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Heart of Darkness - Conrad, Sintesi del corso di Letteratura

Riassunto e analisi critica del romanzo Cuore di tenebra di Joseph Conrad.

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

In vendita dal 06/08/2019

Cri_M
Cri_M 🇮🇹

4.4

(22)

23 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Heart of Darkness - Conrad e più Sintesi del corso in PDF di Letteratura solo su Docsity! CUORE DI TENEBRA- CONRAD Conrad ha una posizione politica sfumata, anche se non è un pacifista o un anti-colonialista. È polacco, quindi inglese adottivo, anche se si integra a tal punto da scrivere in inglese. Cuore di tenebra non è un libro sull’imperialismo inglese: parla di un viaggio in Congo, proprietà privata del re del Belgio e di un marinaio inglese che si mette a servizio del Belgio. È così che Conrad vuole mostrare l’orrore del colonialismo belga, non inglese. È un modo per proteggersi dalla censura: parla del colonialismo belga, ma quello inglese non è da meno. Il colonialismo si presenta sempre uguale. Anche in Inghilterra c’era polemica sul colonialismo belga, visto come brutale, inaccettabile, di RAPINA e non portatore di civiltà. Gli inglesi avrebbero voluto che i belgi concedessero libertà di scambio alle loro colonie. La struttura Il racconto è strutturato a cornice. C’è un primo narratore, ovvero un narratore di primo grado, che è Conrad, mentre Marlow è il narratore di secondo grado e racconta la propria avventura. Questo è un modo per mantenere la distanza. Il racconto ha inizio nell’estuario del Tamigi, in una barca lussuosa di borghesi. Nella prima pagina la scena è ambientata al tramonto, con una tipica descrizione impressionistica. Cuore di tenebra è alla continua ricerca della parola esatta, della definizione delle cose. Spesso Marlow cerca di definire le cose e si chiede come fare. In Cuore di Tenebra ci sono due tipi di colonialismo: • Il primo ha a che fare con l’efficienza tecnologica: il colonialismo serve a portarlo e diffonderlo in territori che altrimenti non lo conoscerebbero. È un concetto secondo il quale l’uomo che vive con efficienza tecnologica si salva. Marlow dice che l’efficienza, l’unica cosa in cui crede, salva il colonialismo e lo giustifica, lo rende giusto. È questo il suo obiettivo, far funzionare le cose con la tecnologia, l’efficienza ed il lavoro. • Il secondo tipo di colonialismo invece è quello bruto dei romani e quindi dei belgi. RIASSUNTO Cuore di tenebra inizia con la descrizione dell’inizio del loro viaggio in una nave, la NELLIE, che si trova prima dell’estuario del Tamigi, quindi tra Londra e le terre ignote. Sopra Londra, Conrad descrive una oscurità funerea che incombe sui cittadini, ed ecco la prima attestazione delle tenebre, dell’oscurità. Poi, comincia a descrivere i personaggi. Nella nave sono quattro, più il DIRETTORE DI COMPAGNIE. 1. Il DIRETTORE DI COMPAGNIE è l’equivalente dei signori che sfruttano il Congo, è loro ospite e capitano e viene descritto come un pilota. È ritto verso la prua, guarda verso il mare e dà loro le spalle. Si potrebbe pensare, vedendolo così, che il suo lavoro si trovi nella luce, verso il mare, mentre invece si dedica al buio dell’attività commerciale di Londra. 2. Il secondo personaggio presentato è l’AVVOCATO, che per anzianità e per virtù dorme con l’unico cuscino presente sulla nave; 3. subito dopo il RAGIONIERE, che subito tira fuori la scatola del domino e comincia a giocherellare con i pezzi. 