Dio a persone morte in nome della fede cristiana – martiri – e a persone che si sono distinte per eccezionali opere benefiche –santi). Il quadro religioso venne alterato profondamente nel secolo VII° con i successi di predicazione del profeta Maometto e con l’avvento di una nuova religione monoteista, l’Islam. Ciò che sappiamo della vita di Maometto (570-632) deriva dal testo sacro dell’Islam (“Corano”) e dalle tradizioni. Sappiamo che Dio (Allah) si è rivelato al profeta per mezzo di un angelo, e che avrebbe quindi dovuto diffondere e predicare tra gli Arabi. Arabi che prima di allora erano seguaci di un paganesimo con una sorta di pantheon (tra le quali divinità vi era anche Allah). Maometto si allontanò dalla ostile La Mecca e nel 622 ci fu l’Egira, dove quindi si traferì a Yatrib (odierna Medina). Due anni più tardi ci fu il primo conflitto tra gli arabi avversari e gli arabi fedeli a Maometto. I seguaci di Maometto trionfarono, grazie anche all’aiuto di Allah che mostrò ai nemici l’esercito di Maometto come se fosse raddoppiato. Iniziò ad esserci intolleranza anche verso giudei, infatti ci fu a Medina un vero e proprio massacro degli Ebrei. Nel 630 tornò a La Mecca. Alla morte di Maometto nel 632 il primo califfo dell’Islam diede luogo ad una serie di conflitti contro quelle tribù che, con la morte del profeta, volevano concludere l’alleanza. Questa serie di conflitti è nota anche come guerra di Riddah, e non fece che allargare i confini dell’Islam. Fra il 633 e 637 l’Iraq venne conquistato dai musulmani, venne conquistata anche la Siria. I musulmani assunsero anche il controllo dell’Egitto, però la conversione alla nuova religione da parte della popolazione egiziana procedette lentamente. Cap 2, pag 4 Più difficoltosa fu la conquista dell’Africa nord-occidentale, che si arrestò quando si trovarono di fronte ai Berberi, un popolo non molto strutturato politicamente, ma molto unito al suo interno. Sin dalla morte di Maometto, i musulmani si divisero in due rami: sunniti e sciiti. Sunniti che credevano che il leader della comunità islamica, ovvero il legittimo califfo dovette essere “Abu Bakr” (compagno di Maometto e studioso islamico). Il secondo ramo, gli sciiti, sosteneva invece che diventare califfo fosse un diritto riservato ai discendenti di Maometto, e che quindi spettasse ad Ali, genero di Maometto, poiché il profeta non aveva avuto figli maschi. Il testo sacro era il Corano, suddiviso in “sure”, capitoli disposti in ordine di lunghezza decrescente. Ogni sura si apriva con l’invocazione di Allah. Anche i musulmani ebbero tolleranza zero nei confronti dei pagani. EVOLUZIONE ECONOMICA E CLASSI SOCIALI CURTIS: grande proprietà Erano tenute in coltura, in parte dal proprietario, con lavoro servile, in parte da tante famiglie contadine. MANSI: capofamiglia contadino MASSARIUS: traeva la sua sussistenza immediatamente dal prodotto del proprio lavoro, dedotti in censi che doveva dare al proprietario Il rapporto feudale era un vincolo molto forte ma al tempo stesso non lesivo dello status di libertà personale. Anzi, il requisito della libertà era essenziale sia per il signore feudale che per il vassallo. Da una parte vi era un signore detto “Dominus” (proprietario) e un “vassus” (servo) che riceveva dal sovrano l’affidamento di incarichi amministrativi e la gestione dei territori. Il vassallo inoltre doveva giurare obbedienza e fedeltà al sovrano. La controprestazione del servizio, da parte del dominus nei confronti del vassus era nota con il termine “beneficium”. Cap 2, pag 5 Il dominus dava quindi in concessione al vassallo un bene materiale. Più tecnicamente si adoperò il termine “feodum” che aveva il valore di salario. Il vincolo feudale si rescindeva per il venire meno della fedeltà, e comunque alla loro morte. Fra XI° e XII° secolo i rapporti feudali conobbero un’esistenza crescente. Nelle prime decadi del Trecento si ebbero numerose carestie ed epidemie. Nel 1348 dilagò la più celebre pestilenza della storia europea. LA STRUTTURA DEL GOVERNO CIVILE Per tre secoli (dall’VI° al VIII° secolo) l’unica autorità imperiale formalmente di tale qualifica era quella con sede a Bisanzio (Costantinopoli) . Solo con Carlo Magno, dopo la vittoria sul re longobardo Desiderio, e l’unificazione dei 2 regni (Franco e Longobardo), si formò un nuovo impero. L’occidente europeo aveva conosciuto dalla metà XII° secolo una vigorosa ripresa dell’autorità imperiale con Federico I di Svevia (Barbarossa), sostenitore di un’idea di impero, di un’autorità dove le prerogative giurisdizionali e fiscali dovevano essere Cap 3, pag 2 ANALISI La storia si fa con le fonti, ossia il passato può essere conosciuto e ricostruito soltanto attraverso le testimonianze che di esso sono pervenute sino a noi. Una volta individuata la fonte, occorre determinare la sua capacità d'informare, cioè riconoscere la natura delle informazioni e il loro grado di compiutezza e di attendibilità. Su questi diversi aspetti è stata costruita a partire del Settecento la critica delle fonti dove, attraverso una metodologia storica ritenuta 'oggettiva', si voleva verificare l'attendibilità delle informazioni fornite dalle fonti scritte sulla base della natura della testimonianza, della personalità del suo autore e delle condizioni in cui era nata. In seguito, soprattutto nel corso del XX secolo, la