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Hegel e la guerra, Temi di Filosofia

approfondimento su tema politico secondo la concezione hegeliana

Tipologia: Temi

2015/2016

Caricato il 22/10/2016

Salmon97
Salmon97 🇮🇹

4.6

(9)

2 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica Hegel e la guerra e più Temi in PDF di Filosofia solo su Docsity! La giustificazione della guerra A. La sovranità all'esterno. 321. La sovranità all'interno (§278) in tanto è questa idealità, in quanto i momenti dello spirito e della sua realtà, dello stato, sono dispiegati nella loro necessità, e sussistono come membri del medesimo. Ma lo spirito, come relazione infinitamente negativa a sé nella libertà, è parimenti essenzialmente esser-per-sé, che ha accolto entro di sé la differenza sussistente, e quindi è esclusivo. In questa determinazione lo stato ha individualità, la quale è essenzialmente come individuo, e nel sovrano come individuo reale, immediato (§ 279). 322. L’individualità come esclusivo esser-per-sè. appare come rapporto con altri stati, dei quali ciascuno è autonomo di fronte agli altri. Poiché in questa autonomia l'esser- per-sé dello spirito reale ha il suo esserci, essa è la prima libertà e il supremo onore di un popolo. Coloro che parlano di desideri di una collettività, che costituisce uno stato più o meno autonomo ed ha un proprio centro, -di desideri di perdere questo punto centrale e la sua autonomia, per costituire con un altro un intero, sanno poco della natura di una collettività e del sentimento di sé, che un popolo ha nella sua indipendenza. - La prima figura nella quale gli stati si presentano storicamente, è perciò questa autonomia in genere, quand'anche sia del tutto astratta, e non abbia alcun ulteriore sviluppo interno; appartiene pertanto a questa apparizione originaria, che al suo culmine stia un individuo, patriarca, capo-tribù ecc. 323. Nell'esserci appare così questa relazione negativa dello stato a sé, come relazione di un altro a un altro, e come se il negativo fosse un che di esteriore. L'esistenza di questa relazione negativa ha perciò l'aspetto di un accadere e dell'intrico con avvenimenti accidentali, i quali vengono dal di fuori. Ma essa è il suo supremo proprio momento, - la sua reale infinità intesa come l'idealità di ogni finito in esso, - il lato nel quale la sostanza intesa come l'assoluta potenza contro ogni cosa singola e particolare, contro la vita, proprietà e suoi diritti, come contro le ulteriori cerchie, porta all'esserci e alla coscienza la nullità delle medesime. 324. Questa determinazione, con la quale l'interesse e il diritto dei singoli è posto come un momento dileguante, è in pari tempo il positivo, cioè il positivo della loro individualità non accidentale e mutevole, bensì essente in sé e per sé. Questo rapporto e il riconoscimento del medesimo è perciò il loro dovere sostanziale, - il dovere di conservare questa individualità sostanziale, l'indipendenza e sovranità dello stato, con pericolo e sacrificio della loro proprietà e vita, altresì del loro opinare e di tutto ciò che è di per se stesso compreso nell'ambito della vita. Si ha un calcolo assai distorto se nella richiesta di questo sacrificio vengono considerati lo stato soltanto come società civile, e come suo fine ultimo soltanto l'assicurazione della vita e della proprietà degli individui; giacché questa sicurezza non viene conseguita col sacrificio di ciò che deve venir assicurato; - al contrario. - In ciò che è stato indicato risiede il momento etico della guerra, la quale non è da considerare come male assoluto e come un'accidentalità meramente esterna, che abbia il suo fondamento quindi esso stesso accidentale, in quel che si voglia, nelle passioni dei detentori del potere o nelle passioni dei popoli, in ingiustizie ecc., in genere in cosa tale che non deve essere. A quel che ha la natura dell'accidentale gli capita l'accidentale, e questo destino appunto è quindi la necessità, - come in genere il concetto e la filosofia fa dileguare il punto di vista della mera accidentalità e in essa (come in parvenza) conosce la di lei essenza, la necessità. P, necessario che il finito, possesso e vita, venga posto come cosa accidentale, giacché questo è il concetto del finito. Questa necessità ha da un lato la figura di forza della natura, e tutto il finito è mortale e transeunte. Ma nell'essenza etica, nello stato, questa forza viene sottratta alla natura, e la necessità viene innalzata ad esser opera della libertà, ad esser qualcosa di etico; - quella transitorietà diviene un voluto trascorrere, e la negatività che sta a fondamento si trasforma nella sostanziale propria individualità dell’essenza etica. - La guerra in quanto