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Hegel e l'idealismo, la cosa in sé, la dialettica, Appunti di Filosofia

Appunti su tutta la filosofia di Hegel e l'idealismo, a partire dalla cosa in sé, alla dialettica, arrivando alla legge razionale, la fenomenologia dello spirito e le figure dello spirito.

Tipologia: Appunti

2019/2020

In vendita dal 12/10/2021

camilla-martelli
camilla-martelli 🇮🇹

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Scarica Hegel e l'idealismo, la cosa in sé, la dialettica e più Appunti in PDF di Filosofia solo su Docsity! HEGEL Intorno al 1700-1800, si sviluppa nell’area tedesca la filosofia idealista, che vede come massimo esponente Hegel, che ha lasciato un'impronta più profonda nello sviluppo ottocentesco. L'idealismo di Hegel è inconcepibile senza la filosofia kantiana, senza di essa non si può capire il nucleo fondamentale della filosofia idealistica della rivoluzione copernicana. Hegel dice che il grande merito di Kant è quello di aver spostato il baricentro del rapporto tra l’uomo e la realtà dal lato del soggetto, infatti ha fatto del soggetto il centro di gravità del reale. Il grande tema della filosofia idealistica è il tema della libertà. Il concetto di libertà è l'obbiettivo fondamentale, ossia giustificare il territorio della libertà del soggetto. Secondo Hegel, Kant ha compiuto una serie di errori che hanno reso il suo processo filosofico incompiuto. È nel soggetto noumenico che sta la legge morale, in esso vi è la libertà. Gli idealisti vedono il problema nella netta distinzione tra fenomeno e cosa in sé. Èin questo punto che sta quel vizio di fondo che non ha consentito a Kant di dare quel ruolo prominente al soggetto. Per capire l’idealismo bisogna partire dalla critica idealistica del concetto della cosa in sé, su cui Hegel torna più volte. Qual è la definizione kantiana di cosa in sé? È la realtà come è indipendentemente dalle nostre facoltà conoscitive; io la posso pensare ma non conoscere. Gli idealisti dicono che questa giustificazione della cosa in sé non sta in piedi perché, come può essere una cosa che io definisco indipendente dalle mie facoltà conoscitive, definita in un concetto? Come può esserci un concetto di qualcosa che sarebbe indipendente dal mio concetto? Per definire la cosa in sé, Kant incappa in un errore, perché la definisce attraverso le categorie. È impossibile definire una realtà che abbia una sua sussistenza anche ontologica al di fuori della dimensione del pensiero (pensiero=essere). La cosa in sé viene espulsa dalla dimensione filosofica. La distinzione tra fenomeno e cosa in sé lascia spazio ad una nuova dicotomia, quella tra Realitat e Wirklichkeit, le quali sono due accezioni della realtà. Wirklichkeit è la realtà effettiva, la realtà che coincide col pensiero. È generata dal pensiero stesso ed è l’unica realtà che può definirsi tale. La Realitat non ha alcun significato, è contingente, accidentale e sta al di fuori dell'ambito della Wirklichkeit, è residuale. La cosa in sé viene delegittimata, ciò apre lo spazio tra un’equivalenza tra pensiero ed essere: il soggetto non è più semplicemente il legislatore della realtà, ma è colui che la crea, la plasma. Quel limite che Kant ha difeso, apre uno spazio che Kant ha sempre rifiutato ossia una sorta di onnipotenza del soggetto. La soggettività è libera e plasma la realtà. HEGEL E LA COSA IN SE’ Hegel spiega il concetto di cosa in sé di Kant, e dice che per Kant la cosa in sé è l'oggetto facendo astrazione, indipendentemente da tutte le determinazioni che il soggetto opera su di essa. Prescindendo da tutto quello che è l'oggetto per me, rimane l’interamente astratto, vuoto. Ormai soltanto oltre ogni esperienza possibile. Quello che rimane equivale al prodotto del pensiero, a un vuoto lo. Questo soggetto vuoto, che produce il pensiero, fa della cosa in sé una vuota identità di sé stesso e la definisce come oggetto. Questo concetto di una cosa che sarebbe totalmente