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HEGEL "FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO", Appunti di Filosofia Teoretica

Appunti dell'opera "Fenomenologia dello Spirito". Da integrare con il libro per un maggiore approfondimento.

Tipologia: Appunti

2020/2021

Caricato il 26/06/2021

martarism
martarism 🇮🇹

4.7

(9)

8 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica HEGEL "FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO" e più Appunti in PDF di Filosofia Teoretica solo su Docsity! HEGEL “FENOMENOLOGIA DELLO SPIRITO” La Fenomenologia dello spirito è l’opera più celebre di Hegel, che venne pubblicata per la prima volta nel 1807. Quella di Hegel è una filosofia della libertà, che non si basa sull’emancipazione dei singoli ma sulla riconciliazione, perché con la prima la libertà di uno comincia quando finisce la libertà dell’altro mentre con la seconda entrambi si riconoscono nella libertà dell’altro. Con quest’opera Hegel vuole descrivere il percorso che deve compiere ciascun essere umano partendo dalla propria coscienza per arrivare all’assoluto, ciò che è vero in sé, che sta dentro di noi. Infatti per Hegel non vi è opposizione tra il finito e l’infinito perché il finito sta nell’infinito. La cellula germinale della fenomenologia è l'autocoscienza, in essa si esprime il principio di soggettività comparso in ego cogito, ergo sum di Cartesio. La prima parte della fenomenologia si divide in coscienza, autocoscienza e ragione ➡ idea in sé, fuori di sé, ritorna in sé. La coscienza (in sé) è il momento del singolo, si ha nel momento in cui l’uomo è cosciente di avere una conoscenza sul mondo, ma quando capisce che la verità del suo oggetto è la coscienza stessa, questa diventa autocoscienza, che è la coscienza che ha come oggetto sé stessa. Il momento da cui comincia la consapevolezza di se è attraverso la coscienza, ed è rappresentato dall’incontro dell’individuo con l’oggetto, e appunto attraverso il confronto sensibile con un oggetto ci si rende conto della propria esistenza. L’incontro dell’oggetto poi si divide in: -Certezza sensibile: attraverso cui la coscienza considera la realtà che veda qualcosa di certo, e identifica gli oggetti con un loro nome e li inserisce attraverso un tempo (ora) e uno spazio (qui). Essendo però che gli oggetti sono labili perché non rappresentano qualcosa di permanente vengono smentiti, e restano solo i concetti astratti del qui e ora -Percezione: qui la coscienza capisce che gli oggetti hanno un nome e molteplici forme e si cerca di raggruppare le diverse proprietà degli oggetti in un unico punto di riferimento, così da poter avere una visione unitaria della realtà. Il punto di riferimento che accomuna ogni oggetto è il sostrato (sostanza), che è presente in tutte le cose allo stesso modo -Intelletto: la coscienza si rende conto che l'unità non sta nell’oggetto, bensì nel soggetto che unifica tutto attraverso l’intelletto. Quindi cerca di riconoscersi tramite un’altra coscienza, e diventa autocoscienza. L’autocoscienza (fuori da sé) è l’unità di soggetto e oggetto tramite la negazione della loro differenza, per questo la sua identità dipende dall’altro che essa nega. Nella dinamica del riconoscimento facciamo riferimento all’idea in sé, fuori di sé e che ritorna in sé. La coscienza dopo aver guardato se stessa ed essersi fatta un'idea parziale della propria essenza è un'autocoscienza, essa cerca l'essenza delle cose fuori di sé e in particolare delle altre autocoscienza. L'autocoscienza ha bisogno di essere riconosciuta perché è in relazione di sé e vede sé stessa nell'altra autocoscienza. Così facendo è fuori di sé in un duplice significato: si perde e si ritrova come un’altra autocoscienza e toglie l’essenza all’altro perché nell’altro c’è la sua essenza. Da questo deriva un duplice togliere l’altro perché nel momento in cui l’autocoscienza toglie l’essenza all’altro, la toglie anche a sé stessa dal momento che l’altro è sé stessa. Infine ne deriva un duplice ritorno a sé: avendo ritrovato sé stessa dopo essere uscita fuori di sé, ritorna in sé e restituisce l’essenza all’altro. Questo agire di una autocoscienza può avvenire solo se l’altra autocoscienza agisce anche. La prima non può agire sulla seconda se quest’ultima non opera a sua volta su di sé. Ognuno vede l’altra fare ciò che essa fa, e in quanto tale fa lo stesso. Per Hegel questo riconoscimento può avvenire solo con l’incontro di due autocoscienze diverse che non si amano, perché questo porterebbe ad una fusione. Questo riconoscimento è preceduto dalla lotta intorno alla vita e alla morte (Travaglio