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Reati associativi e art. 18 Cost., Dispense di Diritto Penale

Una panoramica sui reati associativi e sull'art. 18 della Costituzione italiana. Vengono analizzati i limiti alla libertà di associazione, le problematiche comuni ai reati associativi e le associazioni per delinquere. Vengono inoltre esaminati la natura giuridica, l'elemento soggettivo e l'oggetto di tutela del delitto di associazione.

Tipologia: Dispense

2023/2024

In vendita dal 22/01/2024

OttavioDiBenedetto
OttavioDiBenedetto 🇮🇹

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Scarica Reati associativi e art. 18 Cost. e più Dispense in PDF di Diritto Penale solo su Docsity! REATI ASSOCIATIVI 1. Reati associativi e art. 18 Cost. Per meglio comprendere le problematiche relative ai delitti associativi occorre fare riferimento all’art. 18 Cost. Il quale, nel sancire la libertà di associazione, individua alcuni caratteri strutturali dell’associazione che se presenti sono espressione di disvalore e ne giustificano l’incriminazione. - ART. 18 Cost. “i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente, senza autorizzazione, per fini che non sono vietati ai singoli dalla legge penale. Sono proibite le associazioni segrete e quelle che perseguono, anche indirettamente, scopi politici mediante organizzazioni di carattere militare” - XII disposizione transitoria “è vietata la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista” L’art. 18 Cost fornisce quindi alcune indicazioni fondamentali: 1) Riconosce la libertà di associazione come libertà piena, non sottoposta ad alcuna autorizzazione. Questo vuol dire che si possono costituire associazioni senza alcuna limitazione di finalità 2) I limiti alla libertà di associazione che giustificano un’incriminazione sono previsti ai commi 2 e 3 (riguardano i mezzi che nella sostanza comportano la negazione del metodo democratico, e il limite della finalità criminosa per cui sono vietate associazioni che perseguano programmi criminosi). Da un lato, perciò, le associazioni possono perseguire qualsiasi finalità, dall’altro non possono perseguire finalità illecite coincidenti con programmi criminosi o non possono perseguire finalità lecite perseguendo in via strumentale finalità criminose 3) il comma 3 prevede poi un ulteriore limite alla libertà di associazioni per cui sono illecite quelle associazioni che abbiano il carattere della segretezza (cioè associazioni occultate nella loro esistenza o nella loro occupazione) o che presentino un’organizzazione a carattere militare L’art. 18 fornisce quindi due paradigmi fondamentali di illiceità/criminosità delle associazioni, per cui: 1) associazioni che hanno una struttura lecita e quindi mezzi leciti, ma perseguono finalità illecite, quindi programmi criminosi (struttura lecita/finalità illecita) 2) associazioni che perseguono finalità lecite anche di tipo politico, ma attraverso una struttura o mezzi che risultano illeciti (struttura illecita/finalità lecita) 2. Problematiche comuni ai reati associativi Tutti i reati associativi pongono alcune problematiche comuni: 1. Distinzione tra associazioni (è indispensabile che il programma criminoso sia determinato nella tipologia ma generico nella concreta individuazione dei fatti da realizzare) e concorso di persone nel reato (è necessario che il reato che si intende realizzare sia concretamente individuato e i comportamenti siano a ciò finalizzati) 2. Di associazione si risponde anche se poi non viene realizzato alcun delitto del programma criminoso 3. Distinzione tra la responsabilità per il reato associativo e la responsabilità per il singolo delitto eventualmente commesso in esecuzione del programma criminoso (bisogna verificare di volta in volta se il singolo partecipe all’associazione ha anche effettivamente partecipato alla realizzazione del singolo reato) 4. Criterio di individuazione della condotta di partecipazione (da un lato si pone il problema di individuare il criterio di riferimento, se condizionalistico oppure organizzativo; dall’altro si pone la questione di cosa il singolo deve aver fatto per essere punito, e quindi se sia sufficiente l’ingresso o la partecipazione statica o se sia necessaria l’esplicazione di un’attività) 5. Tipologie di condotta e