Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Holscher: Il linguaggio dell'arte romana, Sintesi del corso di Archeologia

riassunto 21 pagine diviso in capitoli

Tipologia: Sintesi del corso

2018/2019

Caricato il 24/07/2019

ferruccioferracci
ferruccioferracci 🇮🇹

4.7

(11)

1 documento

1 / 21

Toggle sidebar

Spesso scaricati insieme


Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Holscher: Il linguaggio dell'arte romana e più Sintesi del corso in PDF di Archeologia solo su Docsity! Holscher: il linguaggio dell’arte romana Capitolo 1: Le forme dello stile attestano l’identità non solo di singoli individui, ma anche e soprattutto di gruppi più ampi, di interi periodi e ambiti culturali. La storia generale ha ripreso dalla storia dell’arte molte suddivisioni relative ai periodi e alle aree culturali. Il linguaggio comune alla base dei temi figurativi è un fatto sociale rilevantissimo: il modo in cui una società foggia questo mezzo di comunicazione visiva, e il modo in cui esso si ripercuote sulla società che ne fa uso e ancora quali strutture comunicative siano insite nella sua sintassi e nel suo patrimonio di motivi, tutto ciò ha notevole importanza dal punto di vista storico-sociale. Numerose testimonianze di arte romana non sono state ancora interpretate in maniera sistematica. Nonostante ogni sforzo di dare un’immagine bilanciata e rappresentativa della gran quantità di opere pervenute, ancora oggi non si può dire di possedere una veduta d’insieme soddisfacente. Il linguaggio figurativo romano verrà qui inteso come un sistema semantico funzionante in base a determinate strutture. Tale linguaggio non è stato progettato consapevolmente, ma è cresciuto man mano in base a premesse di ordine generale. Bisognerà pertanto aspettarsi un numero notevole di incongruenze nella sua struttura, e si dovrà andar cauti nell’addure eccezioni della sua validità complessiva. La cultura non è fatta per essere esaminata con metodi scientifici: dovremo quindi sviluppare metodi e prospettive che tengano conto delle imprecisioni della vita culturale. Il problema che la ricerca futura dovrà chiarire sistematicamente è quanto questo sistema sia passibile di integrazioni, e quali siano i suoi limiti. Un sistema di linguaggio figurativo non è certo in grado di comprendere tutte le manifestazioni di un’arte: può solo comparire a fianco di altri fenomeni come i cambiamenti cronologici dello stile o le costanti formali. Di conseguenza bisognerebbe combinare la teoria del sistema semantico qui esposta con quelle dello sviluppo stilistico e delle strutture formali generali. Il confronto con altri settori della produzione culturale, soprattutto con le letterature e le teorie letterarie romane, può contribuire a chiarire i fenomeni dell’arte figurativa. Capitolo 2: l’esempio greco Mentre l’arte greca suscitava facilmente l’impressione di una immediata e universale familiarità, l’arte romana è sempre stata considerata come posta a una distanza superabile solo tramite un ponte intelletuale. L’archeologia classica degli ultimi cento anni ha formulato le proprie posizioni teoriche più importanti nell’ambito della riflessione artistica fondandosi più sull’arte romana che su quella greca. Un fenomeno basilare dell’arte romana dell’arte romana quale il forte influsso sa parte della Grecia, pur senza essere negato, non viene neppure mai assunto come effettivo oggetto teorico. Alla base di ciò stava l’istanza di originalità che veniva ristretta alla sola forma artistica e isolata così dal suo contesto storico concreto. Collegata ad essa era una concezione assoluta dell’individualità riferita a interi popoli: l’originalità doveva garantire il carattere autonomo della romanità. In tal senso greco e romano divennero una coppia in antitesi polare. Fintanto che l’arte romana era vista come dipendente dai modelli greci essa non poteva soddisfare l’istanza di