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Hegel e il romanticismo, Guide, Progetti e Ricerche di Filosofia

Approfondimento filosofico su idealismo e romanticismo messi a confronto, con riferimenti a filosofi contemporanei al momento storico dell'idealismo.

Tipologia: Guide, Progetti e Ricerche

2017/2018

Caricato il 07/06/2018

Giorgio_99
Giorgio_99 🇮🇹

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Anteprima parziale del testo

Scarica Hegel e il romanticismo e più Guide, Progetti e Ricerche in PDF di Filosofia solo su Docsity! IL ROMANTICISMO E L’IDEALISMO HEGELIANO Sul finire del Settecento la Germania conosce una formidabile fioritura culturale e la filosofia tedesca assurge a vero e proprio centro della filosofia mondiale, tant’è che si è spesso parlato di età classica tedesca . Sul piano filosofico il periodo è contrassegnato da tre diverse manifestazioni: 1) il criticismo (che nasce e muore con Kant) 2)l’idealismo (di cui abbiamo parlato poc’anzi), che muove dalla riorganizzazione sistematica dell’opera kantiana per approdare alla negazione della cosa in sé 3) il romanticismo, che sfugge ad ogni precisa determinazione cronologica e contenutistica. Mancano infatti date precise dello sviluppo di tale movimento ma, come se non bastasse, mancano anche criteri oggettivi per decretare la romanticità degli autori. Se nell’Illuminismo regnava l’idea di uscire dalla precedente epoca buia grazie ai lumi della ragione, nel Romanticismo la questione è invece più complessa. Si può tentare di stabilire un raffronto, cogliendone il rapporto, tra Romanticismo e idealismo. L’idealismo è a pieno titolo la filosofia dell’età romantica, eppure non tutto l’idealismo è filosofia romantica: ovvero, l’idealismo nasce e vive in età romantica, ma non per forza esso costituisce la filosofia romantica. Hegel stesso, il più grande idealista, muove pesanti critiche 14 al Romanticismo, pur essendo per molti aspetti egli stesso romantico. Forse l’elemento che meglio contraddistingue il Romanticismo è la vivace polemica anti-intellettualistica, combattuta contro l’intellettualismo illuminista. L’intera filosofia kantiana, massima espressione dell’età illuministica, rivendicava l’assoluto privilegiamento dell’intelletto (facoltà del finito) a discapito della ragione (facoltà dell’infinito), nella convinzione che la conoscenza umana, per essere legittima, non poteva mai assumere carattere infinito. I Romantici stravolgono l’insegnamento kantiano, convinti che attingere l’infinito sia azione legittima: ne consegue inevitabilmente che, essendo legittimo l’uso sia dell’intelletto sia della ragione, si preferirà la ragione, in grado di mettere l’uomo in contatto con l’infinito. Tuttavia, se buona parte dei Romantici (Hegel in primis) si schiererà a favore della ragione intesa come facoltà dell’infinito e contro l’intelletto inteso come facoltà del finito, un’altra grande fetta di intellettuali dell’epoca si lascerà troppo prendere dalla foga contro l’intelletto e finirà per polemizzare contro le facoltà razionali in generale (compresa la ragione): ora, è evidente che se ci si allontana dall’intelletto ma si resta fedeli alla ragione si può pur sempre elaborare un sistema filosofico, e non a caso Hegel, acerrimo nemico 14 ci sarà l’individualità singola, e da essa nascerà l’idea, tipicamente romantica, del genio , ovvero la convinzione che vi siano individui privilegiati e superiori agli altri (da cui spesso non vengono compresi) poiché capaci di cogliere l’essenza più intima della realtà. Non a caso sorge il desiderio di originalità e sempre più frequente diventa l’accusa di plagio, fino ad allora pressochè sconosciuta, in un clima in cui si vuole reagire all’incipiente massificazione avviata dall’appiattimento borghese della Rivoluzione Francese. Va poi ricordato che, dopo il 1815, siamo negli anni della Restaurazione ed è forte la delusione per il fallimento del