altro dal soggetto, non è giustificabile in nessun modo, questa cosa non è altro che il soggetto vuoto, privo di ogni determinazione, che scambia sé stesso per un oggetto fuori di sé. Non riconosce che la cosa inattingibile non è altro che sé, lo scambia per altro da sé. Kant non si è accorto che questa vuota astrazione altro non è che una categoria vuota di sostanza, unita a quella di negazione e che quindi non è altro che un prodotto del pensiero. La cosa in sé non è altro che la vuota identità del soggetto, ovvero il pensiero, che non riesce a riconoscere sé stesso, e definisce questa vuota, astratta verità come qualcosa fuori da sé. La filosofia kantiana dichiara totalmente inattingibile la dimensione illimitata dell’assoluto, che non ha limiti, va oltre ogni esperienza possibile. L'obbiettivo dell’idealismo vuole, sulla base della rivoluzione kantiana che pone il soggetto come centro di gravità di qualunque esperienza umana, completarla, definendo invece il soggetto non solo come legislatore della natura, ma dando ad esso una libertà di cui Kant ha solo creato le basi ma che non ha portato a compimento in tutte le sue facoltà. È proprio questa la critica alla cosa in sé. Eliminando questa separazione tra la realtà che è per me e un’altra dimensione inattingibile, il ruolo del soggetto non incontra più quella barriera che trova sempre. Togliere questa barriera significa dare al soggetto una strada verso l'assoluto, verso l’incondizionato, che Kant aveva sempre definito invalicabile. Questa totalità non è altro che l'assoluto, il quale deriva dall’eliminazione di questa barriera che taglia in due la realtà. Siamo di fronte ad una totalità completa. Sulla base di questa rivoluzionaria centralità del soggetto, si può andare ben oltre. La totalità è un concetto nuovo, che parte da Kant ma va oltre. Il soggetto e l'oggetto si identificano. LA DIALETTICA In questo periodo viene riscoperta la filosofia di Spinoza. Ciò che attrae di lui è la tendenza all'unità: il pensiero e l'essere trovano la loro unità nell’esprimere l'essenza dell'unica sostanza esistente. L'assoluto è il principio fondamentale della filosofia hegeliana, in cui il soggetto e l'oggetto si identificano come parti della totalità. Hegel ritiene che il limite della filosofia spinoziana è aver concepito la sostanza come un ente statico, di fatti la sostanza spinoziana è eterna, non muta; nella sua unità, tutte le determinazioni del mondo si risolvo in essa, quasi scomparendo. L'assoluto è una totalità processuale, dinamica; è soggetto, non sostanza. Non è un ente che assorbe dentro di sé tutto ciò che appare molteplice. Si sviluppa dinamicamente. Ha una sua legge razionale, che non avviene a caso, che Hegel chiama dialettica. È la legge che sta alla base della totalità, intesa come processo, sviluppo, movimento. [Lo stesso concetto di caduta di questo limite ci è testimoniato da Novalis ne ‘I discepoli di Sais'. L'uomo che si trova di fronte alla dea della verità, sollevò il velo e vide sé stesso.] La via che cerca Hegel è quella di far coesistere l’esistenza del mondo all’interno dell’assoluto, come manifestazione dell’assoluto. Superare sia la filosofia di Spinoza, dove il mondo sprofonda nella sostanza, sia la filosofia kantiana che dichiara l'assoluto inattingibile. Tutto questo è possibile se io concepisco la sostanza, non come sostrato statico, ma come immutabile mutamento, ossia un infinito movimento entro il quale trovano verità le cose del mondo. LA LEGGE DIALETTICA- razionalità e realtà Il soggetto è caratterizzato come principio dinamico, di movimento, che non è altro che il movimento del pensiero. Quando il pensiero si accorge che questa vuota astrazione non è altro che lui stesso, si sdoppia, si vede come allo specchio e comprende che la realtà non è altro che una sua collegamento dialettico, nel movimento circolare che vede nella totalità di questo processo il vero. Il vero è l’intero. La fenomenologia ripercorre questo