originalità. L’aspetto dei suoi fondamenti greci perse perciò d’interesse sia presso gli ammiratori sia presso i dettatori dell’arte romana: la sua dipendenza dall’arte greca aveva motivato il giudizio negativo di Winkelman circa lo stile imitatori. Analogamente la sua rivalutazione nel XIX secolo si accompagnò al risalto dato alle forme autonome. Tutto ciò fu possibile solo considerando gli elementi greci in un certo senso come fattori di disturbo della spontaneità dell’arte romana, mettendoli perciò da parte in quanto fenomeni marginali. Se prima quest’arte era stata considerata di rilevanza secondaria a causa dell’imitazione dello stile greco, ora era importante nonostante questo temporaneo straniamento. In entrambe le prospettive antitetiche, si veniva a perdere di vista un aspetto così rilevante dell’arte romana quali le sue radici greche. Ne conseguì che la ricerca si limitò in maniera unilaterale a quelle opere e a quelle opere e quelle classi di opere sentite come particolarmente romane: • Il ritratto • Il rilievo • Alcuni settori dell’architettura Altre classi anche se vaste come la scultura ideale e il rilievo mitologico furono a lungo ignorate dalla teoria e in gran parte nemmeno esaminate in maniera concreta. I fattori classicistici dell’arte romana sono stati considerati segno di arretratezza, e la valutazione delle sue tendenze creatrici è dipesa da quanto esse fossero svincolate dalle forme classiche dei modelli greci. È ormai incontestabile che l’arte romana si fondi in ogni suo ramo su premesse greche. In particolare si è visto che la Roma di età tardorepubblicana era diventata una metropoli dallo spiccato carattere greco- ellenistico e che molte delle sue tradizioni artistiche successive risalgono a questa fase. Senz’altro non è molto produttivo considerare l’arte romana semplicemente come un proseguimento di quella greca; ma d’altra parte il suo carattere specificamente romano non può essere neppure individuato in una struttura Un’indagine più attenta rivela che in ogni fase della storia romana si è fatto ricorso alle epoche stilistiche più diverse: dal tardo arcaismo fino al tardo- ellenistico. Il tipo fisico policleteo sia all’inizio dell’età imperiale per l’idolino di Firenze sia in età flavia per una statua di giovane ora ai musei vaticani Copia romana del dioforo di Policleto Napoli museo archeologico nazionale Statua di giovane età flavia Roma musei vaticani immagine non trovata Statua di giovane detta idolino età augustea Firenze museo archeologico Altare augusteo ad Arezzo con la lupa i gemelli e i pastori si situa nella tradizione del quadro mitologico di paesaggio sviluppatosi in età ellenistica. Lo stesso vale per un rilievo flavio di villa Albani con Polifemo innamorato su di una roccia. Non trovata immagine In età augustea così come in età flavia si è fatto ricorso a tradizioni tipologiche sia classiche che ellenistiche. I diversi periodi romani non si distinguono fondamentalmente per la selezione di schemi di rappresentazione e tipi di figure determinati ed esemplari, appartenenti ciascuno ad un preciso periodo greco. purtuttavia essi sono chiaramente segnati dallo stile delle rispettive epoche. Abbiamo dunque tipi figurativi identici elaborati in stili differenti e stili dell’epoca affini in tipi figurativi di differente origine storico-formale. L’intelaiatura del linguaggio figurativo è in primo luogo costituita dai fenomeni tipologici. Il concetto di tipologia è qui inteso in senso ampio, comprendendo sia schemi di rappresentazione generali sia le rielaborazioni più o meno consapevoli di determinati modelli, sia le copie fedeli di singoli originali. Lo stile dell’epoca ha per il momento un’importanza secondaria. La questione sarà qui limitata al suo rapporto con il linguaggio figurativo tipologico. Il pluralismo che regnava nella scelta di modelli era tale da non poter essere determinato dal gusto