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I frammenti di Privernum, Appunti di Storia Antica

Appunti di Storia romana sui frammenti di Privernum - nuovi dettagli sul cursus honorum di Cesare.

Tipologia: Appunti

2018/2019

Caricato il 18/03/2019

AnnaClara12
AnnaClara12 🇮🇹

2 documenti

Anteprima parziale del testo

Scarica I frammenti di Privernum e più Appunti in PDF di Storia Antica solo su Docsity! Storia romana 19.9.2016 RIPASSARE PERIODO STORICO DA SILLA ALLA MORTE DI OTTAVIANO. L’obiettivo del corso è lo studio dei frammenti di un calendario di età augustea rinvenuto a Privernum, a partire dal quale si analizzeranno vari aspetti connessi al cesaricidio. Programma: - appunti (sia tratti dalle spiegazioni della prof che dai seminari); - materiali su piattaforma online caricati dalla prof; - F. Zevi, “I fasti di Privernum”, in ZPE 197 (2016), pp. 287-309 (ZPE è delle due riviste di epigrafia più quotate al mondo - l’altra è l’italiana Epigrafica) ⤳ si trova nella piattaforma online e nella BAUM; - L’ultimo Cesare, scritti, riforme, progetti, poteri, congiure, a cura di G. Urso, Roma 2000, pp. 143-149, 305-313 (cercare su google “fondazione Canussio”, tra gli atti si trovano i due articoli in questione); - G. Zecchini, Cesare e il mos maiorum, Stuttgart 2001 Modalità d’esame: - presentazione powerpoint su argomento concordato con prof e relativa esposizione orale; - stesura di una relazione di max 10 pagine tratto dall’esposizione; - esame orale sulla bibliografia. Il frammento di Privernum Il cesaricidio è un argomento ampiamente studiato. L’ultimo libro sull’argomento è La morte di Cesare. L’assassinio più famoso della storia. di Barry Strauss ➾ problematizzazione della storia antica: la scoperta di nuove fonti può sempre aprire nuove prospettive e aprire questioni storiche ritenute già chiuse. Il frammento di Privernum è estremamente interessante perché aggiunge informazioni alla struttura istituzionale che Cesare progettava di realizzare. Il cesaricidio viene storicamente considerato o come il più alto esempio di sacrificio da parte dei cesaricidi, immolatisi per la libertas, o come un sacrilegio in quanto assassinio del pontifex maximus. ↳ dopo l’omicidio i congiurati emisero una moneta che raffigurava un berretto frigio (simbolo della libertà degli schiavi) circondato da due pugnali, simboli dell’uccisione di colui che alla libertà aveva posto un limite. Il frammento ritrovato a sud dell’agro pontino (nel territorio della tribù dei Volsci) è una fonte epigrafica. I documenti ritrovati a Priverno sono 3, fr. A, fr. B (quello in questione) e fr. C (non ancora pubblicato). Si tratta di un’epigrafe in marmo lunense di 42,5x28,5x3 cm ➾ l’iscrizione su marmo, materiale pregiato, suggerisce la natura di documento pubblico. La lapide si compone di tre frammenti ricongiunti. Per intuire il contesto in cui si trovava il documento si possono prendere in considerazione diverse tra le sue caratteristiche. Lo spessore lascia supporre che si trattasse di una lastra corniciata ed era probabilmente opistografo (inciso su entrambe le facce). La natura dell’incisione sul retro, poco leggibile, fanno pensare che il secondo utilizzo risalisse al V-VI sec., quando sarebbe stato staccato dal suo supporto, voltato e utilizzato per descrivere le rendite agricole della chiesa di Priverno. Tale frammento fu rinvenuto nel 2002, quando l’archeologa ??? era impegnata negli scavi della cattedrale alto-medievale di Priverno. La lastra faceva parte del pavimento della navata orientale della cattedrale. Il ritrovamento in una simile sede fa pensare che tra il X e l’XI sec. questa fosse stata rimossa dalle seconda sede e riutilizzata. L’ultima “vita” del documento è quella attuale: dal 2012 la lastra è esposta al museo di Priverno insieme agli altri documenti rinvenuti. Questo frammento, per nostra fortuna, conserva in