4. Queste tre figure sono la base della società colonialista occidentale, mentre MARLOW, il marinaio, è presentato per la sua posizione come qualcuno di santo, un idolo. È a gambe incrociate e ha i palmi rivolti verso l’esterno. Poi viene descritto il tramonto, che assume la funzione di premonizione simbolica: è l’ombra che rimane e risulta dall’incontro del sole con quell’oscurità incombente che sta sopra Londra. Il bianco sfolgorio del sole si trasforma in un rosso smorto, privo di calore, come se stesse per spegnersi, e questo perché è stato colpito a morte da quell’oscurità. A questo punto si descrive il vecchio fiume del Tamigi: nessuno gioca a domino, ma tutti sono in contemplazione. Il Tamigi è il fiume che ha reso grandi servizi agli inglesi, perché ha condotto i più grandi avventurieri verso terre sconosciute. Vengono fatti due nomi: uno è il pirata Francis Drake, poi a servizio della regina Elisabetta, l’altro è John Franklin, avventuriero morto durante il tentativo di esplorazione, anche lui cavaliere. Ci sono quindi due visioni dell’esplorazione del mare: una piratesca e l’altra eroico-avventurosa. Nella descrizione della grandezza delle imprese esploratrici, si parla anche di GERMI D’IMPERI, e qui si vede ancora un’evocazione della duplicità dell’impresa coloniale: da una parte porta la civiltà, ma con la forza. Per la terza volta, concludendo la descrizione del tramonto, si ritorna a parlare dell’Oscurità INCOMBENTE e di un BAGLIORE LIVIDO che pesa su Londra. A questo punto Marlow parla e dice: “e pensare che questo è stato uno dei luoghi tenebrosi della terra!” L’Inghilterra è stata per i colonialisti romani ciò che ora l’Africa è per i belgi e gli inglesi: un luogo oscuro, sconosciuto e di conquista. Viene presentato il personaggio di Marlow: è un marinaio, ma strano, eccentrico. Non ha il gusto per l’esplorazione di nuove terre, il suo gusto e la sua passione sono per il mare in sé, per la navigazione. Una passeggiata a terra e una serata a bere sono sufficienti per fargli dire di aver conosciuto una certa terra. I racconti dei marinai, dice il narratore, hanno una semplicità diretta ed il loro significato sta dentro ad un guscio di noce. I racconti di Marlow invece non sono così, si presentano come inconcludenti, e il loro significato sta piuttosto nel bagliore che li avvolge, come quell’alone che sta intorno alla luna. Questa è un’immagine che riprende da VIRGINIA WOOLF, quando parla dei romanzi modernisti. Sappiamo già che non ricaveremo un significato preciso da Cuore di Tenebra. Comunque, poi Marlow continua a parlare tra il silenzio degli altri, e riflette sui marinai romani che vennero a conquistare attraverso la Gallia le terre inglesi. La storia è ciclica: oggi l’Inghilterra è, in teoria, luogo di luce, mentre una volta era lei il cuore della tenebra. I romani però, anche se vengono descritti come grandi avventurieri, capaci di adattarsi ad ogni situazione, sono solo dotati di forza bruta, e così sono le loro conquiste: rapine a mano armata, omicidi colposi in grande scala. Parlando dei romani vuole in realtà parlare del colonialismo belga, che sfrutta le terre per i diamanti e per le ricchezze e le toglie a qualcun altro solo perché ha la pelle più scura e il naso più schiacciato. C’è un altro tipo di colonialismo però, quello in cui crede Marlow e che lo differenzia dai romani e quindi dai belgi: quello basato sull’EFFICIENZA, vale a dire sul lavoro. È quello che ha come obiettivo quello di portare civiltà e migliorie, come treni, ferrovie, ospedali, ed è a opera di missionari e funzionari. Marlow a questo punto si accinge a raccontare una delle sue storie che il narratore bolla come INCONCLUDENTI, quindi sappiamo che non troveremo un senso preciso. Lui stesso dice, prima di iniziare il racconto, che ciò che trovò durante il suo viaggio non fu molto chiaro, anche se gettò una certa luce. Il racconto nel racconto Allora comincia il racconto di Marlow, che dice che da giovane aveva una grande passione per le carte geografiche. Quando era piccolo lui, queste carte avevano dei grandi spazi bianchi ed erano proprio questi i posti dove sognava di andare una volta diventato grande. In particolare, ce