unitario di un’epoca intera né da quello di vari gruppi sociali e nemmeno da singole persone (committenti o artisti). La molteplicità ed eterogeneità dei modelli è infatti presente persino all’interno di singole classi monumentali e addirittura in uno stesso monumento. Il fregio grande dell’Ara Pacis con la solenne processione dell’imperatore si riallaccia strettamente a quello del Partenone, il fregio piccolo con il corteo sacrificale invece difficilmente può essere inteso come un rimando a modelli classici. Processione con la famiglia di Augusto Arapacis lati sud nord Processione del Partenone fregio lato est Parigi Louvre Processione del Partenone lati nord sud Atene museo dell’acropoli In maniera ancora più netta un rilievo con scena di battaglia oggi a Mantova ma proveniente da un edificio pubblico di Roma si allontana dai gruppi di combattimento dei fregi classici e con la sua composizione serrata si riallaccia invece a modelli ellenistici. Sul grande monumento di Lucio Vero a Efeso la scena di rappresentanza con la casa imperiale continua a esser situata nella tradizione del fregio grande dell’Ara Pacis mentre la scena di battaglia è nel solco del fregio di Mantova. Ancor più dettagliatamente il rilevo di Enea sempre nell’Ara Pacis. La scena nel suo insieme si pone nella tradizione delle rappresentazioni paesistiche dell’ellenismo. La figura di Enea si avvicina a quelle panneggiate greche della piena classicità. Il tipo della figura di Enea, che è classico nel suo complesso, è a sua volta arricchito di particolari che furono elaborati solo in epoche successive: ne sono un esempio le pieghe fortemente tese del panneggio attorno alle gambe che si ritrovano nel Poseidone tardo ellenistico di Melo. Le formule di dettaglio, i tipi figurativi e gli schemi di rappresentazione sviluppati nell’arte greca vengono dunque ripresi e impiegati con molta flessibilità. Lo stile augusteo si manifesta nell’Ara Pacis e si orienta per importanti versi sui modelli classici. Bisogna dunque fondamentalmente distinguere da un lato i modi rappresentativi e le formule di dettaglio, i quali possono risalire a periodi diversi dell’arte greca, e dall’altro la concezione del rilievo e la lavorazione artigianale, che presentano questi elementi eterogeni in uno stile unitario. Lo stile sarebbe la manifestazione di un habitus generale, più o meno consapevole e scelto programmaticamente, i tipi figurativi e le formule sarebbero un patrimonio culturale fruibile collettivamente, generatore di un linguaggio figurativo differenziato. Su che cosa si fonda la scelta dei modelli? Le opere considerate (la scena di rappresentanza e la battaglia sul monumento di Lucio Vero a Efeso) si collocano in tradizioni formali totalmente differenti; le medesime tradizioni, però, avevano determinato quegli stessi temi già nella prima età imperiale. Con una tesi provvisoria si può dire che L’ARTE ROMANA NON HA REGOLATO LA SCELTA DEI SUOI MODELLI IN BASE ALLO STILE O AL GUSTO, MA IN BASE AI CONTENUTI E AI TEMI. Essa ha ripreso prototipi diversi da periodi diversi dell’arte greca in funzione di ambiti tematici differenti; prototipi che furono mantenuti durante tutto il corso della storia dell’arte romana indipendentemente dallo stile di ogni periodo. Capitolo 4: LE SCENE DI BATTAGLIA E LA TRADIZIONE DEL PATOS ELLENISTICO: Le rappresentazioni romane di battaglie rientrano quasi per intero nel solco di una tradizione che ha trovato numerose realizzazioni nell’arte ellenistica. Ne possiamo riconoscere gli inizi nel mosaico di Alessandro da Pompei ora a Napoli museo archeologico nazionale dove risulta in questo quadro determinante, la nuova concezione spaziale del primo ellenismo. Le figurazioni di battaglie dell’età classica, nella grande pittura come sui vasi risolvevano lo svolgersi degli eventi in monomachie (conflitto tra due persone diverse). Ciascun personaggio era posto in relazione