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Hegel - Fenomenologia dello spirito ed Enciclopedia, Dispense di Filosofia

Riassunto completo su Hegel. Breve biografia e approfondimento sul suo pensiero, in particolare analisi completa della Fenomenologia dello Spirito e dell'Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio.

Tipologia: Dispense

2018/2019

In vendita dal 25/09/2019

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Scarica Hegel - Fenomenologia dello spirito ed Enciclopedia e più Dispense in PDF di Filosofia solo su Docsity! Georg Wilhelm Friedrich Hegel (Stoccarda, 27 agosto 1770 – Berlino, 14 novembre 1831) Opere  Vita di Gesù (1795)  Religione di popolo e cristianesimo (1796)  La possibilità della religione cristiana  Lo spirito del cristianesimo e il suo destino  Sulla relazione della religione naturale con la religione positiva  Logica e metafisica (1800)  Filosofia della natura (1800)  Differenza dei sistemi di filosofia di Fichte e Schelling (1801)  Sull’essenza della filosofia critica in generale  Fenomenologia dello spirito (1807)  Scienza della logica (1812-1816)  Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio (1817)  Lineamenti di filosofia del diritto, ossia diritto naturale e scienza dello stato (1821)  La scienza della storia (postuma*)  Filosofia dell’arte (postuma*)  Filosofia della religione (postuma*)  La storia della filosofia (postuma*) *le opere furono curate dai suoi allievi. Vita Se Kant ebbe un’evoluzione del suo pensiero, Hegel ebbe un pensiero coerente durante tutto l’arco della sua filosofia; pensiero che sarà applicato in tutti i campi presi da lui in esame. Uno dei suoi argomenti favoriti è quello della religione, e la sua prima opera, scritta a 25 anni, è Vita di Gesù. Dopo varie opere di carattere religioso, senza alterare il suo pensiero, modifica i suoi campi di studio. Nel 1807 pubblicò una delle sue opere più importanti, la Fenomenologia dello spirito; dato che si trovava in pessime condizioni finanziarie, chiese all’editore di stampare 1000 copie della prima edizione, ma questo ne stampò solo 750, scatenando le ire del filosofo. Nonostante tutto l’editore ebbe ragione, poiché passarono molti anni prima che tutte le 750 copie venissero vendute (l’ultima copia della prima edizione fu venduta nel 1831, anno della sua morte). Nel 1817 pubblicò la prima edizione dell’Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, che a differenze dell’opera precedente ebbe un grande successo, con altre due ristampe durante la vita di Hegel. Hegel studiò filosofia e teologia all’Università di Tubinga dal 1788 al 1793, dove conoscerà Schelling. Dopo gli studi lavorò come precettore a Berna e qui scrisse le sue opere teologiche. Nel 1797 lavorò poi in Germania. Alla morte del padre, che gli lasciò una piccola eredità, si trasferì a Jena, e nel 1802 con Schelling pubblicò il Giornale critico della filosofia. Nel 1805 inizia la sua carriera di docente a Jena e dal 1808 al 1816 fu direttore del ginnasio di Norimberga. Nel 1806 affascinato dalla Rivoluzione francese, fu tra la folla che accolse Napoleone a Jena, al suo trionfo in Germania: affermò di vedere in lui l’anima del mondo sintetizzata in un unico essere. Nel 1816 divenne professore di filosofia all’università di Heidelberg e dal 1818 insegna a Berlino; da questo momento in poi fino alla morte diventa un dittatore della cultura tedesca: ogni nuova nomina passava sotto il suo rigido giudizio e dipendeva dalla sua approvazione. Filosofia Il punto di partenza della filosofia di Hegel è lo stesso di quella di Fichte e Schelling: l’unità di finito e infinito. Tale unità inizialmente egli la ritrova nella religione. Gesù è per lui l’emblema assoluto della coincidenza tra finito e infinito, poiché in lui si ritrova il finito come uomo e l’infinito come divino. Gli scritti della maturità si incentrano sulla filosofia propria; il tema dell’identità tra finito e infinito ci mostrerà comunque sempre come l’infinito non sia posto al di là del finito, ma comprende al suo interno il finito stesso. Tutto ciò che esiste è dunque l’infinito. Allo stesso tempo, però, in tale rapporto vi è una differenza con la filosofia di Fichte e Schelling; l’IO di Fichte e l’Assoluto di Schelling pongono essi stessi il finito in sé e lo giustificano impegnandosi in uno sforzo infinito di perfezionamento. Ma tale sforzo, essendo infinito, è sempre tendenziale e mai reale, si tratta di un infinito che non supererà mai il finito. Non vi è mai un momento in cui finito e infinito si ricompongono l’un l’altro. Hegel definisce tale infinito come “cattivo infinito” o “infinito negativo”. Il vero infinito, quello di cui parla Hegel, che rappresenta anche il concetto fondamentale del suo pensiero, deve annullare il finito e riconoscere che quel finito, nella sua vera essenza è infinito. Il finito, preso in sé stesso non ha alcuna realtà ontologica, l’unica realtà ontologica è quella dell’infinito. Il finito è in realtà infinito ma non sa di esserlo e il percorso che fa deve portarlo a riconoscere la sua vera natura. Dunque per Hegel se l’infinito è in una condizione di realtà il finito è rispetto a questo in una condizione di idealità. Da questo nasce l’aforisma della filosofia hegeliana che afferma che “ciò che è razionale è reale e ciò che è reale è razionale”. Con ciò non afferma che la ragione deve penetrare nella realtà razionalizzandola, perché si partirebbe da una condizione di dualismo tra razionale e reale in cui uno dei due dovrebbe prevalere. Ma tale non è, poiché il reale è già razionale senza eppur sapere di esserlo. L’identità di razionale e reale è data per natura, ciò che manca e si necessita è la consapevolezza. La ragione è l’unico principio autocosciente, è l’identità assoluta di realtà e ragione e raggiunta la consapevolezza dell’infinito vi è la ricomprensione del finito dentro l’infinito. In questo pensiero vi è ancora un’idea fichtiana (tutto deriva dall’IO come principio primo), ma lui non vuole seguire il ragionamento di Fichte, ovvero dedurre dall’unico principio l’intera realtà senza della scienza la connessione immanente e la necessità. In esso consiste quindi la vera e non estrinseca elevazione sul finito.” La dialettica è così la legge regolatrice