processo di progressiva consapevolezza di questo, ossia il vero sta propriamente nella realtà. Segue una legge che appartiene sia alla razionalità che alla realtà, qui sta il punto. Non è una legge che il pensiero impone, stando fuori dalla realtà, è una legge che appartiene simultaneamente al pensiero e alla realtà, intesa come una realtà che è tale in quanto è pensata e un pensiero che è tale in quanto è reale (legge dialettica). Hegel dice che la verità consiste nel concepire il vero non come sostanza statica ma come soggetto dinamico. La sostanza, come il bocciolo, è dotata di realtà effettiva, così come la vita dell’uomo. La verità non consiste in nessuna delle tappe singole in cui la vita dell’uomo è scandita. Hegel isola tre momenti: infanzia, giovinezza, età adulta. 4 INFANZIA. L'infanzia è la tappa iniziale, in cui il carattere individuale è già presente in tutti i suoi aspetti, ma è ancora astratto, non fa parte di quell’interezza che ha bisogno di svilupparsi per divenire, è l'essenza di quello che è l’uomo. Quest’essenza, per avere verità, deve cambiare forma, uscire da sé. Per inverarsi, assumere verità, questa forma deve scindersi, negarsi e farsi giovinezza. # GIOVINEZZA. Hegel nota come la giovinezza non è solo la successione dell'infanzia, ma è anche la negazione di quella unità non mediata. Nell’infanzia siamo inseriti in una sorta di unità organica, la famiglia, che ci dà identità, ma è un'identità che riceviamo passivamente. Si tende a trovare la nostra identità fuori dalla dimensione familiare. La seconda tappa, che nega la prima, è quella della giovinezza. Ma quella negazione non è altro che l'infanzia che diviene altro, ma rimanendo sé stessa. Io rimango me stesso, solo divenendo altro. 4 ETA’ ADULTA. La terza tappa è quella che consiste nell'età adulta, è sia l'essenza nella forma dell'infanzia, sia l'essenza che ha assunto la forma come negazione della giovinezza. A sua volta, l'età adulta, nega la negazione che era la giovinezza e conserva dentro di sé i due momenti precedenti, ma li conserva portandoli a un livello di verità che nessuno dei due ha. Il terzo momento non è il risultato della somma delle parti. Il tutto non è uguale alla somma delle parti, è qualcosa di più, altrimenti sarebbe un semplice aggregato. Questa è la legge ontologica e logica, che si corrispondono e coincidono. Io solo negandomi, acquisisco autocoscienza, consapevolezza di ciò che sono, altrimenti rimango chiuso in un’inconsapevolezza come quella iniziale. “il vero è il tutto” Solo nell'età adulta capiamo la verità dell'infanzia, che è implicita. Vi è un riferimento antico di Eraclito, con l'opposizione dinamica, il divenire degli opposti. Le cose sono in quanto divengono, ma questo divenire è il divenire del pensiero, non dal logos, della natura. MOMENTI DELLA DIALETTICA «Momento astratto, o intellettuale= corrisponde all'affermazione, si determina l'essenza. È intellettuale perché c'è l’opera dell'intelletto che determina le singole cose, ma non hanno verità prese da sole, sono incomplete. «Momento negativo-razionale, o dialettico= si ha il negativo. È la ragione che entra in gioco, che sdoppia, nega le antinomie in Kant. «Momento speculativo, 0 positivo= l'età adulta pone il vero, lo afferma, ma come risultato del processo dialettico. Unifica i due opposti in una unità superiore. È definito da Hegel come Aufehbung, non può essere tradotto con un termine italiano. Richiede tre termini: togliere, conservare, innalzare. I momenti precedenti non esistono più come singoli momenti determinati, sono conservati, la loro essenza rimane, e sono innalzati a un livello di verità superiore. Il tutto è superiore alla somma delle parti. La verità dell'età adulta non è la semplice somma delle altre due verità. È il risultato del movimento di negazione dell'uno e dell'altra e di riaffermazione. La filosofia è l'ambito in cui lo spirito giunge a piena coscienza di sé (forma più alta di realizzazione dello spirito). La