esclusivamente con il suo diretto avversario, i vari gruppi di combattenti non erano invece legati da nessun rapporto effettivo tra di loro. Nel dipinto, invece abbiamo un intreccio di azioni di più personaggi posto all’interno di un ampio spazio continuo. In questo intreccio ciascun personaggio ha un suo posto e un suo ruolo. Le figure vengono riunite in grandi masse fondendosi in un unico movimento collettivo. Roma una funzione specificatamente romana, nell’impiego per i dipinti repubblicani a sfondo politico. A causa del legame che stabilisce tra le figure umane e lo spazio circostante, tale maniera di rappresentazione si differenzia ancor più nettamente dalle forme classiche. Raffigurando i luoghi in cui le azioni sono ambientate, ci viene fornito un elemento di importanza centrale per il modo di pensare romano cioè l’indicazione delle condizioni geografiche e culturali nelle quali l’esercito romano si era affermato. Sallustio, usa i mezzi di rappresentazione della storiografia ellenistica quando deve descrivere una scena di panico a Roma o un campo disseminato di cadaveri. Cesare sceglie a volte forme narrative vivide e drammatiche per certi argomenti e Livio impiega mezzi fortemente psicagocici nel parlare di battaglie e assedi. Come nell’arte figurativa vengono scelti dei modelli secondo una prospettiva determinata dal tema. Capitolo 6: IL CERIMONIALE DI STATO: LA TRADIZIONE DEL DECORO CLASSICO: le forme di rappresentazione ellenistiche, continuarono dunque a circolare anche a Roma; ma nel complesso furono le tradizioni del 5 e 4 secolo a guadagnare il sopravvento: per la storiografia accade un fenomeno analogo. Già Polibio aveva attaccato la storiografia di indirizzo “tragico” in una risposta, senza comunque impedire che essa in un primo tempo trovasse dei prosecutori a Roma. Più tardi gli uomini politici romani cominciarono ad opporsi a queste forme patetiche in letteratura o arte. Secondo Cicerone lo stile oratorio è nel contempo stile politico, le parole sono un riflesso dell’anima. In altre parole, il classicismo è atto a esprimere l’ordinamento dello stato romano. ma anche la ripresa dei modelli greci classici sono condizionati fortemente da una prospettiva tematica. Policleto, assurse a modello nell’arte ufficiale; il modello polocleteo in età augustea è indicato da un ritratto privato di ragazzo, oggi a Bochum. La composizione dei personaggi sull’Ara Pacis mostra notevoli affinità con i fregi classici; anche le singole persone dell’Ara Pacis si avvicinano molto a tipi classici. Il linguaggio formale viene ripreso per la realizzazione di un nuovo stile rappresentativo, mediante il quale poter raffigurare con il decoro adattole autorità dello stato durante una cerimonia solenne. Nella concezione romana lo stile di Fidia incarnava: regalità, solennità e maestà, concetti vicini alla dignità e venerabilità di Policleto. Entrambi questi concetti soddisfano l’esigenza ciceroniana di decoro (dignità) con il classicismo Augusto prendeva pubblicamente le distanze da Antonio a cui rimproverava le tendenze asiane, atte a provocare stupore più che convinzione: era una presa di posizione dell’intelletto contro l’emotività. Augusto cercò di ripristinare la dignità degli ordini sacerdotali e del senato e provvide a che nel foro l’unico vestiario consentito fosse la toga. Anche per la sua stessa persona proponeva un ideale di serena e posata tranquillità. Lo stile generale di Augusto quindi ruotava attorno a determinati temi: il senato, gli ordini sacerdotali più importanti e soprattutto la propria persona. Ascoltava opere ma quelle che apprezzava erano quelle eccellenti e serie paragonabili al fregio grande dell’Ara Pacis. Le forme greche classiche dovevano rappresentare la dignità e la maestà; il concetto di classicismo è appropriato solo entro certi limiti: l’arte non è un generale recupero storicizzante della Atene classica, ma esprime