n’era uno, il più grande e il più VUOTO, che sarebbe l’Africa. In realtà, dice lui, già a quel tempo si era riempito di nomi e di fiumi, aveva perso il suo bianco ed era già diventato un LUOGO DI TENEBRA. Il fiume che più lo affascinava era un fiume enorme, come un serpente srotolato, e questo riferimento al serpente biblico ci fa capire come sarà diabolico e tortuoso il suo viaggio e il suo racconto. Lui sogna di andare precisamente in quel fiume, e cerca appoggi dalla sua famiglia, che aveva dei contatti, per riuscirci. Alla fine sua zia lo raccomanda alla Società di commercio, una compagnia commerciale belga che fa delle imprese proprio in quella terra, e che forse cerca dei capitani. La sua fortuna, la sua occasione, è, ironicamente, la morte di un altro capitano. Si chiamava Fresleven ed è morto per una scaramuccia su due galline nere con gli abitanti indigeni. lavoro è inutile. Tutti aspettano qualcosa, sono in attesa, come l’altro personaggio che incontra e con cui parla, amico e complice del direttore, un agente incaricato di fabbricare mattoni che però non fabbrica, perché mancano le materie prime per farli. Lui è lì da mesi, sembra, in attesa, come un’altra ventina di personaggi che non hanno ruolo e che passano le loro giornate in questo limbo irreale. Comunque la sera dell’incendio parla con questo agente dei mattoni, che Marlow capisce voler diventare il vicedirettore sotto l’attuale Direttore, per cui la presenza di Kurtz, così bravo, così amato, lo disturba molto. Di Marlow lui pensa che sia un inviato dalle stesse conoscenze che hanno inviato Kurtz, che quindi possa essere di ostacolo al loro complotto per andare al vertice della ricchezza. Con il suo conversare cerca di carpire delle informazioni su Marlow, e lui lo lascia fare, divertito, nel suo delizioso tentativo. Marlow sa che dentro di lui non troverà niente, se non il pensiero dei bulloni che gli mancano per aggiustare il battello. Il lavoro, ancora una volta. Comunque Marlow lascia credere a quell’uomo tutto ciò che vuole credere sul suo conto, senza parlare e senza dirgli niente. Dice che non ama minimamente la menzogna, la trova nauseante, marcia e puzzolente di morte. Nonostante questo, un attimo dopo mente, e lo fa per aiutare Kurtz, non sa per quale motivo. Kurtz è un uomo, un’entità, diavolo e angelo, che non riesce ad afferrare, che non riesce a descrivere con la parola. Di lui possiede solo il nome, non la figura, e si rivolge ai suoi spettatori sulla nave e dice loro che almeno loro possono vedere lui, Marlow… ma in realtà nemmeno loro possono, perché è buio, e anche Marlow è diventato solo una voce, una parola come Kurtz. Parlando di questo fa una piccola digressione sul sogno: secondo lui è inutile cercare di raccontare il sogno, perché esso, come la verità della nostra vita, è intrasmissibile. Quindi il testo al tempo stesso dichiara la sua ideologia secondo cui la letteratura possa riprodurre fatti positivi reali, e che non menta, e subito dopo lo mette in dubbio. L’unica cosa sicura è la voce, la parola, che può essere sia verità che menzogna. Così continuano ad ascoltare quel racconto che sembra prendere forma da solo, e qui forse anticipa l’idea dell’arte che si fa da sé tipica dell’avanguardia. Il Lavoro Quello che vuole Marlow sono solo i bulloni, e preme l’uomo dei mattoni per averli. Non perché ami il lavoro, nessuno lo ama, ma ama ciò che nel lavoro si trova: la possibilità di scoprire se stessi. Se la verità della vita è intrasmissibile agli altri, così come il sogno, perché si vive e si sogna da soli, il LAVORO è l’unica attività che almeno ci dà la conoscenza di noi a noi stessi. Ecco la forza del lavoro. I bulloni però non arrivarono. Al loro posto invece, arriva una spedizione di bianchi che montavano asini serviti e seguiti da gruppi di indigeni. Questa spedizione si