Docsity
Docsity

Prepara i tuoi esami
Prepara i tuoi esami

Studia grazie alle numerose risorse presenti su Docsity


Ottieni i punti per scaricare
Ottieni i punti per scaricare

Guadagna punti aiutando altri studenti oppure acquistali con un piano Premium


Guide e consigli
Guide e consigli

Hull - la costruzione di un sistema teorico formalizzato, Appunti di Psicologia dell'Apprendimento

Sintesi del quinto capitolo de "L'apprendimento. Una rassegna delle teorie dell'apprendimento in psicologia" di Hill.

Tipologia: Appunti

2019/2020

Caricato il 27/02/2020

martina-dessi-1
martina-dessi-1 🇮🇹

4.6

(453)

197 documenti

1 / 4

Toggle sidebar

Documenti correlati


Anteprima parziale del testo

Scarica Hull - la costruzione di un sistema teorico formalizzato e più Appunti in PDF di Psicologia dell'Apprendimento solo su Docsity!  Neobehaviorismo Per spiegare adeguatamente i comportamenti complessi il neocomportamentismo ha ampliato il modello originario S-R, prendendo in considerazione il ruolo di variabili intermedie tra lo stimolo e la risposta rappresentate da elementi dell’organismo O. In tal modo, il modello iniziale S-R viene ampliato e diventa S-O-R. 5. C. L. Hull (1884-1952) Hull si colloca nell’ambito del neocomportamentismo. Tra le concezioni di tipo connessionista, la sua è considerata quella più ampia, formale e ambiziosa. Hull, che insegnò per molto tempo all’Università di Yale, è stato il teorico dell’apprendimento di indirizzo connessionista più importante della sua epoca. Egli ha applicato le tesi del neopositivismo in riferimento alla traduzione in termini matematici delle osservazioni comportamentali ed alla possibilità di ricondurne la spiegazione ad un sistema di equazioni (Hull, 1943, 1952). Per lui le teorie sono delle strutture logiche costituite da postulati o assiomi, da cui si possono dedurre logicamente delle asserzioni o teoremi. Hull concepisca la teoria ideale come una struttura logica fatta di postulati e di teoremi, simile alla geometria euclidea. In un’ottica di questo genere, i postulati sono asserzioni (o proposizioni) su vari aspetti del comportamento; non si tratta di leggi ricavate direttamente dagli esperimenti, ma di definizioni più generali circa i processi fondamentali in gioco. Come i postulati della geometria, ciascuno di questi postulati (o assiomi) non è dimostrato, ma viene assunto come vero e utilizzato come punto di partenza per dimostrare come da esso discenda la verità di altre asserzioni. Da questi postulati si possono dedurre, per via logica, svariate altre asserzioni, denominate teoremi.  Fondamenti della teoria di Hull: piano concettuale Per Hull le teorie sono delle strutture logiche costituite da postulati o assiomi, da cui si possono dedurre logicamente dei teoremi o enunciati con valore di leggi. I postulati sono assunti, considerati come assiomi, o principi, veri in sé. Essi sono costituiti da asserzioni su aspetti del comportamento. Dai postulati, si possono dedurre logicamente dei teoremi, ossia, degli enunciati che assumono il valore di leggi del comportamento esprimibili in termini matematici.  Teorie, postulati, esperimenti I teoremi, logicamente dimostrabili, si configurano come leggi del comportamento esprimibili matematicamente. Dopo la dimostrazione logica della loro derivazione da determinati postulati, i teoremi devono essere confrontati con le leggi empiriche del comportamento. Il confronto tra il piano logico e quello empirico viene effettuato tramite gli esperimenti. In base ai risultati la teoria può essere avvalorata o indebolita. Una teoria così concepita non è altro che una costruzione logica: non si è detto nulla sul valore di verità o falsità delle asserzioni alle quali la teoria dà origine, ma si è parlato soltanto della loro complessiva coerenza logica interna. Aver dimostrato un teorema significa unicamente che se sono veri i postulati di partenza, allora anche il teorema dev’essere vero. Affinché la teoria abbia valore come descrizione del mondo reale, è dunque necessario confrontare i teoremi con le effettive leggi del comportamento cui si è pervenuti mediante la conduzione di esperimenti.  