della realtà e della natura, che tanto somiglia la concetto cristiano di Provvidenza. Per lui la dialettica è la trascrizione filosofica della Provvidenza, l’unificazione e la pacificazione degli opposti. La Provvidenza riporta tutto alla perfezione e così la dialettica. Ciò non esprime che non vi siano conflitti, ma anzi essi rappresentano l’alienazione, quando la ragione perde se stessa, ed interviene in ciò la dialettica. Di per sé i conflitti non hanno senso, ma sono solo attributi di un tutto infinito e pertanto in quanto limitati superflui. La dialettica porta alla giustificazione dell’accidentale e dell’imperfezione, e del male stesso che trovano pacificazione nell’autocoscienza. Hegel esprime la dissoluzione del finito nell’infinito in due modi: il primo, nella Fenomenologia dello spirito (1807), mostra come la coscienza attraverso l’umanità ha dovuto percorrere un cammino che la ha portata alla realizzazione di se, ovvero l’unità del tutto. In tale percorso, la coscienza, tramite le vicende umane prende consapevolezza di sé. La seconda ipotesi, invece, nell’Enciclopedia delle scienze filosofiche (1817), rappresenta questo principio come già dato e come appaia in tutte le determinazioni della realtà. La Fenomenologia mostra un processo, l’Enciclopedia un prodotto; in essa vi rientrano tutti i campi del sapere. Schema della dialettica e processo dialettico A. Tesi (affermazione prima che pone un concetto) B. Antitesi (negazione del concetto, tesi) C. Sintesi (prodotto della dialettica comprendente in sé tesi e antitesi, il cui risultato è un prodotto positivo) Fenomenologia dello Spirito “Il sapere che innanzitutto è immediatamente e nostro oggetto può essere soltanto quel sapere che è anche esso immediato, cioè un sapere dell’immediato, dell’essente. Al riguardo il nostro comportamento deve essere altrettanto immediato di modo che questo sapere venga accolto come ci si offre senza la minima alterazione. L’atto con cui lo accogliamo dunque deve prescindere da qualsiasi comprensione intellettuale.” Hegel presenta quest’opera come un grande romanzo filosofico, storia della coscienza umana che, attraverso l’errore, provando il dolore e l’infelicità, raggiunge la sua individualità e si riconosce mediante ciò sé stessa e perciò necessariamente parte del tutto che è la realtà. La Fenomenologia si articola in quattro parti:  Coscienza  Autocoscienza  Ragione  Spirito I. Religione II. Spirito Assoluto All’interno dello spirito vi sono le tre fasi di eticità, cultura e moralità e oltre ciò una filosofia della religione e l’arrivo al fine che è lo Spirito Assoluto. Coscienza  Certezza sensibile  Percezione sensibile  Intelletto Certezza sensibile I due questi “Sulla base della concretezza del suo contenuto la certezza sensibile appare immediatamente come la conoscenza più ricca, anzi come una conoscenza infinitamente ricca. Infatti non ci sembra possibile porre un limite esterno nello spazio e nel tempo in cui essa si dispiega ne un limite interno nella divisione in parti di un qualsiasi frammento di questa pienezza. Inoltre essa appare come la conoscenza più vera in quanto non ha ancora trascurato nulla dell’oggetto ma lo ha piuttosto davanti a sé in tutta la sua integrità e completezza.” Il punto di partenza è la coscienza; Hegel racconta come lo spirito dell’uomo per la prima volta si renda conto di esistere entrando in contatto con una realtà del tutto sconosciuta, quando nella sua mente non vi è alcuna nozione. Egli ha solo l’attività sensibile, la certezza dei sensi, che rappresenta il punto d’incontro tra l’uomo e la realtà, un incontro assolutamente immediato; non ha nessuna mediazione concettuale, poiché si tratta di una prima esperienza. Questo primo contatto porterebbe l’uomo a dire di ciò che ha davanti che esso è “questo”, ma il suo essere altro da me porta ad una seconda certezza di un altro “questo”, ovvero Io che pongo il “questo”. Porre un “questo” rappresenta pertanto anche il porre noi stessi. Per Hegel oltretutto noi siamo ciò che gli altri riconoscono in noi e pertanto nel momento in cui entro in contatto per la prima volta con un “questo” mi identifico in esso. Il primo “questo”, l’oggetto, è immediato, mentre tramite esso noi riconosciamo il secondo “questo”, Io. Tale idea dei due questi viene ripresa da Campanella (notitia sui ipsius innata, in cui la conoscenza del mondo coincide con la conoscenza di noi stessi contemporaneamente). Tale esperienza appare una conoscenza indubitabile, di una grandezza immensa e assoluta, invece è un concetto povero. In realtà il questo di sé non mi dice nulla, ma mi porta ad ammettere che questa prima esperienza è avvenuta qui ed ora (spazio e tempo, Kant). I paragrafi successivi sono l’atto dell’indicare e la natura divina del linguaggio. La certezza sensibile ci pone dinanzi al particolare ma mai all’universalità. La certezza sensibile si riduce all’enunciato esso è che non produce alcuna conoscenza reale, ma solo un’affermazione tautologica. L’interpretazione è di tipo storicista; in Hegel vi è infatti un parallelismo tra filogenesi e ontogenesi (storia dell’umanità e del singolo). Percezione sensibile (la cosa e l’illusione) L’oggetto percepito lo è solo nella sua individualità; tutte le sue proprietà che noi cogliamo non si trovano nell’oggetto ma unicamente in noi. Dall’oggetto particolare sale ciò che noi percepiamo, le sue proprietà (colore, suono, sapore), che appartengono a noi nella constatazione di quell’oggetto da parte nostra (Galileo). La vera essenza dell’oggetto è nel soggetto conoscente, come già fatto da Kant con le categorie; in Kant vi era però un’appercezione con la mediazione dell’intelletto, mentre per Hegel si tratta di una percezione, in quanto quella che Kant chiama percezione è identificata da lui come certezza sensibile. La percezione hegeliana rappresenta l’elaborazione delle caratteristiche dell’oggetto. L’essenza stessa di ciò che conosciamo in questo modo è data dal nostro Io; siamo noi stessi a porre l’intero non-Io. Intelletto L’intelletto supera invece l’appercezione kantiana, poiché la coscienza individua il fondamenta dell’oggetto. L’intelletto divide la realtà oggettiva in fenomeno e noumeno, che vengono chiamati rispettivamente manifestazione e fondamento, nel senso che vi è una differente interpretazione rispetto alla filosofia kantiana: in esso il fenomeno è tutto ciò che può essere conosciuto; per Hegel il fenomeno è manifestazione di ciò che l’oggetto in se stesso, del suo fondamento (idea ripresa dal concetto di eidos-idea platonica come concetto astratto delle rappresentazioni reali). Per lui il noumeno è lo stesso fenomeno. Se il fenomeno fosse scollegato dal noumeno infatti sarebbe una pura illusione e questo è il rischio di Kant, quello di rappresentare una filosofia d’illusione.  