faceva chiamare SPEDIZIONE ESPLORATICE ELDORADO, ma non aveva niente di coraggioso e di virtuoso. L’unica attività era quella di guadagnare e rubare brutalmente i tesori dalla terra in cui operavano, e questa spedizione era guidata dallo zio del direttore. Una sera, sente il direttore e suo zio che parlano di Kurtz. Il direttore informa lo zio degli ultimi avvenimenti: Kurtz aveva mandato un meticcio con un grandissimo carico d’avorio per portarlo alla Stazione, e anche lui era partito con la mercanzia, inizialmente, perché alla sua stazione erano finiti i rifornimenti. Arrivati però a trecento miglia dal suo accampamento, Kurtz aveva fatto marcia indietro su una minuscola piroga, accompagnato da quattro uomini alle pagaie, per ritornare là, nell’interno, nel cuore della tenebra. È qui che per la prima volta Marlow sente di aver visto Kurtz, ha una sorta di visione. Non conosce i motivi che hanno spinto Kurtz a tornare dov’era, ma si immagina che fosse un uomo dedito al lavoro, magari, e disinteressato. Diverso dagli altri. La spedizione Eldorado parte poco dopo per l’interno, e dopo qualche giorno arriva la notizia che tutti gli asini sono morti. Dice Marlow, che il destino toccato “agli altri animali di minor pregio” non è da lui conosciuto. È ironico. Verso Kurtz Quando il battello è pronto, ci vogliono comunque due mesi per arrivare da Kurtz. Durante il viaggio di risalita del fiume, Marlow dice che risalirlo era come tornare indietro nel tempo preistorico, ai primordi del mondo, infatti il paesaggio viene descritto un po’ con i luoghi comuni esotici (ippopotami e coccodrilli), ma sempre accompagnato da riferimenti oscuri e sinistri e silenziosi, misteriosi. Questo paesaggio esercita un richiamo strano, vuole forse dire una sua verità profonda, ma lui è dedito al lavoro, ovvero a stare attento che il battello non vada a sbattere contro dei tronchi, o non vada in secca e così via. Quando siamo occupati nella superficie delle cose, la realtà svanisce, per fortuna. Precedentemente Marlow ci ha più volte detto che la realtà ci salva, e lo dice esplicitamente, ma c’è un’altra realtà, una più profonda e oscura, dove lui sa che si nasconde l’orrore, il degrado, il dolore, che soltanto con la superficie delle cose si può ignorare. Tutti noi siamo dediti a quelli che lui chiama dei NUMERI DA FUNAMBOLO, ovvero a nascondere la verità, la profondità. Il fetore degli ippopotami andati a male che si erano portati gli indigeni cannibali è l’unica cosa che ancora oggi gli rimane. L’odore. L’olfatto. Il motivo per cui Marlow continua a spingere avanti il battello è vedere Kurtz, questo è il suo desiderio. Quello degli altri lo ignora, ma probabilmente è fare soldi. È qui che dice che penetrano sempre più a fondo nel cuore della tenebra, e a un primo livello in superficie è questo il significato del titolo: il cuore della tenebra è l’Africa. Marlow dice che noi siamo abituati a contemplare la forma addomesticata, domata di un mostro soggiogato, della nostra realtà. Ma l’Africa è il nostro passato, è quello che eravamo noi, e gli uomini che ci sono non ci spaventano perché sono disumani, anzi, il contrario, quello che ci spaventa, che ci turba, è la loro umanità e quello che sentiamo crescere dentro al nostro cuore, chi più chi meno: la voglia di unirsi a loro, di TORNARE con loro. Ognuno ha dentro di sé questo desiderio, questa spinta. La società lo nasconde con tutta una costruzione di principi, acquisizioni, costumi e regole, ma basta un viaggio in Africa per scomporre tutto questo. Perché Marlow non si unisce agli indigeni che vede cantare, ballare e agitarsi in modo isterico dal suo battello? Perché ha il LAVORO, è la verità della superficie delle cose che lo salva. Marlow doveva tenere d’occhio il fuochista selvaggio, colui che aveva il compito di far andare la caldaia, tra l’altro