basso il margine originale (cfr. cornice a gola appiattita e fascia piana), e anche sul lato destro è possibile riconoscere il taglio verticale della lastra → documento marmoreo posto in posizione di angolo inferiore destro. A guidarci nel riconoscimento della tipologia di documento è il ductus (altezza delle lettere) dell’epigrafe (0,6 - 0,8 cm), anche se il titolo presenta un’altezza di 2,7 - 2,8 cm. Queste righe più alte dovevano servire da spartiacque tra la parte superiore del documento e il testo scritto. Per riconoscere la natura di questo documento è stata necessaria un’analisi comparativa che ha portato alla luce le analogie della lastra con gli altri fasti finora noti (cfr, tra tutti, i fasti praenestini). I calendari finora rinvenuti sono datati tra il 16 a.C. e il 449 d.C., ma la maggior parte di questi sono da collocare nel periodo post-augusteo ⤳ Cesare aveva cambiato il calendario (da lunisolare a solare ⇢ basato sul ciglio delle stagioni) rendendolo fisso e, finalmente, pubblicabile (prima era necessario che un sacerdote annunciasse di periodo in periodo quando sarebbe stata la prossima nona, la prossima kalenda etc. Se prendiamo in considerazione i fasti albensi si può vedere come questi siano divisi in due parti: una parte centrale scritta più grande e una sezione più piccola, e ugualmente succede con i fasti magistrorum vici. L’epigrafista Attilio Degrassi nei volumi delle Insctiptiones Italiae dà ampia descrizione (vol. XIII, II fascicolo) dei fasti allora noti divisi tra “fasti urbani” (provengono da Roma) e “fasti municipali”, tra i quali possiamo ora annoverare anche quelli di Priverno. Zevi riuscì quindi, confrontando la struttura della lastra con i fasti a lui noti, a riconoscerla come calendario (CERCARE INFO SU STRUTTURA CALENDARI ROMANI), e a individuare il calco come la parte finale di una lastra più alta che si interrompe al mese di giugno (indicato con XXX, come già si usava nel fasti magistrorum vici). Ciò lascia supporre che di fianco a questa lastra ce ne fosse almeno un’altra con i mesi da luglio a dicembre, a meno che ciascuna lapide non riportasse solo due, tre o quattro mesi (nel qual caso il numero di lapidi sarebbero state di più). Al ulteriore conferma del fatto che si tratti del mese di marzo è il riferimento statori in palatio, che rimanda alla festa in onore di Giove Statore, un’antichissima ricorrenza fondata forse addirittura da Romolo per festeggiare la vittoria sui Sabini, che si tenera il 27 giugno. Due linee più sotto si legge invece dei festeggiamenti per la ristrutturazione del tempio di Giove Quirino che ricorrevano il 29 giugno. Si tratta peraltro di un lavoro condotto da Augusto, il che fornisce un termine post quem. Al di sotto della definizione del mese (XXX) erano presenti delle altre tracce epigrafiche che normalmente riportano gli elenchi dei magistrati in carica nelle città in cui le lastre erano esposte. L’eccezionalità di questo documento è però che i nomi riportati sono quelli dei magistrati di Roma e il redattore del documento ha usato come modello per l’elenco i fasti capitolini. Sulla base di altri calendari sia urbani che municipali, Zevi ha potuto integrare ai caratteri ICO presenti sotto XXX in “A BELLO MARSICO”, vale a dire “dalla guerra sociale” (91-88 a.C.). Nella colonna ben visibile (la terza, cfr. altri fasti) è possibile leggere i nomi dei magistrati in carica nel 45, 44 e, in parte, nel 43 a.C. Abitualmente l’ordine prevedeva i nomi dei consoli seguiti da quelli dei censori, ma dato il periodo storico è comprensibile una certa confusione dovuto alla dittatura di Cesare. Già la dittatura di Silla si era infatti allontanata dai canoni previsti dal diritto romano assumendo carattere definitivo, ecco allora che con Cesare la gerarchia dei nomi iscritti cambia in: - dittatore; - magister equitum; - consoli. mentre fino ad allora la carica dei consoli decadeva alla dichiarazione del periodo di dittatura. La decisione di mantenere la carica consolare ma di inserirla, nelle iscrizioni, sotto le altre due può avere due ragioni distinte: 1. gerarchicamente parlando si trattava ormai di una carica sottoposta a quella del dittatore e del magister equitum; 2. venivano nominati in un secondo momento rispetto alle altre due cariche. 