del negativo) dove inizialmente l’autocoscienza non è consapevole che attraverso l’altra autocoscienza può riconoscersi. Prima l’altro le sembra qualcosa di estraneo ma poi si rende conto che per riconoscere sé stessa ha bisogno dell’altro, perché nell’altro è presente la sia essenza. Quando avviene questo riconoscimento reciproco entrambe lottano per affermare la propria indipendenza, entrambe vogliono e devono vivere perché se una delle due muore l’altra non può più riconoscersi. Qua si ha quello che Hegel chiama sdoppiamento della sua coscienza nell’unità, in cui avviene il reciproco riconoscimento. La prima semplice figura del l’autocoscienza si sdoppia in autocoscienza signorile e servile. Nella dialettica servo-padrone, abbiamo due autocoscienze: l’autocoscienza signorile e l’autocoscienza servile. L’autocoscienza signorile riguarda il signore, ovvero colui che metterebbe a rischio la sua vita pur di far dipendere le cose da sé ; l’autocoscienza servile riguarda il servo, ovvero colui che non metterebbe mai a rischio la sua vita, quindi preferisce vivere ed è proprio l’autocoscienza servile che si ritira da questa lotta per l’indipendenza. Il signore è convinto che tutte le cose dipendono da sé, in realtà è il servo che lavora per il signore, quindi tutte le cose dipenderebbero dal servo, per questo si ha un’inversione di dialettica dove il Signore diventa servo del servo e il servo diventa signore del signore. L'autocoscienza servile si ritira da questa lotta, però il servo attraverso diverse fasi diventa indipendente, consapevole di sé stesso, cosa che manca adesso al signore, perché mentre prima il signore aveva consapevolezza di sé proprio perché il servo svolgeva dei lavori per lui, adesso non la può più avere perché il servo svolge dei lavori per sé stesso, quindi ha questa indipendenza. Questo processo di progressiva indipendenza si ha attraverso tre fasi : paura della morte, servizio e lavoro -La paura della morte: Il servo ha avuto paura della perdita della propria essenza perché ha capito di essere indipendente dalle cose, ricchezze, certezze naturali nelle quali si identificava. Si rende sapiente, si mette al di là di se, indipendentemente dalla propria immediatezza naturale, se io non mi so proiettare al di là di me stesso io non sono un essere umano, ritrovarsi oltre il tempo, capacità di mettersi oltre se stesso -Il servizio : concretizzazione della paura ,stacca il soggetto dall’oggetto, il servo distingue se stesso dall’altro e quindi scopre la sua essenza nel servizio. Riesce a tenere a bada gli impulsi naturali. -Lavoro: oggettivazione del servizio, il servo si identifica col singolo oggetto che fa, distingue l’altro da sé, pone l’oggetto come altro da sé e in questo oggetto, in quanto è altro da sé, vede sé, si riconosce nell’altro. Imprime la sua personalità in ciò che fa. Questo si conclude con la coscienza dell’indipendenza del servo nei confronti delle cose e della dipendenza del signore nei confronti del lavoro servile. Hegel, con l’affermazione dell’autonomia del servo davanti le cose, realizza il diritto di entrambi i soggetti alla libertà. Il contrasto tra servo e signore è visto in chiave storica con signoria/servitù, in chiave filosofica con stoicismo/scetticismo, e in chiave religiosa con la coscienza infelice. L'autocoscienza trova la sua manifestazione filosofica nello stoicismo, però raggiunge soltanto un’astratta libertà interiore, perché la realtà esterna non è negata. Lo stoicismo celebra l’autosufficienza distaccandosi dalle passioni e dalle ricchezze ma di fatto rimane ancorato ad essi. Per questo è superato dallo scetticismo. Infatti, lo scetticismo non si pone domande sulla realtà; e qui possiamo trovare una contraddizione, poiché da un lato dice che tutto è vano, mentre dall’altro lato pretende di dire qualcosa di vero. Inoltre, la coscienza di cui parla lo scettico, è una coscienza singola, che non può fare a meno di essere in conflitto con altre coscienze singole. È una coscienza infelice che sente la lacerazione tra Dio e l’uomo. Questa opposizione tra infinito e finito corrisponde alla separazione tra Dio e uomo, dove Dio è intrasmutabile, trascendente (antitesi tra “intrasmutabile” e “trasmutabile”). Questa è la situazione dell’ebraismo, dove Dio è considerato come un giudice severo e l’uomo è sotto le sue dipendenze. Nel secondo momento, l’intrasmutabile Dio assume la figura di un Dio incarnato. Questa è la situazione del cristianesimo medievale. Dio è considerato come un “Dio che perdona”, quindi in maniera positiva. Egli,
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