il primo oggetto in disuso che ha visto Marlow quando arriva in Africa. Di fronte a questo personaggio Conrad ha un atteggiamento molto ambiguo, lo tratta ironicamente e questo ci rende difficile la sua interpretazione. Il nero viene lodato per la sua dedizione al lavoro, ma questa sua dedizione non viene per l’amore per esso, viene più da una paura, da una superstizione animista: gli hanno detto che se la caldaia si raffredda lo spirito che vive dentro di essa si vendicherà con lui in modo terribile. Questo spinge il nero a dedicarsi anima e corpo, stanco e sudato a far andare la caldaia. È una fregatura, una menzogna, ma funziona. Ci sono, quando arrivano in Africa, termini continui che rimandano alla sfera della magia, dell’incantesimo, per esempio in questo caso si dice che questo fuochista era in preda ad una strana magia. Comunque il risultato non cambia, anche se con motivazioni e spinte diverse, sia il fuochista, sia Marlow non avevano il tempo per concentrarsi su altri agghiaccianti pensieri: ancora una volta il lavoro salva. A un certo punto in una sponda vedono una bandiera e una catasta di legna ammucchiata con cura. Accostano ai resti di quella che doveva essere una capanna, ormai in disuso, e scorgono un biglietto scritto a lapis sopra la catasta di legno che dice: “legna per voi. Affrettatevi. Avvicinatevi con cautela.” C’era anche la firma a questo biglietto, ma era illeggibile, quindi anche qui si insiste con un’ambiguità. Marlow stesso non sa bene come interpretare questo messaggio e chi sia il mittente. Il libro Quando entra nella capanna però trova un libro. È un libro di tecniche e arti marinaresche, pieno di numeri e tabelle, quindi non interessante dal punto di vista letterario. Comunque la comparsa e la descrizione di un libro all’interno di un libro ci dice molto. Siamo qui in un passo meta letterario. Questo libro così preciso, così tecnico, serve a Marlow per riportarlo e attaccarlo alla realtà, che rischia costantemente di perdere. Si chiama INDAGINE SU ALCUNI PROBLEMI DELL’ARTE MARINARESCA. È ancora una volta il lavoro, stavolta all’interno del libro, che lo riporta alla realtà. Queste pagine però contenevano una scrittura cifrata, e ancora una volta si accresce il mistero e l’ambiguità. Quando viene richiamato dal battello e deve quindi chiudere il libro, gli dispiace come se stesse perdendo una SOLIDA AMICIZIA: la definizione di amico e amicizia l’aveva data in precedenza al suo battello, a suo tempo la sua ancora, il simbolo del suo lavoro che lo teneva fissato alla realtà. Ora è il libro. Scontro con gli indigeni Mentre si avvicinano sempre di più a Kurtz, Marlow ha un’epifania. Sta infatti riflettendo su cosa dire a Kurtz, se rivelargli le intenzioni del direttore o meno, ma, con un LAMPO D’INTUIZIONE, capisce che tutto quello che avesse detto sarebbe stato inutile. La verità stava molto più a fondo, sotto la superficie delle cose, ed è per lui irraggiungibile, al di là della sua portata. Avanzano ancora finché non sentono un grido basso e continuo. Si ferma il battello, è sera, quindi il direttore suggerisce di aspettare il giorno dopo per arrivare da Kurtz, anche se manca poca distanza. Però è più prudente aspettare, e Marlow, a malincuore, è d’accordo. Tuttavia quando il giorno dopo si svegliano si trovano circondati da una nebbia folta, forse è la stessa nebbia che avevano visto sovrastare Londra alla partenza con il Nellie? Comunque questa nebbia viene aggravata da delle grida di indigeni che li lascia immobili, stupiti e spaventati. Vengono descritte le reazioni diverse ma simili di bianchi e neri: i bianchi sono sconvolti ma con un’aria bizzarra, come se tutto quel rumore li disturbasse, i neri invece hanno un’espressione attenta e interessata, ma non erano tranquilli. Anche loro infatti sono stranieri allo stesso modo dei bianchi, in