6. eodem anno [Q. Fabi]us Maximus C. Trebon[ius] [in mag(istratu)] mort(uus est) in e(ius) l(ocum) f(actus) e(st) C. Canninius Rebilus 10. C. Iulius Caesar IV dict(ator) abdic(avit) ut perpet(uo?) [—-] quoad (?) dict(ator) Caesar esset C. Iulius Caesar desig(natus) in perpet(uum) dict(ator) M. Aemilius Lepidus [—-] ⤳ probabilmente = sopra, designato magister equitum in eterno 15. M. Valerius Me[sal(la) mag(ister) eq(uitum) desig(natus) ut, cum Lepidus] paludatus [exisset, iniret] Cn. Domitius Ca[lvinu]s [designatus, ut] Dopo la cacciata dei Tarquinii nel 509 a.C. la leggenda narra che fosse stato proferito uno ius iurandis secondo il quale si impegnavano a non ammettere mai più un rex (negazione di tutti i principi sopra elencati). Gli optimates erano i custodi di quest’ordine repubblicano. Entrambe le factiones hanno come “slogan” la parola libertas intesa però con due accezioni diverse: nella prima battaglia di Filippi i generali dei due schieramenti devono scegliere una parola d’ordine e scelgono, entrambi, questa. ↳ vindicare in libertatem lo stato (atto attraverso il quale il padrone libera lo schiavo concedendogli la libertas). In questo periodo gli esponenti politici sono quasi tutti appartenenti alle grandi gens romane ⤳ pochissimi homines novi. I due strumenti principali attraverso i quali si consolidavano alleanze erano il matrimonio e le adozioni. La società romana è legata dal concetto del beneficium (= obbligo sociale), che poteva agire tra persone dello stesso ceto o tra appartenenti a status diversi. Nel primo caso, sposare una matrona significava stringere con tutto il clan di appartenenza della donna (non solo il paterfamilias!) un rapporto di adfinitas, inteso come obbligo morale ⤳ il marito deve rispetto, sostegno politico etc. alla famiglia della moglie o, meglio, delle mogli. Allo stesso modo, l’istituto dell’adozione permetteva di accogliere nel proprio nucleo familiare il membro di una famiglia la cui clientela era particolarmente ambita. ↳ strumenti politici che andavano ad impattare con la divisione degli schieramenti (un unico personaggio poteva avere benefici tanto con appartenenti agli ottimi quanto con i popolari. Quando gli scontri civili si infuocavano ecco che allora le schiere di quanti cercavano una mediazione o si astenevano dal prendere apertamente posizione erano senza di più. cfr. “Piscinarii”, vocabolo introdotto nel 60 a.C. da Cicerone (optimates) quando vede avvicinarsi tra loro i membri dei I triumvirato ☛ senatori che preferiscono astenersi dalle sedute del senato e rimanere nelle proprie ville fornite di piscine nelle quali venivano allevati i pesci, divenuti il cibo prediletto dal ceto senatorio. Un altro concetto importante nel vocabolario politico all’indomani della battaglia di Farsalo, quando Cesare inaugura una “politica del perdono” per i sopravvissuti ⤳ clementia nei cfr. dei pompeiani al fine di aumentare il proprio bacino elettorale (manovra politica, non sentimentale). La factio cesariana alla vigilia del cesaricidio era composta da 5 categorie: 1. luogotenenti in Gallia: molti giovani rampanti (tanto membri dell’aristocrazia quanto uomini novi) erano soliti arruolarsi sotto Cesare in Gallia per arricchirsi e ottenere fama ⤳ la “scuola di guerra” di Cesare era paragonabile a quella napoleonica; 2. combattenti di Farsalo: quanti avevano scelto di appoggiare Cesare contro Pompeo nonostante il colpo di stato; 3. quanti avevano usufruito della clementia: benché avessero