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HANS BELTING, ANTROPOLOGIA DELLE IMMAGINI, Schemi e mappe concettuali di Storia dell'arte contemporanea

Capitolo introduttivo e secondo capitolo

Tipologia: Schemi e mappe concettuali

2021/2022

Caricato il 13/04/2023

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chiara-propedo-3 🇮🇹

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Scarica HANS BELTING, ANTROPOLOGIA DELLE IMMAGINI e più Schemi e mappe concettuali in PDF di Storia dell'arte contemporanea solo su Docsity! ANTROPOLOGIA DELLE IMMAGINI, HANS BELTING 1. Introduzione: Hans Bel ng sposa il punto di vista antropologico all’interno del discorso sulle immagini, costruendo una antropologia delle immagini. Per immagine usa il termine bild, picture e image, immagine. L’opera d’arte viene considerata come ogge o tangibile, con una propria storia, può essere classificata, datata ed esibita. L’immagine, invece, sfida i tenta vi di reificazione e si estende fino al confine tra esistenza fisica e mentale. L’immagine può vivere in un opera d’arte, ma non coincide esa amente con essa. Alla domanda cos’è un immagine Bel ng solleva diverse ques oni all’immagine nella storia dell’arte (Waburg antropologia dell’immagine; Gombrich arte e psicologia…). L’immagine = prodo o di un determinato mezzo – pi ura, foto, video/prodo o del nostro io. Generiamo immagini personali che interagiscono con le altre immagini del mondo visibile. Obbie vo di Bel ng è produrre una interazione e interrelazione tra IMMAGINE – CORPO – MEZZO. Corpo e mezzo sono entrambi coinvol nel significato delle immagini funerarie, dove vengono esibite al posto del defunto, per occuparne il posto vacante. Le immagini necessitano di corpo ar ficiale, il mezzo, necessitano dell’incarnazione per acquistare visibilità. A raverso le immagini il corpo perduto viene scambiato con il corpo virtuale dell’immagine. È nello scambio la contraddizione che cara erizza l’immagine, perché rende visibile l’assenza fisica, di un corpo trasformandolo in presenza iconica. La medialità dell’immagine è radicata nell’analogia corporea, le immagini contano su due a altamente simbolici che presuppongono il nostro copro vivente: - A o della fabbricazione - A o della percezione Uno lo scopo dell’altro. L’interazione corpo e immagini esteriori include un terzo parametro: il mezzo, medium. Dis nguere l’immagine e mezzo: - Iconoclas a: violenza sull’immagine, distrugge il supporto, mezzo, lascia inta a l’immagine stessa perché non abbandona l’osservatore. Eliminando l’immagine nella sua presenza fisica tenta di negarle anche l’esistenza nella sfera pubblica. In questo caso la distruzione è solo simbolica, perché l’eliminazione di un’opera pubblica non garan sce l’oblio o il disprezzo per quell’immagine nella mente delle persone. - Immagine come presenza di un’assenza: le immagini tes moniano l’assenza di ciò che rendono presente come scultura, monitor… il paradosso delle immagini è tes moniare la presenza di un’assenza, ovvero il risultato della nostra capacità di dis nguere tra immagine e mezzo. Grazie ai mezzi, hanno la vera presenza che volevano trasme ere. La relazione tra assenza (invisibilità) e presenza (visibilità) è esperienza corporea. La memoria è esperienza del corpo che genera even assen , persone ricordate in altro tempo e luogo. Medialità delle raffigurazioni: collegamento immagini e corpi. Nam Jine Paik, TV_BUDDHA, 1974 telecamera che proie a su una TV l’immagine stessa del Buddha. La statua diventa parodia della relazione TV e osservatore. I mezzi che interagiscono tra loro sono due, ma l’immagine una: - IMMAGINE DEL BUDDHA: è già immagine e crea e rifle e la stessa immagine, come fosse riflessa a uno specchio. Ciò ne determina una tautologia illusoria tra la velocità del nuovo mezzo (TV) e l’immobilità scultorea del vecchio mezzo (statua). Statua e TV sono entrambe di origine giapponese, uno recente l’altro an co. 2. Mezzo-immagine-corpo. Un’introduzione al tema La ques one dell’immagine Il discorso intorno alle immagini ha generato delle contraddizioni, si u lizza il medesimo