progetto napoleonico, sicchè alcuni spiriti più sensibili sentono il desiderio di ribellarsi al clima soffocante della Restaurazione e lo fanno con opere d’arte fuori dal comune, degne di un genio. Vi è poi anche esaltazione dell’individualità collettiva : in reazione all’universalismo propugnato dagli Illuministi, si rivalutano le unità collettive, le distinzioni tra popoli e tra culture. Nasce l’idea che ciò che è giusto a Parigi può non esserlo a Napoli, sostiene Vincenzo Cuoco, a sottolineare che è assurda l’universalità astratta degli Illuministi. Non è vero che ciò che la ragione addita come giusto sia giusto ovunque e comunque, senza tener conto delle condizioni materiali effettive: ciò che è giusto a Parigi può 14 esserlo anche a Napoli a patto che lo si cali nella concretezza della situazione, tenendo conto delle differenze effettive che intercorrono tra le due città. Connesso alla soggettività è anche il concetto di infinito , uno dei più Romantici: venendo meno la cosa in sé kantiana, il soggetto può legittimamente aspirare ad attingere l’infinito attraverso la ragione, la quale assurge così in posizione dominante rispetto all’intelletto. Perchè però si predilige proprio in età romantica la ragione, ovvero la facoltà dell'infinito? Finchè ritengo, sulle orme di Kant, che vi siano due princìpi della realtà (soggetto e oggetto) e due della conoscenza (forma e contenuto) radicalmente separati, tale ammissione comporterà che la mia conoscenza sia finita (privilegiamento dell'intelletto) perchè vi sarà pur sempre qualcosa fuori di me e che non potrò mai del tutto riassorbire nella mia testa: se conoscere significa, per così dire, introdurre l'oggetto dentro di sè, inquadrarlo, per Kant possiamo solo conoscere ciò che abbiamo messo noi, con le leggi del nostro pensiero, nel mondo, con l'inevitabile conseguenza che di ciò che non ho messo io nel mondo non potrò avere conoscenza certa. Ne consegue che sarà possibile solo un conoscenza finita e l'intelletto sarà lo strumento più adatto. Se però ammetto che tutto deriva dal soggetto, come fa 14 l'idealismo, ovvero se ammetto che il soggetto non costruisce (cioè non organizza con le forme materiale che riceve dall'esterno), allora il mondo che vedo è un prodotto del soggetto e, proprio in quanto sono io stesso a produrlo, potrò conoscerlo perfettamente, totalmente, assolutamente, senza limite alcuno, con la conseguenza che la ragione (non l'intelletto) diviene lo strumento gnoseologico più adatto. L’uomo può e deve tendere all’infinito: eppure vi saranno pensatori che riterranno impossibile il raggiungimento dell’infinito, con la conseguenza che la loro filosofia sarà venata di pessimismo. Ci sarà dunque un Romanticismo pessimista , nato dall’aspirazione non realizzata all’infinito, e un Romanticismo ottimista poiché convinto che l’uomo possa raggiungere l’infinito. Le ultime lettere di Jacopo Ortis rappresentano un fulgido esempio di Romanticismo pessimista, in cui il protagonista perviene al suicidio dopo essersi capacitato dell’impossibilità di cogliere l’Infinito. Il pessimismo cosmico di Leopardi poggia su basi analoghe: l’uomo aspira all’infinito, eppure non può mai spingersi oltre al finito, dunque la sua vita è tormentata dal dolore e dalla sofferenza per non potersi spingere laddove vorrebbe. Hegel rappresenta invece il caso più lampante di Romanticismo ottimista: egli è convinto che l’uomo possa, avvalendosi della ragione, 14 meccanicistica, era arrivato a interpretare il cuore umano come un motore a scoppio, in età romantica la natura diventa viva e divina, come l’avevano intesa Bruno e Spinoza. Gli scienziati di quest’epoca (tra cui Volta), dunque, non si interesseranno tanto di meccanica (come invece avevano fatto gli scienziati del Seicento e del settecento) quanto di magnetismo e di elettricismo, i campi meno facilmente riducibili alla meccanica, aborrita in quanto emblema del meccanicismo. Il