definizione dei ruoli (nei reati associativi si distingue tra ruoli apicali [rientrano condotte di direzione, promozione, organizzazione] e ruoli subordinati [mera partecipazione]. Da ciò seguono differenze sul piano del trattamento sanzionatorio, per cui le condotte apicali sono punite più gravemente di quelle subordinate) 6. Concorso esterno in associazione (se si adotta un concetto ampio di partecipazione interna, si restringono i campi per quella esterna. Se per valutare la partecipazione esterna si adotta il criterio causalistico si crea una sproporzione di scala tra la singola condotta di partecipazione e l’evento dell’associazione; se si utilizza il criterio organizzativo è possibile ipotizzare comportamenti esterni all’associazione che comunque ne agevolano l’attività) 7. Modalità di accertamento delle responsabilità associative (una volta stabilità la sussistenza dell’organizzazione, si deve accertare l’adesione del singolo e l’accettazione dell’associazione; infine occorre individuare la condotta di partecipazione che può consistere anche in condotte marginali che di per sé potrebbero anche essere lecite, es. Autista del boss) A partire dalla metà degli anni ‘70, soprattutto con riferimento ad associazioni di tipo mafioso e terroristiche, oltre allo strumento penale, lo Stato ha iniziato ad utilizzare le misure di prevenzione, estese di recente anche ad associazioni per delinquere con la finalità di realizzare delitti contro la pubblica amministrazione 3. Associazioni per delinquere (Art. 416) Ai sensi dell’art. 416, comma 1, costituisce reato il fatto di tre o più persone che si associazione allo scopo di commettere delitti. Il reato sussiste per il solo fatto di partecipare all’associazione. Per la sussistenza del delitto non è necessaria una vera e propria organizzazione con distribuzioni di compiti e mansioni, essendo sufficiente un minimo di organizzazione idonea ad attuare il programma criminoso avuto di mira. L’art. 416 opera delle differenze sul piano del trattamento sanzionatorio tra coloro che: - Per il solo fatto di fare parte dell’associazione (reclusione da 1 a 5 anni) (comma 2) - “promuovono o costituiscono o organizzano l’associazione” (reclusione da 3 a 7 anni) (comma 1) - Coloro che sono capi (reclusione da 3 a 7anni) (comma 3) Natura giuridica - è un reato comune, di pericolo, di mera condotta, a forma libera, permanente Elemento soggettivo – dolo specifico L'oggetto di tutela del delitto in esame sono le condizioni di sicurezza per una pacifica convivenza. Il particolare disvalore del fatto risiede sia nel programma criminoso sia nell’organizzazione, due requisiti strettamente collegati tra loro. I soggetti attivi sono tre o più persone. Del reato associativo si risponde anche se i delitti scopo non sono stati realizzati e, qualora realizzati, trova applicazione la disciplina del concorso di persone nel reato nonché del concorso di reati. sulla violenza, ma anche al metodo corruttivo basato sulla promessa di utilità e pagamenti di denaro. Il contrasto al fenomeno mafioso è iniziato con l’estensione dell’apparato delle misure di prevenzione personali agli indiziati di appartenere ad associazioni di tipo mafioso. In seguito all’uccisione di Pio La Torre è iniziato anche il contrasto penalistico e sono state introdotte le misure di prevenzione patrimoniale, poi estese anche ad altri fenomeni. 6.1. Associazione di tipo mafioso (Art. 416-bis) Punisce chiunque faccia parte di un’associazione di tipo mafioso formata da tre o più persone con la reclusione da 10 a 15 anni (comma 1) e coloro che promuovono, dirigono o organizzano l’associazione con la reclusione da 12 a 18 anni (comma 2). Natura giuridica: reato comune, di pericolo, di mera condotta, a forma libera, permanente Elemento soggettivo: dolo specifico Art. 416-bis, comma 3 (definizione di associazione mafiosa “l’associazione è di tipo mafioso quando coloro che ne fanno parte si avvalgono della forza di intimidazione del vincolo associativo e della condizione di assoggettamento e omertà che ne deriva per commettere delitti, per acquisire in modo diretto o indiretto la gestione o comunque il controllo di attività economiche, di concessioni, di autorizzazioni, appalti e servizi pubblici o per realizzare profitti o vantaggi ingiusti per sé o