storia del pensiero filosofico viene raccontata da Hegel nell'opera chiamata “Fenomenologia dello spirito - Storia romanzata della coscienza”. Quest'opera ha il compito di leggere in chiave razionale l'intera storia dell'uomo. La storia dell'uomo è ricondotta da Hegel con la storia del pensiero, che si manifesta nell'uomo. Il soggetto individuale è uno dei momenti in cui si manifesta il soggetto assoluto, lo spirito. La Fenomenologia dello spirito costituisce il fondamento della filosofia di Hegel e viene pubblicata nel 1807. Il sottotitolo dell'opera (e titolo iniziale) è “Scienza dell'esperienza della coscienza” ed è rivelante riguardo al contenuto dell'opera. Questa esperienza è intesa come Erfharung, ossia viaggio, ed è il processo dialettico che la coscienza compie per raggiungere piena maturità. Questo processo si divide in tre momenti; «Coscienza, è il momento in cui lo spirito si trova nella condizione di determinazione astrale, perché il pensiero è nella sua forma più elementare. Il pensiero si pone nei confronti della realtà cercando di rappresentarla (la realtà è la realtà degli oggetti e il pensiero cerca di adeguarsi). < Autocoscienza, è il negativo. La coscienza comprende che quell'oggetto è sé stessa, perciò si rivolge a sé stessa e cerca di provare la piena verità, di giustificare. «Ragione, è dopo il processo di ricerca avvenuto nel secondo momento, quando lo spirito trova la verità della certezza. Il terzo momento è quello conclusivo. L'esito finale è quello dello spirito. La coscienza si fa spirito. Al termine dell'ultima tappa di questo viaggio, che è la ragione, si giunge a piena consapevolezza. La fenomenologia dello spirito è lo studio delle diverse figure, in cui lo spirito si determina, nell'arco della sua esperienza. È lo studio del fenomeno, ossia ciò che si mostra dello spirito. Le figure coincidono con i tre momenti della dialettica, che caratterizza il reale. Per rappresentare graficamente questo viaggio si fa riferimento a una sorta di sviluppo a spirale, e ogni anello della spirale è come un circolo dialettico. Ogni cerchio condivide il centro di quello precedente, però aumenta la propria estensione, quindi comprende sempre di più il reale dentro di sé, fino a coincidere con esso. Nonostante questo processo travagliato, il contenuto inizialmente povero, si fa sempre più ricco. E' un processo di graduale maturazione. Hegel fa una distinzione sostanziale tra due livelli della coscienza. La distinzione si trova nel grado di consapevolezza. # La coscienza naturale è quella nella sua forma più elementare e la incontriamo all'inizio del viaggio. È la pre-filosofia. # La coscienza filosofica sta alla fine di questo processo, sa già com'è andata a finire. La coscienza filosofica osserva e narra le vicende della coscienza naturale nel suo progressivo acquisire consapevolezza. Per Hegel, la filosofia ha funzione ostensiva, cioè mettere in mostra. Invece per Kant la filosofia deve criticare, giudicare. Per Hegel invece il processo di critica è già stato svolto, e la filosofia ne è una parte. E la Filosofia deve vedere questo processo, perché lo spirito stesso ha già compiuto questo viaggio. Deve rimanere in una posizione di ‘puro stare a vedere’ (Reinen zu sehen). Le tre grandi macro-figure replicano la scansione dialettica che è propria dello sviluppo dello spirito. Il primo momento della dialettica è l’astrazione (coscienza), il secondo momento è quello ropriamente dialettico o negativo (autocoscienza), e il terzo è quello speculativo (ragione). È detta filosofia speculativa, nel senso in cui speculativamente come se i due momenti precedenti si riconoscessero come la stessa cosa in un'unità superiore. Questo riconoscere la comune identità è quello che Hegel definisce, l'identità dell'identità e della differenza (Aufeben) Il bocciolo è l'identità, è in sé, è limitato alla sua unilaterale determinazione; il fiore è la differenza, per sé e fuori di sé, l'oggetto si nega e