Collegamento tra piano concettuale a piano empirico La possibilità di applicare la teoria al mondo reale implica il confronto tra le leggi espresse dai teoremi e quelle del comportamento. Ciò implica la verifica empirica con indagini sperimentali delle leggi comportamentali. Se i risultati empirici concordano con i teoremi , allora la teoria viene suffragata. Se invece, i dati non confermano i teoremi , la teoria deve essere modificata. Il teorico parte quindi da alcuni postulati che possono essere veri oppure non esserlo; dimostra poi sul piano logico che, se tali postulati sono veri, devono esserlo anche certi teoremi. Successivamente stabilisce, mediante esperimenti, se ciascun teorema è effettivamente vero; infine utilizza i risultati cui è pervenuto in merito alla verità o falsità dei teoremi in questione per trarre indirettamente delle conclusioni sulla verità o falsità dei postulati da cui è partito. Se un teorema si rivela falso, il teorico sa che necessariamente falso è anche almeno uno dei postulati di cui si è avvalso per dimostrare il teorema, dal momento che tale postulato lo ha condotto per via logica a una conclusione falsa. Di conseguenza è necessario modificare questo o quel postulato in modo tale che risultino veri i teoremi derivanti da esso. Se invece tutti i teoremi si dimostrano veri, i risultati positivi di questa verifica rafforzano la sua fiducia nel fatto che tutti i postulati sono veri. Il teorico, tuttavia, non può mai essere assolutamente certo che i postulati siano veri, dato che a volte postulati falsi possono condurre a teoremi veri. Hull intendeva dar vita a una teoria abbastanza precisa affinché, nel caso in cui essa fosse contraria ai dati delle osservazioni, risultasse facile accorgersene.  Trilogia della teoria Principles of Behavior (1943). Presenta il sistema dei postulati di Hull. A Behavior System (1952). Espone 133 teoremi sul comportamento e dimostra la deduzione logica di tali teoremi dai postulati. Il terzo testo non fu mai realizzato, a causa di una grave malattia e della successiva morte dell’autore. Il lavoro doveva analizzare i comportamenti nei processi di interazione sociale. Hull intendeva elaborare un sistema con il quale poter prevedere le variabili dipendenti del comportamento in base a diverse variabili indipendenti. Riconoscendo la molteplicità delle variabili sia indipendenti sia dipendenti con le quali avere a che fare, Hull cercò di semplificare il problema di come formulare previsioni ricorrendo all’introduzione di variabili intermedie.  Livelli delle variabili 1 – Indipendenti: tutte quelle variabili manipolabili direttamente (stimoli fisici, tempo di privazione o astinenza, entità di sforzi muscolari, numero di rinforzi precedenti o risposte corrette). 2-3 – Intermedie o intervenienti: stati ipotetici dell’organismo non osservabili, ma presumibilmente influenzabili dalle variabili dipendenti (abitudine, pulsione, motivazione). 4 – Dipendenti: risposte osservabili e misurabili (ampiezza o entità; velocità; numero di risposte successive alla soppressione del rinforzo). Hull ha organizzato le sue variabili intermedie in uno schema di previsione articolato in quattro stadi. Il primo stadio della sua analisi riguarda le variabili indipendenti da cui partire per avanzare le previsioni; il quarto stadio dell’analisi riguarda le variabili dipendenti in relazione alle quali si formulano le previsioni, mentre nel secondo e terzo stadio figurano le variabili intervenienti che hanno la funzione di mettere in collegamento variabili indipendenti e variabili dipendenti.  Principali variabili intermedie Le variabili intermedie consentono di semplificare la formulazione dei postulati in riferimento alla previsione delle variabili dipendenti in funzione di quelle indipendenti. Nel sistema, le variabili intermedie più importanti sono  La pulsione (drive);  La forza dell’abitudine (habit strenght); è la forza della connessione, appresa, che si crea tra un dato stimolo e una data risposta, un legame che si è andato formando grazie alla sistematica ripetizione delle sessioni di addestramento seguite da rinforzo.  Forza dell’abitudine Forza dell’abitudine (habit strenght): forza del legame SR derivante dalla ripetizione del rinforzo. Dato che Hull è un connessionista, nel suo sistema la forza dell’abitudine è un concetto chiave: è la forza del legame che connette un dato stimolo e una data risposta. È espressa con SHR, dove H sta per abitudine (habit); S indica lo stimolo ed R la risposta che l’abitudine mette in collegamento. L’abitudine è una connessione permanente la cui forza può aumentare ma non diminuire. Tutte le esperienze prolungate di apprendimento comportato la formazione e il consolidamento di abitudini; ogni volta che in presenza di un dato stimolo compare una determinata risposta e che questa risposta viene rapidamente seguita da un rinforzo, aumenta la forza di quella particolare abitudine costituita dal legame che connette lo stimolo e la risposta in questione. La forza dell’abitudine cresce in funzione del numero di rinforzi. La funzione aumenta sino ad un limite fisiologico, superato il quale non sono possibili ulteriori incrementi.  Pulsione La pulsione D (drive) è uno stato di tensione dell’organismo causato da un bisogno biologico associato a stimoli pulsionali interni ed esterni. È uno stato d’attivazione dell’organismo; una riduzione dell’intensità della pulsione agisce da ricompensa. È uno stato temporaneo dell’organismo indotto dalla privazione di qualcosa che è necessario al corpo oppure da una stimolazione dolorosa. Sono numerosi e di vario genere (es. fame sete, dolore).  Osservazione delle pulsioni Le pulsioni, come le altre variabili intermedie, non sono direttamente osservabili. Esse possono essere considerate come funzioni di altre variabili suscettibili di osservazione e misurazione diretta. Es.: la fame, l’entità del bisogno di cibo, può essere ricondotta al tempo di digiuno.  Funzioni delle pulsioni I diversi tipi di pulsione svolgono due funzioni principali: 1. Apprendimento. La riduzione del bisogno favorisce l’apprendimento della risposta che precede la riduzione stessa. Ciò indipendentemente dallo stimolo che la ha suscitata. Ogni stato pulsionale, come ad esempio la fame e la sete, genera un caratteristico stimolo intenso, associato a una pulsione, che indica la particolare condizione di necessità che causa sofferenza all’organismo. Una rapida riduzione dell’intensità di questo stimolo pulsionale ha effetti rinforzanti; di conseguenza la risposta che compare subito prima che si verifichi una riduzione dell’intensità di uno stimolo pulsionale è quella che, tendenzialmente, viene appresa quale risposta agli stimoli che siano presenti in tale circostanza (qualunque essi siano). 2. Attivazione. Le pulsioni svolgono una funzione attivante dell’organismo che porta ad un aumento delle attività individuali. La seconda funzione è attivante e stimolatrice; tutti gli stati pulsionali concorrono a determinare il livello complessivo di attivazione pulsionale dell’organismo; questa situazione pulsionale complessiva (abbreviata nel simbolo D, da “drive”, cioè “pulsione”) porta a un aumento del livello di attività dell’individuo. Questo effetto di attivazione determinato da D si può riscontrare sia nell’aumento del livello generale di attività dell’organismo, sia nell’aumento di energia con cui l’individuo dà corso a tutte le abitudini acquisite. Le due funzioni sono strettamente collegate ai concetti di abitudine e di rinforzo.
Docsity logo


Copyright © 2024 Ladybird Srl - Via Leonardo da Vinci 16, 10126, Torino, Italy - VAT 10816460017 - All rights reserved