per altri ovvero al fine di impedire od ostacolare il libero esercizio del voto o di procurare voti a sé o ad altri in occasione di consultazioni elettorali” Il terzo comma va subito connesso con l’ultimo comma che estende l’applicazione dell’art. 416-bis “anche alla camorra, alla drangheta e alle altre associazioni, comunque localmente denominate, anche straniere, che valendosi della forza intimidatrice del vincolo associativo perseguono scopi corrispondenti a quelli delle associazioni di tipo mafioso” I primi due commi individuano le condotte di partecipazione (comma 1) e degli apicali (comma 2) differenziando i trattamenti sanzionatori. I commi 4,5 e 6 prevedono due circostanze aggravanti: dell’associazione armata (si definisce tale l’associazione in cui i partecipanti hanno la disponibilità, per il conseguimento delle finalità dell’associazione stessa, di armi e materiali esplosivi) e del c.d. riciclaggio (si ha quando le attività economiche di cui gli associati intendono assumere o mantenere il controllo sono finanziate con i proventi dei delitti). Per quanto riguarda la struttura, l’organizzazione di tipo mafioso si ispira a un modello di reato associativo il cui disvalore risiede nel metodo mafioso. Senza il metodo mafioso ci si trova in presenza o di un’associazione per delinquere o addirittura di un’organizzazione nella sostanza lecita se persegue finalità lecite. Tutte le organizzazioni mafioso nascono come associazione per delinquere che, nel dare concreta attuazione al programma criminoso, realizzano reati, trasformandosi in seguito in associazioni di tipo mafioso, in quando la loro capacità di intimidazione non è più connessa alla realizzazione di atti di violenza, ma all’organizzazione stessa con la conseguenza che il singolo mafioso può, si, esercitare violenza ma anche avvalersi della fama criminale dell’organizzazione. Lo scopo della tutela non è soltanto l’ordine pubblico materiale, ma anche il buon andamento e l’imparzialità della PA, la regolare concorrenza economica e l’assetto democratico dello Stato e dei pubblici poteri. L’organizzazione come elemento è necessaria, ma rappresenta un aspetto poco problematico, in quanto le organizzazioni di tipo mafioso tendono ad essere di per sé fortemente strutturate. La legge fissa in tre il numero minimo di partecipanti. Per quanto riguarda le finalità, queste si distinguono in - Illecite (queste determinano un programma criminoso che nella sostanza coincide con quello dell’associazione per delinquere) - lecite (possono essere distinte in diversi settori: attività economiche in ambito privato, attività economiche private ma che hanno relazioni con il pubblico, attività politiche. Per quanto riguarda il metodo mafioso, si tratta del requisito più problematico: - Primo aspetto legato al metodo mafioso è la matrice violenta, nel senso che alla base del concetto di metodo mafioso sta l’esercizio della violenza. Le associazioni si sono sempre avvalse anche del metodo corruttivo, ma ricondurre quest’ultimo a questo mafioso significherebbe incidere sul tipo criminoso previsto dall’art. 416-bis - L'assoggettamento (posizione di sottomissione) e l’omertà (rifiuto di collaborare con le forze di polizia e magistrature) hanno perduto rilevanza e non sono più considerati necessari, anche perché anche in territori dove sono venuti meno l’assoggettamento e l’omertà le organizzazioni continuano ad operare - Aspetto fondamentale è l’avvalersi della forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo. Tale requisito non poneva particolari problemi con riferimento alle mafie tradizionali nei luoghi di nascita. Vi sono due interpretazioni: da un lato vi è chi ritiene necessaria l’effettiva realizzazione di atti di violenza e minaccia da parte dei singoli componenti, dall’altro vi è chi richiede una capacità di intimorire riferita all’associazione stessa con la conseguenza che per avvalersi del metodo mafioso è sufficiente che l’affiliato si serva proprio della fama criminale acquisita dall’associazione (la forza di intimidazione si acquisisce dopo il salto di qualità che l’associazione per delinquere compie qualificandosi come associazione mafiosa attraverso il continuo e costante esercizio di violenza). Particolare importanza ha la clausola di equiparazione, che consente