passa al suo opposto; il frutto è la consapevolezza, l’in sé e il per sé, i quali fanno parte della stessa realtà e si uniscono in una unione superiore. LE FIGURE DELLO SPIRITO La coscienza si relaziona in quanto coscienza con gli oggetti, attribuendo la verità non tanto a se stessa ma alla realtà degli oggetti. E' definita certezza sensibile, la forma più ingenua dello spirito. La certezza sensibile è quella conoscenza che hanno anche i bambini, che si relazionano con un oggetto toccandolo. Lo sviluppo di questa certezza si tramuta per Hegel nel suo opposto, perciò quella certezza sensibile trova la sua verità, la percezione. Lo spirito appare in una molteplicità di forme diverse, ognuna momenti dello sviluppo: coscienza, autocoscienza, ragione. COSCIENZA La coscienza è il primo modo in cui appare lo spirito ed è la forma più povera. È divisa in: certezza sensibile, percezione, intelletto. Sono una sorta di ipostasi temporale. 4 Certezza sensibile= Nella certezza sensibile l’uno dei termini, che sono soggetto e oggetto, viene posto come entità semplice, cioè che ha una sua verità senza ricorso alla mediazione. L'altro termine che sta dall'altra parte, l'Io che ha i sensi, viene posto come termine inessenziale cioè la verità di quell'oggetto sta lì nell'oggetto stesso. L'Io è per mezzo dell'oggetto che è il soggetto, poiché definisce se stesso con un oggetto fuori, visto che la verità sta nell'oggetto. Ed è un sapere che può essere ma anche non essere poiché quell'oggetto sarebbe anche se io non ci fossi, perché ha una sua verità e sussiste. L'oggetto è un deittico. perché il Signore è stato capace di condurre la lotta riuscendo a sopportare la paura della morte, invece il servo alla paura della morte preferisce piegare la testa e sottomettersi. La paura della morte fa da discrimine, per chi ne uscirà da signore e chi come servo. L'autocoscienza non vuole la morte dell'altro, poiché non ci sarebbe più il riconoscimento dell'altra autocoscienza. Per diventare signore c'è bisogno che l'altro si sottometta, ma che non muoia, sennò non ci sarebbe lo schiavo. Quella libertà, cercata dall'autocoscienza assume una sua prima forma. Il servo dà riconoscimento e al tempo stesso, attraverso il proprio servizio nei confronti del Signore, permette al signore di acquisire quella libertà dalle cose, che gli viene fornita dal lavoro del servo. «Coscienza di servitù. Nel rapporto di dipendenza tra signore e servo si realizza il rovesciamento del rapporto dialettico. Perché il Signore inizialmente è in una posizione di indipendenza rispetto al servo, ma progressivamente il servo si accorge che è lui che lavora dando, così, libertà al Signore. Quindi il servo matura una nuova consapevolezza di essere lui indipendente dal Signore, e il Signore invece di avere necessariamente bisogno del servo. Questo è il negativo. Si modifica il rapporto tra l'autocoscienza e le cose materiali. Appetito normalmente significa assimilare, nel lavoro, invece, l'appetito viene trattenuto e il soggetto attraverso un'operazione protratta nel tempo gli dà forma. Nel lavoro le cose materiali non vengono consumate e annullate, ma formate. E il prodotto del lavoro è una sorta di oggettivazione dell'autocoscienza, è un materiale in cui vi è una sotto forma di individualità. E' autocoscienza che va maturando e si libera perché esce da una forma implicita, in sé, e diviene una forma per sé nelle cose. All'interno del lavoro avviene il processo di liberazione della coscienza. Con il lavoro, che rientra nel secondo momento, si giunge alla liberazione. «Liberazione. Il terzo momento è la liberazione, che si articola in altre tre sotto figure. Non si sviluppa in forme materiali, ma a livello di pensiero. Prima, la libertà è conseguita a livello pratico, poi questa assume 3 forme più teoretiche; stoicismo scetticismo e la coscienza infelice. La coscienza infelice matura la consapevolezza di essere separata dalla verità a cui tanto aspira. Quindi il primo