scelto di patteggiare per Pompeo erano stati poi perdonati da Cesare; 4. homines novi: giovani in ascesa; 5. i finanziatori: personalità che non appartenevano al ceto senatorio, ma più spesso a quello equestre, e che decisero di sostenere le spese politiche ⤳ grande influenza politica. ☞ fatti da prendere in considerazione nell’analisi degli esponenti della factio cesariana. Dopo la battaglia di Munda (45 a.C.), Cesare sosta a Narbona e poi fa rientro in Italia attraversandola tutta su un carro ⤳ simbologia della cerimonia del trionfo, fino ad allora celebrata solo a Roma. cfr. Plutarco: riferisce che sul “carro del trionfatore” insieme a Cesare (1) c’era Antonio (2), mentre Bruto Albinio (3) e Ottaviano (4) li seguivano dietro ➟ si è visto in questo schieramento una sorta di organigramma del progetto cesariano (anche se 3 rientra tra i congiurati). Tutte queste personalità l’anno dopo avranno una posizione di spicco: nel 44 a.C. ad esempio Antonio partecipò al consolato con Cesare! Ciò che però sorprende è che tra questi nomi non venga citato Lepido, nominato invece magister equitum perpetuus. Nel 45 a.C., Antonio era in realtà reduce da una frattura con Cesare avvenuta nel 47-46, tant’è che non lo si era visto combattere né in Africa né in Spagna, ma nel 45, proprio a Narbona, il vecchio luogotenente di Cesare si era riappacificato con il dittatore ☛ Marco ottenne il consolato, Caio la pretura e Lucio il tribunato. Fergus Milla (?) pubblicò nel 2002 una tesi quasi sconvolgente, secondo la quale a Roma vigeva in effetti la democrazia attraverso le votazioni dei comizi. A sostegno di una simile tesi si può prendere un passo delle Filippiche: si tratta di un confronto tra la campagna elettorale di Cicerone (console nel 63 a.C.) e quella di Marco Antonio, che avrebbe implorato per il consolato vestendosi alla foggia cisalpina per imbonire i Galli. ↳ se le cose stanno così, Antonio avrebbe avuto effettivamente bisogno di una campagna elettorale che non fosse solo un pro forma! Cesare aveva bisogno di voti dei comizi per ottenere la dittatura a vita ⤳ è possibile che Antonio avesse messo questo sul piatto della bilancia nel loro incontro di Narbona. Cassio Dione, appartenente al ceto senatorio, scrive nel II sec d.C. (età dei Severi) a partire da fonti molto dettagliate (aveva accesso agli archivi e aveva a disposizione l’opera di Tito Livio). 03.10.2016 Lupercalia: festa durante la quale, ancora vivo Cesare, uno dei suoi magistrati (Antonio) gli offrirà la corona di re, rifiutata però dal tiranno. ↳ ≠ idea di forma politica: Marco Antonio vuole la monarchia. Dolabella, militante nella fazione di Cesare, era caratterizzato da un profondo dissidio con Marco Antonio ☛ quando quest’ultimo invita Cesare, si oppone strenuamente al suffettato di Dolabella: Cesare aveva pensato di dimettersi prima della spedizione partica e di far eleggere come console suffecto proprio D. ➾ M.A. (augure) userà gli strumenti dell’augurato per opporsi alla sua nomina. In realtà, come testimonia Plutarco in Ant. 11,6, pare che il dittatore non fosse in buoni rapporti con nessuno dei due ➟ cfr. parallelo Marco Antonio/Dolabella (cesariani di vecchia data) vs. Bruto/Cassio (nuovi cesariani, futuri congiurati). Un altro personaggio di rilievo è Lepido: proveniente dalla famiglia degli Aemilii, non aveva partecipato alla “scuola militare” di Cesare ➾ cfr. Cassio Dione 43, 1, 1-3: stando alla sua testimonianza pare che fu Lepido, pretore (magistrato con imperium) nel 49 a.C., a rendere possibile l’elezione di Cesare alla dittatura (aveva il potere di convocare i comizi) ⤳ da qui tutte le cariche che Cesare fu disposto a conferirgli in cambio della sua legittimazione. Appiano: storico alessandrino del II sec. d.C., autore di un’opera storiografica suddivisa su base locale. cfr. App., bell. civ., 2, 111, 462: si incontrano qui i tre più importanti