situazione nella quale la vanità delle cose e dei beni temporali, che altrimenti suol essere un modo di dire edificante, diventa una cosa seria, è quindi il momento in cui l'idealità del particolare ottiene il suo diritto e diviene realtà; - la guerra ha il superiore significato che grazie ad essa, come mi sono espresso altrove, « la salute etica dei popoli viene mantenuta nella sua indifferenza di fronte al rinsaldarsi delle determinatezze finite, come il movimento dei venti preserva il mare dalla putredine, nella quale sarebbe ridotto da una quiete durevole, come i popoli da una pace durevole o addirittura perpetua». - Che ciòdel resto sia soltanto un'idea filosofica, ovvero, come si suol esprimer altrimenti, una giustificazione della provvidenza, e che le guerre reali abbiano bisogno ancora di un'altra giustificazione, di ciò in seguito. - Che l'idealità la quale vie. ne in evidenza nella guerra trovandosi come in un rapporto accidentale verso l'esterno, e l’idealità secondo la quale i poteri interni dello stato sono momenti organici dell'intero, - sia la medesima, si presenta nel mondo dei fenomeni storici nella figura, tra le altre, per cui guerre fortunate hanno impedito irrequietudini interne e consolidato la forza interna dello stato. Che popoli, i quali non volendo o paventando sopportare una sovranità all'interno, vengono soggiogati da altri, e con tanto minor successo e onore si son dati pena per la loro indipendenza, quanto meno si poté giungere all'interno a un primo assetto del potere dello stato (- la loro libertà è morta della paura di morire -); - che stati, i quali hanno la garanzia della loro autonomia non nelle loro forze armate, sibbene in altri rispetti (come per es. stati sproporzionatamente piccoli di fronte ai vicini), possono sussistere con una costituzione interna che per sé non garantirebbe quiete all'interno né all'esterno ecc. - sono fenomeni che rientrano appunto in quest'aspetto. 325. Mentre che il sacrificio per l'individualità dello stato è il rapporto sostanziale di tutti e quindi dovere universale, tale rapporto in pari tempo, inteso come l'un latodell'idealità di contro alla realità del sussistere particolare, diviene esso stesso un rapporto particolare, e ad esso vien dedicato un proprio ceto, il ceto del valore militare. 332. La realtà immediata nella quale gli stati sono l'uno verso l'altro, si particolarizza in rapporti molteplici, la cui determinazione proviene dall'arbitrio autonomo di ambo le parti, e quindi ha la natura formale dei contratti in genere. La materia di questi contratti è tuttavia di una molteplicità infinitamente minore che non nella società civile, nella quale i singoli stanno in reciproca dipendenza nei riguardi più multiformi, all'incontro gli stati autonomi sono precipuamente interi appagantisi entro di sé. 333. Il principio fondamentale del diritto internazionale, inteso come il diritto universale, che deve valere sé e per sé tra gli stati, a differenza del contenuto particolare dei trattati positivi, è che i trattati, come tali che su di essi si basano le obbligazioni degli stati l'uno verso l'altro, devono venir rispettati. Ma poiché il loro rapporto ha per principio la loro sovranità, ne deriva ch'essi sono in tal misura l'uno verso l'altro nella situazione dello status naturae, e i loro diritti hanno la loro realtà non in una volontà universale costituita a potere sopra di essi, bensì nella loro volontà particolare. Quella determinazione universale rimane perciò nel dover essere, e la situazione diviene un'alternanza del rapporto conforme ai trattati e della soppressione del medesimo. Non c'è alcun pretore, al massimo arbitri o mediatori tra stati, e anche questi soltanto in modo accidentale, cioè secondo volontà particolari. La concezione kantiana di una pace perpetua 9' grazie a una federazione di stati, la quale appianasse ogni controversia, e come un potere riconosciuto da ciascun singolo stato componesse ogni discordia, e con ciò rendesse impossibile la decisione per mezzo della guerra, presuppone la concordia degli stati, la quale riposerebbe su fondamenti e riguardi morali, religiosi o quali siano, in genere sempre su volontà sovrane particolari, e grazie a ciò rimarrebbe affetta da accidentalità. 334. La controversia degli stati può quindi, in quanto le volontà particolari non trovano un accordo, venir decisa soltanto dalla guerra. Ma quali offese - delle quali, nel loro ambito largamente comprensivo e nelle relazioni multilaterali attraverso i loro sudditi, possono presentarsene facilmente e in quantità - siano da riguardare come infrazione determinata dei trattati o offesa del riconoscimento e dell'onore, rimane un che di indeterminabile in sé, poiché uno stato può porre la sua infinità e il suo onore in ciascuno dei suoi singoli aspetti, e tanto più è incline a questa irritabilità, quanto più una forte individualità viene spinta da lunga quiete interna a cercarsi e a crearsi una materia dell'attività verso l'esterno. 