momento è il rapporto tra signoria e servitù (coscienza), il secondo è l'inversione dei ruoli (autocoscienza)e il terzo è il lavoro che porta alla libertà (ragione). Vi è una tendenza alla liberazione che è l'elemento di fondo del progressivo farsi spirito della coscienza, cioè acquisire consapevolezza, da parte della coscienza di farsi spirito. La libertà è una condizione che si conquista e il passaggio alla figura conclusiva dell’autocoscienza (liberazione) rivela un innalzamento di verità, rispetto al circolo dialettico precedente, rispetto alla negazione precedente. La libertà, che abbiamo visto già presente nella figura del lavoro, è tuttavia a un livello diverso. Nell’autocoscienza del servo, la libertà è presente ancora in sé stessa, il servo non è consapevole della propria liberazione. È una libertà che lui sta conseguendo senza esserne pienamente consapevole. La coscienza giunge a piena consapevolezza solo alla fine di questo processo, quando la libertà, ancora inconsapevole, diviene progressivamente più cosciente, va a un livello maggiore. Questo aumento della coscienza, si concretizza nelle tre figure della liberazione: #__Stoicismo= divine intoccabile dalle passioni, si separa dalle cose, in modo da rimanerne immune. Il maturare di un pensiero del genere non è casuale, ma razionale. Non è altro che il procedere della consapevolezza dello spirito che si concretizza in questo pensiero. Stabilisce una sorta di libertà dal mondo, ma è una libertà in negativo. Agisco in modo che le cose non mi tocchino, come se non esistessero per me. Questa è una prima forma imperfetta di libertà. Le cose non modificano il mio animo. Che io sia imperatore o schiavo, la realtà non mi tocca. Non ha un valore di per sé, tanto vale esserne immuni. Bisogna trovare un equilibrio. #_ Scetticismo= la realtà è dichiarata apertamente priva di significato, di verità. Ci si libera dalla realtà dichiarandola priva di qualunque verità. Sosteneva la sospensione del giudizio (epochè). È un modo imperfetto di liberarsi perché si mette la realtà tra parentesi. L'autocoscienza trova un'altra contraddizione, che Hegel rileva nello scetticismo: negando ogni verità, lo scettico afferma una verità. Negando qualunque valore di verità, si pretende che questa sia una verità. La verità è dire che non esiste alcuna verità. Questa contraddizione implicita si manifesta nella coscienza infelice. *_ Coscienza infelice= corrisponde alle grandi filosofie e religioni ebraiche e cristiane. La contraddizione, nella coscienza infelice, assume la fora che troviamo alla base della religiosità ebraica e cristiana delle origini, pienamente medievale. Una cristianità che vede il vero che abbandona la realtà del mondo. La verità è nella dimensione trascendente e imperscrutabile di Dio. La verità esiste con un fondamento assoluto ma trascende il mondo, condannandolo a contingenza. Il mondo perde autosufficienza ontologica, conoscitiva. La verità del mondo è in Dio e questa verità l’uomo non può raggiungerla, ecco l’infelicità della coscienza. La coscienza infelice ne è la traduzione in forma filosofica. Una coscienza che è afflitta dalla malinconia di una verità che sa e di cui ha piena fede dell’esistenza ma le risulta irraggiungibile. Questo rivolgersi a Dio culmina nel fenomeno dell’ascetismo. I monaci ascetici dedicano la loro esistenza alla ricerca di una sempre maggiore vicinanza. Questo significare negare sé stesso come essere mondano per avvicinarsi a ciò, la cui mancanza rende infelice la coscienza. In questo tentativo di separarsi dall’io si realizza l'opposto. Nell'uomo matura la coscienza che consente il decisivo passaggio alla figura successiva dello spirito, la ragione. Negando sé stesso, la coscienza si rende conto che in realtà quel fondamento che credeva trascendente, lo trova dentro sé stessa. Questo fondamento del vero in realtà è proprio dove non sospettava che fosse, in quella ragione che solo apparentemente è l’anima razionale