una nuova situazione consapevole del presente e orientata verso il futuro, a Roma e nell’impero. La forma compositiva del fregio grande dell’Ara Pacisera tanto adeguata per il tema della solenne cerimonia di stato, che rimase in vigore per secoli, malgrado singole modifiche tematiche nella rappresentazione degli eventi: le scene dell’arco di Tito, Arco traiano Benevento, Ara Pietatis, arco di Marco Aurelio. Successivamente le figurazioni conobbero rilevanti trasformazioni; evidentemente le forme di rappresentazione delle dignità dei cerimoniali di stato, sviluppate in un primo tempo con l’aiuto della grecità classica, conseguirono una larga autonomia e la ripresa diretta di forme greche classiche non fu più necessaria, dato che la tradizione aveva acquistato abbastanza forza anche a prescindere dalle origini. Capitolo 7: IL SISTEMA SEMANTICO: LE SUE COMPONENTI E IL LORO IMPIEGO Il motivo della battaglia e quello della solenne cerimonia statale mostrano chiaramente che per determinati temi si sceglievano determinate forme di rappresentazione appartenenti a periodi diversi dell’arte greca. Queste modalità di rappresentazione permettevano di contrassegnare in maniera differenziata ciascun evento storico nei suoi tratti; tuttavia la tradizione della battaglia di massa e quella della cerimonia rappresentativa sono così strettamente concluse in se stesse che possiamo parlare, di schemi di rappresentazione scenica. La scelta delle forme era dunque fondata sul contenuto. FIGURE A TUTTO TONDO: nella statuaria è istruttiva la ripresa di forme di Policleto e della cerchia di Lisippo. Le opere di Policleto servivano da modello per quelle figure del mondo mitico e divino caratterizzate da una bellezza fisica ideale. Tra le figure femminile greche un influsso particolarmente vario è stato esercitato dal tipo dell’Afrodite Capua del 4 secolo a.c.: è l’immagine della dea dell’amore che ammira il suo corpo seminudo riflesso nello scudo di Ares. È stata rielaborata dalla metà del secondo secolo a.c. in poi, ad esempio nella Venere di Milo adottato ad un diverso movimento, nella dea della vittoria. Per completare il quadro della situazione, si vede che nel complesso per dei ed eroi di tradizione elevata si preferivano le nobili forme della piena classicità o del tardo arcaismo e dello stile severo, mentre per figure librate e danzanti come vittorie e menadi si sceglievano le forme mosse dello stile ricco della fine del 5 secolo. ALLESTIMENTO DELLA VILLA DEI PAPIRI: l’apparato statuario della villa dei papiri ad Ercolano è concepito, come collegamento antitetico della attività politica e di una vita ritarata volta alle gioie dello spirito. La scelta dei modelli artistici quindi è fondata su una prospettiva tematica e non formale. Generalmente il ritratto doveva dare garanzia di autenticità (sostanza e non forma). Nel grande peristilio a giardino vi è il busto di Atena che costituisce il centro di una vasta galleria di esponenti insigni della politica e della cultura. Sempre dal peristilio proviene una testa severa arcaizzante probabilmente apollo. L’Atena promachos costituiva il punto di fuga del tablinum si riallaccia a forme dell’ultima fase dell’arcaismo; in questa stanza i rappresentanti della pietà e della nobiltà romana erano posti gli uni di fronte agli altri. Vanno aggiunte le due teste di giovani del tablinium che impersonano l’ideale umano dei greci nei due aspetti: l’atleta con i capelli corti e il bel efebo dalla lunga chioma. In una stanzetta vicina vi è il busto di Dioniso dio dell’ideale di una vita appartata contrapposto a Eracle. Significato analogo sembra aver avuto anche la famosa coppia di busti identificabili come Achille e Pentesilea. Si deve anche aggiungere il mito nel suo aspetto tragico, una serie di statue femminili bronzee che sembra rappresentassero le danaidi. Altri temi richiedevano però modelli diversi. Tra i modelli