Ragione attiva I. faustismo II. legge del cuore III. rigorismo della virtù  Individualità in sè e per sé Ragione osservativa La ragione si è resa conto di essere ormai il tutto, ma non comprende cosa ciò rappresenti. Chiama questa fase anche l’inquieto cercare. Molti vedono qui i primi tentativi di nascita della scienza, con la ragione che permea delle sue leggi la realtà, ma fa ciò sbagliando. Tuttavia la realtà non può essere irrigidita nelle nostre categorizzazioni della realtà (in opposizione a Kant). Nella ragione osservativa Hegel distrugge due scienze, la fisiognomica e la frenologia (Lavater e Gall), barrandole come errori della ragione che cerca se stessa. La ragione dopo aver raggiunto la coscienza di unità tra finito e infinito ricerca il valore di tale concetto. Ragione attiva La ragione insegue quindi il godimento (momento del faustismo, edonismo), ma vi è un limite dato dalla necessità dell’ordine che si oppone al godimento. La ragione cerca quindi di unificare la soggettività del sentimento con l’oggettività della legge della natura (fase rousseauiana o legge del cuore, sentimentalismo). Anche in questo caso fallisce nella sua presunzione. Cerca dunque di imporre alla realtà un ordine (rigorismo della virtù, moralismo); si impone un moralismo intransigente alla realtà; la virtù si comporta come Don Chisciotte, cercando prima di imporre delle leggi al mondo e poi, fallendo e rendendosi conto che imporre tale virtù al mondo è impossibile, come Robespierre, tagliandole. Hegel rappresenta Don Chisciotte come il simbolo della ribellione al destino della morte dell’uomo, ribelle ad una realtà dolorosa. Nel romanzo è Don Chisciotte il savio in mezzo ai pazzi; infatti ogni suo desiderio si realizza, fingendo la realtà e rendendola utile ai suoi scopi. Egli ha dunque uno sguardo migliorativo della realtà (le prostitute sono damigelle, l’osteria un castello, l’oste un signore). Individualità in sé e per sé la ragione dopo aver fallito sia in maniera osservativa che attiva si concentra unicamente su se stessa; non c’è nessuna opposizione al mondo, ma solo un riconoscimento in esso. L’uomo che opera nel mondo e la sua individualità coincidono col suo fare. L’uomo pertanto, nella sua singolarità, è in base a ciò che fa e come agisce; pertanto il mondo non è rappresentato da un’umanità, ma da una serie di individui, di cui però non rimane, con il passare del tempo nessuna storia. Ciò che rimane è la loro opera. Spirito  Eticità  Cultura  Moralità Eticità Dall’opera si passa pertanto allo spirito, che per Hegel rappresenta la cultura di un popolo. Lo spirito umano ha ormai permeato di sé tutto il pianeta; ogni natura è ormai contaminata da questo spirito che ha permeato il mondo sottomettendolo alle leggi dell’uomo. Lo spirito è la somma della storia dell’uomo (dal punto di vista materiale, morale-etico), e lo spirito del mondo rappresenta la storia del genere umano (è possibile cogliere una ripresa del concetto di Voltaire secondo il quale la storia non era fatta dai singoli uomini ma dall’umanità). Si tratta di un riconoscimento immenso dell’importanza della storia, che mostra la giustizia nelle sue forme e si configura come rappresentazione a livello dei popoli come il Regno dei Fini (Kant). L’Individualità in sé e per sé rappresenta una soggettività plurale che è una rilettura storico- spirituale. A questo punto riinizia la storia, poiché la prima volta che si è mostrato lo spirito è stato nell’eticità del mondo greco, che però non è stata capace di cogliere il rapporto di finito e infinito e gli dei sono opposti. Riprende quindi l’Antigone di Sofocle, in cui vi è un conflitto tra popolo e divinità. Vi è una coscienza infelice a livello di popolo dove l’uomo sente la scissione e il conflitto con gli dei (mondo dell’eticità). Vi è al contempo un conflitto tra leggi umane e leggi divine. Le leggi divine sono custodite nel cuore e si tramandano soprattutto con le tradizioni familiari (mani, lari), mentre le leggi degli uomini sono scritte e sono date dallo stato e hanno il compito di regolare i rapporti tra cittadini (diritto privato) e tra cittadini e stato (diritto pubblico). Queste leggi però entrano in conflitto. Antigone infatti desidera seppellire il fratello, ma le leggi dello stato impediscono ciò in quanto egli era un traditore. Tale dilemma porterà Antigone ad uccidersi. Cultura Quando la città-stato greca si dissolve e ha inizio la res publica romana tramonta l’idea di libertà e nasce il concetto di uguaglianza tra i cittadini. Quando si arriverà alla divinizzazione dell’imperatore e alla nascita dell’Impero, il cittadino ha una trasformazione in cui diventa una persona giuridica (il mondo della cultura). La cultura entra in lotta con la fede religiosa e la situazione in cui si trova l’uomo è un’infelicità per il mondo in cui vive, diverso da quello in cui crede. Tende dunque a svalutare il mondo reale e ad esaltare quello ideale. Nel mondo della cultura Hegel si riferisce al Rinascimento: l’uomo vuole la ricchezza, il sapere, la bellezza, ma quando si impossessa di ciò ne coglie la reale vanità. Sente invece l’aspirazione a velleità eterne e infinite. Nell’illuminismo invece vi è il culmine della lotta tra religione e sapere; la ragione nega la fede, che è una sapere immediato e non necessita di prove. Negando la fede però la ragione nega se stessa e la conseguenza di ciò è la Rivoluzione francese. Essa cerca di imporre la libertà forzata a tutti i popoli ma finisce con lo scadere nel terrore generale. Moralità Dopo ciò torna la necessità di ritrovare un’unità tra ragione e fede che riporta ad una fase di eticità e di armonia tra individuo e comunità. Avverrà con Kant il cui pensiero comunque viene giudicato