critica si è ulteriormente affinata, allargando il concetto stesso di fonte, che ormai non è più limitato ai soli testi scritti, ma si è esteso anche per il medioevo a tutte le cosiddette testimonianze preterintenzionali: manufatti e archeologia. Le fonti possono essere distinte anche in fonti scritte e non scritte: Scritte  letterarie, narrative, documentarie (storie, biografie o documenti di natura giuridica); Non-Scritte  archeologiche, iconografiche, monumentali, naturali (il paesaggio ad esempio); Per quanto riguarda la “critica delle fonti”, in Italia l’apice venne raggiunto nella prima metà del Settecento con Ludovico Antonio Muratori (considerato il padre degli storiografi italiani), dove con la monumentale opera “Rerum Italicarum scriptores” (Scrittori di cose italiche) intraprese un'edizione sistematica di fonti narrative. L'opera è articolata nella raccolta di documenti e fonti per la storia italiana dal VI° al XV° secolo. Muratori dedicò gran parte della propria vita alla redazione di questa opera, pubblicandola in 28 volumi tra il 1723 ed il 1751. GUIDA ALLO STUDIO DELLA STORIA MEDIEVALE cap 4, pag 1 Vi sono alcune opere di carattere generale la cui lettura è d’obbligo per il medievista. Fra queste opere vi sono 2 testi che apparvero alle soglie della seconda guerra mondiale, e che rappresentano un punto fermo per moltissime problematiche generali. E sarebbero: “L’Historie de l’Europe” di Henri Pirenne e la “Societè fèodale” di March Bloch. Henri Pirenne era un autorevole professore belga, che quando venne fatto prigioniero dai tedeschi, durante la 1° guerra mondiale, tenne in un primo tempo lezioni di storia generale ai prigionieri russi, e in seguito compilò una sorta di abbozzo scritto. L’Historie d’Europe è un’opera incompleta, infatti egli avrebbe voluto che iniziasse dalla crisi dell’impero romano che si concludesse con lo scoppio della grande guerra. In realtà invece l’opera si arrestò all’età del Rinascimento e della Riforma. La parte dedicata alla fine del mondo antico sino agli inizi del XI° secolo è molto complessa. Una sorta di sintesi nella sintesi, che nella brevità trae la sua forza dal carattere saggistico e ideologico. In un’ottica molto eurocentrica, Henri Pirenne considerò il ridimensionamento del “germanesimo” come elemento fondante dell’Europa, rifiutò la visione dell’età barbarica come di una “giovinezza” dell’Europa ed ebbe la visione del mondo dal IV° al VII° secolo come un mondo che doveva i suoi tratti di forza politica e culturale all’eredità romana, pur decaduta in seguito alle invasioni barbariche. Quindi Pirenne vedeva una sorta di continuità tra la civiltà imperiale romano-ellenistica e medioevo, rinforzata dalla diffusione del cristianesimo e dalla persistenza di una circolazione mercantile e culturale nel Mediterraneo. La frattura sarebbe avvenuta con l’affermazione dell’Islam nel VII° secolo. Un fatto che Pirenne considerò come distruttivo e FORIERO di fanatismo religioso e intolleranza. Per Pirenne le conquiste musulmane segnarono la definitiva divisione fra parte occidentale e orientale dell’antico impero romano. Secondo Pirenne lo sviluppo storico non è continuo ma caratterizzato da fenomeni di discontinuità tra un’epoca e l’altra. Questa convinzione valeva anche per la storia economica e sociale. cap 4, pag 2 Per Pirenne, l’Europa dal VII° al IX° secolo avrebbe visto la scomparsa della città e del commercio, dell’attività industriale e della circolazione monetaria. Ma avrebbe visto il trionfo della grande proprietà fondiaria, sia ecclesiastica che laica, con lo strapotere e l’autonomia delle chiese maggiori e l’affermazione di una classe aristocratica che nel mondo Franco si impadronirono della potenza apolitica e di quella militare. Secondo Pirenne il feudalesimo non fu una forza antagonista allo stato, ma anzi rispetto a questa dissoluzione, dovuto ad altri fattori (crisi dei commerci e delle città, prepotere dell’aristocrazia fondiaria e assenza di un esercito finanziato centralmente), i legami feudali tra nobili e re consentirono una tenuta del potere sovrano. Allo sviluppo di un ceto di vassalli, Pirenne collegò anche la nascita della nobiltà europea e che datò nel X° secolo. E sempre nel X° secolo sarebbe avvenuta la ripresa dell’organizzazione politica territoriale ad opera non di imperatori e re bensì di principati territoriali che sorsero soprattutto in Francia e Paesi Bassi. Alla “formazione della borghesia” Pirenne dedicò uno dei suoi libri (il quinto). Secondo Pirenne la ripresa degli scambi avvenne nel contesto del dinamismo veneziano, delle crociate, dell’espansione scandinava verso la Russia. Pirenne da anche un’interpretazione specifica indipendente dall’analisi concreta dei fatti, infatti secondo egli la classe di mercanti era formata da uomini nuovi, estranei alle classi nobiliari e contadine, ma che invece erano ai bassi vertici della società feudale. La società delineatasi tra l’XI° e il XII° secolo (costituita da clero, nobiltà e borghesia) avrebbe caratterizzato tanto la successiva storia europea (fino all’Ancient Regime). Nei capitoli dedicati al periodo che va dal XIII° al XVI° secolo si cerca di cogliere il nesso fra le evoluzioni politiche degli stati europei e la formazione delle nazioni e dei caratteri nazionali.
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