conce o anche quando non si parla sempre delle stesse immagini. Questo ha provocato un indeterminatezza nel conce o stesso. Si parla: - Immagini del ricordo e della fantasia - Stesso piano immagini e ambito visuale - Immagini come segni iconici, che all’immagine è superiore, non appartenendoci. - Arte che ignora le immagini profane o so rae il monopolio dell’a enzione. L’approccio antropologico: studia gli uomini e non le immagini. Gli uomini isolano entro la loro a vità visiva ogni unità simbolica che si chiama immagine. La doppia significazione dell’immagine, esteriore e interiore, non è separata dal conce o stesso, per cui c’è fondamento antropologico. Un immagine è più del prodo o della percezione, è simbolizzazione personale o colle va. Viviamo con le immagini e comprendiamo il mondo a raverso di esse. Per l’antropologia l’uomo non è signore delle proprie immagini, ma è luogo delle immagini che ne occupano il corpo, in cui prova a dominarle, ma viene abbandonato dalle stesse immagini da lui generate. Che cos’è un’immagine? Artefa . Impossibile stabilire che cosa si cerchi in tali immagini, senza conoscere il come risiede nell’immagine o diventa immagine. Il come è la forma linguis ca dell’immagine (vs cosa del testo). Il come è guidato a raverso i mezzi con cui percepiamo le immagini, che ci giungono dall’esterno. Tecniche e programmi = sono designa come mezzi trasmissivi. Immagini-mezzo: sono due facce della stessa medaglia, non possono separarsi. Non si può ridurre l’immagine alla forma, che assume un mezzo quando la trasme e e non può essere spiegata con argomen convenzionali della ques one figura va. Quando ci si imba e nei corpi mediali, si anima l’immagine come se vivesse e parlasse, questo a raverso l’a o dell’animazione che risiede nella percezione. Il conce o mediale suggerisce la coscienza corporea, perché non viene confusa né con cose reali né con quelle inanimate. Immagini del ricordo e della fantasia stanno su un unico corpo come in un naturale mezzo trasmissivo: - Ricordo: creazione corporea di immagini - Memoria: archivio corporeo di immagini I mezzi figura vi hanno una doppia relazione con il corpo: 1. L’analogia con il corpo si realizza quando interpre amo i mezzi trasmissivi come corpi simbolici o virtuali delle immagini 2. I mezzi raggiungono la percezione corporea e la modificano: regolano la nostra esperienza corporea a raverso l’a o dell’osservazione, nella misura in cui esercitano sulla sua falsariga l’autopercezione, tanto più accogliamo di buon grado le immagini nelle quali riscontriamo un’analogia. Questo vale per i mezzi figura vi ele ronici, riduzione telema ca dello spazio che hanno portato ad uno scorporamento, nuovo po di esperienza del corpo. il corpo visualizzato o globalizzato realizza una estensione della propria percezione. L’interpretazione mediale ha rimesso in discussione il nostro corpo, che in qualità di sogge o mediale, è stato sfru ato da molte varian della semio ca. Nella teoria del segno = separato il mondo del segno dal mondo del corpo; in base all’idea che i segni si fondino su un accordo e trovino il loro habitat in un sistema sociale. le stesse immagini si riducono quindi a segni iconici. Per Gombrich le immagini trasme ono informazioni che non potrebbero essere comprese in nessun altro modo. Un punto di vista antropologico res tuisce all’uomo quello spazio che si conquista medialmente e nel quale agisce. Il ritorno all’immagine suscita oggi par colare diffidenza poiché sembra una ricaduta in una fede ormai superata. Un’antropologia di questo riposi espone al sospe o di tradire la cara e amata immagine storica del progresso. Analogia storica ha introdo o una forma di moderna scienza culturale che cerca la propria materia tanto nel passato quanto nel presente. La ques one dell’immagine oltrepassa i confini di epoche e culture poiché tali a domande posso trovare risposte solo al di là di ques confini nonostante nei mezzi delle tecniche storiche le immagini possiedano una forma temporale. Esse vengono generate da temi extra temporali, quali more, spazio tempo e sono des nate a