negativamente da Hegel , con Fichte e poi con i romantici, che riporteranno come principio della vita la fede e con il fideismo di Hamann e Jacobi. Il fine diventerà pertanto la religione. Religione  Religioni naturali  Religioni estetiche  Religioni rivelate Hegel parte dalle religioni naturali, come quelle orientali fino a quelle estetiche (religione dell’arte) come quella classica (greca). Poi la religione rivelata, con il Dio che si manifesta all’uomo (religione ebraica e cristiana); sul concetto di religione vi sarà una diatriba tra i seguaci di Hegel. Spirito Assoluto Al di sopra della religione vi è però un sapere più alto dove lo spirito rappresenta tutto sotto forme concettuali, e lo Spirito e sia oggetto che soggetto di questo sapere, e diventa perciò uno spirito assoluto. Il fine della fenomenologia è infatti lo spirito assoluto dove lo scopo ultimo della storia è quello di organizzare concettualmente la realtà. Tutta la sua filosofia, e la stessa storia hanno perciò come fine ultimo Hegel stesso. Tutti i momenti passati vengono chiamati da Hegel figure, con una crescita progressiva di consapevolezza dell’uomo e un superamento dei limiti, passando anche per errori che ci portano allo spirito assoluto. La storia che si è percorsa è legata pertanto sia a una lettura storica, ma vi è anche un processo dialettico di autolettura dello spirito. E lo spirito ha progressivamente interiorizzato la realtà, che inizialmente gli sembrava alienante. Si potrebbe intendere, come detto da Hegel nella prefazione che il vero è l’intero; ma l’intero è solo l’essenza completata mediante il suo sviluppo. Pertanto ciò che conta non è solo il punto d’arrivo, ma anche il percorso. Lo stesso arbitrio abbiamo visto impadronirsi anche del contenuto della filosofia, lanciarsi in avventure del pensiero per un certo tempo, imporsi ai discorsi autentici ed onesti, ma poi venire anche considerato come stravaganza spinta fino alla follia. Il luogo di preposizioni caratterizzate dall'imponenza o dalla follia, più propriamente e più spesso il contenuto presentò banalità arcinote e la forma presenta la semplice maniera di un estro voluto metodico e facile, un estro che si manifesta in accostamenti barocchi e in forzature e contorsioni sicure dentro il sembiante della serietà in generale si palesò un inganno nei confronti di se stessi e del pubblico. D'altra parte abbiamo visto la superficialità dare alla mancanza di pensiero la qualifica di scetticismo consapevole della propria cortezza e di criticismo attestante la modestia della ragione e quanto maggiore è la povertà di idee tanto più aumentare la propria presunzione e vanità. Questi due indirizzi dello spirito per un certo tempo hanno mistificato la serietà tedesca, ne hanno sfibrato il bisogno di una maggiore profondità filosofica e hanno avuto come risultato un'indifferenza, ani perfino un totale disprezzo per la scienza filosofica che ora anche la sedicente modestia ritiene che sia lecito intervenire e sentenziare rispetto a ciò che vi propongo nella filosofia e di potersi permettere di negare che alla filosofia spetti quella conoscenza razionale che una volta si concepiva con la dimostrazione. La prima delle manifestazioni accennate può essere in parte considerata come l'esultanza giovanile della nuova epoca che sorge tanto nel campo della scienza quanto in quello della politica. Se è vero che quest'esultanza ha salutato entusiasticamente l'aurora del ringiovanimento dello spirito e senza approfondimenti è passata subito a fruire delle idee e per un certo tempo ha tripudiato nelle speranze, nelle prospettive offerte dalle idee, le sue intemperanze sono più facilmente perdonabili perchè affonda un nucleo di una certa consistenza e il velo superficiale di nebbia di cui era circondato deve necessariamente dissiparsi da solo, ma l'altra manifestazione è più odiosa perchè rivela un'impotenza che si cerca di nascondere con una presunzione che pretende di far la lezione agli spiriti filosofici di tutti i secoli fraintendendoli e soprattutto fraintendendo se stessa e dunque tanto più consolante constatare ed anche ricordare che di contro a questi due atteggiamenti l'interesse per la filosofia e l'amore serio per la conoscenza superiore si sono conservati in modo schietto e senza vanità. Se questo interesse talvolta ha preferito prendere piuttosto la forma di un sapere immediato e di sentimento, ciò non di meno attesta l'impulso interno e di più vasta portata della cognizione razionale, la quale soltanto da all'uomo la sua dignità, e questo sommamente in quanto tale interesse considera quel punto di vista soltanto come risultato del sapere filosofico, e quindi riconosce almeno come condizione quello che sembra sdegnare. A questo interesse per la conoscenza della verità dedico questo tentativo di dare un'introduzione o un contributo al suo soddisfacimento, possa questo scopo procurargli un'accoglienza favorevole.” Scienza della Logica  Logica dell’essere I. Indeterminatezza a) essere b) nulla c) divenire II. determinatezza a) qualità b) quantità c) misura  Logica dell’essenza I. essenza come ragione di esistenza II. fenomeno III. realtà in atto a) sostanzialità b) causalità c) azione reciproca  Logica del concetto I. Concetto soggettivo a) universalità b) particolarità c) individualità II. Concetto oggettivo a) meccanismo b) chimismo c) teleologia III. idea a) idea teoretica b) idea pratica c) idea assoluta Hegel aveva già pubblicato, da sola, nel 1812 , la Scienza della Logica, che entra nell’Enciclopedia come prima parte. La logica viene definita da Hegel come Scienza dell’Idea pura, cioè quell’Idea nell’elenco astratto del pensiero. Nella Scienza della Logica Hegel afferma che il Regno della Logica rappresenta Dio prima che creasse il mondo. “Il regno del puro pensiero è la verità come è in sé e per sé senza velo. Ciò si può esprimere dicendo che esso è l’esposizione di Dio come è nella sua eterna essenza, prima della creazione della natura e di uno Spirito finito.” Tale velo richiama il concetto greco di verità, collegato allo svelamento. La logica arriva a coincidere con la metafisica e ad essere la sostanza stessa della realtà. Vi è anche qui un’identità tra reale e razionale che rappresentano la verità nella realtà. Il principio