magnetismo e l’elettricismo, poi, sono accomunati dal fatto che entrambi suggeriscono una sorta di quella vitalità della natura ricercata dai Romantici: da Talete in poi, del resto, il magnete, con la sua capacità di attirare il ferro, era spesso stato concepito come vivente e animato. Si tende con insistenza a ricercare una polarità nella natura che corrisponda a quella ravvisata da Fichte tra Io e non-Io, con la pretesa di trovare una corrispondenza tra pluralità dell’attività spirituale e pluralità della natura. Gli interessi dei Romantici si concentrano anche sulla storia , particolarmente cara anche agli Illuministi: tuttavia, come nella concezione della natura, anche in quella della storia vi sono differenze. Gli Illuministi guardavano alla storia come storia degli errori umani del passato, nella convinzione che vi fossero modi razionali e naturali per vivere e che nel passato essi 14 fossero stati compromessi da superstizioni e credenze: la storia si configurava allora come la progressiva liberazione dell’uomo dalle superstizioni e imperava la convinzione che nel passato stesse il male, nel futuro il bene e che il presente altro non fosse se non una tappa verso il bene. Sempre gli Illuministi vedevano come attore della storia l’umanità, concepita però, sulla scia del modello meccanicistico, come somma dei singoli individui e non come tutto organico. Per i Romantici non è vero né che la storia sia una sfilza di errori a cui guardare per non commetterli nuovamente né che l’umanità, l’attore della storia, sia una pura e semplice somma di individui. Vige la convinzione che l’attore della storia è uno solo e, in merito, Hegel parlerà di spirito del mondo e dirà di averlo visto a cavallo quando scorgerà Napoleone. L’attore della storia è qualcosa di più complesso rispetto alla sommatoria degli individui, è lo spirito del mondo: la storia è dunque governata non già dai singoli, bensì da un’entità superiore e su questi presupposti fioriranno le interpretazioni provvidenzialistiche (ad esempio, Manzoni ne I promessi sposi ). Resta però da chiarire se tale attore della storia sia trascendente o immanente: per i Cristiani sarà trascendente, starà cioè al di là del mondo (e per Manzoni è così), per molti altri sarà immanente, ovvero governerà la storia 14 dell’umanità dall’interno. Da questa concezione emerge la superiorità dello spirito del mondo rispetto agli individui singoli (uomini) e collettivi (stati), sebbene resti vero che gli Stati valgono più dei singoli (in antitesi alla concezione meccanicistica). Per quel che riguarda la religione e la politica, gli Illuministi erano convinti che vi fosse in assoluto qualcosa di buono e di giusto (la religione naturale e lo stato giusto) rispetto a cui le realtà storiche erano tentativi mal riusciti: per lo più gli Illuministi erano deisti e consideravano le religioni storiche come tentativo mal riuscito di riprodurre l’unica vera religione, quella razionale, che dimostrava l’esistenza di Dio ricorrendo esclusivamente alla ragione. Allo stesso modo vi era a loro avviso un modello razionale di stato giusto che bisognava applicare ugualmente in tutte le realtà. I Romantici, dal canto loro, sono del parere che a contare sia solo l’unico attore della storia, che si realizza sempre e soltanto attraverso gli individui: Hegel, ad esempio, respingerà la distinzione tra religione applicata e religione ideale, convinto che una religione è quella che è nella sua applicazione concreta, non ve n’è una ideale. Sempre Hegel parla di spirito del mondo ma anche di spirito del popolo , che sono poi la stessa cosa: infatti lo spirito del mondo, di volta in volta, si realizza in un 14 progressista, spesso dandosi alle rivoluzioni (il Risorgimento). Una dimensione rivoluzionaria è anche presente sul piano psicologico: non potendo essere per molti soddisfatto il naturale desiderio di raggiungere l’infinito, ci si sente spiazzati nella realtà circostante e ci si ribella. In questa prospettiva, possiamo citare ancora Le ultime lettere di Jacopo Ortis di Foscolo: vi si trova il tema dell’esilio politico ed esistenziale al tempo stesso. Il protagonista, Jacopo Ortis, aspira all’Assoluto ma è relegato a realtà piuttosto modeste, sicchè opta per la rivolta e si toglie la vita. Si può essere progressisti anche per altra via, in modo connesso all’organicismo: se ammettiamo, come fa Hegel, l’esistenza di uno spirito del mondo, finiremo inevitabilmente per applicare un modello antropomorfo della storia , ovvero concepiremo le fasi storiche compiute dallo spirito del mondo come la vita di un individuo, caratterizzata da una nascita, da una crescita e da una morte. Non solo: la storia dell’individuo può anche essere vista in chiave finalistica (come faceva Aristotele) e ciò influirà sull’educazione che si impartirà ai bambini. Infatti, in chiave finalistica il bambino viene concepito in vista dell’uomo, cosicchè, propriamente, ad avere un valore è solo l’uomo compiuto. Ma se la storia può essere vista come la vita di una persona e se la vita di una 14 persona è vista finalisticamente, allora anche la storia può essere vista finalisticamente. E proprio per questo la maggior parte dei Romantici non nega che vi sia finalismo nella storia : Hegel è convinto che vi sia un fine ultimo immanente ed intrinseco dell’umanità generale, presente embrionalmente fin dagli albori della storia e destinato ad essere, prima o poi, realizzato. A contare, però, in questa prospettiva, così come nella vita finalisticamente intesa non è il bambino ma l’uomo, dovrebbe essere il futuro, recante la realizzazione della finalità, e il passato dovrebbe avere minor valore, come credevano gli Illuministi. E invece i Romantici vivono nella convinzione che tutte le tappe della storia siano importanti: Hegel, non a caso, dirà che il vero è l’intero , a sottolineare che la verità c’è solo alla fine e risiede nella storia presa nella sua interezza. Certo, anche per Hegel e per altri Romantici come per gli Illuministi la situazione storica attuale è migliore rispetto alle precedenti, che però, seppur inferiori, non sono errori bensì sono tutte tappe necessarie, gestite provvidenzialmente dallo spirito del mondo. Ecco perché ‘ ogni negativo è sempre anche positivo ‘ (Hegel): anche le guerre, le rivoluzioni, le violenze e tutte le altre cose negative sono positive perché estrinsecazione necessaria e provvidenziale dello spirito del 14 mondo; non ci sono errori nella storia perché tutto rientra nella finalità. Proprio per questo motivo in età romantica pullulano i romanzi storici, in cui gli smarrimenti del protagonista sono necessari e giusti. Questa concezione hegeliana è per alcuni versi progressista (perché legge la storia come processo che tende verso un fine), per altri conservatrice (ciò che è successo e che succede è sempre giusto perché tappa necessaria dell’umanità: non ha senso essere rivoluzionari), ma non è mai reazionaria (non ha senso guardare con nostalgia al passato). Ecco che affiora un’altra diversità: per gli Illuministi il progresso non andava verso un fine retto da un attore divino e a farlo erano i singoli e non l'umanità come tutto organico. Ad aprire la strada al Romanticismo è lo Sturm Und Drang, una forma di proto-romanticismo estremistico, che spesso sfiora il titanismo: l’individuo si innalza da solo contro la realtà. Ed è nello Sturm Und Drang che affiora per la prima volta il panteismo, l’identificazione della natura con Dio. Il processo che porta al panteismo prende il via con Fichte: spiritualizzata la natura, il passaggio all’identificazione con Dio è dietro all’angolo. In età romantica fioriscono dunque principalmente due atteggiamenti, il panteismo e il fideismo; resta escluso il deismo, che troppo puzzava di Illuminismo. Il panteismo 14
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