cesaricidi (i due Bruti e Caio Cassio), tutti previsti per le cariche da assegnare per l’anno 44-43 a.C. cfr. App., bell. civ., 3, 9, 30: Appiano sostiene che Ottaviano avrebbe ricoperto la carica di magister equitum una volta resa annuale la carica ☛ falso!, il documento di Privernum non annovera, nell’elenco delle cariche, il suo nome ⤳ dato importante perché dimostrerebbe l’assenza di un cursus honorum canonico (Ottaviano era un per all’epoca). Un aspetto poco trattato dalla storiografia è poi quello dei finanziatori: era però fondamentale all’epoca, per ottenere consenso nei comizi e per condurre una sorta di campagna elettorale, avere un vasto patrimonio economico. Normalmente tali finanziamenti provenivano dal ceto equestre (aristocrazia economica) e nel caso di Cesare i più importanti sono Cornelio Balbo (spagnolo, otterrà in cambio un posto in senato), nonché Oppio e Vedio, che invece rimarranno cavalieri ottenendo ingenti guadagni e decideranno di appoggiare, in seguito, Ottaviano. Nel I sec. a.C., Roma si trova a governare un territorio molto più ampio rispetto a quello del V sec. a.C., al momento della proclamazione della repubblica ⤳ necessità di un cambiamento istituzionale che inizia ad essere avvertita nel 133 a.C. con Gracco e, secondo le moderne teorie, trova una vera soluzione solo durante la dinastia Flavia (lex de imperio Vespasianii). ↳ perché è così difficile modificare l’ordinamento statale? Alla base della società romana sta il rispetto del mos maiorum, l’uniformazione, cioè, del futuro al passato. In questo senso, potrebbe sembrare che lo stato romano abbia vissuto in una fase di stasi lunghissima. In realtà se si studia la storia repubblicana si può evincere come le innovazioni introdotte siano stato il frutto dirette sperimentazioni. Il primo degli strumenti innovativi istituzionalizzati a questo fine è ad esempio lo ius iurandum, vale a dire un supremo giuramento che impegnava tutto il popolo a non accettare mai più la forma monarchica dello stato romano. Per garantire l’esatto svolgimento della rivoluzione politica si introdussero come clausole 3 prescrizioni: 1. separazione dei poteri (religioso, militare…); 2. temporaneità delle cariche magistratuali; 3. carattere collegiale delle cariche; 4. leggi tabellarie. cfr.: il punto primo verrà ripreso solo con la riv. Francese ⤳ fino ad allora i poteri vertono nelle mani di uno solo. I problemi principali nel tentativo di restauro delle istituzioni repubblicani erano: 1. la scelta di una politica accentratrice o di una disgregatrice (numero di senatori, delega a governatori delle province…); 2. modalità di scelta dei magistrati (elezione o nomina?); 3. partizione delle frumentazioni (problema a partire dai Gracchi). Silla Cesare II triumvirato Augusto riforme a partire da vittorie militari 82 a.C., dopo la vittoria contro i Mariani a partire dal 49 a.C. dopo il passaggio del Rubicone, inizia il suo processo di riforme che si conclude nel 45 a partire dal 43 a.C. fino alla sconfitta dei cesaricidi riforme a partire da Azio (31 a.C.) attraverso quale figura istituzionale si compie la riforma? dittatura (cfr. App., bell. civ. 1, 458-460) ⤳ nomina di Silla a dictator legibus scribendi et rei pubblicae costituendae attraverso un interrex 
 ↳ nonostante la sua carica sia, sin dall’inizio, una dittatura a vita, nel 79 a.C., dopo aver concluso la missione politica, lascia la scena politica dittatura (cfr. Cic., ep. ad Att., 9, 15, 2) ⤳ fa in modo che gli àuguri autorizzino un pretore a convocare i comizi per eleggere il dittatore. MA la carica di Cesare ha dimensione temporanea: la prima volta rimarrà dittatore per solo 11 giorni. Nel 47 si fa nuovamente nominare dittatore, ma per un solo anno. Nel 46 poi rinnova la carica per 10 anni e nel 45 trasforma la carica in eterna. nuova magistratura accettata dalla lex Titia nel 27 a.C. passa