di identità che regola l’uguaglianza e la coincidenza tra ragione e realtà diventa la base su cui si poggia l’opera. Come per Kant, anche per Hegel vi è una differenza tra intelletto e ragione, che però si discosta dall’interpretazione kantiana: per Hegel l’intelletto è il pensiero che produce determinazioni finite e che rimane all’interno di queste, producendo qualcosa di soggettivo che spesso è in contrasto con ciò che è oggettivo. L’intelletto in senso hegeliano è più vicino al concetto di ragione in Kant (esame dei concetti). L’intelletto è il primo momento della ragione e il pensiero si ferma a determinazioni rigide ovvero non assolute. Effettivamente coglie soltanto le differenze reciproche tra due idee o oggetti. Il secondo momento, invece, è quello dialettico in cui ci si rende conto che le determinazioni sono limitate e mette in luce l’esigenza di trovare determinazioni opposte e negative cioè l’antitesi. Il terzo momento è quello della sintesi che lui chiama speculativo o positivo razionale, dove grazie all’opposizione le determinazioni trovano la loro sintesi e la loro unità. La logica si divide in tre parti: logica dell’essere, logica dell’essenza e logica del concetto. Il neoplatonismo è una delle fonti da cui deriva la logica hegeliana, in particolare Hegel riprende il neoplatonismo di Proclo. Dall’ideale neoplatonico prende la forma del suo sistema e un processo unico da cui scaturisce tutta la realtà (Uno e ipostasi). La differenza però tra il neoplatonismo e l’idealismo hegeliano è data dal fatto che il principio assoluto del neoplatonismo è l’assoluta trascendenza dell’Uno, mentre la ragione hegeliana è totalmente immanente. Un’altra fonte del pensiero hegeliano sono ancora Fichte e Schelling, tenuto conto però sempre che questi ultimi producono un infinito negativo; invece il sistema hegeliano è un infinito chiuso o positivo perché l’opposizione tra finito e infinito si conclude e c’è un ritorno all’unità del tutto (sistema di Scoto Eriugena) cosa che non avviene in Fichte e Schelling. Un’altra fonte del pensiero di Hegel è Giordano Bruno, mentre la ragione può essere assimilata alla res divina di Spinoza ma con una differenza: in Hegel vi è una dinamicità che manca invece nel pensiero di Spinoza. Logica dell’essere Il punto di partenza della logica di Hegel è il concetto più vuoto e astratto e del tutto indeterminato, privo di qualunque contenuto, che è il concetto di essere. L’essere, così come il primo contatto che l’uomo ha nei confronti di un “questo” nella realtà, sembra il concetto più ricco e completo: tutto ciò che però possiamo dire è che “l’essere è” (affermazione tautologica). Ma affermare che l’essere è non vuol dire nulla di più poiché è il concetto più vasto e indeterminato e quindi anche più vuoto. Ed è tanto vasto indeterminato e vuoto che assomiglia al suo contrario che è il nulla. Tuttavia la somma dell’essere con il nulla producono il divenire e questa è la prima triade della logica dell’essere (nell’indeterminatezza): essere, nulla e divenire. Tra questi tre è evidente che ciò che diviene è, ma non è ciò che diventerà. Questa prima triade risolve il problema hegeliano del primo cominciamento, cioè da dove partire in un sistema così complesso e completo, e in merito a ciò dirà “il cominciamento non è il puro nulla ma un nulla da cui deve uscire qualcosa”, dunque il cominciamento contiene l’essere e il nulla quindi è l’unità dell’essere con il nulla, la cui sintesi dialettica produce il divenire. L’essere e il nulla sono assolutamente indeterminati e l’essere che noi conosciamo non è un essere indeterminato. I. considerata nella sua astrazione è spazio e tempo II. considerata nel suo isolamento è materia e movimento III. considerata nella sua meccanica di movimento è meccanica assoluta  fisica I. individualità universale II. individualità totale  fisica dell’organico I. natura geologica II. natura vegetale III. organismo animale La seconda parte, la filosofia della natura, è la più debole del sistema hegeliano, quella a cui dedica meno tempo, perché non ha alcun interesse per la natura. Tuttavia tale parte può essere arricchita mediante gli appunti degli studenti che seguivano i suoi corsi, ad esempio il “Corso propedeutico”, che venne pubblicato nel 1810-11. Secondo alcuni il vero punto di distacco tra Kant ed Hegel sta proprio nella diversa concezione della natura. Per Hegel anche le scienze che si occupano della natura, se non fossero sorrette dalla filosofia, non avrebbero nessun senso e nessun fondamento. La filosofia della natura, pur essendo la parte più debole del suo pensiero, è insopprimibile, perché è l'antitesi rispetto all'idea. Se la logica è la tesi, la natura è l'antitesi, la parte negativa ma necessaria e di supporto per il completamento della tesi. La natura, separata dal contesto dialettico in cui è inserita, non ha senso, non è e non ha valore ne giustificazione in sé e per sé; separata dalla logica è il non essere. La natura è l'idea nella sua esteriorità, nella sua alienazione; in se stessa la natura è divina, ma, nel modo in cui è, non corrisponde al suo concetto (l'idea), per cui è una contraddizione insoluta. Per cui è l'idea che è decaduta da se stessa, l'idea in tutta la sua inadeguatezza. È in questo contesto che Hegel dirà qualcosa di cui in precedenza aveva affermato il contrario, cioè che è assurdo voler conoscere Dio dalla natura, perché essa è la più bassa manifestazione dello spirito, e in quanto tale è incapace di giungere allo scopo, pertanto non può in alcun modo essere manifesto di Dio e parla di “impotenza della natura”. Nonostante ciò è un momento necessario dell'idea, quindi in assoluto non può essere considerata impotente né tantomeno trascurata. È il non essere, ma non può essere considerata il non essere, visto che è inserita nel contesto dialettico del tutto. In questi primi appunti del “Corso propedeutico”, Hegel divide la natura in tre parti, le stesse che si ritrovano nella filosofia della natura:  meccanica (considera l’esteriorità) I. considerata nella sua astrazione è spazio e tempo II. considerata nel suo isolamento è materia e movimento III. considerata nella sua libertà di movimento è meccanica assoluta  fisica I. individualità universale, cioè gli elementi della