più recenti, di età ellenistica furono ripresi per i numerosi personaggi del Tiaso dionisiaco che popolavano sia l’atrio che il giardino: satiri che danzano e suonano, fauni, putti anche un pan che si accoppia con una capra e diversi animali. Grazie a tale astrattezza di contenuti figurativi, si venne a creare un’ampio margine di libertà per l’adozione di tradizioni e tipi già sperimentati. Per i sacrifici religiosi, intesi come realizzazioni di una medesima virtù, la pietà, l’utilizzo di una sola formula figurativa appare logica, anche a distanza di secoli. Gli elementi di realismo non vengono rimossi dall’ arte, ma erano subordinati al sistema semantico. Il realismo dell’ arte romana” non era uno stile generale a guida dell’ intera produzione, ma si trattava di un realismo molto parziale impiegato per esprimere determinati temi e messaggi. Il linguaggio figurativo che si sviluppò era quindi un ricco sistema di comunicazione visiva che metteva a disposizione formule già fissate o schemi di formulazione facilmente applicabili. LA STRUTTURA DEL SISTEMA SEMANTICO: in che modo il linguaggio figurativo pote avere efficacia in tutto l’impero con le sue popolazioni così disparate. Come è possibile che questo linguaggio, dia l’impressione di essere da un lato ambizioso e dall’altro un fenomeno di massa? In realtà queste due caratteristiche si possono facilmente capire in base al sistema formale sopra abbozzato. E tale sistema, in cui le forme erano anche valori, era aperto sia alla riflessione artistica, sia alla pratica artistica irriflessa. a. Le concezioni artistiche nella teoria Questo sistema possedeva, da un lato, delle premesse teoretiche. Secondo la teoria d’arte dominante, quella classicistica, il giudizio e la recezione relativi alle varie forme stilistiche greche non si basavano soltanto sull’ impressione immediata dei singoli capolavori esemplari, quanto più tosto su una serie di valori generali i quali univano la sfera delle forme visibili con quella dell’ethos. L’arte di fidia veniva esaltata a causa della sua sublime e venerabile grandezza. Tali qualità convengono a raffigurare le massime divinità. Il vigore e la magnificenza dell’aspetto mostrano il suo potere regale, la mitezza e la benevolenza, la venerabilità e la severità e la vigilanza sulla comunità. Per quintiliano solo i valori espressivi con cui fidia ha portato al più alto grado di rappresentazione degli dei, la loro autorità, porta l’artista come teologo. Sempre secondo Quintiliano, Policleto invece non ha rappresentato in maniera così impressionante il potere e l’autorità degli dei, ma ha superato gli altri scultori in decoro e diligenza. Quintiliano descrive quindi l’ideale fisico policleteo (il Doriforo ) come adatto sia a esercizi di guerra che a quelli ginnici e lo pone accanto a quello di altri giovani combattenti e atleti. (valori espressivi su cui si basa la fama di Policleto per rappresentare eroi e atleti giovanili.) Di Callimaco venivano a loro volta ammirate la finezza, la grazia, l’eleganza. La sua opera più famosa, le danzatrici spartane, dimostra che con tali concetti si intendevano i delicati movimenti vibranti dello stile ricco. Di Lisippo e PrassiteleQuintiliano loda il fatto che a verità accessise ottimo. Lisippo era tralaltro noto per i suoi ritratti con grandissima fedeltà al vero ( l’ efige di Alessandro Magno). Da importanza alle qualità come altezza, corpo snello e asciutto, per raffigurare agili atleti e i rappresentanti ideali, Eracle ed Hermes. Prassitele viene celebrato per la sua sensualità morbida, seducente dei corpi e per l’espressione animata dei suoi volti. Tali qualità risaltano soprattutto in figure di aspetto giovanile e sensuale. ( Afrodite, Dioniso) Le figure di animali erano la gloria dello stile severo, di Mirone e Calamide, oltre Lisippo. Lisippo è inteso, come precorritore dell’ ellenismo, egli faceva le funzioni di ultimo