rappresentare il mondo e simbolizzare l’esperienza. Il mezzo a raverso il quale i nostri corpi comunicano con le immagini si viene a trovare in una posizione chiave. I mezzi digitali cambiano la nostra percezione, così come tu gli altri mezzi prima di loro. Eppure questa percezione rimane legata al corpo, lo specchio era stato inventato con l’intuizione di vedere il corpo dove in realtà non c’era nessun corpo. In qualità di mezzo lo specchio è una lucida an tesi al nostro corpo, eppure ci rimanda a un’immagine che è quella che ognuno di noi si fa del proprio corpo. Lo specchio tra ene sulla sua superficie un’immagine incorporea che noi percepiamo come corpo. Lo specchio e il quadro, quali mezzi arche pici, dimostrano la capacità dell’uomo di tradurre i corpi tridimensionali in un mezzo che si oppone radicalmente al corpo inteso come superficie. Alla proiezione di un corpo fa riferimento già la donna di Corinto che fissò il proprio amato nei contorni della sua ombra. Leonardo: le ombre, i lumi sono cer ssima causa a far conoscere le figure di qualunque corpo, l’ombra segue ovunque il corpo, ma nel contorno si libera di lui. Mcluhan: ho interpretato i mezzi come ampliamento dei nostri specifici organi. Intendeva i mezzi come protesi del corpo in grado di migliorare il nostro accesso al tempo e allo spazio (mezzi corporei). Nella storia dell’arte i mezzi venivano classifica come generi e materiali; Bel ng gli considera come mezzi trasmissivi o ospitan di cui le immagini hanno bisogno per diventare visibili. I mezzi portano in sé una forma temporale, dinamica che acquistano nei cicli della storia mediale. Nella terminologia dei mezzi figura vi manca la dis nzione elementare che esiste tra scri ura e linguaggio. Nel caso nelle immagini i mezzi sono la scri ura; il linguaggio delle immagini non può essere separato da esse, così come la scri ura può essere dis nta dal linguaggio. A dipendenza dai mezzi tecnici innesca una crisi nella coscienza corporea così come nel rapporto con le immagini ci armiamo di protesi visive, lasciando in un apparecchio la guida della nostra percezione. La medialità delle immagini ha a ra o tanta a enzione che non è più riconoscibile come ponte tra immagine e corpo ma appare piu osto come auto-espressione del mezzo. Nelle scienze naturali on si è riusci a rappresentare la produzione dell’immaginario colle vo assieme alla produzione figura va fisica, così che la loro dipendenza reciproca sia rappresentabile in senso culturale , tecnico, mediale. In una storia mediale dell’immagine, il corpo rimane l’anello di congiunzione tra tecnica e coscienza, mezzo e immagine. La differenza tra immagine e mezzo Il defunto scambiava il proprio corpo con un’immagine a raverso la quale rimanere accanto ai vivi. Il corpo non rappresentava un mezzo tra immagine e osservatore, bensì tra morte e vita. L’esperienza mediale che facciamo con le immagini è fondata sulla consapevolezza che noi usiamo i nostri corpi come mezzi per generare immagini interiori o ricevere immagini esterne. Traspor amo l’evidenza che possiedono i copri sull’evidenza che le immagini acquistano a raverso il loro mezzo e le giudichiamo espressioni di presenza così come colleghiamo l’invisibilità all’assenza. Immagine — cara eris ca mentale-mezzo — materiale. Per noi si unisce nell’impressione sensoriale dell’unità. Da Deleuze non è il reale che va confrontato con il virtuale, ma l’a uale in nome di un reale al quale partecipano le immagini. Non si può tradurre il significato delle immagini al loro significato a uale perché le me amo a confronto con le ques oni fondamentali dell’antropologia, la fascinazione delle immagini estranee che discendono da un altro tempo e cultura è comprensibile solo a raverso questa esperienza della nostra immaginazione. La sovrapproduzione s mola i nostri organi tanto quanto li blocca o li immunizza. Le immagini alle quali nella nostra memoria simbolica applichiamo un significato sono altre rispe o a quelle che consumiamo e dimen chiamo. Quanto si rimprovera ai mezzi di essere superfici cieche, i movimen iconoclas ci denunciavano i mezzi