materia come calore, peso specifico e suono II. individualità totale, come il magnetismo, l’elettricità e il chimismo (riprende Schelling  fisica dell'organico I. natura geologica II. natura vegetale III. organismo animale Hegel definisce lo spazio come l'universalità astratta dell'esteriorità totale, cioè l'esteriorità nella sua forma più astratta. Il tempo invece è “l'essere che, mentre è, non è, e mentre non è, è” (definizione che si ritroverà in una critica di Nietzsche), lo chiama il “divenire intuito”. La natura geologica si occupa della geografia fisica (a proposito della geografia Hegel dirà cose incredibili, ad esempio: la distinzione tra il nuovo mondo, ossia l'America, e il vecchio, l'Europa, non è una distinzione geologica, perché i due territori hanno la stessa età geologica, ma l'Oceano Atlantico, che lo separa dall'Europa, dimostra tutta l'immaturità di questo nuovo continente. È un continente immaturo perché tenuto separato da tutta la saggezza dell'Europa. Il vecchio mondo si articola invece in Africa, Asia, ed Europa, in quest'ordine. È un tutto completo, in cui l'Europa è il culmine della geografia, perché al suo centro c'è la Germania, che è il punto più razionale del mondo. Questo è il motivo per cui anche al centro delle cartine geografiche odierne c'è l'Europa, e al centro dell'Europa c'è sempre la Germania, perché sono state influenzate dal pensiero di Hegel.) Invece, per quanto riguarda l'organismo animale, Hegel parla della morte dell'animale. Ogni organismo animale muore, uomo compreso, perché contiene in sé un'inadeguatezza all'universalità. La morte è contenuta già in germe nell'uomo, ed è il germe innato della mancanza di universalità che porta l'individuo alla morte. La morte è dovuta all'attività limitata dell'organismo animale, che si cristallizza in abitudini che lo rendono inadatto all'universalità. Se la sua attività fosse universale non sarebbe più legata al singolo individuo e alla natura, ma sarebbe spirito, e lo spirito è eterno. Allora la morte dell'individuo è il passaggio dal campo della natura al campo dello spirito. Questo è lo stesso ragionamento che Hegel ha fatto nel passaggio dall'individualità in se e per se, con cui si conclude il ciclo della ragione, al ciclo dello spirito assoluto, nella Fenomenologia dello spirito. Qui avviene la stessa cosa, se l'azione di un uomo rimanesse individuale non passerebbe mai all'universalità. Invece, proprio perché passa all'universalità, siamo nel campo dello spirito, cioè della cultura. Anche per questo passaggio valgono tutti gli esempi fatti in quel campo. Filosofia dello Spirito L'articolazione della filosofia dello spirito è fondamentale, si divide in:  spirito soggettivo I. antropologia a) anima naturale (presente in tutte le forme di vita, compresi i vegetali) b) anima senziente (presente negli organismi dotati dei sensi) c) anima reale (propria dell’uomo la cui coscienza ha raggiunto la consapevolezza) II. fenomenologia a) coscienza b) autocoscienza c) ragione III. psicologia a) conoscere teoretico i. intuizione ii. rappresentazione iii. pensiero b) attività pratica i. sentimento pratico ii. impulsi iii. felicità c) volere libero  spirito oggettivo I. diritto astratto a) proprietà b) contratto c) diritto contro il torto II. moralità a) proponimento b) intenzione c) benessere (bene e male) III. eticità a) famiglia i. matrimonio ii. patrimonio iii. educazione dei figli b) società civile i. sistema dei bisogni ii. amministrazione della giustizia iii. polizia e corporazione c) stato i. mondo orientale ii. mondo greco-romano iii. mondo cristiano-germanico  [Filosofia della Storia]  spirito assoluto I. arte a) arte simbolica b) arte classica c) arte romantica II. religione Riguarda quindi l’esistenza delle persone libere che sono soggette al diritto. Il primo compimento di una volontà libera è la proprietà (riprende Rousseau): l’impossessarsi di una cosa esterna che diventa quindi personale e diventa una proprietà, che è per definizione “la sfera esterna di un volere libero”. Rousseau ha però una visione negativa della proprietà mentre Hegel ne ha una visione positiva. La proprietà, per quella legge del riconoscimento reciproco, ha bisogno del riconoscimento dell’altro che si ottiene attraverso una forma che egli denomina contratto. L’istituto giuridico del contratto quindi nasce dalla necessità di reciproco riconoscimento (la riconoscenza rispettiva delle proprietà personali e private). L’esistenza del diritto però presuppone il suo contrario, cioè la negazione del diritto che è il torto o illecito. Il massimo della gravità di un torto è il delitto, che non deve essere necessariamente inteso come omicidio, ma come reato grave, ad esempio la rapina o il furto. La colpa per aver commesso un delitto richiede una pena, una sanzione. La sanzione è il ripristino della legge violata; la pena è infatti la riaffermazione potenziata del diritto. Essa richiede che ci sia davanti a me una autocoscienza pienamente razionale, e perciò punire una persona significa riconoscere ed onorare la sua razionalità e la sua dignità in quanto autocoscienza mia pari. Il non punire rappresenta un affronto alla dignità umana, abbassata alla stregua della bestialità e dell’irrazionalità. Attraverso questo onore che si riconosce all’altro, come essere razionale, si ricerca la sua riabilitazione come essere razionale pertanto la pena deve avere valore formativo e riabilitativo e non punitivo. Affinchè essa possa essere efficiente è però necessario che il condannato interiorizzi tale pena accettandola consapevolmente; deve esserci un’adesione del cuore; con questo riconoscimento interiore della pena si sta superando la sfera del diritto privato e si entra nella moralità. Moralità La moralità si divide in: proponimento, intenzione e benessere (bene e male). La moralità è il campo della volontà individuale e soggettiva che si manifesta nell’azione pratica. Non tutte le azioni hanno lo stesso valore; ci sono delle azioni che definiamo involontarie e che non danno seguito ad una colpa nel caso in cui siano nocive o ad un merito nel caso in cui siano positive. Quello che rende un’azione morale è il proponimento, il “volerlo fare”. Solo quelle che nascono da un proponimento sono azioni morali, le altre non