quelle terre. Così profonde che sono stranieri anche i neri. Il capo dei neri, descritto secondo una descrizione fisica tipicamente esotica dei neri, propone a Marlow di catturare gli artefici di queste grida per MANGIARLI. D’improvviso Marlow si rende conto che i neri che portavano a bordo di questo battello dovevano essere affamati, perché erano partiti con una scorta di carne d’ippopotamo che è poi inevitabilmente andata a male durante la traversata. Venivano pagati puntualmente e precisamente con un filo d’ottone, ma come facevano a comprare le provviste in viaggio? Dove le potevano comprare? Ironicamente Conrad fa notare l’inutilità del pagamento in fili d’ottone, l’inutilità di quella che consideriamo ricchezza in occidente, di fronte ai bisogni primari come la fame. Nonostante questo, Marlow si stupisce che questi neri, che in proporzione ai bianchi saranno stati 30 contro 5, non li abbiano ancora mangiati. Si chiede il perché di questo. C’è un’unica spiegazione, non dei principi, non un onore, non dei sentimenti, non il disgusto: UNA FORZA INIBITRICE. Questo ci ricorda Freud. Di fronte alla fame, che è una bestia per l’uomo ed è l’istinto per cui l’uomo è disposto a lottare contro ogni cosa, in teoria tutti gli uomini, compresi gli indigeni, dovrebbero fare di tutto. Tuttavia non mangiano i loro padroni per questa forza inibitrice, una sorta di super-io che li trattiene dal mangiare i loro padroni. Quindi sono cannibali, ma hanno le loro regole. Dice infatti Conrad che i cannibali sono brava gente tra di loro. Qualcuno chiede se pensa che questi indigeni che urlano dalle sponde li attaccheranno o no. Marlow pensa di no, sia perché se si avventurassero con le canoe in quella nebbia si perderebbero come loro, sia perché quelle grida che ha sentito non gli hanno dato la sensazione di grida di guerra o di attacco, ma di DOLORE. Scopre infatti più tardi che quella che hanno organizzato gli indigeni è stata una RESISTENZA DOLOROSA E DISPERATA, fatta con un attacco di frecce e lance, ma comunque una difesa dolorosa. Quando avviene l’attacco, un nero che era in cabina con lui viene colpito da una lancia e si dissangua lì per terra. Marlow lo guarda, e dice che gli ci vuole uno sforzo per distogliere gli occhi dal suo sguardo e badare alla rotta. È di nuovo la rotta, quindi il lavoro, che lo distoglie dalla profondità e dall’orrore. Lo sguardo del nero morente e innocente è l’orrore, e lui bada la rotta. Questa scena di morte è importante perché arriva subito prima dell’incontro con Kurtz, e in questa scena viene restituita al nero piena dignità: ci si sofferma sul suo sguardo, sugli ultimi suoi istanti di vita, come se da un momento all’altro dovesse parlare e dire qualcosa di comprensibile. Poi non lo fa, e muore in silenzio, ma prima aggrotta la fronte. Marlow dice che forse anche Kurtz a quest’ora dev’essere morto. Lui era venuto proprio per parlare con lui, e forse è morto. È quasi disperato al pensiero di aver fatto tutta quella strada per poi raggiungere una cosa priva di sostanza, questa inutilità del viaggio si ritrova anche in Strauss. Si rende poi conto che fino ad allora non si è immaginato di fare qualcosa con Kurtz, di vedere Kurtz all’opera, ma di parlare con lui. Se lo immagina come un letterato: intelligente, colto, dotato di una grande abilità oratoria. Con questo denuncia i pericoli e l’orrido scaturito dalla letteratura, qui rappresentata appunto da Kurtz. In realtà, Kurtz non era fuori dalla foresta, lentamente, e porta su una lettiga proprio Kurtz. Lui è l’uomo dell’ossimoro, infatti già il suo nome che dovrebbe significare corto non lo descrive, essendo alto due metri. È avvolto in un sudario e sembra un’immagine inanimata di morte scolpita in vecchio AVORIO. Così lo descrive Conrad. L’esercito però dipende da lui e dalle sue indicazioni. Parla, e loro