rappresentante della classicità. Quintiliano contrappone i singoli artisti fra di loro secondo le qualità stilistiche individuali. Ogni artista per le sue qualità è adatto per certi temi; raggruppandoli formano uno spettro ampio e completo di temi espressivi. Anche se le varie forme di rappresentazione appartenevano ad uno stesso sistema di linguaggio figurativo, esse si trovavano anche in rapporto gerarchico fra di loro. Maestà e potere erano ad un livello più alto. Anche le forme avevano una gerarchia, con gli elementi dominanti al centro, e quelli di importanza minore in posizione subordinata. Concetti come maestà, grazia, verità hanno un senso solo in un sistema sincronico. TEMI VALORI FORME Dei Maestà, potere, estrema bellezza Fidia Eroi Decoro, sopraverità Policleto Uomini Verità, bellezza Lisippo, Prassitele Animali, satiri giganti Verità Stile severo, Lisippo ellenismo Quindi le forme eterogenee di rappresentazione diventano idonee a formulare temi figurativi romani: come cerimonie di stato e battaglie. Tra forma e tema figurativo si inseriscono dei valori concettuali come elementi di raccordo; questo è il motivo per cui non si formò una rigida costruzione normativa ma un sistema flessibile. I temi lasciavano un certo margine di interpretazione, essi suggerivano specifiche forma di rappresentazione, ma non determinavano interamente la forma, permettendo una scelta fra forme stilistiche plausibili. In pratica questo sistema di temi, di valori concettuali e di forme figurative lasciava dunque una certa libertà di interpretazione e di gusto artistico; comunque anche tenendo conto della flessibilità, rimane chiara la portata fondamentalmente semantica della forma. b. La pratica degli scultori. Gli scultori romani erano principalmente artigiani che non stavano a meditare su sistemi di valori estetici; e lo stesso vale per gran parte del pubblico. La commissione di un’opera d’arte ovviamente concerneva innanzitutto il tema. Poi lo scultore cercava un prototipo adeguato tra i modelli d’arte greca. Poi sulla forma che quest’ultima comunicava(maestà o phatos ad esempio).Poi altri fattori esterni, come la collocazione, le dimensioni, le altre opere d’arte già presenti e la quantità di denaro che il committente era disposto a pagare. Impulsi e fattori imponderabili determinavano quindi il linguaggio figurativo nella pratica di bottega degli scultori. Capitolo 9: LA NASCITA DEL SISTEMA: DINAMICA E STATICITA’ Rilevante per il linguaggio figurativo successivo è il fatto che, a partire dall’età classica, accanto alla vasta corrente dell’arte “moderna”, si svolse un esile tradizione di forme stilistiche arcaizzanti. Il loro impiego era condotto non in base allo stile dei rispettivi periodi, ma secondo punti di vista tematici che si svilupparono in relazione alle raffigurazioni di divinità nell’’ambito del culto e del mito. Tale pratica si distingue dal sistema semantico successivo soprattutto per il fatto che la forma arcaizzante era solo una deviazione anomala rispetto al linguaggio formale del presente. Nel linguaggio figurativo posteriore l’antitesi tra forme arcaizzanti e contemporanei fu allargata fino a disporre di tutte le forme dal tardo-arcaico al tardo-ellenismo. Premesse e inizi di questo linguaggio figurativo furono prodotti non a Roma ma nella Grecia del II secolo a. C.Il tardo ellenismo portò a un mutamento sostanziale nell’attitudine stilistica, intensificando le forme di stile ellenistiche e riprendendo contemporaneamente le tradizioni classiche. Lo spettro di possibilità di stile disponibili che ne derivò era più ampio di prima; perciò si dovette modificare anche il significato del fenomeno stile nel suo complesso: era ora un linguaggio soggetto a una riflessione e selezione costante.Sicuramente questa evoluzione ebbe luogo dapprima in Grecia e poi dal II sec. A.C. anche Roma, anche se date le proporzioni dell’impero, tali