da membro del triumvirato a sommatoria di poteri, anche se abilmente nascosti (imperium proconsolare nel 27 che si trasforma nel 23 a imperium maius et infinitum ⤳ potere su tutti i territori; tribunicia potestas, rinnovata ogni anno ma in realtà vitalizia ⤳ sacrosanctitas, diritto di veto, diritto di proporre leggi; pontificatus maximus, ottenuto alla morte di Lepido) nomina o elezione del magistrati? magistrati eletti da comizi centuriati (ma i magistrati, nel giro di 10 anni, rimossero gran parte delle riforme sillane) info da Cassio Dione (senatore di origine grecanica di età Severiana) ⤳ info semplicistiche e in parte contraddittore. Cesare avrebbe stabilito di nominare metà dei magistrati e di far eleggere l’altra metà dal popolo, ma arriva alla conclusione che fosse lui a nominarli tutti. Più affidabile è invece Svetonio: il consolato sarebbe stato ad elezione (cfr. campagna elettorale di M.A.), le magistrature minori sarebbero state elette per metà in liste libere e per metà in liste private (raccomandazione per iscritto di Cesare). Non si fa riferimento però alle cariche introdotte da C. ⤳ il framm. usa il verbo factus est (elezione) ⤳ abbiamo solo 2 magistra equitum nominati per i 3 anni di assenza anziché 3 perché erano in corso, al momento del cesaricidio, le elezione per i terzi! magistrati superiori designati dai triumviri restaurate le libere elezioni MA nel 5 d.C. le leges Valeriae Corneliae introducono la raccomandazione (destinatio) per la designazione di consoli e pretori (cfr. tabula ebana ⤳ 10 commissioni miste che si riunivano con Augusto e decidevano quali erano i candidati). frumentazioni abolizione delle frumentazioni e introduzione di limiti al lusso dei banchetti (riforma impopolare abolita nel 58 dal tribuno Clodio, che reintrodusse la pratica) ↳ considerato veicolo di corruzione del popolo. largo uso delle frumentazioni (ca. 350000 a Roma con la tessera frumentaria) abolizione frumentazioni perché dal 42 al 36 a.C. Sesto Pompeo bloccò l’esportazione del grano dalla Sicilia. Sparito Sesto dalla scena politica, la pratica ricominciò crescita esponenziale delle frumentazioni finché non venne istituito il corpo dei pretoriani: 3 coorti pretorie vennero acquartierate fuori Roma in modo da rispondere ad eventuali sollevazioni popolari per la riduzione a 250000 tessere. 10.10.2016 Quellenforshung (= ricerca delle fonti) Per capire perché i congiurati abbiano deciso le Idi di marzo e quali furono le motivazioni del cesaricidio è necessario interrogare le fonti e individuare quali siano stati gli autori che abbiano trattato l’argomento. Il primo passo è quindi una valutazione della qualità delle fonti. Le fonti si distinguono tra fonti documentarie (provenienti dall’antichità senza nessuna mediazione, come epigrafi, monete…) e fonti letterarie. Per quanto riguarda la morte di Cesare, sappiamo che sono esistite delle fonti letterarie primarie perdute, che hanno quindi raccontato l’omicidio in contemporanea. Sono fonti estremamente importanti perché quelle secondarie molto spesso si fondavano sulla consultazione di queste opere. La fonte perduta più importante è sicuramente quella di Asinio Pollione (76 a.C.-4 d.C.), che visse l’esperienza cesariana, il triumvirato e la nascita del potere imperiale ⤳ cesariano accanito, si batte per l’unità della fazione cesariana, tanto che nel 38, quando M.A. e Ottaviano danno il via alla spartizione dell’eredità politica di Cesare, decide di ritirarsi a vita privata (otium). Fonda a questo punto un circolo letterario e scrive dei Commentarii della storia di Roma dal 60 a.C. al 44 a.C. ☛ date della paratola cesariana (primo triumvirato-cesaricidio). L’opera è andata perduta, ma ai nostri fini la relazione sul cesaricidio è gravata da un’ipoteca: l’autore era infatti proconsole nella Spagna Citeriore e al momento dell’assassinio non era presente a Roma. La