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Hegel - Fenomenologia dello spirito, Appunti di Filosofia

“Fenomenologia dello spirito” è una delle opere più affascinanti e suggestive di Hegel, che percorre lo sviluppo della coscienza che accumulando esperienze abbandona le proprie convinzioni iniziali per raggiungere il punto di vista filosofico del sapere assoluto. L’opera è stata concepita come un’introduzione alla filosofia, che è per Hegel sapere assoluto.

Tipologia: Appunti

2020/2021

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Scarica Hegel - Fenomenologia dello spirito e più Appunti in PDF di Filosofia solo su Docsity! Hegel e la Fenomenologia dello spirito F e n o m e n o l o g i a ( p h a i n o m e n o n = a p p a r i z i o n e e lògos=discorso) dello spirito è una delle opere più affascinanti e suggestive di Hegel, che percorre lo sviluppo della coscienza che accumulando esperienze abbandona le proprie convinzioni iniziali per raggiungere il punto di vista filosofico del sapere assoluto. Affermando che l’Assoluto non è un punto di partenza qualcosa di dato immediatamente, ma un punto di arrivo, una conquista a cui si giunge per gradi. L’espressione della Fenomenologia dello spirito (1807) indica la descrizione delle manifestazioni attraverso cui lo spirito giunge a cogliere se stesso. L’opera è stata concepita come un’introduzione alla filosofia, che è per Hegel sapere assoluto. Tuttavia questa disciplina è una conquista che esige un lungo cammino, dalla forma più povera di sapere, la sensazione, via via attraverso forme o figure sempre più perfette di coscienza. Hegel cerca di comprendere l’Assoluto sia nella storicità dei suoi processi di svolgimento sia nella sua essenza ideale. La fenomenologia contiene la narrazione dell'uscita della coscienza dalla caverna (e acquista un'adeguata visione del mondo) e del suo salire alla filosofia ovvero la storia dell'esperienza che la coscienza deve attraversare sulla strada che conduce al sapere assoluto è la descrizione filosofica del cammino che la coscienza o il soggetto umano compie da una situazione iniziale in cui ignora l'assoluto (c'è ma è astratto perché non c'è stato ancora il negativo) fino alla conoscenza piena di esso. È un itinerario perché il risultato finale non può essere ottenuto immediatamente, evitando il cammino, ma una guida che mostri come la coscienza naturale possa innalzarsi fino al punto di vista del sapere assoluto dell’Assoluto. “La Fenomenologia è un viaggio di esplorazione attraverso tutto il territorio della coscienza, non solo teoretica, ma anche morale, sociale, politica e religiosa” (De Ruggiero) Le tappe dell’itinerario fenomenologico: - Ogni figura designa un'esistenza concreta un modo di manifestarsi un'esperienza particolare individuale o collettiva dello spirito nel corso della storia; - Tutte le figure pretendono di cogliere la vera essenza della realtà ma, esaminandole in modo approfondito, ogni volta tale pretesa risulta illegittima; - Ogni figura va superata per accedere alla figura successiva. L'impulso al superamento al passaggio da uno stadio a quello successivo viene solo dal momento negativo della dialettici; - Il progredire dello spirito è una sorte di morte continua. Ogni singola figura deve essere distrutta perché al suo posto ne subentri una nuova. La dialettica servo-padrone: - Il signore, nel rischiare la propria vita pur di affermare la propria indipendenza, ha raggiunto il suo scopo, e si eleva su quello che è divenuto il suo servo (poiché ha preferito la perdita della propria indipendenza pur di avere salva la vita). - Anche il servo però diventa importante per il signore poiché dal lavoro di quello dipende il suo stesso mantenimento in vita: il servo, lavorando, dà al padrone ciò di cui ha bisogno. - Il padrone non riesce più a fare a meno del servo, dunque la subordinazione si rovescia. - Il padrone diviene servo poiché è strettamente legato al lavoro del servo, e il servo diviene padrone (con la sua attività produttiva) del padrone. - Grazie al lavoro il servo riconquista la sua libertà, perché il signore diviene progressivamente dipendete dal suo lavoro, e quindi il servo si configura come il vero dominatore della natura: colui che attribuisce senso al mondo. - Non vanno perduti i ruoli originari, ma se ne aggiunge ad entrambi uno nuovo, l'opposto. Il passato di servo e padrone non viene eliminato del tutto ma in ognuno è in parte tolto e nello stesso tempo conservato il ruolo originario. È il classico rapporto di “Aufheben” (togliere e conservare) Con il manifestarsi della libertà conquistata dal servo tramite il suo lavoro si presentano anche i diversi modi di concepirla. Le diverse idee di libertà passano attraverso tre concezioni, ovvero le seguenti: - Stoicismo, che non solo nega l’importanza del mondo materiale ma bensì arriva a mettere in dubbio l’esistenza stessa di un mondo esterno al soggetto. Nello stoicismo la libertà si identifica con l’atarassia che rappresenta la realizzazione della libertà interiore e l’indifferenza del saggio nei confronti del mondo esterno. Tuttavia questa libertà non spezza le catene della schiavitù e anche se il servo può nella sua interiorità concepirsi come libero la sua libertà rimane astratta. Di fronte a questa condizione l’individuo perde fiducia nella stessa idea di verità e così giunge alla fase dello scetticismo - Scetticismo, che spinge all’estremo il ragionamento stoico e conclude che se si dubita dell’esistenza del mondo materiale allora si deve dubitare di tutto anche della stessa coscienza. In questa concezione avviene il distacco dal mondo che viene interpretato come nullità, tuttavia è una coscienza contraddittoria (lo scettico si auto-contraddice perché da un lato dichiara che tutto è vano e non vero mentre dall’altro dichiara di dire qualcosa di vero). Dopo aver negato verità al mondo il cammino dell’uomo lo porta al terzo momento rappresentato dalla coscienza infelice ovvero alla scissione della coscienza in finita e mutabile propria della condizione umana e quella infinita e immutabile propria della dimensione divina. - Coscienza infelice: la coscienza non ha più alcun valore e quindi essa perde la fiducia in se stessa. Si arriva così alla sintesi o terza tappa dell’autocoscienza. La coscienza infelice sorge quando la coscienza scettica comprende la profonda contraddizione che è in se stessa: questo genera infelicità. Mentre nel mondo antico, nel rapporto tra signoria e servitù, c’era uno scontro tra due autocoscienze, signore e servo, il cristianesimo ha reso tutti gli uomini uguali e la contraddizione entra nella singola coscienza. Dio è tornato in cielo, l’uomo è solo, con la sua finitudine, ma oramai aspira all’infinito. L’uomo si protende verso Dio, ma non può mai raggiungerlo. La coscienza è quindi infelice, perché non riesce ad attingere il trascendente, l’immutabile, pur aspirandovi ardentemente: essa è scissa, lacerata in se stessa, impossibilitata a trovare una qualche forma di mediazione fra l’al di qua e l’al di là, fra la dimensione di ciò che è caduco e quella di ciò che è eterno. Un Dio che vedono come qualcosa di opposto a loro; un Dio che è tutto mentre loro non sono niente. Il rapporto della coscienza con l’immutabile, con il trascendente, è quindi un rapporto infelice, che nasconde e presuppone una lacerazione, una scissione della coscienza all’interno di sé stessa.
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