di cui parlavano Aristotele e Platone. La ragione è qualcosa di nuovo, è la ragione che si prepara alle grandi conquiste della modernità. La differenza tra queste due ragioni sta nel fatto che la ragione antica è la sola facoltà che coglie il vero, ma questa verità sta nelle cose, al di fuori; la ragione moderna fonda il vero. Hanno un livello di coscienza più alto. Il risultato è sempre la libertà, ma con un grado di consapevolezza diverso. L'esito di questo processo è la conciliazione di tutti gli opposti. Hegel dice che all’inizio la libertà è ancora in sé o per noi, fur uns oder an sich (per noi o in sé). La libertà la vediamo noi ma è ancora in sé. LA RAGIONE La ragione è l’articolarsi della storia in termini filosofici, trasfigurata in figure filosofiche della modernità. Con lo sviluppo della modernità, la certezza di ciò che si è, va in cerca della propria verità, con la trasformazione della verità soggettiva in quella oggettiva. La verità trova conferma nella realtà. Nel primo momento di ogni figura quello che è quella figura stessa è ancora in sé o per noi. Cioè questa verità noi la vediamo già compiuta, perché conosciamo lo sviluppo che è già stato compiuto dallo Spirito, però in quel momento la ragione deve ancora acquisire questa piena consapevolezza, che emergerà compiutamente solo alla fine. Le tre sotto figure sono quelle che vengono chiamate da Hegel ragione osservativa, ragione attiva e individualità in sé e per sé. » Ragione osservativa, ambito teoretico, qua dentro condensate vi è il faticoso e il contraddittorio sviluppo della ragione scientifica moderna a partire da Galilei e Aristotele. La ragione che si fa fondamento, il Cogito, cioè il fondamento della realtà. A partire dal Cogito, io posso conoscere ciò che c'è fuori da me, e in esso gli oggetti trovano fondamento che li rende veri. Si deve pensare a tutto lo sviluppo della filosofia moderna. Da un lato l’individualità può avere un ruolo cruciale ma al tempo stesso è l'incarnazione dello spirito che prende forma di quell’individuo per portare avanti il proprio progetto. Questa è la funzione dell'individuo come strumento dello spirito. » Ragioneattiva, ambito pratico, cerca di conformare la realtà secondo principi razionali. Nella ragione attiva troviamo l'illuminismo, poiché non è altro che un momento dello spirito in cui la ragione attiva porta avanti questo modellare la realtà secondo principi razionali. La ragione dopo essersi sperimentata in ambito teoretico e poi in ambito pratico trova la sintesi nella figura che viene detta individualità in sé per sé. Si intende di collocare il concetto di individuo razionale a fondamento della realtà. » L'individualità In sé e per sé è di fatto chi giunge a pieno compimento portando la coscienza da ragione a spirito. L'ultima figura in sé per sé è il suo divenire Spirito, che si sviluppa nella figura storica di Napoleone. Evento emblematico che raffigura l'individualità in sé e per sé è la Rivoluzione Francese perché ciò che abbiamo trovato separatamente astrattamente dal punto di vista teoretico e dal punto di vista pratico, trova unità ed è l'affermazione dell'individuo come fondamento teoretico della conoscenza del reale. L'individuo come principio che sta alla base delle società moderne trova piena formazione nel corso della Rivoluzione francese. La Rivoluzione Francese trova la propria verità nel regime Napoleonico e in Napoleone, perché lo riteneva uno dei grandi personaggi della storia che hanno il compito di portare avanti attraverso un momento di rivoluzione. Il Codice civile Napoleonico rappresenta la sintesi dei principi della rivoluzione. Quelli che erano già stati affermati come principi e avevano rivoluzionato la realtà vengono assimilati dal regime Napoleonico che dà a quella forma astratta e a questi principi piena realtà. Lo spirito giunge a manifestarsi anche sotto forma della singola individualità di Napoleone.
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