seconda fonte è Livio (morto nel 17 d.C.), di cui possediamo solamente i libri 1-10 e 21-45 ⤳ ci sono pervenuti delle periochee (= epitomi), delle sintesi, contenute nel libro 116: apprendiamo da questo testo che il senato(tramite senatoconsulto) gli tributò di ritorno dalla Spagna numerosi onori, nonché il titolo di parens patriae, la sacrosantità e il titolo di dittatore perpetuo ➾ contraddizione: l’epigrafe di Priverno riferisce che il titolo di dictator gli era stato assegnato dai comizi! Stando all’epitome, le cause profonde del cesaricidio sarebbero stati gli eccessivi onori tributatigli dal senato, mentre le circostanze, le cause scatenanti, sarebbero tre (et quod…et quod…et quod…): 1. il fatto che non si fosse alzato davanti al tempio di Venere Genitrice quanto il senato arrivò per portagli gli onori ➾ segno di disprezzo nei confronti del senato; 2. il fatto che, su iniziativa di Marco Antonio, si fosse proposto che diventasse re; 3. il fatto che avesse deposto i tribuni della plebe perché costoro avevano diffuso la voce secondo cui Cesare stesse aspirando alla carica di re. Continuando, l’epitomatore di Livio distingue tra i cesaricidi Bruto e Cassio da una parte e Decimo Bruto e Trebonio, ex cesariani. Un’altra fonte perduta è Strabone, autore di un’opera di geografia a noi pervenuta. Scrive in greco nella sua opera storica. Appartiene a una generazione successiva rispetto ad Asinio e Tito Livio (vive tra il 63 a.C. e il 17 d.C.) e sappiamo che la sua opera storiografica abbracciava il periodo dal 145 al 30 a.C. Altri autori perduti, nonché minori, sono Gaio Oppio (cesariano), cavaliere finanziatore sia di Cesare che di Ottaviano ⤳ alla morte di Cesare scrisse un libro dedicato alle sue memorie, Lucio Cornelio Bibulo, figliastro di Marco Bruto e nipote di Catone (cesaricida) che scrisse un’opera sula morte di Bruto ed Empilo (non conosciamo il gentilizio), amico di Bruto e autore di un libello sulla morte di Cesare ➾ tutti e tre erano presenti a Roma al momento dell’assassinio ⤳ pare che li abbia letti anche Plutarco. Si sono però salvate altre fonti contemporanee primarie: - Cicerone: pur alludendo con assidua frequenza al cesaricidio, esprimendo puntualmente il rammarico che non fosse stato ucciso anche Marco Antonio, così da eliminare tutte le aspirazioni al potere personale, non descrive mai i fatti ➾ era fisicamente presente all’esecuzione! 
 Nel suo De divinatione l’unico riferimento più concreto all’uccisione è contenuto in 2, 23: l’accento è posto sul fatto che il senato fosse stato creato da Cesare stesso (formato cioè da cesariani), sulla presenza di simulacri di Pompeo, sul fatto che all’interno del foro fossero presenti dei centuriones (non centurioni! Cesare, per eliminare il rischio di essere concepito come dittatore, aveva sciolto la guardia pretoria!), vale a dire che tra i senatori avesse accolto numerosi ex ufficiali, che on avevano quindi un’illustre tradizione senatoria e, infine, sul fatto che i cesaricidi fossero dei nobilissimi cives. - Nicola di Damasco: storico siriano filo-augusteo (64 a.C.-4 d.C.). Fornisce una descrizione molto dettagliata, ma scrisse la sua opera circa 20-30 anni dopo gli eventi. Il pregio della sua opera risiede però nel fatto che avesse di fatto tradotto in greco l’autobiografia di Augusto, scritta al ritorno dalle guerre cantabriche: tra il 23 e il 21 a.C. Augusto avrebbe infatti steso e diffuso questa biografia, andata però perduta ➾ anche Augusto, tuttavia, si trovava lontano da Roma al momento della congiura, inviato da Cesare ad Apollonia per impratichirsi e familiarizzare con l’esercito. Come per Cicerone, anche in questo caso occorre comunque tener presente la faziosità della voce narrante ⤳ le motivazioni dei cesaricidi vengono qui spogliate di qualunque prerogativa idealistica, ma relegate al rango di vendette personali dovute a invidie. 