hanno nessun valore di tale genere. Quando il soggetto riconosce sue le azioni significa che sono nate da un preciso proposito. Il proponimento presuppone sempre un essere pensante, e quando nasce da un essere pensante diventa intenzione. Lo scopo dell’azione dell’uomo è sempre il benessere (a livello individuale o comunitario), ma quando il benessere e l’intenzione passano da un livello solamente individuale ad un livello universale diventano bene e male. Il fine assoluto della volontà è il bene in se e per se (quello che Kant identifica come “Sommo Bene”). Si tratta però ancora di un’idea astratta, che aspetta di passare alla concretezza dell’esistenza e di essere realizzata per opera di una volontà soggettiva che può anche essere cattiva, quando è incapace di realizzare il proprio dovere. C’è una differenza sostanziale tra una soggettività che deve realizzare il bene ed il bene che deve essere realizzato, perché, a questo livello, c’è una differenza fondamentale tra essere e dover essere. L’individuo da solo in quanto soggetto non può arrivare alla conciliazione di essere e dover essere (concetto ripreso dalla morale di Kant). L’essere non può mai raggiungere il dover essere, non può mai essere raggiunto il bene a livello individuale ma solo a livello collettivo. La moralità risulta dunque inferiore all’eticità; mentre prima erano sinonimi in Hegel si sdoppiano: la moralità rappresenta legge individuale kantiana mentre l’eticità è a livello di popolo, sovra-individuale ed è qui che si raggiunge il pieno congiungimento tra essere e dover essere (Regno dei Fini). Eticità L’eticità si articola in: famiglia, società civile e stato. Vi è la distinzione innovativa tra moralità/eticità e tra società/stato, differenza che non era presente ad esempio in Hobbes. La moralità, come già detto, è inferiore all’eticità. Quest’ultima infatti rappresenta il fine ultimo del bene a livello totalitario, superata la sfera personale e la realizzazione dell’unificazione, dal punto di vista pratico umano, dell’essere con il dover essere. Il bene nell’eticità diventa qualcosa di concretamente esistente e l’eticità è una sorta di morale collettiva. La famiglia si suddivide in matrimonio, patrimonio ed educazione dei figli. La prima istituzione visibile dello spirito oggettivo è la famiglia che rappresenta una relazione naturale tra i sessi, che grazie all’amore e la fiducia diventa un’unione spirituale. La famiglia consacra questa unione con il matrimonio. Nel matrimonio si ha un superamento dell’individualità perchè due persone, prima singole diventano un noi, superando la loro individualità. In comune mettono anche il loro patrimonio: (ciò suscitò scandalo al tempo per l’inserimento del patrimonio, famiglia/azienda) il buon padre di famiglia, quando amministra i beni, pensa al bene di tutti i componenti della famiglia (primo esempio di uno spirito collettivo). I figli, dopo aver ricevuto un’educazione, escono dalla loro famiglia e danno origine a nuove famiglie, che hanno punti in comune e contrastanti. L’unione tra famiglie dà origine alla società civile. La società civile si divide in sistema dei bisogni, amministrazione della giustizia, polizia e corporazione. L’unione iniziale della famiglia viene a perdersi nella molteplicità delle famiglie. La società civile, che si occupa della sfera economica-sociale e amministrativa, diventa il luogo di scontro (si tratta dello stesso scontro che Hobbes presentava nello stato di natura) e incontro, ma non riescono a coesistere i vari interessi. Nella società post Rivoluzione francese, post Rivoluzione Industrial; la singola famiglia non ha più l’abilità di soddisfare da sola tutti i bisogni, e necessita delle presenze di altri. (Sistema dei bisogni: bisogno degli altri per soddisfare i propri bisogni.) Il sistema dei bisogni si articola in tre classi:  Classe naturale (primaria): trae dalla natura ciò che abbiamo bisogno (contadini, allevatori, minatori)  Classe formale (secondaria): lavora la materia prima e la rende un prodotto finito (operai, artigiani)  Classe universale (terziaria): non producono beni ma servizi (medici, avvocati, insegnanti ecc.) L’amministrazione della giustizia non appartiene allo Stato ma alla società (oggi è uno dei poteri dello Stato), perchè il luogo di scontro è la società, mentre lo Stato è il luogo di pacificazione dei conflitti nati nella società. Le società antiche, che non avevano una struttura statale, avevano un’amministrazione della giustizia a livello sociale con i saggi. Perchè le azioni decise dalla giustizia vengano messe in atto, c’è bisogno di un sistema di polizia che dia sicurezza sociale. Le corporazioni (quello che noi chiamiamo sindacati, anche se i sindacati tutelano il bene di una classe-orizzontale) tutelano il bene di un intero settore e si sviluppano in verticale. Questo passaggio in cui c’è un organismo sovraindividuale e sovraclasse opera il passaggio da società civile a Stato. Lo Stato è il punto d’arrivo dell’eticità, la sintesi della famiglia e della società civile. L’unità della famiglia si estranea nella società civile e viene ritrovata nello Stato. Lo Stato è una famiglia in grande, che riprende la sua unità, superando la dispersione della società. Dalla società riprende la molteplicità dei nuclei. Lo stato è la sostanza etica consapevole di sé. Hegel analizza tutte le concezioni di Stato presenti fino ad allora e le critica arrivando alla formulazione delle sue teorie: lo Stato deriva da se stesso, il fondamento del suo potere è se stesso, non ha fondamenta esterne, ma è autofondato. Questa visione si pone contro Hobbes e Rousseau, per i quali lo Stato nasce dalla volontà degli individui che si mettono insieme per tutelarsi. Per Hegel è lo Stato che forma l’individuo, non il contrario, per due motivi: cronologico e assiologico. Tutti noi siamo sempre nati dentro uno Stato, e non accade mai già da secoli che nessuno nasca senza uno Stato o che la sua nascita preceda quella di uno Stato (cronologico). Relativamente al valore, lo Stato vale di più dell’individuo perchè lo Stato è il tutto, l’individuo è la parte e il tutto è superiore alla parte (assiologico; questa idea ha dato origine a diverse dittature successivamente, anche se la filosofia hegeliana non era dittatoriale