figura vi come materiali incer che falsificavano o uccidevano le immagini. Solo in campo ar s co l’ambivalenza tra immagine e mezzo esercita uno s molo forte sulla nostra percezione este ca assaporiamo l’ambivalenza tra finzione e a ualità, tra spazio rappresentato e tela dipinta come un alto s molo este co. Mcluchan voleva affidare le immagini ai mass media con i quali l’arte aveva ill compito di produrre la sua specifica immagine così il pi ore doveva fare del mezzo ar s co il proprio tema. L conce o figura vo non può derivare in blocco dall’arte. La ques one è come si sono trasformate le immagini entrando nel contesto dell’arte. L’immagine sul corpo, la maschera Corpo non solo luogo dell’immagine, ma anche trasmi ente figura vo. La maschera è una pars pro toto della trasformazione del nostro corpo in immagine. Il corpo è trasmi ente figura vo, un mezzo trasmissivo di cui la maschera fornisce l’idea più concreta. Nasconde il corpo dietro l’immagine che produce, trasforma il copro in un immagine nella quale l’invisibile (il corpo trasmi ente) e il visibile (il corpo fenomenico) diventano unità mediale. Leroi-Gourhan associava le prime figurazioni umane al linguaggio — doppia predisposizione all’a o corporeo parlare e all’a o sociale comunicazione tra corpi. Il linguaggio è corporale e sistemico, parlare, disegnare sono a analoghi a una dichiarazione mediale. Scri ura come immagine del linguaggio, l’ornamento ha funto da linguaggio ante li eram mentre lo fissava e lo trasme eva in un codice sociale. Il volto auten co non è quello nascosto dalla maschera, ma quello prodo o da essa. L’immagine sul corpo costringe anche il corpo vivo a comportarsi come un’immagine. Il visibile non è il volto che abbiamo ma quello che facciamo, quindi un’immagine come tale deve essere le a un maniera simbolica. Repressione della mimica facciale in favore della sta cità della maschera. Ogni mimica libera l’immagine, mentre la maschera fissa, il volto su un’unica autorevole immagine è possibile leggere il ritra o moderno come maschera della memoria e dell’indennità sociale. Decorazione corporea e maschera facciale offrono una chiave di le ura per il rapporto visuale tra noi e l’immagine. Uno scambio di sguardi unilaterale era un vero scambio in cui l’immagine sera generata tra la maschera vivente o dal volto dipinto. Lacan afferma che lo studio del specchio causa nel sogge o una trasformazione che viene avvia dall’acce azione di un immagine. In questo a o, il sogge o si apprende non solo come un altro, ma diventa sogge o a raverso il controllo esteriore che può esercitare su se stesso. Nello scambio di sguardi con la maschera si tra ava di un rituale in grado di fornire un0iden tà sociale all’osservatore. Un conce o antropologico dell’immagine non può essere decifrato da uno sguardo riflesso. Immagine digitale Nel legame di un mezzo divenuto incorporeo sfugge poi quel legame fisico tra mezzo e immagine che è nascosto dalla differenza tra pc e monitor. Da , lì dove appaiono riguardano una matrice che non è più un’immagine, la loro medialità è contemporaneamente ampliata e discon nua, se il conce o mediale viene messo in discussione altre anto si fa con quello figura vo. Possiamo parlare di immagine? Possiamo parlare di un sogge o che nell’immagine esprime la sua relazione col mondo? Sembra tra arsi si un confli o tra corpo e mezzo, già vinto dall’ipermetro digitale. Lev Manovich afferma che l’immagine in senso tradizionale non esiste più — questo senso tradizionale è sempre stato sogge o a una dinamica storica in grado di trasformarlo. Bellour: analogia è una grandezza variabile nella quale viene prodo o il potenziale di similitudine e rappresentazione. Ciò che era analizzabile era riproducibile e ciò che vi era connesso so ostava a una dinamica storica. Anche l’immagine sinte ca rimane sempre legata a ciò che rappresenta il quale a sua volta è legato all’utente e hai suoi desideri figura vi. Non esiste un’immagine generale, la nostra immagine mentale è sempre un riflusso, una remancence delle immagini fornite dai mezzi a uali. Le immagini digitali programmate