335. Oltre a ciò lo stato, come entità spirituale in genere, non può fermarsi a voler osservare meramente la realtà dell'offesa, bensì si aggiunge come causa di contese la rappresentazione di una tale offesa come pericolo minacciante da parte di un altro stato, con l'andar su e giù quanto a maggiori o minori probabilità, supposizioni delle intenzioni ecc. 336. Poiché gli stati nel loro rapporto di indipendenza sono uno di fronte all'altro come volontà particolari, e la validità dei trattati stessi si basa qui sopra, ma lavolontà particolare dell'intero è secondo il suo contenuto il suo benessere in genere, ne segue che questo benessere è la legge suprema nel suo comportamento verso altri, tanto più in quanto l'idea dello stato è appunto questo, che in essa l'opposizione del diritto inteso come libertà astratta, e del contenuto particolare che la riempie, il benessere, sia tolta, e il primo riconoscimento degli stati (par. 331) va ad essi come interi concreti. 337. Il benessere sostanziale dello stato è il suo benessere come di uno stato particolare nel suo determinato interesse e situazione e nelle circostanze esterne parimenti peculiari insieme al particolare rapporto connesso ai trattati; il governo è quindi una sapienza particolare, non la provvidenza universale (cfr. 324 annotaz.) - così come il fine nel rapporto con altri stati e il principio per la giustizia delle guerre e dei trattati, non è un pensiero universale (filantropico), bensì il benessere realmente offeso o minacciato nella sua particolarità determinata. Un tempo è stata molto discussa l'opposizione di morale e politica, e l'esigenza che la seconda sia conforme alla prima. Qui si addice soltanto notare su ciò in genere, che il benessere di uno stato ha una giustificazione del tutto diversa che non abbia il benessere dell'individuo, e che la sostanza etica, lo stato, ha il suo esserci, cioè il suo diritto immediatamente in un'esistenza non astratta, bensì concreta, e che soltanto questa esistenza concreta, non uno dei molti pensieri universali tenuti per precetti morali, può esser principio del suo agire e comportamento. La veduta intorno al presunto torto che la politica sempre deve avere in questa presunta opposizione, riposa ancora piuttosto sulla fatuità delle rappresentazioni intorno alla moralità, intorno alla natura dello stato e dei rapporti di esso col punto di vista morale. 338. Nel fatto che gli stati si riconoscono reciprocamente come tali, rimane anche nella guerra, nella situazione della mancanza di diritto, della violenza e accidentalità, un vincolo, nel quale essi valgono l'uno per l'altro essendo in sé e per sé, cosicché nella guerra stessa la guerra è determinata come un qualcosa che deve trascorrere. Essa contiene quindi la determinazione di diritto internazionale che in essa venga conservata la possibilità della pace, quindi per es. gli ambasciatori vengano rispettati, e in genere che essa non venga condotta contro le istituzioni interne e la pacifica vita familiare e privata, non contro le persone private. 339. Per il resto il comportamento reciproco nella guerra (per es. che vengano fatti prigionieri) e ciò che nella pace uno stato concede ai sudditi di un altro quanto a diritti per il traffico privato ecc., dipende precipuamente dai costumi delle nazioni, intesi come l'universalità interna della condotta, universalità conservantesi sotto tutti i rapporti. 340. Nel rapporto degli stati l'uno verso l'altro, poiché essi in ciò sono come particolari, rientra il gioco supremamente mosso della particolarità interna di passioni, interessi, fini, di talenti e virtù, della violenza, del torto e dei vizi, come dell'accidentalità esterna, nelle più grandi dimensioni del fenomeno, - un gioco, nel quale l'intero etico stesso, l'indipendenza dello stato, viene esposto all'accidentalità. I princìpi degli spiriti del popolo a cagione della loro particolarità, nella quale essi hanno la loro realtà oggettiva e la loro autocoscienza come individui esistenti, sono limitati in genere, e i loro destini e fatti nel loro rapporto dell'uno all'altro sono la dialettica apparente della finità di questi spiriti, dalla quale lo spirito universale, lo spirito del mondo, in tanto si produce come illimitato, in quanto è esso che esercita il suo diritto - e il suo diritto è tra tutti il supremo - su di essi nella storia del mondo, come in tribunale del mondo'.
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