fenomeni ottennero un’efficacia di raggio molto maggiore. In Grecia la ripresa di modelli antichi possedeva anche connotati tematici. In una bottega greca sono nate anche le composizioni dei crateri neoattici a rilievo tipo Pisa. Il tiaso dionisiaco è qui formato da elementi dalla provenienza più disparata (per la danza di donne in estasi erano le forme mosse del V e IV secolo, per la sfrenatezza dei Satiri era il realismo ellenistico a fornire i tipi-base migliori). Gli artisti greci portarono presto a Roma questa attitudine formale; la città si andava allora sviluppando in un centro d’arte ellenistico. Nello stesso tempo, però, venivano realizzati ritratti delle personalità guida di Roma nelle forme stilistiche dell’ellenismo. Un esempio è il cosidetto Dinasta delle Terme. artisti. La valutazione di queste diverse forme è condotta in base a un miscuglio di criteri; da un lato viene rilevato uno sviluppo a partire da origini imperfette fino a vertici assoluti: la perfezione è rappresentata nella scultura da Policleto e Fidia, da Prassitele e Lisippo; nella pittur tengono i primi posti Zeusi, Parrasio e poi Apelle. Di ogni stile viene riconosciuta la prestazione specifica: Protogene eccelle per la cura, Antifilo per la velocità, Apelle per talento e grazia. Policleto è stato il migliore per dilengizia e decoro, quindi come sculture per le figure umane, soprattutto giovanili. Fidia e Alcamene lo superavano per l’abilità nel conferire forza all’ immagini e rappresentare la dignità degli anni, quindi hanno espresso meglio l’autorità e la maestà degli dei. Anche qui l’età classica del V e IV secolo rimane vincolante come base esclusiva. In generale, Quintiliano parte dalla tripartizione degli indirizzi in attico, asiano e – intermedio fra i due – rodio. Sono stili di epoche diverse ma per Quintiliano disponibili simultaneamente. Egli si pone senza esitazioni dalla parte degli atticisti; ma più tardi introduce una seconda suddivisione in tre categorie un genus sottile, un genus robusto e un mediano genus florido. La teoria d’arte classicità su cui si basa Quintiliano è già riconoscibile in Cicerone e ridotto a frammenti, anche in Plinio. La bravura di Policleto era vista soprattutto nella sua costruzione dei corpi, quella del tardo classico nella mobilità non artificiosa delle membra quella dello stile severo nell’etos espresso nei volti e nella ricchezza dei capelli. Capitolo 12: CONCLUSIONE: IL LIGUAGGIO FIGURATIVO E LA CIVILTA’ IMPERIALE Il compito richiesto al sistema formale dell’arte romana consisteva nel soddisfare le pretese di un elitè colta cos’ come le necessità della larga popolazione dell’impero. I capolavori celebri dell’arte greca erano diventati norme riconosciute per specifici temi e messaggi; oltre ad acquistare una forte autorità. L’uso molto intenso portò più che fissare una norma ad essere formule correnti per designare la cosa. Il rifarsi quindi a modelli classici diventò una pratica corrente, ripetitiva e spesso banale. Questo è il motivo per cui, accanto a copie e creazioni ex novo in stile antico di estrema raffinatezza, troviamo un’infinità di opere romane di tradizione greca mediocri. Il linguaggio figurativo esteso e comprensibile ovunque ebbe una grande portata storico-culturale. Si costituì rapidamente in un sistema di comunicazione visiva accessibile e rimase in vigore per almeno due secoli a partire dall’inizio dell’età imperiale. Il carattere statico dell’arte romana e l’assenza di innovazioni sostanziali, contribuirono in maniera decisiva alla comprensibilità di questo linguaggio figurativo. Si chiarisce anche la sua funzione sul piano storico è evidente che proprio in una organizzazione statale così grande ed eterogenea come l’impero romano , un sistema di comunicazione comprensibile e utilizzabile con tale facilità veniva incontro a istanze urgeni.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved