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I confini simbolici, Appunti di Sociologia

lezioni sui confini simbolici (Catherine Remy,”Silenzio sull’uccisione. Inchiesta etnografica in un mattatoio”)

Tipologia: Appunti

2014/2015

Caricato il 04/09/2015

giordana_ruggieri
giordana_ruggieri 🇮🇹

4.6

(17)

10 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica I confini simbolici e più Appunti in PDF di Sociologia solo su Docsity! Confini simbolici Catherine Remy,”Silenzio sull’uccisione. Inchiesta etnografica in un mattatoio” Introduzione Accanto alle regole giuridiche o formalizzate, la normatività delle pratiche sociali si attualizza spesso in maniera vaga o in silenzio. L’articolo di C. Remy vorrebbe contribuire a uno studio etnografico del silenzio, mostrando come esso, lungi dall’essere un ostacolo alla comprensione, sia al contrario un potente rivelatore delle regole seguite dagli attori. Per farlo, la studiosa parte dall’inchiesta etnografica che lei stessa ha condotto in un macello, ovvero un’officina specializzata nell’abbattere gli animali e trasformarne i corpi in carcasse per il consumo umano. L’osservazione etnografica le ha permesso di scoprire che la produzione dell’azione in questo luogo di lavoro è sostenuta da un codice o da norme implicite, che possono essere riassunti così: nel macello non tutti uccidono,e da ciò segue un insieme di tacite separazioni categoriali e spaziali. L’uccisione degli animali appare quindi come una posta in gioco fondamentale nelle interazioni tra i dipendenti, eppure si tratta di un argomento di cui non si parla, nemmeno quando l’etnografa invita a farlo. Il macello, a causa della sua natura peculiare dell’attività che vi si svolge, sembra essere un terreno propizio allo studio di un’attività sociale che ha luogo in un contesto normativo in larga parte implicito. Il dosaggio esplicito/implicito, o, detto altrimenti, l’ampiezza del silenzio, varia secondo il tipo di situazione sociale: più un’attività è precaria, fragile in quanto debolmente esplicitata nel suo farsi,più gli attori metteranno in opera un insieme di “procedure”, spesso implicite, al fine di supportare la produzione dell’azione. L’occultamento dell’uccisione I macelli come luoghi chiusi e sorvegliati vengono creati all’inizio del XIX secolo; in precedenza, l’uccisione si effettuava alla luce del sole, per le strade. Questo processo di occultamento- concentrazione permette una razionalizzazione dell’abbattimento: l’uccisione si industrializza. La “de pubblicizzazione” di questa attività, che ha un legame diretto con il suo reinquadramento sotto il gioco dell’immoralità, è inscritta in un paradosso, poiché, se da un lato permette la messa in opera di norme strette ed esplicite di produzione e di controllo, essa crea inoltre uno spazio di “segreto”, al riparo dagli sguardi ma portatori di una carica di immoralità. In breve, l’uccisione degli animali diventa allo stesso tempo più esplicita, regolata e più libera, autonoma per coloro che la compiono. Di colpo, il macello diventa una situazione assai propizia allo studio della tensione tra norme esplicite e norme implicite nell’azione. Poiché, in altri termini, più un’attività è difficile da gestire (per ragioni organizzative e morali), e di rimando precaria nel suo svolgimento, più gli attori si appoggeranno su accomodamenti locali, spesso impliciti, al fine di realizzare la loro azione. Il terreno d’indagine è un mattatoio francese privato di piccole dimensioni, situato nel Massiccio Centrale, che è una zona rurale. La catena di produzione impiega sei uccisori a tempo pieno, due persone preposte al controllo sanitario e una segretaria. Per quanto riguarda lo svolgimento concreto del lavoro, esso si suddivide in due grandi momenti: l’uccisione degli animali e la preparazione delle carcasse. Metodologia L’inchiesta etnografica è durata tre mesi. Nel corso dell’osservazione, la studiosa ha tentato di portare avanti una etnografia dell’azione che consiste in “un’osservazione ravvicinata del flusso quotidiano”; il suo protocollo di ricerca era dunque innanzitutto costruito sull’osservazione diretta e la raccolta di appunti in merito alle interazioni e alle conversazioni. Nel caso del macello, dato che l’attività al suo interno è colpita da tabù, questa presenza estranea è tanto più delicata. L’ordine di senso della situazione Ricordiamo il codice implicito: non tutti uccidono, e ciò comporta un insieme di tacite separazioni categoriali e spaziali. Tale codice distingue due primi gruppi, gli “uccisori” e i “non uccisori” ( il personale amministrativo e sanitario), e, all’interno del gruppo degli uccisori, tre sottogruppi: i “veri uccisori”, gli “uccisori occasionali” e i “non uccisori”. Il codice si divide in differenti norme o regole implicite di comportamento: i due gruppi hanno ciascuno i propri spazi; entrano nell’edificio da porte differenti; non si mescolano mai nel corso delle pause; i non uccisori non devono guardare l’uccisione; gli uccisori non devono penetrare nel locale dei non uccisori, eccetera. L’idea è che esista un “ordine” che lega le azioni all’interno della situazione sociale. Questo ordine trascende i fatti bruti osservabili. Tale punto ci conduce al dibattito sulla percezione del senso di una situazione e sulla scoperta del codice implicito ad opera del sociologo. Al centro del processo di comprensione c’è la nozione di “tutto”: percepire il senso di un avvenimento o di un’azione è comprendere il suo legame con un insieme che lo supera. Di colpo noi non percepiamo più l’evento come un elemento isolato, ma lo intendiamo nella sua complessità, vale a dire in quanto parte di una totalità strutturata. Secondo questa prospettiva, il sociologo comprende degli “ambienti di comportamento” a partire da elementi manifesti e osservabili. La scoperta del codice implicito di una situazione esige dunque un processo di familiarizzazione che permetta via via di percepire le connessioni che vigono nello svolgimento dell’azione e di legare gli aspetti osservabili del comportamento degli attori a un “tutto”. In quest’ottica, la presenza fisica dell’osservatore nella situazione è determinante: egli si ritroverà “preso” nella produzione dell’azione ed è il suo coinvolgimento, spesso deviante rispetto all’ambiente di comportamento, che gli permetterà di scoprire le norme implicite in vigore. La comprensione del “tutto” è allora divisa fra momenti di percezione diretta del senso e momenti di percezione indiretta, che cioè risultano dalla devianza dell’osservatore. Nel nostro caso, gli attori cercheranno di correggere i comportamenti devianti o inadeguati, ma senza mai esplicitare direttamente delle norme da seguire , poiché esse sono implicite, non possono essere enunciate. Così, si mette in opera un gioco sottile nel quale l’espressione dell’emozione svolgerà il ruolo di regolatore dei comportamenti ( devianza reazione implicita in un contesto normativo implicito). La scoperta del codice implicito Un elemento che ha colpito immediatamente la sociologa è stato il fatto che le posizioni spaziali giocano un ruolo importante nella produzione dell’attività e che a seconda del luogo in cui un attore si trovava era possibile dedurre ciò che faceva, il suo ruolo nella situazione. L’esistenza implicita dei due gruppi si è vista rafforzata quando la sociologa ha cominciato a partecipare alle pause in cui i due gruppi non si mescolano mai; veniva sottoposta a una doppia pressione: ogni gruppo tentava di allontanarla dall’altro ( la sua devianza dal codice rendeva più viva questa pressione). Tuttavia poiché era intenzione dell’etnografa di realizzare un’inchiesta etnografica sull’insieme della situazione, Catherine infrangeva numerose clausole del codice e si situava in una posizione incongrua tra i due gruppi: né uccisore, né non uccisore, ciò creava senza dubbio tensioni. La norma è si parzialmente espressa attraverso l’emozione e qualche commento ma a un grado minimale; piuttosto che a una dimensione tacita, il codice rinvia a un dosaggio fra implicito ed esplicito. D’altro canto bisogna notare che i non uccisori non si avvicinano quasi mai allo spazio degli uccisori, mentre costoro effettuano di tanto in tanto dei tentativi di penetrare lo spazio dei non uccisori ma sempre con la scusa di diverse necessità( lo spazio dei non uccisori dunque non è realmente proibito). Questa asimmetria sembra significare che le norme implicite in vigore sottintendono una distinzione gerarchico-morale. Dal lato degli uccisori, il periodo di anomalia comportamentale della sociologa li ha condotti a oscillare fra tentativi di persuasione aventi lo scopo di includerla nel gruppo e tentativi di intimidazione in merito a ciò che potenzialmente avrebbe potuto raccontare su di loro. Questa fase di devianza è stata dunque centrale nel processo di familiarizzazione con l’ordine di senso, il rischio era un’esclusione dalla situazione. Ciò che nel suo modo di porsi ha provocato la maggior tensione è stato il fatto di
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