producano in noi altre immagini mentali anteceden . Dalla parte dell’osservatore non c’è solo la fede nel reale dell’immagine, ma anche una coscienza intui va della tecnica che influenza nuovamente il conce o di immagine. La nuova tecnologia da il via all’epoca di una nuova percezione figura va anali ca. La decontrazione dell’immagine e la sua verità dimen ca non vengono inaugurate unicamente dalla tecnologia digitale, perché queste hanno avuto un ruolo importante in tu e le avanguardie. Non è più possibile isolare dagli altri media l’immagine digitale, considerata a livello intermediale. Imamgini tecniche in ambito antropologico Ricerca di procedure anonime in funzione di immagini auten che, senza intervento umano connotato da imprecisioni di uno sguardo. Le immagini tecniche fanno parte di una tradizione an ca, nuovi interroga vi a par re dalla prospe va. Manovich ha scelto il dipinto come punto di partenza della sua archeologia del monitor odierno. Finestra virtuale a raverso la quale si da l’illusione di dominare il mondo. Prospe va modificava il mondo in un mondo dell’apparenza — sguardo standardizza che il corpo dell'osservatore indirizzava sul mondo. Il dipinto negava la propria superficie per simulare un dietro, un campo visivo che si collocasse nella proiezione dell’osservatore apposto dell’esperienza. Esigeva un a o di astrazione da parte dell’osservatore che esercitasse a raverso questo mezzo il proprio sguardo sul mondo. Mezzo incorporeo che trasme e il mondo corporeo in un’immagine. La fotografia non era un mezzo dello sguardo che sos tuiva a raverso l’obie vo, ma un mezzo del corpo che produceva la sua duratura ombra. Si separava dal corpo cos’ come fanno le immagini, veniva fuori durante l’esposizione ma perdeva il corpo. Il movimento congelato in un ricordo perduto, con l’immagine filmica la foto colpa una lacuna nell’analogia col corpo. Argomento del corpo sta co che esperisce il mondo in movimento a raverso l’immagine. Dagli anni ’60, gli ar s fanno appello a un’esperienza corporea integrale che non limita l’osservatore alla visione oculare. L’osservatore percepisce la sua specifica percezione. Viola la cri ca di disinteresse mostrato verso il corpo come organo specifico. La relazione dell’ar sta con lo spazio, lo specchio e il suono racconta dell’an co rituale con cui un tempo è stata fata la scoperta delle immagini. Ques oni intermediali Le immagini hanno preso quello spazio privilegiato dal quale aspe avano i nostri sguardi. I disposi vi di memorizzazione controllano una memoria ele ronica di immagini che vengono da lontano. I mezzi figura vi sorgono così in un territorio ampliato a raverso una nuova forma dinamica che, inoltre, riporta immagini che non esistono più. Medialità dell’immagine e tecnica mediale sono legate da un rapporto complesso: scoperta della tecnica dave l’input a un nuovo po di percezione; risultato di un mutevole comportamento visivo. Allo stesso modo si può comprendere la nascita della fotografia. Lo sguardo fotografico prende le basi dalla pi ura. La post-fotografia sfugge al significato auten co del mezzo. Non vengono prodo e immagini in analogico, estendo il potere discrezionale sulle immagini fino al territorio virtuale dove le figure sono abrogate. Nel procedimento digitale troviamo un conce o intermediale: mentre le immagini che vengono prodo e ricordano il mezzo fotografico, senza per questo realizzarsi tramite la medesima tecnica. INTERMEDIALITÀ: pra ca diffusa nell’arte contemporanea: la riflessine sullo s le mediale inizia nella coscienza dell’osservazione dell’opera. [Godard - a raverso il cinema si è avvicinato al tema dell’intermedialità, introducendo nei film paragoni sia con la pi ura che con il linguaggio poe co]. TV.Buddha—Nam June Paik ha s lizzato l’immagine intermediale che rende accessibile questo tema a una metafora temporal _ davan al televisore c’è un’an chissima statua lignea che viene riprodo a dalla trasmissione dal vivo a raverso uno schermo che rifle e l’immagine nell’altra. Non è possibile scorgere nello
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