di estendere alle associazioni mafiose delocalizzate, straniere e alle nuove mafie la fattispecie. Problematica risulta la definizione della condotta di partecipazione interna, per individuare la quale si possono distinguere due diversi criteri di individuazione: - Criterio causalistico/condizionalistico : fa leva sul concetto della condicio sine qua non - Criterio organizzativo : l’organizzazione criminale, nonostante sia illecita, viene paragonata nella sostanza sul piano strutturale a un ente collettivo e in questa prospettiva risulta più agevole individuare un soggetto che fa parte dell’associazione, distinguere i ruoli interni e la partecipazione esterna. Ai fini dell’ingresso nell’associazione è fondamentale che vi sia l’accettazione da parte dell’associazione. Per la concreta punibilità della partecipazione interna è necessario l’effettivo esercizio di attività, le quali possono anche essere di scarso significato, ma che assumono rilevanza sul piano organizzativo (es. Addetto alla consegna dei pizzini). La mera affiliazione effettuata secondo il rituale previsto dall’associazione stessa integra la condotta di partecipazione. Secondo un orientamento giurisprudenziale darebbe di per sé luogo ad una partecipazione punibile, secondo un altro orientamento la punibilità necessita di specifici comportamenti ulteriori che caratterizzano la partecipazione (questo orientamento è stato condiviso dalle Sezioni Unite). Il ricorso al concorso esterno risulta particolarmente congeniale per le associazioni mafiose che da sempre si avvalgono di persone appartenenti ad una c.d. “zona grigia” della società che, pur non risultando interni all’associazione, possono offrire contributi significativi alla stessa operando in settori chiave dell’economia, della PA, della magistratura, etc. Ai fini della punibilità a titolo di concorso esterno, la giurisprudenza richiede che il soggetto abbia agito con il dolo specifico, cioè con la consapevolezza e la volontà di realizzare, anche in modo parziale, il programma criminoso dell’associazione. Per quanto riguarda gli intrecci tra mafia e imprese, occorre fare una distinzione a seconda che quest’ultima sia vittima o meno dell’organizzazione mafiosa (se dalla relazione emergono per l’impresa vantaggi non si parla di vittima, se invece l’unico vantaggio che emerge consiste nel poter vivere una situazione di normalità allora l’impresa dovrà essere considerata vittima). Circa l’impresa mafiosa si distinguono tre tipologie: 1) L’impresa di origine mafiosa gestita con capitali illeciti e con capacità competitiva fondata sulla forza dell’intimidazione 2) L’impresa di proprietà del mafioso, dove la gestione è nelle mani di esponenti non mafiosi 3) L’impresa a partecipazione mafiosa, il cui titolare gestisce l’impresa ma si impegna ad operare al servizio dell’associazione. E qui si pone il problema di distinguere tra imprenditori vittime e imprenditori collusi (l’imprenditore è vittima se non gode di reale autonomia e finisce per essere subordinato in virtù dell’intimidazione; è colluso se invece gode di una certa autonomia e ottiene dei vantaggi). 6.2. Circostanze aggravanti e attenuanti per reati connessi ad attività mafiose (Art. 416-bis.1) L’art. 416-bis.1 p stato inserito nel Codice penale nel 2018. 6.3. Scambio elettorale politico-mafioso (art. 416-ter) L’art. 416-ter prevede un delitto sul modello della corruzione, per cui sono puniti con la stessa pena soggetti riferibili a due parti: da un lato il politico, che promette utilità in cambio di voti; dall’altro colui che è espressione dell’organizzazione criminale, che promette di procurare voti in cambio di utilità. Il comma 1 punisce la parte politica. Il comma 2 punisce la parte riconducibile all’organizzazione mafiosa. Il comma 3 prevede una circostanza aggravante, applicabile al solo politico, consistente nell’avvenuta elezione a seguito dell’accordo con la parte riconducibile all’organizzazione mafiosa. Il comma 4 sancisce che la condanna per il reato di scambio elettorale politico-mafioso comporta obbligatoriamente l’interdizione perpetua dai pubblici uffici. Le associazioni di stampo mafioso tendono ad avere rapporti strettissimi con le istituzioni elettive e con i vertici politici.
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