ne aveva tale fine). Ha al contempo una concezione anti-contrattualista perchè pensare che lo Stato nasca da un contratto tra individui (Hobbes) o un contratto sociale (Rousseau) è un insulto all’autorità dello Stato, e al diritto supremo che lo Stato ha nei confronti dei cittadini. E’ lo Stato che dà origine ad un popolo non il popolo che dà origine ad uno Stato; senza lo Stato saremmo animali allo stato brado, è lo Stato che ci rende popolo. E’ antigiusnaturalista perchè pensare che i diritti derivino dalla natura è un insulto allo Stato; non c’è diritto senza Stato, tanto meno il diritto naturale che non ha nessun valore fondato. Ha una concezione antidemocratica in senso etimologico, non dispotico-dittatoriale, poichè non accetta che il fondamento del potere dello Stato risieda nel popolo, ma risiede nello Stato stesso. Non pensa ad uno stato dispotico, ad una dittatura, e a comandare non è la volontà del re ma la volontà collettiva che si esprime attraverso le leggi: comandano le leggi, non gli individui. Spirito Assoluto L’idea ha raggiunto il massimo della sua consapevolezza, e oltre essa e fuori di essa non può adesso esistere alcunchè. Lo spirito assoluto si articola in: arte, religione e filosofia. Il contenuto di tutte e tre le forme è Dio. Si differenziano per il modo in cui lo esprimono. Arte L’arte rappresenta l’assoluto sotto la forma di intuizione, la religione della rappresentazione, la filosofia del concetto. L’arte è il primo grado in cui lo spirito acquista la totale consapevolezza di sé. L’uomo lo capisce attraverso forme sensibili: l’arte colpisce sempre i cinque sensi. Lo spirito sperimenta in modo immediato, intuitivo (sensibile, udibile, visibile ecc.) questa unione tra soggetto e oggetto, tra spirito e natura. L’arte si articola in:  arte simbolica (propria dei popoli orientali, vi è uno squilibrio tra forma e contenuto: la forma non è in grado di esprimere l’importanza del contenuto);  arte classica, greca (equilibrio perfetto tra forma e contenuto: la forma esprime perfettamente il contenuto nelle statue greche, è il periodo migliore dell’arte);  arte romantica (torna lo squilibrio tra forma e contenuto, la forma non riesce più a rappresentare il messaggio spirituale che è troppo ricco; critica al romanticismo). Lo spirito è consapevole che nessuna forma artistica sarà mai in grado di esprimere la ricchezza del contenuto (identità tra finito e infinito). Allora lo spirito inizia ad abbandonare l’arte e si rivolge alla religione (momento di crisi dell’arte moderna, che ha perso il suo rapporto con l’assoluto; questa è la morte dell’arte, perchè non è in grado di esprimere la ricchezza del contenuto). Religione La religione si manifesta sotto la forma della rappresentazione. Hegel si interroga fin da principio sul rapporto presente tra religione e filosofia della religione: la filosofia deve prendere atto del fatto che la religione è qualcosa di già dato, di sempre presente, che deve solo essere riconosciuto. Nella storia dell’umanità, quando ci sono tracce dell’uomo ci sono tracce di religione, mentre la filosofia ha un suo inizio specifico. L’oggetto della religione è Dio, il soggetto è la coscienza umana che si rivolge a Dio. Il suo scopo è quello di unificare Dio con la coscienza umana, unendo soggetto e oggetto. Il rapporto tra uomo e Dio è immediato, diventa subito un sentimento di certezza dell’esistenza di Dio. Le prove dell’esistenza di Dio fanno male alla religione perchè non sono prove che confermano la religione, sono prove che la smentiscono, perchè per chi ha fede non serve nessuna prova ed anzi ciò che non può in alcun modo essere difeso con prove deve tanto più trovare una sua apologia di fede, in quanto la religione non è ragione. Questa ricchezza tipica della fede (sentimento immediato di riconoscimento di Dio che non ha bisogno di prove) non sa giustificare la sua certezza. Nel momento in cui cerchiamo di giustificare l’esistenza di Dio stiamo uccidendo la fede e la religione. A questo punto la religione mostra le sue mancanze: non sa trasformare in verità oggettivamente valide ciò in cui crede. La religione esprime Dio attraverso rappresentazioni, immagini che non hanno la capacità di collegarsi l’una all’altra, e diventano verità scollegate, che non avendo il fondamento concettuale che la filosofia darà diventano dogmi, verità affermate che non si possono dimostrare (incarnazione di Gesù, la trinità). Solo la filosofia è in grado di collegarle per sua natura. La religione non sa concepire l’immagine di Dio, essa diventa inesprimibile, indicibile, perchè può essere pensata in modo dialettico; la religione si ferma davanti al mistero dell’assoluto che rimane mistero perchè manca la capacità di articolare dialetticamente. La storia della religione è lo sviluppo dell’idea di Dio nella coscienza dell’uomo e si articola in:  religione naturale (Dio nella natura) che ha sua volta ha una forma bassa (stregoneria) e una forma alta (panteismo nell’estremo oriente: potenza assoluta dei fenomeni);  religioni della individualità spirituale: giudaica, greca e romana, in cui la divinità è ancora troppo antropomorfizzata;  religione assoluta: è quella cristiana, dove Dio è puro spirito, ed è la più vicina alla verità della filosofia (studi giovanili). Anche questa forma assoluta mostra comunque i limiti della religione. Filosofia Solo la filosofia può esprimere il concetto di Dio ed è pertanto superiore alla religione che non riesce in ciò e fallisce nel suo compito. La coscienza è pervenuta così alla consapevolezza di sé. Anche la filosofia è frutto di un processo di acquisizioni progressive attraverso gradi, che culminano con l’idealismo hegeliano. Il punto di arrivo di tutta la filosofia è Hegel stesso. Tutte le posizioni precedenti acquistano il carattere di necessità in ambito di una teleologia che ha come fine ultimo assoluto Hegel. L’idealismo hegeliano è il coronamento di tutte le filosofie precedenti, il sistema più sviluppato. La filosofia è la ricomprensione storica di tutto ciò che è stato in precedenza e coincide con la storia. La sua filosofia è superiore alla religione cristiana stessa e il culmine di tutta la filosofia e pertanto della storia è Hegel.
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