se ne vanno. Quando Marlow sente la sua voce non può che esserne ammaliato, sorpreso, affascinato, e lo sarà fino alla fine. Ripete sempre che voce! Che voce! Una voce grave e profonda, vibrante che proviene dal corpo di un uomo che sembra non essere più capace nemmeno di un sussurro. A questo punto c’è un’apparizione di una donna nera, selvaggia e altera, superba, ferina. Si avvicina al battello e rimane a guardare Marlow e Arlecchino, che impugna la carabina e non sa che fare. Sta a guardarli un minuto in silenzio, poi alza le braccia al cielo e li guarda. Nel momento in cui apre le braccia al cielo la notte avvolge il battello e la riva, e lei se ne va. Non si capisce che visione sia questa donna. Kurtz: poeta e assassino Comunque tutto questo accade mentre il direttore è nella capanna di Kurtz e parla con lui. Quando esce si rivolge subito a Marlow e finge di sospirare, anche se non finge di soffrire per Kurtz. Dice che il suo è stato un metodo INSANO, e che quindi ha fatto danno alla compagnia. Marlow gli risponde che comunque Kurtz è un uomo notevole. Il direttore, risentito, gli dice che LO ERA, poi se ne va. Arlecchino è in pericolo dove si trova perché forse il direttore e gli altri lo vogliono punire come Kurtz, quindi Marlow gli dice di scappare e di andarsene; ma prima di farlo Marlow deve promettere che la reputazione di Kurtz resterà protetta e ci penserà proprio lui. A questo punto gli svela che è stato Kurtz a ordinare l’assalto al battello agli indigeni, perché non voleva proprio andarsene. Sperava che, una volta spaventati, Marlow e gli altri lo avrebbero creduto morto e se ne sarebbero andati. Come ultima cosa gli dice che era anche POETA, e qui c’è una denuncia: Kurtz è poeta e assassino, non tutta la letteratura è giusta. Quindi Kurtz era scrittore, musicista, pittore e poeta. Ma comunque assassino. È descritto come un fantasma, con aggettivi come nebuloso, vapore esalato dalla terra, pallido, indistinto e silenzioso. Battaglia tra Anime Prima che ripartano, nella notte Marlow vede Kurtz che tenta la fuga perché non vuole tornare nel mondo della civiltà, del SUPER-IO. Di fronte a lui Marlow si trova impotente, perché i metodi occidentali, le parole, i punti saldi, le leve, non funzionano con Kurtz. Lui si è liberato di tutto quello: non crede in niente e niente crede in lui. A questo punto lascia sottintesa una battaglia tra due ANIME: quella di Kurtz era folle perché aveva guardato dentro di sé e aveva VISTO. Alla fine lo riporta nella capanna, poi partono. Qui dimostra una certa compassione, forse, per gli indigeni che alla partenza del battello si radunano tutti a strillare lì sotto, e i pellegrini del battello sono pronti come iene a riempirli di pallottole. Lui invece suona forte la sirena affinché gli indigeni si spaventino e scappino dai loro mirini. Durante il viaggio Kurtz comincia a volte a delirare, e una volta dice: L’ORRORE! L’ORRORE! Lui però non ci bada mai troppo, anche se va a trovarlo, perché deve badare alla nave: il lavoro. Dopo avergli affidato delle fotografie e dei documenti, Kurtz muore. Ritorno a casa Quando torna a casa, la Compagnia lo stressa per avere i documenti di Kurtz, ma lui non li dà mai a nessuno. Si presenta poi un cugino di Kurtz, poi un suo collega giornalista. Alla fine lui decide di andare dalla sua promessa sposa. Dopo un anno lei tiene ancora il lutto e lui nota che non è tanto giovane. Non è una ragazza. Lei si lancia in adorazioni e lui capisce che soffre come se Kurtz fosse morto in quel momento, come se Kurtz morisse ogni giorno e ogni minuto. Mente, le dice che le ultime parole non sono state l’orrore l’orrore, ma il suo nome. Mente per lei, perché non è giusto rompere i suoi sogni e i suoi pensieri, ma anche per lui, perché l’oscurità è troppo grande.
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