 ↳ vengono riferite le motivazioni rispettivamente degli ex cesariani (ambiziosi, volevano ottenere lo stesso potere di Cesare), dei pompeiani (nonostante le amnistie, C. aveva requisito molti beni alla famiglia di Pompeo in primis e ai suoi fedeli in seconda battuta) e degli optimates cesaricidi (tra gli argomenti: nobiltà dei natali dei Bruti ⤳ i loro avi contribuirono alla cacciata dei Tarquini). L’immagine è quindi quella di un gruppo eterogeneo di congiurati, spinti in varia misura da rancori e desideri di vendetta personali ➾ no desiderio di interrompere il nuovo corso che si stava dando all’assetto istituzionale. Successive alle primarie, esistono le fonti secondarie: Plutarco e Svetonio, biografi, e Appiano e Cassio Dione, storiografi. I biografi organizzano il loro materiale informativo per species, per categorie: scelgono un individuo e dividono i loro materiali per capitoli tematici (nascita, studi, vizi e virtù, carriera militare, morte…), trattando ogni evento con un focus sul personaggio. Gli storici hanno invece una visione più completa e globale, in cui ogni personaggio è una figura all’interno di un quadro generale ben più ampio. Plutarco fu un autore greco vissuto a cavallo tra il I e il II sec. d.C. autore delle Vite parallele. Il cesaricidio viene affrontato in 3 biografie: quella di Cesare, Bruto e Marco Antonio (solo marginalmente in quella di Cicerone!), e il materiale viene attinto dalle fonti primarie di ≠ orientamento, ma la sua opera rimane profondamente imparziale. La propria formazione filosofica lo spinge infatti a eroicizzare Bruto (➾ cfr. il Brutus di Shakespeare!), tendenza che di fatto influenza tutta la tradizione del cesaricidio fino ai giorni nostri, che pone la figura di Bruto al centro della congiura, gerarchicamente al di sopra di tutti gli altri. Nella biografia di Cesare, Plutarco individua nell’aspirazione al regno di Cesare la causa principale della sua uccisione (cfr. Plus., Caes., 60-66), inserendo però un ulteriore pretesto come causa scatenante: pare infatti che i suoi sostenitori avessero insinuato la diceria secondo cui i Libri Sibillini (libri acquistati da Tarquinio Prisco provenienti dal Sibilla Cumana ⤳ un collegio di quindici quindecemviri sacris faciundis era preposto alla custodia, consultazione e interpretazione degli oracoli) profetavano che a sconfiggere i Parti sarebbe stato il popolo romano unito sotto un rex! Nella biografia di Cicerone, Plutarco si interroga sul suo coinvolgimento nella congiura: pare infatti che non ne avesse preso parte, nonostante fosse vicinissimo a Bruto e condividesse gli ideali dei cesaricidi ⤳ si attribuisce a Cicerone il progetto istituzionale di ripristinare l’antica repubblica. L’ipotesi paventata è che Cicerone fosse troppo poco coraggioso. Parlando invece di Bruto, il dato interessante è il motivo del coinvolgimento di Decimo Albino Bruto: si tratta di un Bruto “di serie B”, né coraggioso né attivo, la cui partecipazione era però fondamentale per il ruolo che ricopriva nell’organizzazione degli spettacoli in onore di Anna Perenna ⤳ al suo servizio aveva moltissimi gladiatori ➾ lo spettacolo si sarebbe tenuto proprio il 15 marzo! Svetonio riferisce della morte di Cesare solo nella fine del capitolo a lui dedicato (cap. 76). Nella prima frase a stupire sono i sintagmi abusus dominatione e iure caesus, quasi l’uccisione di Cesare fosse giustificata ⤳ probabilmente la fonte primaria perduta da cui attinge era filo-cesaricida. Nell’individuare i motivi della congiura vengono individuate sia colpe “istituzionali”, come le cariche a vita, che onori non strettamente connesse alle cariche politiche, come il titolo di imperator (titolo attribuito al generale vittorioso che poteva fregiarsi, qualora acclamato dall’esercito, di questo titolo per un anno ⤳ titolo puramente formale!) e di pater patriae, l’inserzione di una sua statua tra quelle dei re…☛ la colpa più grande fu quella di assumere su di sé prerogative ampliora etiam humano fastigio. Cassio Dione riferisce che nel 45, mentre Cesare era a Munda - in occasione dei giochi durante i quali venivano portate fuori dai templi le statue delle divinità romane per assistere ai giochi insieme al popolo (pompa circensis) -, tra le statue delle divinità fosse stata annoverata quella di Cesare (cfr. lettera ad Attico di Cicerone) ➾ la divinizzatone di Cesare era già operante nel 45! ☛ si trattò di una manifestazione organizzata ad hoc dai suoi oppositori per fornirne un ritratto vanesio o si trattò di un’iniziativa voluto dal popolo? (dopo la sua morte il culto continuò per volontà popolare!). ↳ motivazioni profonde al cesaricidio: le motivazioni addotte vertono sull’accentramento dei poteri e sulla redistribuzione delle cariche a suo piacimento ⤳ motivi istituzionali! Anche gli onori formali, estetici, che gli vengono tributati si scontrano con il mos romano (cfr. sedia aurea ≠ posto in curia da primus inter pares) e con la religio, alla quale molto era attaccato il basso popolo. Il flamen è l’uomo che assume l’alter ego di un dio ⤳ dal momento che la statua di un dio era visibile pochi giorni all’anno, si faceva talvolta sfilare il suo
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